Carofiglio, Gradozzi, Maimone, Mankell, Persson, Winslow e autori vari

7 recensioni giallo/noir di Valerio Calzolaio il quale, già che c’è, fa sapere come vota il 4 dicembre

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Autori vari

«Un anno in giallo»

traduttori vari

Einaudi

358 pagine per 14,50 euro

Da gennaio a dicembre. Anni e luoghi vari, comunque molti decenni fa e lontano da qui. Si possono leggere dodici racconti di genere verso il 2017 (per metà tradotti appositamente). Gli autori della raccolta “Un anno in giallo” sono tutti grandi e morti: Burke, Agatha Christie, Conan Doyle, Derr Biggers, Daphne Du Maurier, Futrelle, Patricia Highsmith, Jepson, Leblanc, Le Rouge, Queen, Poe. Il volume è stato curato da Christian Delorenzo, assenti prefazioni o postfazioni, schede o note. Alcuni più brevi (Futrelle, Christie, Highsmith), alcuni più lunghi (Poe, Du Maurier), l’ordine segue i mesi e le stagioni dell’anno, da Capodanno a Natale, senza lode e senza infamia (letterari).

 

Leif GW Persson

«Presunto terrorista»

traduzione di Margherita Podestà Heir

Marsilio

Stoccolma ed Eskilstuna. Primavera 2015. La bionda esile pallida sportiva investigatrice 40enne (1974) Lisa Mattei, occhi azzurri e sguardo onesto, genitori separati e sereni, ricchissimo padre biochimico tedesco e madre Linda pensionata da commissario capo, buon marito Johan più giovane di 7 anni (e colto docente di storia del cinema), figlia Elina Ella di 5 anni, dopo un dottorato in filosofia e una brillante carriera di poliziotta, è divenuta capo operativo dei servizi di sicurezza svedesi, restando incline a basarsi più sui dubbi che sulle certezze. Mentre si è finalmente organizzata per trascorrere una giornata da madre, la chiama il Direttore generale, deve andare d’urgenza a Londra per una faccenda scottante, i colleghi inglesi sono convinti che terroristi di origine somala (già drammaticamente protagonisti a Manchester) stiano ora preparando un attentato in Svezia per la festa nazionale del 6 giugno. Mette insieme la sua squadra fidata e partono. Tornano dopo poche ore, la notizia sembra fondata, debbono tenere sotto controllo un’intera potente famiglia allargata, è davvero probabile che tramino da anni e forse hanno pure una talpa. Le indagini impongono di coordinare molte strutture, finanche l’esercito. E si svolgono soprattutto nella contea a est della capitale. Il fatto è che gli inglesi non spiegano bene tutto quel che sanno (come sempre in quel mondo), che la normativa e la magistratura sono garantiste verso i “presunti” (il che non è un male), che i somali continuano a vivere come se nulla fosse e che chi tradisce è infiltrato da decenni.

Leif Gustav Willy GW Persson (1945) è un noto professore di criminologia che insegna alla Scuola nazionale di polizia a Stoccolma ed è stato consulente del ministero di Giustizia e dei Servizi segreti svedesi. Da una quindicina d’anni scrive lunghi gialli spionistici (la vicenda Palme insegna) tradotti in Italia, da noi mai in testa alle classifiche, ed è un peccato! Non perdeteveli, perlopiù sono capolavori assoluti, ritratti vividi e ironici delle opulente società contemporanee, anche questo, denso e competente, senza un rigo di troppo, terza fissa al passato, quasi sempre su Lisa e raramente sui colleghi in campagna. Una goduria di dettagli ed emozioni: si scherza e si pensa, si odia e si ama, si ride e si piange, ci si stupisce e ci si commuove, incantati dai dialoghi con deliziosi retro pensieri (femminili), in punta di piedi, con raro senso della musicalità. Si mente spesso, più o meno onorevolmente, nell’interesse del servizio. E il sesso non è soltanto un obiettivo, è anche un mezzo. Tornano molti personaggi e intrecci dei precedenti romanzi, di continuo il primo mitico protagonista Lars Martin Johansson, umanista convinto, ex amato capo di Lisa, amante di enogastronomia italiana, ormai morto da cinque anni. Comunque si continua a bere solo eccellente vino italiano, possibilmente con un classico sottofondo di Beatles. In copertina la costosa cravatta del Pink Elephant Club (elefanti rosa che attraversano una savana blu), che porta un messaggio: non bisogna credere a tutto quel che si vede!

