C’è una Milano da bere e respirare… e una da cacare

Quinta puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

Non è soltanto uno sfogo il mio e non voglio dire che Milano fa sempre cacare: ma esiste una Milano che fa cacare, questo sì. Come una Milano da bere: però non nel senso della pubblicità e dello stile consumistico-festaiolo milanese degli anni ’80 a cui si riferisce quell’espressione ma nel senso di “respirare e bere l’acqua che ti dà la vita”.

Questa bella Milano negli ultimi anni – dopo un mio distacco- l’ho trovata in pochi luoghi e contesti: uno è la Fiera del libro autoprodotto Liber, che si svolge una volta all’anno in autunno, con qualche tappa “extravagante” fuori città e fuori Regione (ricordo una bellissima esperienza all’edizione 2016 di “Carta Carbone” a Treviso) e speriamo che anche quest’anno si rifarà. Tutto autogestito e autofinanziato. Purtroppo questo stile non è garanzia di valorizzazione delle proprie risorse e produzioni: ho visto diverse fiere dell’autoproduzione (Bologna, Lucca…) dove si applica al contrario la massima di Erasmo da Rotterdam: “se ho soldi compro libri, poi cibo e infine vestiti”. Quindi in certe fiere dell’autoproduzione è molto triste e deludente ma è proprio così: se ho soldi compro birra, poi cibo e infine libri autoprodotti (per essere una fiera dell’autoproduzione, è quasi una beffa). Poi c’è un altro bel luogo: si chiama Cox 18 con la libreria Calusca City Light, forse per fare il verso al City Life.

Sono stato in questi giorni proprio al City Life, centro commerciale, allagato da una pioggia di pochi minuti, che ci ha costretti a tornare a casa. Mi è rimasta la curiosità di scoprire quel che l’è: forse «una cacata di centro commerciale» come dice Sara che aggiunge con tono consolatorio: «però c’è la Apple… Sarà anche piccolo però al piano superiore c’è uno spazio per studiare: tavoli, prese elettriche, piante, e la luce che arriva dalle vetrate e un pozzo di luce in alto». Gelaterie, cinema, Feltrinelli… Ecco, abbiamo visitato – con le parole di Sara – il City Life che io pensavo fosse una città giardino, un villaggio tipo Milano 2. E infatti Sara mi dice che sì: ci sono i palazzi, i grattacieli, piazza Giulio Cesare…. Bene siamo a «Loro 1» e «Loro 2», i due film – o un film in due parti – di Paolo Sorrentino su Berlusconi, che ho visto in questi giorni.

Dieci giorni a Milano: non facevo una full immersion milanese così lunga da un bel po’. Le ultime volte non più di una settimana. A ottobre dell’anno scorso per scrivere il libro «Ricordare Milano»; a dicembre per presentarlo e venderlo alla fiera dell’autoproduzione del Cox 18 (ogni prima domenica del mese); una settimana a inizio marzo, per uno spettacolo di canzoni alla libreria Calusca, vendita libro al mercatino del Cox. Adesso i dieci giorni sono stati “salvati” sempre dal mercatino del Cox 18. Proprio così, con linguaggio un po’ retorico, il Cox 18 è il Davide che sfida Golia nella Milano di oggi (lo ha scritto anche un reportage su Milano nel settimanale «L’Espresso» di qualche settimana fa). E’ l’unico spazio – o forse ce ne sono altri e io non li conosco – che dà spazio e valore e respiro a chi vive e produce in modo indipendente facendo di povertà, libertà e ribellione un programma di vita e di lotta (nel senso di leggere la realtà senza farsi ingannare dalle finte libertà agendo per scardinare l’oppressione e se è il caso ribaltare l’esistente).

