Canne, narcomafie, governi

La lettera di Carlo Giovanardi che è uscita ieri – proprio qui – ha suscitato molte reazioni, perlopiù private cioè non inviate al mio blog: gioia, giramenti di umore, incredulità… soprattutto per chi non ha letto sino alla fine e dunque non ha inteso che quella testimonianza apparteneva ai territori paralleli, al «cuscino della notte».

Mi si chiede di tornare sul tema anche in relazione all’intervista che ho ospitato sempre su questo blog (che uscirà su «Piazza grande» ma non era farina del mio sacco e anche in questo caso mi sembrava fosse chiaro).

Provo a buttar giù tre veloci appunti per aprire (spero) una discussione.

1 – La persecuzione di chi «spinella» ha in Italia proporzioni assolutamente intollerabili. Da una parte c’è l’evidenza scientifica che «il fumo» non fa male, dall’altra la vendita promossa e sempre più incentivata dallo Stato di droghe pesanti e nocive (in testa alcool, tabacco e psicofarmaci). Naturalmente questa confusione legislativa e culturale non gioca a chiarire che l’eroina o certe pastiglie sono davvero pericolose: se si continua a perdere tempo cianciando sui pericoli delle canne ed è palesemente una bugia (ogni persona con gli occhi un po’ aperti può accorgersene da solo) chi poi crederà ad altri allarmi? Nel frattempo si riempiono insensatamente i tribunali e le prigioni. La vecchia battuta «non sono le carceri a essere sovraffollate, è la popolazione a essere sovra-imprigionata» risulta in questo caso sempre più seria, anzi drammatica.

2 – Non è semplice combattere le vere droghe soprattutto per le narcomafie che le controllano e per i fatturati che gonfiano (e ungono) una catena di montaggio dove, con ogni evidenza, girano anche gli ingranaggi degli Stati. Se a esempio in Italia, da almeno gli anni ’80, i profitti dell’eroina sono superiori a quelli della Fiat (e continuano a crescere) si vorrà credere che non esistono complicità ai massimi livelli? Quei soldi fanno parte dell’area grigio-nera dell’economia che gira abbracciata alla “politica”. A proposito, politica lo devo scrivere fra virgolette o no? Se almeno i giornalisti (o qualche “opinion leader” oppure sedicenti esperti) studiassero seriamente la faccenda invece di ripetere stronzate, magari si farebbe qualche passo avanti. A questo proposito non mi stanco di raccomandare la lettura (anzi l’abbonamento) alla rivista che si chiama «Narcomafie» – guarda un po’ – e della quale qui in coda do alcuni riferimenti.

3 – La politica appunto, che forse dovrei scrivere fra virgolette o forse no. Per molte ragioni (delle quali le narcomafie però non sono un aspetto secondario) attraversiamo una fase storica – non è la prima volta – nella quale molti partiti e molti governi, dunque molti Stati, sono controllabili o già controllati dalle grandi organizzazioni criminali. Non è un problema di occasionale e magari diffusa corruzione, tangenti, disonestà. Siamo ben oltre: è una fase economico-politica nella quale soprattutto la criminalità multinazionale ha tattiche, strategie, perfino culture di riferimento che si intrecciano con il crescente «feudalesimo democratico», con «l’impero della vergogna» e «la privatizzazione del mondo» (cito i titoli di due testi di Jean Ziegler pubblicati in Italia da Marco Tropea editore) e con la «shock economy» (secondo la geniale definizione di Naomi Klein). Ma analisi e statistiche del genere vengono quasi sempre taciute. Oppure si dà per scontato che dobbiamo farci l’abitudine, che non è possibile tornare “indietro” a una pulizia della politica, dell’economia: la storia ovviamente dice il contrario, ci narra di una lotta continua con risultati ovviamente altalenanti. Ma siccome proprio mentre le organizzazioni criminali hanno progetti chiari dall’altra parte (le sinistre, i riformisti, democratici e via “sognando”) non si oppone uno straccio di idea… probabilmente occorre primariamente liberarsi di questi falsi oppositori della criminalità. Il fenomeno è particolarmente grave in Italia con un capo del governo da tempo nelle mani della criminalità e con un’opposizione così inetta da far pensare sia in gran parte condizionata da quelle mafie che dice di voler combattere.

Questo mi pare il quadro. E per ora qui mi fermo. Incoraggiandovi a riflettere sulla base di analisi serie come quelle proposte appunto dalla rivista «Narcomafie» (vedi qui sotto la breve nota).

SCHEDA: Sulla testata si legge «Legalità, diritti, cittadinanza» e nelle locandine si parla di «un antidoto ai luoghi comuni». Dal 1993 la rivista «Narcomafie» è appunto questo, studia «mafie, corruzione, poteri occulti». Attualmente è realizzata e pubblicata dal Gruppo Abele di Torino con la collaborazione di «Libera» («associazioni, nomi e numeri contro le mafie»). Si trova in –purtroppo poche – librerie o in abbonamento: 30 euri l’anno. Info su abbonamenti@gruppoabele.org (o sul sito www.narcomafie.it). Il primo numero del 2010 oltre ai consueti sguardi e alla rassegna stampa su ndrangheta, camorra, vecchie e nuove mafie nel mondo conteneva un impressionante dossier sul Lazio, raccontava di segnali inquietanti dal narco-terrorismo in terra d’Africa ma anche di uranio impoverito e ospitava un bel dossier fotografico di Lino Rizzo.

Invito dunque chi ha letto sin qui a regalarsi un abbonamento e, se possibile, a fare arrivare la rivista alle biblioteche, soprattutto quelle scolastiche dove le ragnatele riempiono le teste ancor più che gli scaffali.

Redazione
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Un commento

  • ottimo db. moooolto carina la lettera di giova. sono con te. anzi, sarebbe così disdicevole lavorare di più sulla riduzione del danno (stanze del buco, postazioni di analisi chimica delle pasticche…)? Proviamo a immaginare che effeto potrebbe avere per i singoli casi? Ricordiamo, poi, che l’abuso di alcol è molto più pericoloso del fumo sotto tutti i punti di vista?

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