Carcere di Bologna: ancora un morto “annunciato”…
…da tempo; è una lenta strage di Stato
di Vito Totire (*)
52° morto nelle carceri italiane dall’inizio del 2022. Se un paziente a rischio viene trattenuto in un ospedale senza reparto di rianimazione e muore si tratta di «omicidio colposo con previsione» ma al secondo “caso” se l’errore è compiuto dalla stesso soggetto l’omicidio è da considerare doloso.
Cosa significa detenere una persona privata della libertà in un luogo «non idoneo»?. Ecco perché parliamo di “strage di Stato”.
Ormai le informazioni dalle carceri arrivano solo dagli agenti penitenziari; apprendiamo dunque tramite questa fonte – ripresa dal quotidiano «Il Resto del Carlino» – che un alto detenuto della Dozza è stato «trovato morto». Una inquietante formulazione linguistica che farebbe pensare «lo avevamo perso e lo abbiamo ritrovato (appunto) morto». Nella bolognese Dozza è il terzo morto da novembre 2021; tutti e tre nordafricani: chiediamo agli epidemiologi se questo “dato” può sembrare un caso.
Che quella persona fosse persa, nel senso di abbandonata. era evidente. Infatti se ci chiediamo quale sia la dotazione (resa disponibile dalle istituzioni) di mediatori culturali, psicologi e psichiatri con formazione multiculturale la risposta è prossima allo zero.
La gestione concreta e materiale di gran parte delle carceri italiane è fonte di disperazione, induzione al suicidio o all’autolesionismo. La popolazione penitenziaria italiana è ad altissimo rischio sanitario e il ricorso ai “paradisi artificiali” è storicamente un tentativo di fuga che non parte da una spinta endogena di cui il soggetto possa essere ritenuto colpevole; è invece un tentativo di auto-cura con cui la persona cerca di rispondere a disperazione e solitudine.
Dire che le persone detenute fanno un uso ludico dei farmaci significa usare una chiave di lettura fuorviante. I pochi dati conosciuti evidenziano che la spesa farmaceutica per la popolazione detenuta è enormemente più alta rispetto alla popolazione esterna al carcere. Evitiamo confusioni: l’iperconsumo di psicofarmaci “legalmente” somministrati è una forma di contenzione chimica a cui l’istituzione decide di ricorrere pensando che sia l’unico modo di gestire certe condizioni di costrittività che spesso debordano in trattamenti disumani e degradanti. Questa prassi crea dipendenza, assuefazione e ricerca progressiva di aumento delle dosi. Dove si è indagata la percentuale di fumatori in carcere risulta tripla rispetto al fenomeno fuo. Il triplo: chiunque comprende che si tratta di un sintomo di gravissimo distress psicosociale.
Il carcere per come funziona oggi non è idoneo a “ospitare” persone a rischio alle quali occorre invece garantire alternative extra-carcerarie: libertà provvisoria e sospensione pena per motivi di salute con destinazione ad arresti domiciliari e comunità terapeutiche dove devono essere proposti e gestiti veri programmi di riabilitazione e risocializzazione. Al contrario oggi persone che hanno grande necessità di percorsi terapeutici sono abbandonate a se stesse, all’ozio e all’inedia; una condizione che esaspera l’appetenza di “paradisi artificiali”. Ma quando queste persone vi ricorrono vengono considerate – lombrosiamente – ancora e nuovamente colpevoli. Anche dalla strage di Modena del marzo 2020 non si vuole trarre l’unica conclusione ragionevole: l’inidoneità del carcere per persone che presentano un particolare profilo di rischio.
Nel corso della passata consigliatura comunale abbiamo lanciato la proposta di un’istruttoria pubblica sul tema del carcere. Nessuna risposta mentre la Ausl di Bologna ci nega l’accesso ai rapporti semestrali fin dal primo semestre 2020. Ci viene così negato l’accesso ai dati analitici sull’acqua “potabile” del carcere.
A proposito di rapporti semestrali negati parliamo di Bologna, visto che invece l’Ausl di Modena, su richiesta, lo ha fornito tempestivamente.
Il clima generale è molto negativo. La “minoranza rumorosa” (cioè il partito del “mettete tutti dentro e buttate le chiavi”) predomina nel facile gioco di accettare lo status quo. Il signor procuratore di Bologna – dopo aver annunciato preventivamente e precocemente l’assenza di responsabilità penali nell’epidemia che ancora va strisciando – ha invocato, in coro con un gruppo di destra, maggiori sanzioni ai consumatori di “droghe”. E intanto la Corte Costituzionale ha deciso che i cittadini italiani non hanno diritto di pronunciarsi sulla coltivazione domestica di cannabis. Oltre che la negazione di un diritto questa decisione contribuirà a ulteriori e inutili carcerazioni. Le istituzioni sanitarie stanno a guardare mentre la portata della strage cresce di mese in mese; i diritti costituzionali sono riconosciuti solo nei comizi parolai.
La morte di Bojan Taoufik – marocchino di 40 anni, trovato morto – esige una risposta immediata dalle istituzioni sanitarie e civili ma soprattutto dai cittadini che vogliono difendere i diritti costituzionali.
Rilanciamo la proposta: istruttoria pubblica comunale sul carcere di Bologna.
Tutti i documenti sulle carceri di Vito Totire sono pubblicati dal blog.
(*) Vito Totire è portavoce della «Rete europea per l’ecologia sociale»