Capita (di Pabuda)

capita che io scriva

delle cose brutte,

veramente brutte.

ma così brutte

che dopo rilette le butto

in un battibaleno

nel cestino del mio laptop.

servirebbe poco denominarle

“neuropoesie”:

rimarrebbero d’una bruttezza impossibile

da mitigare

anche con l’espediente d’un’originale etichetta

(peraltro, in larga parte discutibile).

ieri, per esempio:

m’è capitato di scrivere certi versi

che cominciavano così:

“forse, devo fare la cacca…”.

nonostante l’incipit immaginifico

e per molti aspetti promettente,

l’ispirazione del momento,

certe volte, mi trascina

lungo i binari

della scrittura più inutile

e inconcludente:

ieri è andata proprio così:

quell’illuminante scintilla,

quell’idea primordiale,

davvero niente male,

della cacca… s’è dissolta

in quattro terzine da niente:

pluff! finite immediatamente

nel cestino del mio computerino.

quando son veramente disgustato

pel risultato

del mio inconcludente tamburellar sui tasti

passo alle più estreme misure

e prendo un provvedimento inappellabile:

svuoto il cestino, cancellando in via definitiva

tutte le brutture che ci avevo buttato.

un dubbio rimane, però:

dove finisce la robaccia eliminata

dal cestino della rumenta informatica?

nel nulla tecnologico?

no, dai, non ci credo. mi sembra logicamente

(in senso filosofico e fisico) del tutto impossibile…

o, almeno, a farmene persuaso faccio proprio fatica.

anche se me lo mostri e me lo fai toccare:

io non ci credo: a me San Tommaso mi fa un baffo.

oltretutto, ho sentito, che nelle loro indagini,

agli smanettoni polizieschi

(per dire: quelli del Ros con la tutina bianca),

a volte, capita di trovare

tra le frattaglie dei computer dissezionati

dei versi rivoltanti

che certi poetastri impuniti

credevano d’aver del tutto cancellati.

santi numi! a pensarci mi vengono i brividi.

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Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

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