 

Il mandato (The Italian Lawyer)

Francesco Gradozzi

autoproduzione (www.ilmandato.it, www.gradozzi.it)

408 pagine, euro 15 (Amazon, Youcanprint.it, ilmiolibro.it)

Macerata. Dall’estate all’inverno 2014. L’avvocato civilista 49enne Alessandro Loggia, alto 1,80 e asciutto, mascella squadrata e capelli scuri corti, ha ormai una doppia vita: quella reale fatta di continua angoscia ed estrema moderazione di consumi, quella di facciata, completamente inventata, ispirata ai trascorsi ricchi ed eleganti d’inizio carriera. Di famiglia umile, spirito da giocatore d’azzardo, si era laureato proprio a Macerata con il massimo dei voti, tesi in diritto internazionale privato sul tema dei patti parasociali nelle società per azioni, si era fatto le ossa in uno studio importante, aveva messo su con due colleghi lo studio LML e furono 13 anni di successi entusiasmanti, poi la lenta progressiva crisi dal 2009, studio sciolto e ognuno per la sua strada, lui pieno di debiti e sul lastrico. La professione aveva smesso di essere redditizia e cominciava a non garantirgli più neanche una misera sussistenza. Da un po’ sta pensando di mollare, di cambiare settore, di andarsene povero all’estero e ricominciare in qualche modo. La moglie Sara non c’è più, gli resta il figlio di 4 anni Tommaso, unica passione e consolazione, che faticosamente gestisce. Finché riceve una mail da Boston, il ricchissimo Jason è stato arrestato a Numana su uno yacht di 52 metri, pare che il futuro erede della immensa Barrett Chemicals abbia ucciso una ragazza trovata da un peschereccio a largo di Civitanova Marche, l’azienda cerca per la difesa il suo ex collega penalista, Alessandro ha bisogno di soldi e si spaccia per lui, inizia una mirabolante nuova avventura legale (e non solo) di bugie e complotti, ricatti e depistaggi, RIS e medici legali, spionaggio e manovre finanziarie internazionali, in cui rischia e interpreta più ruoli, altri da sé: attore, pedina, vittima.

L’avvocato cassazionista Francesco Gradozzi (1972) è 7 anni più giovane di Loggia (1965), avendo ottimamente in comune la professione e la regione, un bel territorio raramente descritto nella letteratura di genere. Narra in terza varia, cambiando continuamente scena e soggetti, con qualche fatica e frequenti curati colpi a effetto. Autopromuove il suo romanzo d’esordio, non è una scelta da guardare con sufficienza. In fondo, non è troppo complicato procurarselo. Il mercato è saturo, gli editori funzionato talvolta come ministeri, il tempo di scrivere è poco per chi non vive scrivendo ed editare ha tempi spesso lunghissimi e procedure contorte. La qualità di alcuni testi (anche di questo) non ha nulla da invidiare ad alcuni inseriti in collane prestigiose di case importanti. Certo non c’è solo il testo, un lavoro specifico e professionale per la confezione (titolo, copertina, quarta) e l’editing avrebbero aiutato; però intanto ora il libro circola vivo e vegeto, descrive luoghi che meritano di essere conosciuti (la guida è addirittura troppo dettagliata, sconfinando ad Ancona e Ascoli), offre personaggi di qualche interesse (pure in secondo piano), circuita una trama ben congegnata e ricca di spunti attuali. Ne emerge uno scontato fastidio dei liberi professionisti per l’avverso e complementare incarico dei magistrati (pubblici ministeri e giudici, insieme), mitigato dall’”elogio” di Calamandrei. L’arringa finale è una confessione. Specialità e vini marchigiani trovano spazio. In sottofondo sia Mozart che Coltrane.

 

Don Winslow

«L’ora dei gentiluomini»

traduzione di Alfredo Colitto

Einaudi

San Diego e Pacific Beach. Agosto 2011. Tornano i sei della Pattuglia dell’Alba ed è una meraviglia. Erano sempre stati una squadra di grandissimi amici (due anche una coppia, più o meno), surfisti perlopiù poco oltre i trent’anni, prima di lavorare tutte le mattine facevano insieme un’ora di chiacchiere e di onde (pure a oceano piatto). Il capo (stipite) Boone BD Daniels vive per cavalcarle, era un poliziotto (incappato in una drammatica vicenda di pedofili), fa il possente buttafuori e l’acuto investigatore privato (a tempo perso, giusto per sopravvivere, con l’aiuto contabile del miliardario Cheerful). Brian Brouesseau “Hang Twelve” è il più giovane, commesso nel negozio di articoli sportivi, secco e pallido, pizzetto, sei dita per piede, uno stomaco immenso. Dave “the Love God” è sempre in spiaggia, prodigioso bagnino di salvataggio (4 fallimenti incolpevoli), leggendaria cintura nera di sesso occasionale (nessun fallimento), fisico e viso scolpiti, biondo, dalle elementari in siamese sintonia con BD. Josiah Pamavatuu “High Tide” alza la marea perché pesa oltre 170 chili, peloso di origine indonesiana, ex membro di gang, ex stella di football, responsabile pubblico della manutenzione dei tombini e dei canali scolmatori, moglie samoana, tre figli. John Kodani “Johnny Banzai” di origine giapponese, ottimo sportivo, vero judoka, si realizza come leale detective della Omicidi al dipartimento di polizia cittadino, bella famiglia, moglie medico, due figli. L’unica donna se ne è andata via da qualche tempo, a fare professionismo in giro per il mondo: Sunny Day era stata quasi per un decennio con BD. Ora lui si frequenta, in reciproca pudica attrazione, con la stupenda simpatica minuta ambiziosa trendy avvocato in carriera Petra Hall, capelli corvini, occhi viola, pelle delicata, single per ambizione, figlia unica di un importante legale inglese. E lei gli propone un incarico insopportabile: dovrebbe aiutare lo studio del bravo Alan Burke a difendere Corey, il ricchissimo ragazzo teppista arrestato da Johnny, visto che aveva ucciso di fronte a testimoni la leggenda del surf Kelly Kuhlo K2, cui tutti volevano un gran bene. Nel fascicolo Boone rintraccia qualcosa che non lo convince, accetta e si trova amici e ambiente aspramente contro, costretto a surfare nel turno successivo.

Un altro libro meraviglioso, poco da aggiungere. Nell’ultimo venticinquennio Don Winslow (New York, 1953) ha scritto innumerevoli grandi romanzi, pubblicati in Italia a partire dal 2008 con crescente meritato successo. Sono tutti pezzi unici pur se si alternano varie “serie”. Questo (del 2011) è il secondo della serie surf noir (poi a febbraio 2016 è uscito su Playboy un racconto con lo stesso protagonista: Boone Daniels’s Rogue Ride), mentre il primo era uscito nel 2008 (in Italia nel 2010) ambientato nella finzione meno di un anno prima. Contano i personaggi, tutti, anche i cattivi, narrati in terza varia, per quanto si ruoti sempre intorno ad azioni, esperienze e pensieri di BD. L’intreccio non è mai limitato e monotono, tantissime le personalità e i dialoghi memorabili (credo che un poco del merito vada anche all’ottimo traduttore). Sullo sfondo resta il vecchio caso del pedofilo libero (prossimo romanzo?). Dietro i casi matrimoniali dei gentiluomini (che non surfano all’alba) ci sono le corruzioni immobiliari e le reti del potere di un’area ricchissima e criminale; dietro il caso Corey-K2 ci sono le onde neonazi e le gang del narcotraffico, sia del posto che messicane, e i torturatori al loro servizio; dietro la pattuglia c’è la storia californiana del surf, l’ecosistema, il localismo, violenza e non-violenza. Poi capita di pescarsi la cena di notte: un paio di belle bistecche di tonno a pinna gialla sulla graticola. Purtroppo con la birra! Il vino rosso lo ha lei (che però mantiene vuoto il frigo). La suoneria del telefono squilla Misirlou di Dick Dale, pur se si ascolta di tutto, dall’heavy metal al reggae.

 

Gianrico Carofiglio

«L’estate fredda»

Einaudi

Bari. Maggio 1992. Il 41enne maresciallo Pietro Fenoglio da un paio di mesi è solo. Dopo aver saputo che lui non era in condizione di fare figli, la moglie Serena gli ha chiesto con delicatezza una pausa, avrebbe abitato a casa di un’amica per qualche tempo e poi avrebbe presieduto una commissione per gli esami di maturità a Pesaro, aveva bisogno di fare il punto sul loro rapporto. Ne ha preso atto con dispiacere, continua a lavorare con mite efficienza e pochi ossequi. Nel poco tempo libero legge (da Gadda a Russell), passeggia, ascolta Lirica, riflette, non fuma e non beve, Mister Perfetto o Mazzainculo che dir si voglia. È per lei che dieci anni prima si era trasferito in Puglia, lui piemontese di Torino, da ragazzo convinto di potersi guadagnare da vivere scrivendo (giornalista o romanziere), studente di Lettere divenuto carabiniere per una serie di coincidenze, autore delle meglio scritte informative in circolazione. Grazie a un confidente vengono a sapere che è stato rapito, con richiesta di riscatto, il giovane figlio del capo del clan “Società Nostra”, Nicola Grimaldi, detto il Biondo, o anche Tre Cilindri (per un’insufficienza cardiaca), vicino ai cinquant’anni. Qualche giorno dopo, a seguito di una telefonata anonima, il cadavere del piccolo viene rinvenuto in fondo a un pozzo, causa della morte un difetto congenito del setto interatriale, dopo che comunque era stato legato e picchiato. Pare sia in corso una guerra intestina al clan, si è ribellato il vice capo quasi 28enne Vito Lopez ‘u Viccier’ “il Macellaio” (per la professione del padre), che ora si presenta in caserma, non è lui il rapitore, vuole collaborare con la giustizia. Durante la verbalizzazione di uno degli ultimi interrogatori – confessioni giunge la notizia della strage di Capaci, è un anno terribile.

