Carpentier, Greene, Immirzi, Scheidel…

… il duetto Malvaldi-Marmi, l’altro duo Trombetti-Rippa e Autori Vari

7 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Guido Trombetti e Pierluigi Rippa

«Calcio. Il mondo di Eupalla e Filopede»

Doppiavoce editore

52 pagine, 10 euro

Napoli, Italia. Tifo vitale. Continuano a uscire i volumi della collana “La parola alle parole” curata da Ugo Leone, il quinto è dedicato alla C di “Calcio” e si dipana come un filo di pensieri comuni fra due docenti universitari napoletani di differenti generazioni, una chiacchierata per raccontarli e raccontarsi. Il matematico Guido Trombetti (1949) e l’economista Pierluigi Rippa (1979) ricordano i primi incontri con il calcio, giocatori e partite impressisi nella memoria; motivano la passione intensa per una cosa apparentemente “inutile” che influenza gran parte delle emozioni e le scienze più distanti; offrono spunti di storia della materia e aneddoti legati soprattutto allo stadio San Paolo; segnalano che l’evoluzione finanziaria delle società non ha scalfito la discrepanza fra nord ricco e sud povero; buttano là qualche ulteriore appunto sui miti (Sivori, Maradona) e sull’attualità come il VAR.

 

Aa. Vv (Alajmo, Maria Attanasio, Calaciura, Camarrone, Fontana, Alicia Giménez-Bartlett, Manzini, Molesini, Timm)

«Cinquanta in blu. Storie»

Sellerio

378 pagine, 15 euro

Nel 2019 sono stati celebrati i 50 anni dalla fondazione (opera di Elvira e Enzo Sellerio) della casa editrice. A inizio 2019 fu pubblicata una raccolta di racconti gialli di otto autori (italiani) della “scuderia”: ognuno scelse un vecchio romanzo della collana “La Memoria” (giunta al numero 1140) come elemento significativo della trama con il proprio protagonista. A fine 2019 l’operazione si è ripetuta con nove racconti non di genere (due non italiani) più un inedito incompiuto di Andrea Camilleri, nella stessa collana (ora al numero 1150). Il filo “blu” (sia l’anniversario che il colore) riesce a essere rispettoso dei differenti stile e sensibilità. Gli abbinamenti: Atzeni (1986) e Camilleri; Bontempelli (edizione 1981) e Manzini; Penelope Fitzgerald (1978) e Giménez-Bartlett; Sciascia (1978) e Calaciura; Luisa Adorno (1983) e Alajmo; Tabucchi (1984) e Timm; Aub (1981) e Molesini; Dovlatov (1999) e Camarrone; Greimas (1988) e Fontana; Manzoni (edizione 1982) e Attanasio.

 

Marco Malvaldi e Stefano Marmi

«Caos. Raccontare la matematica»

Il Mulino

210 pagine. 15 euro

Numeri. Ovunque. La matematica fornisce un linguaggio che si è rivelato e si rivela straordinariamente efficace nel costruire delle rappresentazioni del mondo in qualche mondo utile, deriva da pensieri astratti per fare fronte ad azioni concrete. Il chimico, grande allegro scrittore e scienziato, Marco Malvaldi (Pisa, 1974) e il fisico, docente di Sistemi dinamici alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Stefano Marmi (Bologna, 1963) riflettono insieme sul caos e sul caso nelle nostre vite, in particolare sulla formalizzazione (recentissima, una trentina d’anni) del concetto matematico di caos, sulla sua distinzione da quello di caso e sull’ubiquità del caos nelle scienze (per questo il titolo è dedicato solo al “caos”). Fin dall’antichità sia caso che caos occupano un ruolo centrale all’interno delle nostre rappresentazioni mentali: entrambi (diversamente) richiamano l’esistenza di fenomeni che sfuggono alla nostra volontà di prevedere e sono stati oggetto di ragionamento in tutti i generi della matematica, soprattutto con la ricerca filosofica sul divenire, sull’evoluzione e sul cambiamento e con l’applicazione del calcolo scientifico delle probabilità che ha trasformato completamente la fisica, la biologia, l’economia e la statistica. Dopo una breve prefazione si susseguono nove capitoli con tanti numeri, equazioni (esistono dalla metà del 1500), derivate, formule, codici la cui (non facile) lettura è un poco aiutata da una leggiadra sintesi iniziale in corsivo, da titoletti esplicativi, da digressioni esemplificative, da citazioni illustri. Continui sono i riferimenti alla storia della matematica e ai grandi studiosi che vi hanno contribuito. L’editing è imperfetto. In fondo si trovano una breve bibliografia moltissimo sintetica e l’utile indice dei nomi di persone.

