Cento e passa pittori naif – 23, Norberto Proietti
Di Mauro Antonio Miglieruolo
Norberto Proietti (Spello, 18 settembre 1927 – Spello, 9 agosto 2009)
È stato uno dei più famosi pittori naif, noto per gli sfondi di paesaggi medievali nei quali trovano posto i suoi elementi preferiti: borghi, conventi, torri, vicoli, uliveti, campi lavorati e fraticelli. Tanti fraticelli. Questi ultimi costituiscono una costante dell’ispirazione di Norberto Proietti. Nei suoi quadri vi sono sempre frati, frati che pregano o lavorano, indaffarati nei più svariati mestieri.
Nell’ambito della scultura, l’artista è noto per le opere realizzate modellando il legno di ulivo e per il Pellegrino di pace, posto davanti alla Basilica superiore di Assisi, dedicato a San Francesco
***
Poco più che dodicenne Norberto andò in Trastevere a Roma, dallo zio sarto per imparare un mestiere che potesse offrirgli la possibilità di mantenersi. Lo zio sarto si offrì di insegnargli il proprio, Norberto accettò e in questo modo ebbe la possibilità di accedere a una attività che pur essendo conteneva una più accentuata parte creativa (inizierà sua volta l’attività di sarto, a Bergamo, nel 1950).
Nel 1951 dipinge il suo primo quadro, che costituisce anche il suo primo successo. L’opera suscita l’ammirazione della piccola corte di conoscenti che frequentava quotidianamente la sua bottega.
L’attività pittorica degli anni successivi espande gradualmente questo successo finché arrivano i primi riconoscimenti a livello internazionale. Nel 1962 espone in Lussemburgo e dal 1965 al 1966 a Memphis. Dal 1967 al 1974 è spesso presente al Festival dei due Mondi a Spoleto.
Nel 1971, per l’interessamento di Cesare Zavattini, ottiene il Premio Suzzara, l’Oscar dell’arte ‘naif’ nazionale. Da allora la sua storia artistica non conosce più interruzioni.
Ha detto di lui Vittorio Sgarbi: Colpisce particolarmente, nei dipinti d’esordio, “la straordinaria densità della materia pittorica. È una densità tutta “primitiva” che niente ha a che fare con le superfici linde e glassate del naïf più convenzionale, vicina nella sua composizione e nel suo effetto a quella dell’intonaco grezzo; una crosta scabra che scompone le luci e le ombre in delicate nuances pulviscolari, offrendosi al tatto non meno che all’occhio.” […] “Si è voluto mettere in relazione questa nuova maturità di Norberto con la conoscenza approfondita dei grandi cicli pittorici – il Giotto di Assisi, o chi per lui, in primis, ma anche il Simone Martini delle Storie agostiniane – dell’Umbria e della Toscana trecentesca. C’è certamente del vero in queste valutazioni, ma non si trascuri la costante natura novecentesca della maniera di Norberto, ancora una volta riconducibile, sebbene per altri e più remoti versanti, alla fucina primitivistica.” […] “…la classificazione di naïf assegnata a Norberto mostra tutta la sua debolezza critica, non fornendo alcun elemento chiarificatore sulla ricerca formale intrapresa dall’autore. Il Norberto degli anni Settanta-Novanta ordina, geometrizza, semplifica, codifica in un sermo linguistico d’immediata efficacia comunicativa quegli istinti, quelle sommarietà figurative, quelle virulenze materiche che il primo Norberto quello davvero naïf, aveva lasciato liberi di esprimersi.”
carmelina di capri è una naif?
Carmelina Alberino detta Carmelina di Capri, scomparsa nel 2004, a 84 anni, effettivamente è considerata, ed è pittrice naif. Sull’attribuzione non possono essere avanzati dubbi. Tuttavia, come è anche per Norberto Proietti (e tanti altri naif insieme a lui) che qui presentiamo, la definizione non delimita a sufficienza le caratteristiche e la qualità della pittrice. Nei suoi lavori la ispirazione è troppo complessa e articolata per poter essere descritta esaurientemente con la dizione di arte ingenua o arte primnitiva. Per altro non solo in lei ma in tanti naif recenti si avverta questa insofferenza per i limiti posti dalla “ortodossia” naif. Un po’ come avviene per molti scrittori di fantascienza che scrivono bensì buoni lavori di fantascienza, ma in loro si avverte il bisogno, la necessità di partire per la tangente per arrivare a un indefinito che ancora non sanno descrivere o circoscrivere in una poetica.
Ma forse mi dovrei limitare a dire che si avverte in questi pittori la volontà di dire qualcosa, ma non sanno cosa. Pertanto non sanno neanche come inventare le nuove fome e i nuovi nomi per dirlo.
Aggiungo che Carmelina di Capri è una artista tra le più famose. Famosa anche all’estero.
Se desiderasse un parere più attendibile del mio, quello di un appassionato cultore delle arti figurative, ecco quello più competente di Anatole Jakovsky, che di lei ha scritto: “Cara Carmelina, cara Italia, questi pochi naifs che amo e che sono miei amici testimoniano che non tutto è perduto e che oggi, nel momento in cui l’uomo, venduta la propria ombra alla macchina, si accoppia sempre più con essa aspettando che l’ultimissima, sospesa al di sopra delle nostre teste, lo annienti per sempre in un tilt finale, essi sono lì a provare che esistono delle anime pure e delle mani senza macchia, le uniche capaci di reinventare il mondo presentandogli il loro piccolo specchio come si spiano le tracce di un estremo respiro sulle labbra di un moribondo…”
Mi sembra che il giudizio attesti chiaramente che l’arte di Carmelina travalica i limiti di un’arte che si è voluto considerara puramente decorativa; e che forse in tanti casi è tutt’altro.
Miglieruolo