C’è una sola possibilità: tornare a Mare Nostrum

Strage di Cutro. Nei commenti immediatamente successi alle sciagure c’è un copione unico: un vacuo dibattito caratterizzato dalla tesi secondo che i migranti sono vittime di una figura che ne determina le decisioni e ne organizza il viaggio spesso stimolandolo: gli scafisti o i «mercanti di carne».

di Enrico Pugliese (*)

foto: il manifesto

 

Ormai ogni decina di anni ha luogo nel Mediterraneo in prossimità delle coste italiane una strage di migranti. La prima fu quella di Portopalo del Natale 1996, con 280 vittime. La seconda fu quella della Kater i Rades nel 1997, quando una imbarcazione albanese fu speronata da una nave militare italiana che causò la morte di oltre cento migranti. I protagonisti erano profughi che fuggivano dall’Albania in guerra civile. Il cui governo aveva deciso di chiudere le frontiere in uscita, su richiesta esplicita del governo «democratico» italiano che aveva deciso sciaguratamente il blocco navale.

Quindici anni dopo nel 2013 c’è stata la tragedia di Lampedusa con il naufragio di una nave libica carica di migranti avvenuto a poche miglia dalla costa: la strage più grave di tutte con 368 morti. E ora abbiamo la strage di Cutro della quale sappiamo tutto tranne ciò che aiuta a capire.

Nei commenti immediatamente successi alle sciagure c’è un copione unico: un vacuo dibattito caratterizzato dalla tesi secondo che i migranti sono vittime di una figura che ne determina le decisioni e ne organizza il viaggio spesso stimolandolo: gli scafisti o i «mercanti di carne ». L’altro assunto è che non si può far entrare tutti e che bisogna difendere le frontiere nazionali dall’invasione di una immigrazione incontrollata. Il tutto accompagnato dalla ipocrita proposta di soluzione secondo la quale « bisogna aiutarli a casa loro»

All’inizio di questo secolo il compito di controllo venne assegnato a una agenzia della Ue, Frontex, con sede a Varsavia e in attività a partire dal 2004, destinataria di enormi finanziamenti dal bilancio dei paesi dell’Unione. I mezzi a disposizione di Frontex servirebbero a «garantire la protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione della Ue»: cioè a bloccare i migranti.

Nel progressivo incremento delle politiche di chiusura qualcosa cambiò dopo la strage di Lampedusa con l’istituzione in Italia del programma di intervento ‘Mare Nostrum’ stimolato dal clima di commozione – «mai più» – e da una riflessione meno convenzionale sui motivi che spingono la gente a partire: si trattò di una scelta politica in controtendenza ma in linea con la non scritta ‘legge del mare ‘.

Contrariamente alle funzioni di Frontex i compiti dell’operazione Mare Nostrum erano quelle di ricerca e salvataggio. E il pattugliamento del canale di Sicilia era esclusivamente quello di ricercare e prestare soccorso ai migranti in difficoltà: una operazione di elevato contenuto umanitario.

Istituito dal governo Letta a f ine 2013, Mare Nostrum esattamente un anno dopo fu chiuso dal governo Renzi e – questo va riconosciuto – non solo per pressioni interne ma anche per pressioni europee. L’accusa era che l’operazione, garantendo maggiori condizioni di sicurezza per i potenziali immigranti, potesse avere una funzione di richiamo per nuove partenze e – si diceva ipocritamente- per nuove tragedie.

Bastava dare uno sguardo alle rotte seguite e alla provenienza nazionale dei migranti per capire che questa tesi non stava né in cielo né in terra. In effetti ciò che determinava di volta in volta rotte e provenienza dei migranti era solo e semplicemente il fatto che fuggivano da zone di pericolo e di guerra.

Chiuso Mare Nostrum, il compito di ricerca e messa in salvo dei migranti passò dalle mani pubbliche a quelle delle Ong fino a quando non cominciò l’operazione di diffamazione e di controllo sulle navi dei volontari prima sottoponendole a una burocratica inutile disciplina poi a una vera e propria operazione persecutoria tuttora in corso per iniziativa in primo luogo da parte della Lega e di Salvini. E questo ha reso più pericolosi i viaggi.

Quanto poi all’antica solfa del “ dobbiamo aiutarli a casa loro” rilanciata in questi giorni dal presidente del consiglio Meloni va fatto notare che molti non hanno una casa dove tornare. E per quanto riguarda i viaggi è risultato chiaro che non c’è bisogno della spinta da parte di nessuno per prendere la decisione di fuggire da persecuzioni e guerre ma anche dalla disperazione per fame. In un clima diverso come quello creato da Mare Nostrum forse la tragedia di Cutro – dove domani si svolgerà una manifestazione nazionale di protesta che speriamo grande ed ascoltata – non sarebbe avvenuta.

(*) L’articolo originale è stato pubblicato sul quotidiano il manifesto il 10 marzo 2023 

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