Ma voglio seguire la curiosità e possibilità di trovare altri spazi di “respiro”: a esempio una cascina di nome Cuccagna, che ha anche una ciclofficina, in zona Porta Romana. Mi ci sono avvicinato (contatto telefonico) per capire se potevo prendere in prestito o in affitto una bicicletta, acquistarla in prospettiva. Da un posto che ha un nome che inizia con Cascina e il secondo nome “cuccagna” non mi aspetto che mi regalino le cose ma almeno un po’ di informalità. Al telefono mi sento rispondere la voce elettronica delle segreterie che mi dice di attendere e di premere il tasto 1 per parlare con gli uffici e così via. Resto spiazzato ma vado avanti. Mando una mail e mi risponde un tale co il suo nome e mi rimanda a un altro di cui mi dà il numero, che mi potrà dare informazioni sulla ciclofficina. Dopo aver saputo che la Cascina non è aperta né attiva a tempo pieno, chiedo se posso andare per conoscere la realtà della Cascina: mi dicono che non è aperta, però il pomeriggio del giorno dopo c’è una fiera agricola delle autoproduzioni. Chiedo se posso andare con i miei libri autoprodotti che parlano spesso di difesa della terra e cose così. Dopo un palleggiamento di tre donne che si rimandano la palla della decisione, mi ritrovo a parlare con una che in teoria non era la responsabile della fiera agricola però mi dice «queste cose non le facciamo». Non mi dice «è troppo tardi, dovevi contattarci prima» come ci si potrebbe aspettare ma «queste cose non le facciamo» (vendere pochi libri autoprodotti che parlano di difesa della terra in una fiera di produttori agricoli biologici?!). Notate la differenza: anche alla Fiera della prima domenica del mese nel Cox 18 – dove sono andato spesso negli ultimi mesi – si chiama «Fiera agricola delle autoproduzioni». Ci ho pensato troppo tardi oppure non ho capito che a Milano se un posto si chiama Cascina può essere che non sia una cascina (e venga gestita in modo burocratico, formale e quasi fiscale… quindi come un ufficio del Comune) ma allora perché non si chiama Ufficio con forma di Cascina (ammesso che ne abbia la forma, non ho ancora avuto l’onore di vederla). La sorpresa più grande mi aspetta a Lorenteggio, dove sono in corso da circa tre anni i lavori per la Metro 4 (linea blu) che attraverserà la città fino a Linate. Negli ultimi mesi non ero mai andato nella zona della biblioteca e soprattutto non ero entrato al Mercato Comunale di Lorenteggio, che esiste da molti anni, ma adesso è al centro della famosa (o famigerata) “riqualificazione”. Qualcuno mi ha parlato dello Spazio Culturale del Mercato di Lorenteggio e anche di un altro posto che si chiama «Mare culturale urbano». Così passo dal Mercato e ci trovo una stanzetta aperta fra la piccola macelleria (c’è anche la grande macelleria di Vito, famosa in tutta la Lombardia, come mi dice Flavio che qui ha abitato per tanti anni). Chiedo a un ragazzo e a una ragazza se posso presentare il mio libro «Ricordare Milano: da Lorenteggio a Sant’Ambrogio». Mi dicono che la programmazione è completa fino all’estate, se posso mandare una mail di pro memoria e poi ci sentiamo più avanti. Mi rispondono così (lo so che sembra surreale e comico ma è tutto vero, è la Milano da cacare): «Devi aspettare la call». E io chiedo: «in che senso? Cos’è la call?». E loro: «devi aspettare la chiamata». Io non li ho mai visti, non possono avere il mio numero di telefono… E qui ci starebbe una battuta forse prevedibile: «la chiamata del Signore?». Sarebbe bello fosse del Signore, mistico ma più…sensato e forse scherzoso. Invece no, la chiamata – a detta dei due “operatori culturali del Mercato Comunale” – è «quella che facciamo fra due o tre mesi, via facebook, a chi vuole fare le proprie proposte culturali». Che vuol dire? E io come faccio a mettermi in contatto con voi? «Vai sulla pagina facebook Mercato Lorenteggio» mi dice il ragazzo con la barbetta folta e lunga. Avevo scritto qualcosa del genere in «Ricordare Milano», cioé che gli operatori culturali di questa zona che avevo conosciuto qualche anno fa (allora non c’era, credo, lo spazio culturale del Mercato Culturale, non erano ancora iniziati i lavori per la Metro) mi sembravano velleitari e modaioli ma forse anche efficaci. E mi sentivo quasi in colpa per queste parole forse “sommarie” ma adesso mi pento di non aver scritto più lucidamente. Mi vengono da scrivere adesso, con l’aggravante dei lavori per la Metro. Ci sono frasi giocose scritte lungo le pareti del cantiere, prima di arrivare al Mercato, venendo da Piazza Frattini. Scritte ad hoc, da chi ha organizzato una campagna di “addolcimento della pillola”, il Comune di Milano, coadiuvato da certi operatori sociali e culturali, che adesso portano alle estreme conseguenze quello che era il loro ruolo a partire dagli anni ’70: controllori sociali. Ora non sono neanche più sociali, sono controllori culturali, pagati per addolcire la pillola. Le frasi sono: «Cinquant’anni fa qui ci passavano le pecore, oggi la Metropolitana», con i disegni a mo’ di vignetta. In questo caso le pecore che viaggiano su una carrozza della metropolitana.

