Catania: distrutto da un incendio il grande campo ROM

Sono centinaia le persone coinvolte però… non interessano il giornalismo e le istituzioni

di Domenico Stimolo

domenico-fotoCampoROM

 

Nella serata di venerdì 15 luglio un gigantesco incendio ha totalmente distrutto il grande campo ROM di via Madonna degli Ulivi (uno dei più grandi del centro-sud), ubicato in una zona periferica – Zia Lisa – di Catania e confinante con la parte sud del cimitero cittadino. Un’area di considerevoli dimensioni, lunga circa duecento metri, larga oltre settanta metri, strapiena di poverissime e improvvisate baracche, abitate da almeno 500 persone, moltissimi i bambini.

Le fiamme – gigantesche, violentissime e improvvise – in brevissimo tempo hanno totalmente raso al suolo la “struttura abitativa”. Grazie al pronto intervento dei Vigili del fuoco, encomiabili nell’azione, non si sono verificati danni alle persone.

L’incendio ha di fatto spianato e desertificato tutta l’area. Sono state totalmente polverizzate le baracche, distrutto il misero corredo di necessità quotidiano di questi nostri fratelli appartenenti alla “razza umana”, oltreché l’habitat ambientale costituito da parecchi alberi e arbusti di vario genere.

Uno “spettacolo” di assoluta desolazione caratterizza la visione nel primo pomeriggio di domenica. Nulla è rimasto integro. Una consistente folta scia di fumo tossico pervade la zona. I Vigili del fuoco sono ancora all’opera. Nella parte iniziale dell’ingresso sono ammassate una trentina di bombole di gas, fortemente annerite, trasportate fuori dai rom al fine di evitare esplosioni.

Tranne alcune brevi note diffuse localmente, gli organi di informazione nazionale hanno totalmente dimenticato il drammatico evento. Si tratta di Rom, altrimenti detti zingari. Le centinaia di persone coinvolte, che improvvisamente hanno perso il “tetto”, non meritano notizia!

I Rom, inseguiti dalle fiamme, sono fuggiti tutti. Si sono resi fantasmi? Le strutture istituzionali locali dichiarano che “presumibilmente hanno cercato accoglienza in altri accampamenti cittadini”. Una dinamica surreale! Parecchie centinaia di persone, nella stragrande parte appiedati, scomparse nel ventre della città.

Sulla natura dell’incendio a ora non sono state mosse supposizioni. Certo è molto inquietante riscontrare che il giorno dopo, cioè sabato, un improvviso incendio è scoppiato nella grande area di rimessa gestita dal Comune di Catania – sita fra i quartieri di Monte Po e San Giorgio -, incenerendo circa 30 roulotte depositate dopo lo smantellamento del campo Rom di Fontanarossa del dicembre del 2012. Nel corso degli anni altri molteplici incendi si sono “abbattuti” su campi Rom dell’area cittadina.

Il campo di Zia Lisa era già stato in parte devastato dalle fiamme improvvisamente sorte in due precedenti occasioni: il 22 dicembre 2009 e il 1 agosto 2015. E già nel maggio 2008 la povera struttura abitativa era stato forzosamente sgomberata.

La “baraccopoli” di Corso Martiri della Libertà, dove da molti anni stazionano Rom e senza tetto, è stata “interessata” e distrutta da diversi incendi, gli ultimi il 17 giugno 2016 e il 17 gennaio 2014.

I Rom stanziatosi a Catania nel corso degli ultimi 30 anni non hanno mai avuto un’accoglienza giusta, cioé civile e democratica. Gli arrivi dei nuclei familiari si sono intensificati con le drammatiche vicende della guerra nell’ex Jugoslavia già agli inizi degli anni 90 del secolo scorso; da tempo la parte più rilevante proviene dalla Romania.

Il drammatico incendio di venerdì scorso – sperando che non ci sia dolo o peggio razzismo – ripropone alla civile attenzione l’infima condizione di vita dei Rom che vivono nell’ambito del catanese.

Le varie comunità Rom, più o meno stanziali a Catania – centinaia di donne, uomini e bimbi – vivono da sempre totalmente abbandonati. Vengono di conseguenza dileggiati i declami costituzionali della nostra Repubblica democratica e solidale. Sono privi dei requisiti elementari per condurre una normale e decente vita umana: riparo, acqua, servizi sanitari, smaltimento rifiuti, integrazione sociale nelle variegate forme.

Una condizione indegna per le basilari norme che caratterizzano e regolano la gestione della vivibilità umana in Italia e nella Comunità Europea. Le norme europee di garanzia che in maniera specifica sono rivolte ai Rom sono strutturalmente inevase.

Lo stesso avviene per i tanti senza tetto, migranti, clochard e altri disperati che sempre più numerosi vivono in condizioni di assoluta degradazione. La città è piena di tanti esseri umani, considerati scarti a perdere, costretti a vivere perennemente “accampati” sulle loro squallide miserie. Dai tutori istituzionali locali è completamente assente qualsivoglia azione di fattivo e consolidato supporto ai diseredati di tutte le malesorti e specie. Tutti i deboli – cioè poveri, disoccupati senza speranza, senza casa, viventi a tempo pieno nelle strade, migranti indigenti e “clandestini” – sono abbandonati al loro tragico destino, lasciati dalle istituzioni alla carità dei cittadini volontari o associazioni che in questo “mare grande” cercano di supplire (molte volte vanamente date le dimensioni della situazione in atto) ai doveri e ai diritti declamati dalla Costituzione nostra repubblicana, nata, come affermò il giurista Calamandrei, dalla Resistenza popolare contro le ideologie e le pratiche nefande del razzismo e dell’esclusione assassina da parte dei vari fascismi.

Si è oggi a Catania 2016 come nel Medioevo.

Diversamente dalle azioni operative avvenute da tempo in molte altre località nazionali, a Catania nulla è stato fatto per la messa in opera di adeguate iniziative di ospitalità. In particolare – a parte il variegato, prolungato e ridanciano chiacchiericcio consumatosi negli ultimi vent’anni – mai è stato realizzato un adeguato campo attrezzato di accoglienza per i Rom; con alloggiamenti e con tutti i requisiti igienico-sanitari indispensabili. Struttura elementare per determinare minimali condizioni di vivibilità. Come mai sono state intrapresi idonei interventi operativi a sostegno dei tanti altri diseredati, disoccupati, locali e non.

A Catania ha prevalso il “franse o spagna” di antica memoria. Qualsiasi sia il colore delle amministrazioni comunali, vince sempre la logica del “comparato”, a danno dei tanti poveri che sempre più vivono totalmente emarginati dalla città “normale”. Oggi come ieri!

La cosiddetta “società civile” più o meno organizzata, in associazioni, partiti, strutture sociali o in strutture di “cordata”, è del tutto assente a parte piccolissimi spicchi: curano gli affari di bottega o le beghe di “famiglia”.

I dolori sono esclusivamente di chi li ha, vivendoli da soli nella disperazione assoluta.

 

Redazione
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