La qualità dei romanzi di Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) continua a essere molto alta. Questo è il più autobiografico, preciso nelle ricostruzioni storiche (dialoghi e pronunciamenti vissuti di persona), curato nello stile (come sempre attento a parole e regole), convincenti sia i personaggi che l’intreccio, con spunti da varie vicende realmente accadute, soprattutto quando l’autore era sostituto procuratore a Foggia. Carofiglio è stato in magistratura dal concorso nel 1986 (come la moglie), anche alla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo regionale, fino al 2008, quando fu eletto senatore per poi non ricandidarsi nel 2013, decidendo di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Il titolo è quello dell’operazione contro il clan barese, omonimo del reale fascicolo sulle mafie pugliesi gestito a Foggia. Nel mondo delle indagini e dei processi penali tutti mentono, spesso in buona fede e con le migliori intenzioni, spesso senza nemmeno rendersene conto. Magistrati, polizia giudiziaria, corpi di polizia, criminali ai vari livelli, cittadini coinvolti, ognuno è in molti modi coinvolto dalle bugie personali e quotidiane, scontrandosi con “l’obbligo di verità”. Pietro prova a spiegarlo a Serena con esempi concreti, che abbondano nella narrazione, in terza fissa sul maresciallo. Il suo incedere lo fa caracollare spesso fra Pinacoteca provinciale, scuola Garibaldi e Teatro Petruzzelli (era stato appena incendiato). Riso, patate e cozze con la birra; del bianco per gli spaghetti con il riccio. L’heavy metal lo lasciamo ai corrotti?

 

Henning Mankell

«Stivali di gomma svedesi»

traduzione di Andrea Stringhetti e Laura Cangemi

Marsilio

428 pagine per 19,50 euro

Un arcipelago di sperdute isole, baie, isolotti e persone del mar Baltico, a sudest di Stoccolma. Autunno, qualche anno fa. Barba lunga occhi infossati capelli spettinati, dal 1991 l’allora 55enne Fredrik Welin si è ritirato lì, da eremita ateo. Prima faceva l’elegante chirurgo ortopedico, fino alla catastrofe della sua vita. Ne abbiamo conosciuto vita e primo periodo nel capolavoro di Henning Mankell “Scarpe italiane” del 2006 (Marsilio, 2008). Ora la sua casa sta bruciando, fugge con roulotte, piccola barca e due stivali da piede sinistro. Si capiranno i misteri di quello e altri incendi, nessuno potrà risolvere quello della solitudine, ultimo magnifico romanzo (Antibes, marzo 2015) di un grande maestro, “Stivali di gomma svedesi”, scomparso il 5 ottobre 2015 a 67 anni.

Vincenzo Maimone

«Sicilia terra bruciata»

Frilli

Acireale. Primavera 2015. Il segaligno anziano ex preside Orlando Roncisvalle viene casualmente investito all’alba mentre fa jogging. L’autista del furgoncino che lo ha investito fugge e prova a non lasciar tracce. Solo che quella morte innesca la rabbia attiva di qualcuno che vuole vendicarsi di un vecchio torto, dà inizio a una serie di efferati omicidi fra i docenti del liceo scientifico. E il “clima” cittadino è di crescenti intimidazioni di stampo mafioso, l’esplosione di una bomba carta sotto casa del sindaco, una testa di capretto con pallottola piantata in fronte attaccata al cancello di un deputato regionale. Il buon commissario Giacomo Costante, rientrato anticipatamente in servizio dopo la lunga convalescenza per la grave ferita alla gola, indaga su tutti e tre i fronti. Il clamore e l’urgenza si riferiscono soprattutto al serial killer, esperto di materie tecniche. Prima la professoressa di francese 50enne Maria Santonocito, irretita legata uccisa, alla quale viene tagliata la lingua, come trofeo. Poi l’abitudinario e separato docente di inglese Alfio Barbagallo, scarnificato del volto. Poi e poi, ma perché? Inizia a domandarselo anche Tancredi Serravalle, amico di Giacomo, docente di storia e filosofia alla stessa scuola superiore, il cui collega più caro sta proprio andando in tilt. Tancredi, in permanente colloquio col proprio demone socratico, cerca di non preoccupare la figlia Chiara e la moglie Camilla. Cresce l’ansia anche in Carla, affettuosa compagna bancaria del poliziotto (lui molto annota nel taccuino mentale), tutti si concentrano per capire in tempo.

