Eco-profughi e futuro prossimo

Ragionare seriamente di immigrati, di profughi, di politica, di futuro.

Nella vaghezza dei miei ricordi scolastici pre-1968 (tempo perso con la notevole eccezione di qualche studio o docente capaci di aprire la mente) affiora che esisteva una ipotesi di terzo tipo cioè della impossibilità. Insomma dopo un “se” può esserci una probabilità, una possibilità o un assurdo, una impossibilità. Quando dico se «ragionassimo seriamente» perciò non mi sto riferendo al ceto politico e a giornaliste/i del “bel Paese” perchè salvo eccezioni – più rare dei panda – da quelle parti si sragiona del tutto. Dunque mi riferisco alla parte pensante dell’Italia che comunque (per piccola che sia) tenta di far politica – con la “p” minuscola – e talora vi riesce.

Se dunque ragionassimo (e studiassimo) seriamente di immigrati, di profughi, di politica, di futuro dovremmo leggere – con tutta la calma necessaria – «Ecoprofughi» ovvero (così il sottotitolo) «Migrazioni forzate di ieri, di oggi, di domani» di Valerio Calzolaio uscito alla fine dell’anno scorso da Nda Press (288 pagine per 18 euri).

Avete presente le discussioni – ridicole se non fossero tragiche – sull’ultima “emergenza” ovvero l’incapacità (ovviamente mista a non volontà e a speculazione politica) dell’Italia di far fronte a 25mila immigrati e/o profughi?

La maggior parte dei vocabolari spiega l’ «emergenza» come una «situazione critica o difficile» ma anche come un «avvenimento di cui si può ragiovevolmente prevedere il verificarsi ma non il come e il quando». Per la questione delle migrazioni in Italia si può accettare (magari con riserva) il primo significato ma la questione centrale è proprio il prevedere «come» e «quando»; spetterebbe alla politica studiare per capire i vari scenari e riconoscere in essi le certezze, le probabilità, le possibilità. Fra le certezze dobbiamo considerare che in futuro aumenteranno gli eco-profughi, insomma coloro che emigrano per ragioni ambientali.

Con il rigore (ma anche i dubbi, la capacità di tener conto delle diverse opzioni) di uno studioso serio, Calzolaio ci ricorda che le migrazioni ci sono sempre state: per libertà (di viaggiare, conoscere, cambiar vita) o per obbligo (guerre, persecuzioni, ragioni climatiche). Nel tempo presente le migrazioni vanno a crescere. Per le ragioni di sempre ma che dobbiamo ri-comprendere includendovi le questioni attinenti al mercato del lavoro globale, alla maggiore facilità di spostarsi, al quadro politico globale ( «Mai il mondo è stato apparentemente così ricco. Mai è stato così diseguale» scrive Calzolaio) ma anche perchè i cambiamenti politici globali sono un dato di fatto. E di questo parla soprattutto la seconda parte del libro mentre la prima (e la bella introduzione) aiutano a definire la situazione di ieri e di oggi. Che i cambiamenti climatici in arrivo siano catastrofici può essere discusso (e Calzolaio lo fa) ma che occorra tener conto di alcune importanti novità – tutte preoccupanti – è certo: l’innalzamento del livello del mare, la crescita (per frequenza e per intensità) di eventi metereologici “estremi” e la diminuzione di risorse essenziali (in testa l’acqua) sono fatti accertati. Più di una volta Calzolaio sottolinea la «poco sapida ironia che i Paesi e gli umani meno responsabili delle emissioni clim-alteranti siano i Paesi e gli umani che più ne subiscono gli effetti». In parole volgari chi dal Sud del mondo scappa e scapperà verso l’Occidente lo fa e lo farà perchè le scelte economiche e politiche degli occidentali hanno reso più difficile vivere nel “sud”. E’ un dato inoppugnabile come pure quello che (salvo le solite eccezioni) il Sud del mondo è da circa 500 anni rapinato delle sue risorse.

