Cari sindaci, scegliamo la pace

Quattro novembre: 100 anni dalla prima guerra mondiale. Appello ai sindaci: riflessioni sulla guerra e la via del disarmo

di Renato Accorinti (*)

I cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale sono un’occasione per fermarsi a riflettere.

Cento anni trascorsi in cui l’umanità ha conosciuto il flagello di due guerre mondiali, che hanno portato indicibili afflizioni all’umanità, e di tante altre guerre, molte delle quali ancora in corso. L’esperienza della guerra ha ferito in modo indelebile la coscienza collettiva. Una ferita sempre aperta, che ha come simbolo per eccellenza due delle più estreme aberrazioni umane: le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e i campi di concentramento nazifascisti.

Ma, dagli abissi del profondo dolore e cordoglio, gli uomini hanno recuperato il senso dell’appartenenza a un’unica famiglia umana e si sono riuniti insieme per tracciare un nuovo percorso per il popolo della terra; e superando differenze culturali, politiche e religiose hanno consegnato ai posteri la speranza della pace.

Appena subito dopo la guerra nacquero l’Onu (1945), la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) la Costituzione Italiana (1948) e a seguire tanti altri patti internazionali a tutela della vita e dei diritti, oltre che umani, dell’intero pianeta e di tutte le forme di vita. I nostri padri costituenti affermarono in modo inequivocabile la scelta etica che la repubblica nascente aveva assunto da quel momento in poi. All’articolo 11 della nostra Costituzione sancirono per sempre che «l’Italia ripudia la guerra».

Il pericolo di perdere questo patrimonio di consapevolezza è altissimo. Mi ritornano in mente le inquietanti ed emblematiche parole di Reagan: «Il tenore di vita degli americani non è negoziabile». Concetto assimilato da molte altre nazioni. Nei fatti molti Stati hanno violato questi accordi e continuano a calpestare tutti i diritti umani in nome di un presunto diritto più grande: quello di tutelare e aumentare il proprio benessere a qualunque costo. Il risultato è l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di gran parte del mondo. Risorse rubate, povertà, morte ed enormi flussi di migranti che scappano dagli orrori della guerra a causa delle politiche egoistiche occidentali.

Mi piace invece ricordare le parole illuminate del nostro presidente della Repubblica e capo delle Forze Armate, Sandro Pertini, che disse: «Svuotate gli arsenali strumenti di morte. Riempite i granai fonte di vita».

Mi piace ricordarle anche a voi tutti, amici sindaci. Perché abbiamo il dovere di ascoltare quell’esortazione e farla nostra, consapevoli delle enormi carenze con le quali siamo costretti ad amministrare le nostre città, chiedendo di riconvertire le enormi ed insopportabili spese militari in investimenti sulla scuola, sui servizi essenziali per i più deboli, compresi i nostri fratelli migranti, sulla messa in sicurezza dei territori, sulle infrastrutture essenziali che danno slancio ad economia e lavoro.

Sulla scuola in particolare ci tengo a soffermarmi, perché vera fucina di pace, ricordando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che all’articolo 26, comma 2, dichiara: «L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace».

Il grande compito della scuola è formare le nuove generazioni, i nuovi cittadini, insegnando lo spirito critico e la cultura della partecipazione e della nonviolenza con l’obiettivo di costruire una società consapevole dei propri diritti e doveri, nella quale le sottoculture mafiose non possano più attecchire.

In questi anni i governi hanno progressivamente ridotto i finanziamenti erogati ai comuni e noi sindaci, avamposto dello Stato, siamo spesso lasciati soli in prima linea, impossibilitati a dare risposte, a poter soddisfare tutti quei diritti e servizi sacrosanti che i nostri concittadini ci chiedono giornalmente.

Ottenere tutto questo attraverso la riconversione delle spese militari sarebbe una enorme svolta spirituale e culturale che cambierebbe il corso della storia.

Liberiamoci finalmente dal timore di osare di chiedere con forza che l’Italia (il cui patrono, san Francesco d’Assisi, è icona di pace e fratellanza fra tutti gli esseri viventi) diventi avanguardia di una nuova politica nonviolenta abbandonando per sempre la via della guerra e scegliendo la via di pace. In nome della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza tra tutti i membri della famiglia umana.

Invito tutti noi a unirci in un gesto simbolico, silenzioso, nella memoria ed in nome di tutti i caduti in guerra, esponendo durante la cerimonia del 4 Novembre la bandiera della pace.

Messina, 3 novembre 2014

Renato Accorinti

sindaco della città di Messina

(*) Il testo circolava in rete ma ho aspettato a postarlo per vedere se i media (sedicenti grandi) avrebbero dato spazio a questa “stranezza”. Come chiunque può verificare “niente di nuovo sul fronte occidentale” ovvero vince sempre la retorica del cattivo patriottismo tranne che per i soliti (pochi) noti: per esempio il quotidiano più amato nei Palazzi titola sul “bis” di Accorinti, insomma quel sindaco è un pazzo che insiste con queste stranezze della pace invece di sostenere che le nostre forze armate sono belle, buone e sante: però oggi almeno «il manifesto» ha messo in prima pagina questo testo, corredato da una bella vignetta di Biani. Qualche “disfattista” per fortuna c’è. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *