Cambiare il nostro sguardo (abituale) sulla realtà…

… attraverso la fantascienza di Elisa Chioatto (*)

Una segnalazione di «Qcif» («Quando c’era il futuro») che oggi sarà ri-presentato a Bologna.

È stato recentemente presentato presso il Cafè de la Paix (di Bologna) il nuovo libro di Daniele Barbieri e Raffaele Mantegazza «Quando c’era il futuro: tracce pedagogiche nella fantascienza». L’esposizione del libro è stata introdotta da Alberto Masala e condotta da Daniele Barbieri, il quale ha affrontato i temi che riguardano in particolare il suo campo d’interesse: la fantascienza. Ma cos’è la fantascienza?

Nella maggior parte dei casi per comprendere qualcosa bisogna catturarla dall’interno ed è proprio spaziando all’interno degli stessi racconti fantascientifici, presentati nel corso della conferenza, che Daniele Barbieri fa affiorare la risposta della nostra questione.

Partendo da «Sentinella» (1954) di Fredric Brown, passando per i racconti di Theodore Sturgeon, Brian W. Aldiss, Ursula Le Guin sino alla considerazione del concetto di umanità secondo Philip K. Dick, lo scrittore ricostruisce l’essenza della fantascienza. Il volto che emerge fra le righe delle pagine è quello di un atteggiamento fantascientifico caratterizzato dal tentativo di dislocamento, di spostamento del nostro sguardo abituale sulla realtà, per proiettare la nostra attenzione sui particolari alternativi che non avevamo considerato.

Daniele Barbieri è stato giornalista “a suo modo” come egli stesso si definisce, coerente con quello che ha sempre creduto dovesse essere l’informazione. Nella sua vita e non solo nell’ambito lavorativo ha sempre assunto una posizione di medietà: con un piede fortemente ancorato nella realtà, nei fatti spesso troppo duri, dai quali perciò nasce la necessità di spostare l’altro piede in un mondo differente, quello della fantascienza, dell’immaginario.
«Non saprei stare con due piedi nel reale – dice l’autore – e trovo pericoloso stare con due piedi nel fantastico».

L’atteggiamento fantascientifico può dunque essere applicato alla vita quotidiana, non solo come strumento di evasione da una realtà troppo difficile da accettare, ma proprio per mettere in discussione l’unico orizzonte che ci si propone davanti, cambiando il nostro giudizio su di essa. Anche nel giornalismo provare a scombinare le carte può essere interessante, in quanto spesso ciò che ci viene raccontato è una parte dell’intero, ma ricercando il pezzo mancante ci si accorge come la verità cambi, lo scrittore infatti riconosce che «Anche un’aggressione in tribunale può diventare una legittima difesa»; il problema è che mentre a volte sembra più facile abituarsi alla novità, in altre il cambiamento può scardinare ordini troppo scomodi da accettare.

«Io leggo di tutto, letteratura realistica come letteratura fantastica – dichiara – ma tuttavia la fantascienza possiede un aspetto particolare, che rappresenta ciò che mi ha fatto appassionare ma anche inquietare in certi periodi della mia vita a questo genere letterario».

Secondo il racconto dello scrittore gli ultimi cent’anni circa sono un periodo in cui la scienza e la tecnologia hanno incominciato ad invadere le nostre vite; questo fatto nuovo nella storia umana, si incrocia con qualcosa che ci appartiene da sempre, Barbieri in proposito sostiene infatti: «Credo che noi esseri umani di fronte ad ogni novità, ad ogni straniero siamo sempre divisi tra desiderio e paura, per esempio: in Italia la paura degli stranieri è cosi forte da bloccare la capacità di ragionare di molti».

Barbieri riconosce che questo atteggiamento di paura da una parte e quello di desiderio, di curiosità dall’altra, dovevano confrontarsi con la scienza e la tecnologia nella loro progressiva diffusione nella quotidianità; la vera problematica tuttavia, era il modo in cui esse si stavano imponendo nelle nostre vite: «Hanno invaso una società che non ha voluto o non ha saputo alfabetizzarsi alla scienza e alla tecnologia. La maggior parte di noi usa questi nuovi prodotti ma non ha idea di come funzionino, non ne conosce le basi tecniche e scientifiche, viviamo perciò in un mondo che non sappiamo trattare, e questo è molto interessante perché significa che chi conosce questi meccanismi può gestire il potere a nostra insaputa, ma è molto interessante anche per i cortocircuiti logici, eziologici, sociologici. Per me dunque la cosa straordinaria della fantascienza reazionaria, progressista, rivoluzionaria, quella scritta bene ma anche quella scritta male è di saper muoversi in questo incrocio. Ovviamente molte cose sono da buttare, ma quella parte di scrittori e scrittrici in grado di stare dentro, hanno saputo raccontare storie, che hanno dato un contributo straordinario, del quale oggi sentiamo un particolare bisogno, perché questi sono i momenti in cui il futuro ci fa paura, ed è da questo che nasce il titolo Quando c’era il futuro volutamente polemico: mentre prima eravamo forse esageratamente ottimisti, ora siamo esageratamente spaventati».

La fantascienza non deve perciò essere considerata come l’alterità della scienza, come estranea dalla realtà; nascosta fra sue storie si incontra la verità dei fatti la quale però viene utilizzata come trampolino di lancio per proiettarsi oltre oppure come modello per essere vestita con i colori dell’immaginazione.

Informazioni sul libro:

Daniele Barbieri e Raffaele Mantegazza «Quando c’era il futuro: tracce pedagogiche nella fantascienza», Milano: Franco Angeli, 2013.

Per acquistarlo sul web: www.francoangeli.it

(*) Ripreso da «Bandiera Gialla» (www.bandieragialla.it) del 3 dicembre, «portale di informazione sociale a Bologna e provincia sui temi del terzo settore». «Bandiera gialla» segnala che «Quando c’era il futuro» sarà presentato oggi, cioè il 4 dicembre, alle 18 alla libreria Irnerio Ubik di Bologna.  Interviene Valerio Evangelisti, modera Marco Trotta.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • ottimo commento, anche se devo dire che a pagina 55 l’autore sbaglia di brutta il nome di Cormack McCarthy… sarà sfuggito a Severo de Pignolis, troppo preso con Horny a giocare a carte.
    Comunque l’ho quasi finito e devo dire che le aspettative non sono andate per nulla deluse.
    Complimenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *