C’è bisogno di antifascismo

Roma: nasce un Osservatorio sul fascismo: oggi si inizia a discuterne. E domani (come ogni 30 settembre) i compagni di Walter Rossi lo ricordano

Dai compagni che hanno organizzato «Per non dimenticare Renato, Walter e gli altri compagni uccisi» ricevo – e posto quo sotto – alcuni testi del «Comitato promotore per un osservatorio sul fascismo a Roma». [db]

Perché un Osservatorio sul fascismo a Roma?

Perché a 40 anni dall’assassinio del compagno Walter Rossi, il fascismo è più che mai vegeto e impunito e non ci viene in mente miglior modo per ricordarlo nell’anniversario della sua morte, se non facendosi carico di un impegno antifascista permanente da costruire e alimentare con le nuove generazioni di compagni;

perché, come impone la Costituzione, non vogliamo che le strade di Roma siano percorse da cortei inneggianti al fascismo con il tiepido contrasto degli organi di Polizia preposti alla repressione dei reati di apologia del fascismo. Roma, sede fisica delle istituzioni democratiche deputate al governo del Paese, non può trasformarsi nel palcoscenico dove spacciatori e pluripregiudicati sfilano impuniti ergendosi a difensori degli interessi dei cittadini;

perché è in corso in Italia, e Roma non ne è esente, un processo di trasformazione della destra storica, da erede dei repubblichini e dei picchiatori anni ’70, ripetutamente sconfitti dalla storia e pertanto patetici e perdenti, in una destra dinamica, spudoratamente nazi-fascista, corroborata da legami internazionali che la rendono accattivante perché ricca e vincente nel contesto della crisi economica attuale;

perché a differenza di altre grandi città italiane a Roma non esiste uno strumento democratico che monitora le attività della destra fascista e che ne denunci gli aspetti violenti e anticostituzionali. Perchè per difendere i più deboli vittime della violenza razzista, sessista e omofoba …C’E’ BISOGNO DI ANTIFASCISMO.

Alcune riflessioni sul 40° Anniversario dell’assassinio di Walter e sulla scelta di un modo per commemorarlo che possa durare nel tempo andando oltre la ricorrenza del quarantennale; ancora riflessioni sul nuovo fascismo e sul modo di resistergli.

LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE (EUROPEA)

Da diversi anni ormai assistiamo alla crescita in molti Paesi europei di una destra dai forti connotati nazionalisti, antieuropei, razzisti, xenofobi, omofobi, islamofobi spesso accomunata dal concetto identitario del “prima gli …”.
Negli ultimi anni, nelle nazioni dove sono in vigore sistemi elettorali maggioritari, abbiamo assistito a ballottaggi dove uno dei due contendenti rappresentava questo tipo di destra: Olanda, Austria, Francia i Paesi più rappresentativi. Ma non si possono non considerare meno pericolosi i governi di alcuni Stati dell’ex Est Europa, come Ungheria e Ucraina dove partiti dichiaratamente fascisti sono al governo.
D’altronde i contenuti nazionalisti, antieuropei, razzisti, xenofobi, omofobi, islamofobi rappresentano il volto del nuovo fascismo, non meno pericoloso e violento della sua versione originale. La crisi economica che ha picchiato duro sulle condizioni di vita di larghe fette della società, l’incapacità della sinistra riformista di dare una risposta diversa su come affrontare la crisi, la sempre maggiore perdita di posti di lavoro e la trasformazione del lavoro tutelato in lavoro precario ha aperto spazi sul territorio a queste organizzazioni che hanno sfruttato, ad esempio, i flussi migratori per creare un nemico ancora più debole e indifeso per aggregare e dirigere il dilagante malcontento.

LA SITUAZIONE NAZIONALE

Anche in Italia in Italia la situazione sociale non è così diversa da quella appena descritta sopra.
Il ventennio di berlusconismo ha sicuramente sdoganato loschi figuri degli anni 80 sia nella destra parlamentare (Fini, Gasparri, Alemanno solo per citare i più famosi che hanno ricoperto ruoli istituzionali come ministri) che nella destra extraparlamentare (Fiore, Romagnoli …. ai quali sono stati garantiti seggi nel Parlamento europeo).
Nel nostro Paese poi si sono manifestati due fenomeni assolutamente originali che hanno comunque sottratto, per motivi tra loro diversi, un discreto peso elettorale a una destra nazionalista: la Lega Nord ed il movimento 5 Stelle.
La Lega Nord versione Bossi era un vero coacervo di contraddizioni, cresciuta sulle disgrazie al nord della sinistra ufficiale (in particolar modo del PCI del quale ha ereditato la modalità di presenziamento del territorio) che ha espresso una forte vocazione antistatalista, autonomista ed indipendentista; stremata da scandali e cali elettorali, con l’avvento dell’attuale segretario Salvini, Lega Nord rappresenta forse la formazione più simile a quelle dell’estrema destra europea; ha sostituito i “terroni” con zingari ed immigrati, l’indipendentismo del nord con il “sovranismo”, ha stretto alleanza con una formazione dichiaratamente di destra come Fratelli d’Italia provando anche un approccio con Casapound.
Le forti crescite in Europa di formazioni della destra populista e nazionalista (e che, ripetiamo, incarnano i valori di un nuovo fascismo) hanno dato vigore anche alle organizzazioni storiche dichiaratamente fasciste come Forza Nuova e Casapound o più o meno nuove come Lealtà e Azione con un protagonismo sociale che non ha trovato la giusta risposta sia a livello di massa che a livello istituzionale; la mancata risposta a livello istituzionale è ancora più preoccupante e dimostra che l’infiltrazione fascista negli apparati dello Stato è ancora ben ramificata. 

Esistono inoltre riscontri oggettivi reperibili da chiunque sui quotidiani nazionali, che danno evidenza di un piano ben articolato di rivitalizzazione del movimento fascista-nazista su base nazionale e internazionale.
Un esempio su tutti, l’invasione a Milano del Campo 10, occupato all’insaputa della Questura da 2.000 fascisti provenienti da tutta Italia, inquadrati militarmente, organizzati in ranghi per singola organizzazione con in testa i dirigenti nazionali dei singoli movimenti, dando evidenza così della nascita di un manifesto unitario di intesa nazionale tra le organizzazioni fasciste e neonaziste, Lealtà e Azione, Casa Pound, DO.Ra – e con la sola esclusione di Forza Nuova ritenuta dagli altri meno affidabile – capace di lanciare una sfida alle stesse istituzioni democratiche che il 25 aprile avevano negato gli spazi commemorativi.
Una prova di forza con più di 2.000 militanti schierati, convocati in via compartimentata da tutta Italia a dimostrazione di una prepotente strategia di appropriazione degli spazi culturali della memoria storica nazionale portata avanti senza più indugiare sugli aspetti folcloristici tipici dei vecchi nostalgici usciti ripetutamente sconfitti nel ’45 dalla lotta di Liberazione e negli anni ’70 dall’antifascismo militante.
Il 28 aprile infatti, al Campo 10, due generazioni di fascisti “perdenti” figuravano come le grandi assenti del raduno: gli ex-combattenti reduci di Salò e i “neri” degli anni ’70; il palcoscenico è stato tutto per i “nuovi” fascisti, quelli che guardano al futuro forti dei successi dei movimenti nazisti in Ucraina, Ungheria, Grecia, Paesi Baltici e Francia, e che su questi successi guadagnano consensi nelle periferie, nelle scuole, negli stadi.
Lealtà e Azione a Milano e nel Nord Italia, Casa Pound a Roma e nel Centro-Sud vantano entrambe solidi legame con le organizzazioni criminali: la prima organica alla ndrangheta vive dei proventi del traffico di stupefacenti, la seconda a Roma condivide interessi economici illeciti con le grandi famiglie rom a capo del racket delle estorsioni e del riciclaggio di denaro sporco.
Attività illegali svolte all’ombra dell’impegno profuso dai propri militanti nell’indirizzare il disagio sociale verso contenuti razzisti e autoritari veicolati attraverso le decine di diversificazioni culturali, sportive, ricreative fondate negli ultimi 10-15 anni.
Ma c’è di più; è acclarata la presenza in prima linea di combattenti italiani appartenenti alla “legione straniera fascista” operativa in Ucraina con il battaglione Azov nell’aggressione alla Repubblica del Donbass. In Ucraina decine di militanti italiani sono stati e sono tutt’ora addestrati alla guerra moderna e altrettanti hanno completato la loro formazione militare nei campi di solidarietà organizzati da Casa Pound in Birmania. Un patrimonio di esperienza eversiva pronto a rientrare e a riversare nelle nostre piazze la propria esperienza militare.

LA SITUAZIONE ROMANA

Come detto sopra, a Roma l’organizzazione fascista più rappresentativa è Casa Pound, impegnata alla luce del sole in campagne sociali come l’aiuto ai romani in difficoltà tramite raccolte alimentari che conducono davanti ai supermercati, l’opposizione alla creazione di spazi di accoglienza nei quartieri più periferici di Roma (la più eclatante quella di casale San Nicola di un paio di anni fa, e più recentemente al Tiburtino III, alla stazione Tiburtina e a Roma Nord con il picchettaggio del campo rom per impedire l’uscita dei bambini che dovevano andare a scuola), la difesa militante di alloggi occupati abusivamente e assegnati invece a cittadini extracomunitari aventi diritto. A Ostia e Acilia Casapound è lanciatissima in una campagna elettorale estremamente aggressiva in vista delle votazioni per il X Municipio ancora commissariato dopo lo scioglimento per evidenti infiltrazioni mafiose.
A contendere la piazza nera ai fascisti del terzo millennio c’è Forza Nuova, corroborata dall’alleanza con “Roma ai Romani” di Castellino che attua una politica di infiltrazione nelle borgate popolari (Magliana e Casalotti/Montecucco) con azioni molto simili a quelle di Casapound; ma la maggior esposizione di Forza Nuova + Roma ai Romani si è avuta nelle giornate di protesta di tassisti e ambulanti, quando si sono resi protagonisti di azioni violente soprattutto sotto la sede del PD di via del Nazareno.
Nelle periferie nascono organizzazioni locali come Azione Frontale (nella zona Casilina) protagonista di ronde di quartiere sul territorio e nei vagoni della linea C della metropolitana ed alla ricerca di visibilità con azioni dimostrative come le minacce al concerto di Bellofigo, il 25 aprile con banchetti per la messa sotto processo dell’ANPI e con provocazioni nel giorno della ricorrenza della liberazione di Roma.

L’Antifascismo oggi
Tutto questo per dire che l’antifascismo è oggi più attuale che mai. Queste poche considerazioni per denunciare un divenire inquietante che potrebbe in futuro stravolgere l’orizzonte democratico.
Il contesto economico critico, il panorama politico nazionale che mostra una sinistra disgregata alle prese con la trasformazione del PD in partito di Centro, i fattori internazionali destabilizzati dal duo Trump-Putin, insieme agiscono da fattore accelerante del radicalizzarsi della crisi, dove per certo i fascisti sapranno ben ritagliarsi uno spazio importante.

Walter e l’antifascismo oggi
Se questo è vero, quale miglior modo per ricordare nell’oggi Walter, del farsi promotori di istanze di aggregazione finalizzate allo studio dell’escalation fascista e del suo contenimento a livello culturale, giuridico e politico.
Walter fu ucciso nell’adempimento della sua militanza antifascista, in un mondo in cui in migliaia, in contesti politici e sociali diversi, si praticava l’antifascismo militante, impedendo ai fascisti di avere visibilità politica. Oggi, a condizioni mutate e perché no a parti invertite, l’impossibilità di emarginare i fascisti non ci deve far rinunciare dall’intraprendere comunque una lotta di opposizione nei loro confronti.
Ci sembra pertanto auspicabile la nascita di una piattaforma di confronto tra realtà varie e singoli compagni, incentrata al 100% su contenuti antifascisti che rispecchino il contesto attuale e che sia in grado di rinnovare il ricordo di Walter a quaranta anni dalla sua morte ,superando i limiti della semplice commemorazione.

In altre città del Centro-Nord esistono e lavorano da anni osservatori democratici di studio e denuncia delle attività delle nuove destre. Sempre al Nord un anno e mezzo fa è partita una petizione online che tra Lombardia e Veneto ha raccolto circa 50-60.000 firme via change.org per la messa fuorilegge delle organizzazioni neofasciste e naziste. A prescindere dal risultato numerico – per alcuni esiguo per altri consolante – e dall’utilizzo che di dette firme si farà, stupisce che a Roma niente si sia mosso e si muova in questo senso.

Malgrado la preoccupazione e la voglia di fare qualcosa, nessun partito, nessuna istituzione, nessuna associazione di peso nazionale, fatta eccezione per l’ANPI ha intrapreso iniziative significative per contenere questa deriva. È opportuno perciò riaprire una discussione che metta a fuoco il problema dei nuovi fascismi senza il timore di agire su tematiche obsolete e meno importanti di quelle che quotidianamente la crisi economica e la globalizzazione impongono.

E’ circolata fra i compagni una proposta che sembrava incline a sostenere la creazione di un osservatorio antifascista per Roma e per il Lazio, un progetto unitario, aperto perciò a collettivi, associazioni, assemblee, partiti, organizzazioni sindacali, giuristi e singoli individui, che studi e agisca a livello di denuncia verso le istituzioni; un primo passo per giungere in caso di successo alla fase successiva, quello della raccolta di firme finalizzata alla messa fuorilegge delle organizzazioni fasciste e naziste.
Un programma ambizioso che adattato nei tempi di realizzazione alla ricorrenza del 30 settembre darebbe un valore attuale alla commemorazione del 40°anniversario dell’assassinio di Walter, creando e mettendo a disposizione dei compagni uno strumento di contrasto alla violenza fascista.

Redazione
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2 commenti

  • domenico stimolo

    Dopo la grande manifestazione della CGIL A Roma di sabato 8 ottobre, ricordare è un dovere civico e democratico:
    La lunga storia dell’antifascismo CGIL ( …di grande interesse il VIDEO)

    di Ilaria Romeo

    Dagli anni del regime al dopoguerra, fino a oggi, il sindacato ha sempre posto un argine allo “squadrismo” antidemocratico. E ne è sempre stato un bersaglio.

    La Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) nasce al primo Congresso di Milano del 29 settembre – 1° ottobre 1906. Le prime strutture sindacali erano nate in Italia negli ultimi decenni dell’Ottocento. La fase pre-sindacale è caratterizzata dallo sviluppo delle Società di mutuo soccorso, le prime forme di associazionismo operaio. Il mutualismo aveva lo scopo di fornire assistenza ai soci in caso di disoccupazione, infortunio, malattia e vecchiaia, escludendo il ricorso alla lotta di classe.
    La fase sindacale vera e propria inizia con i primi scioperi, promossi tra gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento. Il progressivo passaggio dal mutualismo alla resistenza si intensifica negli ultimi anni del secolo, in coincidenza con l’avvio, anche in Italia, della rivoluzione industriale.
    Il biennio nero
    Finito il massacro della Prima guerra mondiale, in molti Paesi europei, anche sull’onda delle notizie rivoluzionarie provenienti dalla Russia, scoppiano numerose rivolte popolari. Anche l’Italia registra un periodo di accesa conflittualità sociale: il “biennio rosso” (1919-20). Protagonisti di questa fase sono i braccianti nelle campagne, mentre nell’industria operano i Consigli di fabbrica. Al “biennio rosso” segue in Italia il “biennio nero” (1921-22), segnato dall’attacco violento che i fascisti scatenano contro il movimento operaio e le fragili istituzioni dello Stato liberale.