Milano è in vendita, lo è già da anni, ma qualcosa resiste. Fin quando resiste la coscienza, la lucidità, il prezzo da pagare è alto: povertà, libertà (quindi responsabilità individuale e…sempre lucidità), marginalità, impossibilità morale e politica di rientrare nei circuiti culturali ufficiali e sponsorizzati, come quelli degli operatori sociali e culturali sostenuti anche dalla CARIPLO. Se penso a questi ventenni che parlano di call e di chiamate, mi viene da chiedergli: ma sapete che vuol dire occupare una casa? Viaggiare senza biglietto su un mezzo di trasporto pubblico o urbano? Non dico fare una rapina, che è troppo vintage, però almeno bisognerebbe ricordarsi del tempo in cui si andava a Milano per lavorare ma c’erano tante bande quante banche da rapinare. Immagino che a queste domande quei ragazzi rispondano: «occupare una casa? Eh no, devi aspettare la call». A proposito, proprio nei giorni scorsi ci sono stati sgomberi e rioccupazioni al quartiere Ticinese, tanto per ricordarsi… della realtà.

Qualcuno comunque mi dovrebbe spiegare come minchia sia possibile che a Milano, dopo una pioggia di pochi minuti, le strade si allaghino in modo. Vabbè che ci sono tanti fiumi sotto Milano, sotterrati negli ultimi secoli e decenni in nome dell’urbanizzazione e del cemento facile, ma quando piove pochi minuti e si allagano le strade (l’ho visto al City Life, in via Caterina da Forlì, via Bellini in zona Giambellino ecc.) non dipende dai fiumi. Qualcuno dice dagli scarichi dei tombini otturati; secondo me non è così semplice, chissà un altro mistero… della Milano da cacare.

Comunque sono stato bene a Milano in questi giorni, con Sara, Paola, Andrea, Tobia, Nicolò, Cinzia e tanti altri amici. Sono stato anche al Libraccio a vendere libri usati e soprattutto alla libreria Baravaj di Federico che mi ha comprato più libri lui che il Libraccio! Federico l’ho rivisto dopo tanti anni, è venuto anche lui al mercatino del Cox 18, comprando il mio libro «In viaggio con Leopardi» con il cd allegato e mi ha fatto complimenti vivissimi per i canti di Leopardi che ho musicato; e spero che scriverà una piccola recensione, anzi ci conto! Ho riscoperto, di riflesso, il Parco Sempione e l’Arco della Pace, dove abbiamo videofilmato tre mie canzoni con Eleonora, un’amica che ultimamente fa i video di alcune mie canzoni e poi li monterà per metterli su youtube: è già in auge la versione di «Pietro non ha più la macchina» dove canto sotto un albero alto del Parco. Altre due canzoni le metterò presto nel “tubo”, videoregistrate nel giardino della Triennnale: tutti posti belli, «un Eden» lo ha definito Eleonora, dove un succo di frutta e un cappuccino e due biscottoni al cioccolato li paghi 12 euro. Più Eden di così!? Eleonora dice che è meglio adesso, rispetto a quando il Parco Sempione non era recintato e se ci venivi di sera dovevi temere i tossici e altra gente «inquietante». Io mi ricordo di quando abitavo in via Canonica il mio primo anno di Università e il Parco era aperto senza cancelli: mio fratello e i suoi amici andavano a prendere l’erba di Maria Giovanna sotto casa e a fare jogging: nei bar vicini e dentro il parco un cappuccino costava molto meno di 4 euro. Ma d’altronde tutto ha un prezzo, anche l’Eden!

In via Canonica è stato molto bello tornare dopo più di 25 anni nella Casa di ringhiera dove abitai con mio fratello il primo anno di Università: ci sono entrato con Eleonora, e ho trovato un signore alto e barbuto (ha una casa a piano terra che dà sul cortiletto) e si chiama Dario: ha una specie di giardino che a me sembrava un negozio di fiori e invece lo fa solo per bellezza! Ha comprato il mio libro «Ricordare Milano». Poi una coppia che abita al primo piano era affacciata al balcone e si è interessata a me sentendomi dire che avevo abitato lì. Sono scesi giù e hanno comprato anche loro il mio libro e poi ci hanno portato su nella loro casa. Hanno offerto da bere a me e a Eleonora raccontando la loro storia: calabresi della provincia di Cosenza, arrivati a Milano negli anni ’70 per lavorare, «ai tempi in cui siamo arrivati noi qui si faceva la festa delle cipolle, perché questo era il Borgo degli Ortolani». Questa sì che era ed è una Milano da bere e da respirare, cioè che dà respiro alla memoria e alla storia personale e collettiva. Adesso posso ripartire da Milano, vado a Vercelli a presentare il libro «Un anno di frontiera». E voi che fate?

QUESTO APPUNTAMENTO: Un “angelo custode” per iniziare bene la settimana?

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

LE IMMAGINI – scelte dalla “bottega” – sono prese in rete (senza neppure “aspettare la call”). Grazie a chi ci indicherà gli autori o le autrici.

 

Redazione
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