Si parte ovviamente dalle antiche riflessioni sulle regolarità dei moti dei pianeti e delle stagioni che varie migliaia di anni fa hanno imposto alla nostra specie di cercare (e via via trovare, ora prima ora dopo, ora qui ora là) le dinamiche complicate dietro alcune regole (apparentemente) semplici. Si è subito visto che dalle condizioni iniziali sono sensibilmente dipendenti effetti ed eventi successivi, che alcuni ritmi naturali sono intrinsecamente instabili (anche molti di quelli ciclici o periodici), che per la misurazione serve spesso una qualche approssimazione. Ecco la necessità di modelli di meccanica celeste per l’astronomia moderna, superare la frammentarietà della spiegazione separata del movimento di ogni pianeta di cui si è lentamente scoperta l’esistenza. Ed ecco anche la potenzialità e il rischio del “determinismo”, per quanto in sistemi dinamici e per quanto si considerino sia i comportamenti ordinati e prevedibili che quelli caotici e imprevedibili (questi ultimi generati da almeno una relazione nonlineare). Il caos nasce pure da impercettibili salti, dimenticanze, errori (anche casuali) e poi dalla loro inevitabile amplificazione; si riconosce guardando quella successione di dati con il giusto punto di vista (appunto non lineare). Chiaramente, una serie temporale irregolare non è per forza frutto di un sistema caotico: può anche essere data da un sistema lineare perturbato dall’esterno o può essere propria di un sistema caotico che (per di più) interagisce con una sorgente esterna di disturbo. Caos (determinismo) e caso (rumore) possono determinarsi a vicenda. Scopriamo di conseguenza tanti significati specifici propri della matematica, dal Pi greco all’entropia (diverso da disordine energetico e legato piuttosto alle informazioni di un messaggio), dalle funzioni logaritmiche a quelle binarie, dalle scommesse alle probabilità, dalla ridondanza ai numeri primi.

 

Graham Greene

«Il treno per Istanbul»

traduzione di Alessandro Carrera

Sellerio

(edizione originale 1932, Stamboul Train)

356 pagine, 14 euro

Un aprile fra le due guerre. Dal Belgio alla Turchia: Ostenda-Colonia-Vienna-Subotica-Belgrado-Costantinopoli. Scesi dal traghetto della Manica altri passeggeri salgono a bordo del treno tutto pieno che, dopo tre notti, giungerà alla destinazione lontana migliaia di chilometri. Fra gli altri l’ebreo giovane ricco commerciante Myatt in viaggio d’affari, la minuta povera ballerina Coral in cerca della scrittura in un tabarin, il misterioso dottor Czinner rivoluzionario sognatore comunista, una cinica giornalista a caccia di scoop, un furbo ladro attento alle possibili prede, un’umanità “spaventata, insicura, dubbiosa, tragica e dolente” (come scrive Manzini in premessa). Con la cura (e la postfazione) di Domenico Scarpa, dal 2019 Sellerio sta ripubblicando meritoriamente (con nuova traduzione) il grande scrittore inglese Graham Greene (1904-1991); continua con il quarto, scritto a 28 anni con l’esplicito obiettivo (riuscito) di piacere al grande pubblico, “Il treno per Istanbul.

 

Giorgio Immirzi

Quanti. La teoria fisica più sconcertante del Novecento

Doppiavoce

76 pagine, 11 euro

Pensiero scientifico. Da un secolo circa. La teoria dei quanti e la relatività sono le grandi invenzioni della fisica del Novecento. La seconda è uscita tutta dalla mente di Albert Einstein (1879-1955), la prima ha molti padri, fisici di straordinaria originalità e intelligenza (fra i quali lo stesso Einstein), spesso in polemica fra loro. Il dibattito ha riguardato più l’interpretazione che le applicazioni: la teoria funziona e si applica con successo a una grande varietà di fenomeni. Il fisico teorico Giorgio Immirzi racconta come si è sviluppata la Teoria dei “Quanti” nel contesto della fisica del secolo scorso. Parte dal 1900, dal “corpo nero” di Max Planck, dalla scatola che contiene una radiazione elettromagnetica con una fessura da cui può uscire ed entrare. Seguono i fotoni e il principio di indeterminazione, atomi e molecole, onde e probabilità, fino a Schrödinger e al fenomeno di correlazione fra le particelle (entaglement), divenuto cruciale nell’ultimo trentennio.