    Dopo l’assalto alla sede del Comune di Bologna nel novembre 1920, si moltiplicano i casi d’incendio e saccheggio operati dalle squadracce nere contro le Camere del lavoro, le Case del popolo, le cooperative, le leghe; molti dirigenti della sinistra rimangono vittime della violenza fascista.
    Nella sola pianura padana, nei primi sei mesi del 1921, gli attacchi operati dalle squadre fasciste sono 726: 59 Case del popolo, 119 Camere del lavoro, 107 cooperative, 83 leghe contadine, 141 sezioni socialiste, 100 circoli culturali, 28 sindacati operai, 53 circoli ricreativi operai sono vittima delle violenze. “Erano i figli di un’Italia che li mandava avanti a spaventare la gente, a portare confusione (…) erano gli ‘Arditi’ plagiati, usati (…) Quella giovane teppaglia mi faceva orrore e pena”, commenterà anni dopo Pietro Nenni.
    Il fascismo al potere
    Il 28 ottobre 1922, con la marcia su Roma, Mussolini prende il potere. All’inizio del 1925 il duce decide una svolta in senso “totalitario” attraverso una serie di provvedimenti liberticidi (le “leggi fascistissime”), che annullano qualsiasi forma di opposizione al fascismo.
    Sul piano sindacale, con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, Confindustria e sindacato fascista si riconoscono reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro abolendo le Commissioni Interne. La sanzione ufficiale di tale svolta arriva con la legge 563 del 3 aprile 1926, che riconosce giuridicamente il solo sindacato fascista (l’unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro), istituisce una speciale magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro e cancella il diritto di sciopero.
    Il 4 gennaio 1927, in seguito ai provvedimenti emessi dal fascismo, il vecchio gruppo dirigente della CGdL, tra cui Rinaldo Rigola e Ludovico D’Aragona, decide l’autoscioglimento dell’organizzazione. Contro tale decisione, nel febbraio 1927, Bruno Buozzi ricostituisce a Parigi la CGdL, la quale aderisce, insieme ad alcuni partiti, alla Concentrazione d’azione antifascista. Nello stesso mese, durante la prima Conferenza clandestina di Milano, i comunisti danno vita alla loro Confederazione generale del lavoro. In questo modo, dalla fine degli anni Venti e fino alla caduta della dittatura fascista, convivono di fatto due CGdL: una d’ispirazione riformista, aderente alla Federazione sindacale internazionale; l’altra comunista, aderente all’Internazionale dei sindacati rossi.
    Fino alla metà degli anni Trenta i rapporti tra le due confederazioni si mantengono tesi, soprattutto a causa della decisione presa dalla Terza internazionale di contrastare i riformisti, accusati di “socialfascismo”. Quando però il pericolo fascista diventa più concreto, soprattutto in seguito alla presa del potere da parte di Hitler in Germania (gennaio 1933), le diverse componenti della sinistra riescono a trovare un terreno comune d’iniziativa, evidente nella politica dei Fronti popolari in Francia e Spagna.
    Gli effetti si faranno sentire sia sulla politica italiana – con la firma nel 1934 del Patto di unità d’azione tra Pcd’I e Psi – sia sul sindacato. Il 15 marzo 1936 Buozzi e Di Vittorio si incontrano a Parigi per firmare la “piattaforma d’azione della Cgl unica”.
    La guerra e gli scioperi
    Già prima della caduta di Mussolini, avvenuta il 25 luglio 1943 in seguito al voto del Gran consiglio del fascismo, settori importanti delle classi lavoratrici del Nord erano tornati a scioperare contro il regime.
    La lettura continua …… Testo integrale su “ Collettiva” della CGIL
    https://www.collettiva.it/copertine/italia/2022/10/09/news/la_lunga_storia_dell_antifascismo_cgil-2405183/

  • Gian Marco Martignoni

    Molto bene il post di Domenico Stimolo, dopo la straordinaria ma tutt’altro che facile manifestazione della Cgil di ieri a Roma in Piazza del popolo. Che questa mattina in Corso Italia le organizzazioni sindacali a livello internazionale si siano riunite per definire il programma e le iniziative di una costituenda rete antifascista, la dice lunga su ” Il vento conservatore ” e reazionario di cui parla Giorgia Serughetti nel suo recente ed interessante libro pubblicato per gli Editori Laterza.

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