Pensiamo alla tragicomica demagogia del ceto politico italiano di fronte ai circa 25 mila migranti di queste ultime settimane e invece proviamo a vedere i numeri veri. «Solo due generazioni fa, nel 1960, la popolazione migrante (nel pianeta) era composta da circa 75 milioni di individui» ricorda Calzolaio. «Secondo le statistiche annuali dell’Iom, International Organisation for Migration, sempre accreditate dal sistema Onu, i migranti nel mondo erano circa 175 milioni all’inizio del millennio (il 3% dell’intera popolazione) e ormai da qualche anno ruotano intorno ai 200 milioni (quasi il 60% verso Nond America ed Europa) per lo più legali (meno del 20% ufficialmente illegali, metà negli Usa, metà in Europa) su una popolazione di circa 6 miliardi e 900 milioni di donne e uomini». Però se calcoliamo come migranti tutti quelli «che vivono in un altro Stato da più di anno» e le migrazioni interne i numeri mutano assai. Ancor più si complica il discorso se ragioniamo di “migrati”, cioè di persone che sono migrate. «Secondo l’Iom il circa miliardo di complessivi migranti fanno tutti insieme una comunità che rientrebbe fr i primi 5 stati popolosi al mondo». Anzi, alcuni hanno coniato l’espressione di un «sesto» (o settimo, se vi piace contare l’Antartide) continente; ma è un continente che si muove a velocità molto maggiore degli altri. Per inciso, «l’assistenza umanitaria è oggi la quinta industria del mondo, almeno 6 miliardi di dollari stanziati ogni anno, 40 mila ong (organizzazioni non governative) coivolte». Significa anche «sprechi, dispersioni, corruzioni». Lo si tenga presente anche per l’Italia; c’è chi in questi anni sulla “torta” dei Cpt-Cie ha costruito grandi ricchezze e sui profughi (in Sudan e non solo) si lucra a tal punto… che per molte organizzazioni internazionali, sedicenti “benefiche”, sarebbe una sciagura se queste persone potessero tornare a casa.

Per una recensione potrei fermarmi qui. Precisando che, secondo me, questo non è solo un libro importante ma uno di quelli (5, 10, 20? fate voi) che ogni anno bisognerebbe studiare. E magari discutere insieme.

Ovviamente in 280 pagine c’è molto altro. Calzolaio ha la passione e la competenza per avventurarsi in discorsi scientifici e lo fa con buon piglio divulgativo, cioè facendosi capire. Si ragiona dunque di evoluzione, di politica, delle forme (che cambiano) del migrare, della dialettica costrizione-libertà, della «dittatura del Pil, prodotto interno lordo», di guerre. E di povertà, delle sue vere – e sempre taciute – cause. «Oppressione può esservi senza guerra (o con una guerra civile) all’interno degli Stati, oppressione comporta povertà: per cause legate alla povertà muoiono oggi 18 milioni di persone l’anno, un terzo di tutti i morti, per un totale di circa 320 milioni dalla fine della “guerra fredda”». La pace globale, sottolinea Calzolaio, «è un esito fragile e incerto». Va costruita «prevenendo e limitando la distribuzione ineguale di beni, conoscenze, poteri; vietando non solo la violenza e l’uso delle armi ma anche la povertà, la malattia, l’emarginazione». Sono affermazioni condivisibili ma per metterle in pratica occorre sovvertire l’attuale ordine del mondo. Infatti, come scrive Calzolaio nella frase successiva, «la povertà contemporanea è il risultato del dominio coloniale, non un accidente» ma, in forme nuove e con differenti contraddizioni, questo dominio resiste.

Ed è proprio perchè bisogna sovvertire l’ordine del mondo che lamento un’assenza in un libro così “pieno”. Infatti per anni Calzolaio è stato un politico, pur se atipico: deputato per 4 legislature, sottosegretario all’Ambiente per 5 anni oltrechè, per anni, consulente al segretariato della Unccd ovvero la «Convenzione Onu per la lotta alla siccità e alla disertificazione». Non era questo il libro per trarre un bilancio di quelle esperienze ma secondo me occorreva chiarire almeno un punto: chi ha lavorato nella politica con la P maiuscola, negli organismi internazionali che margini di libertà vede in questi luoghi?  C’è una sponda nelle istituzioni nazionali e/o sovranazionali per chi crede che la “pace globale” aiuterebbe a risolvere – almeno in parte – queste emergenze? Non mi pare questione da poco.

Fatta salva questa critica, davvero «Ecoprofughi» è uno dei rari libri che mi sento di classificare nella ristretta lista degli “ieu”: indispensabili e urgenti.


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