 

Walter Scheidel

«La grande livellatrice. Violenza e disuguaglianza dalla preistoria a oggi»

traduzione di Giovanni Arganese

Il Mulino

640 pagine, 35 euro

Il nostro pianeta con e fra primati umani. Passato, presente e futuro. La disuguaglianza fra gli individui viventi della specie Homo sapiens è pericolosa e crescente. Vi sono oggi persone, famiglie, gruppi, Stati, continenti enormemente più ricchi di altri, capaci di concentrare la teorica ricchezza globale in un esiguo numero di mani. Tuttavia, una simile significativa disuguaglianza ha una storia antichissima alle spalle, da millenni le eccedenze rispetto al minimo indispensabile per la sopravvivenza non sono condivise in modo equilibrato fra gli esseri umani e una prospettiva interculturale, comparativa e a lungo termine appare essenziale per la comprensione dei meccanismi che modellano la distribuzione del reddito e della ricchezza sulla Terra. Vi sono segni e qualità di disuguaglianza pure precedenti il Neolitico, quando certamente (seppur lentamente) la produzione di cibo tramite agricoltura e pastorizia creò una scala quantitativamente tutta nuova di ricchezza e di eccedenze. L’addomesticamento delle fonti alimentari comportò anche l’addomesticamento delle persone. La disuguaglianza politica rafforzò e amplificò la disuguaglianza economica. Per migliaia di anni la “civilizzazione” progressiva e le varie civiltà diffuse quasi mai si caratterizzarono per forme pacifiche di perequazione. Nell’intero arco della storia documentata i momenti di livellamento più marcato sono stati invariabilmente il risultato solo di potenti shock. Quattro diversi tipi di rotture violente hanno appiattito la disuguaglianza: le guerre generali, le rivoluzioni trasformative, i crolli degli stati, le pandemie letali. Considerando la complessiva storia umana del pianeta, solo una o più di queste quattro violente forze (terribili e mortifere) hanno compresso la disuguaglianza materiale.

Grazie a una sterminata bibliografia comparata, a un enorme massa di dati e documentazione, a una limpida riflessione critica globale lo storico Walter Scheidel (Vienna, 1966), nato e formatosi in Austria, poi dal 1999 trasferitosi negli Usa e da tempo docente presso l’autorevole californiana Stanford University, studia alcuni nessi cruciali per comprendere la distribuzione delle risorse materiali all’interno delle società, lasciando consapevolmente in secondo piano alcune questioni definibili oggi come geopolitica: gli aspetti climatico-geografico-ecologici e la disuguaglianza fra le nazioni. Due sono le metriche di base utilizzate: il coefficiente o indice di Gini (ben noto agli scienziati economisti), le percentuali totali di reddito di mercato e netto (disponibile) o di ricchezza (aggiornate da Piketty e ben note agli scienziati sociali). A ragionare di disuguaglianza è però primariamente uno storico, non un filosofo o economista o giurista o sociologo, questo è il grande interesse culturale del volume. Tanto più che la scansione narrativa opportunamente non si condiziona a una convenzionale cronologia. La prima corposa parte segue l’evoluzione della disuguaglianza dall’epoca dei nostri antenati primati fino agli inizi del XX secolo. Le successive parti trattano dei quattro differenti tipi di shock, la seconda (guerre) e la terza (rivoluzioni) affrontando subito di petto il cruento Novecento e risalendo poi indietro nel tempo per cercare eventuali simili antecedenti. La quarta parte esamina specifici casi storici di fallimento dello stato e di collasso sistemico (moderni o antichi). Egualmente la quinta parte documenta esempi molto o poco conosciuti (comunque ad ampia distanza per tempi e luoghi) di mortalità epidemica di massa. Arriviamo così alle domande contemporanee: esistono o possono esistere fattori alternativi (ovvero non violenti) per ridurre le disuguaglianze (sesta parte)? Che cosa ci riserva o potrebbe riservarci il futuro (settima)? Forse le risposte non ci piaceranno, però è meglio valutarle con attenzione. Manca purtroppo un indice degli argomenti (solo i nomi propri), inevitabilmente di migrazioni spesso si parla (più o meno forzate esse stesse).

 

Alejo Carpentier

«L’arpa e l’ombra»

traduzione di Linda Verna; con una nota di Angelo Morino (originale 1979)

Sellerio

250 pagine, 14 euro

Europa e Americhe. Dopo il 1492. Alejo Carpentier (Losanna, 1904 – Parigi, 1980) è stato giornalista, musicologo e grandissimo scrittore cubano. Crebbe a l’Avana, Cuba è sempre stata la sua patria, identificandosi con i valori afrocubani e poi della rivoluzione castrista. Non tutta la sua enorme produzione letteraria è stata tradotta in italiano e Sellerio sta opportunamente recuperando il meglio. Questo originale romanzo storico, “El arpa y la sombra” del 1979 (un anno prima della morte), già pubblicato da Editori Riuniti (1981) ed Einaudi (1993), suggerisce ai non europei di riappropriarsi di parte della loro vicenda: parla dei continenti e dei popoli ai lati dell’Atlantico per il tramite del buon Cristoforo Colombo (quasi una biografia, comunque senza agiografia), un navigatore che sapeva che le terre a ovest erano già state raggiunte, che aveva interessi economici e che non meritava la beatificazione cristiana proposta nell’Ottocento da papa Pio IX e Leone XIII (poi non concessa).

 

Redazione
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