Vincenzo Maimone è un colto ricercatore di filosofia politica, nato (1970) e laureato a Messina, docente a Catania, residente quasi a metà strada (l’anticamente potente Acireale, appunto). Oltre che con famiglia, cucina e moto si diletta voluttuosamente nella letteratura di genere con il duo Costante-Serravalle, godibile spunto per commentare le contraddittorie cronache contemporanee di una terra amata e complicata. È giunto al quarto romanzo della serie, una parziale svolta. L’elemento più riuscito questa volta sono forse le ultime quindici pagine (da cui anche il titolo), la definitiva opzione per il noir rispetto ad altre tradizionali componenti pur presenti: la commedia umana delle relazioni sociali, l’introspezione psicologica del protagonista più autobiografico, alcuni caratteri tipici del genere giallo ironico, la descrizione accurata e appassionata del “proprio” territorio. E, certo, il possente antico centro storico merita una ricognizione guidata. Segnalo l’associazione culturale “Vie traverse” che fra l’altro organizza visite al tragitto della vecchia ferrovia che si snodava lungo la bellissima Timpa. Narrazione in terza varia, un po’ su tutti i protagonisti delle “scene”, ogni contesto con una specifica musica: l’Ave Maria di Schubert, le canzoni francesi (Charles Trenet e Edith Piaf ad alta voce), l’Imitation of life dei REM.

 

Riflessione sul voto referendario di Valerio Calzolaio – per Italiani.net

Il 4 dicembre 2016 voterò no al quesito si/no relativo al progetto di riforma dell’attuale Costituzione. Ho la memoria di antichi studi di storia e diritto costituzionale italiani e comparati. Ho una consolidata opinione sulla Costituzione predisposta dall’Assemblea Costituente ed entrata in vigore il primo gennaio 1948. Un buon testo, come struttura stile contenuti. Un testo vitale nella prima parte, aggiornato dalle sentenze della Corte Costituzionale su principi e valori. Un testo oggettivamente “arrugginito” nella seconda parte, che potrebbe essere utile rivalutare con uno specifico mandato (come per l’Assemblea Costituente) e con il voto favorevole di una maggioranza ampia di parlamentari eletti negli anni duemila, quando sarà. Un testo “peggiorato” dalla riforma approvata in questa legislatura, senza mandato e con una maggioranza governativa incapace di allargarsi. Sia la riforma approvata nella XIV° legislatura durante il governo Berlusconi e bocciata con il referendum del giugno 2006, sia il progetto di riforma (per alcuni versi simile) ora sottoposto a referendum non risultano positivi perché non semplificano gli assetti e peggiorano l’equilibrio fra i poteri.

Non ogni modifica sarebbe da buttare, certo, nemmeno nel progetto sostenuto dal governo Renzi. Però si vota l’insieme delle modifiche e vi sono più contro che pro. Se dovessi dare dei voti: 8+ alla prima parte del 1948, 7- alla seconda parte, 5 alla riforma; un 5 che diventa un 2 considerato che la connessa riforma elettorale riduce ancor più e non aumenta contrappesi e bilanciamento dei poteri. Basta vedere cosa accadrebbe all’articolo 70, erano due righe e diventerebbero 30 (altro che semplificazione)!

La Costituzione dovrebbe servire a favorire che ogni cittadino (“tutti” i cittadini) si riconoscano nel proprio Stato: per questo ci vogliono maggioranze rappresentative non del solo Governo in carica. Il nuovo assetto sarebbe pericolosamente accentrato e maggioritario, escludendo dalla rappresentanza fasce ampie di individui e soggetti collettivi. Il testo del 1948 era fatto per essere duraturo, per andar bene a destra e sinistra, alle generazioni di allora e a quelle successive, con differenti leggi elettorali. Va detto no a chi ha progettato di cambiarlo per ragioni contingenti, in una logica governativa e maggioritaria. I governi cambiano, la Costituzione resta. Il testo della Costituzione (da confermare con il no) non c’entra con la caduta o con la nascita dei governi pro tempore, anche di quelli che durano vari anni.

Redazione
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