C’erano una volta pregiudizi sulla Fantascienza…

e ci sono ancora!
di Mauro Antonio Miglieruolo
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L’aneddoto può essere fatto risalire agli anni ’90 del secolo scorso. Avevo da un decennio terminato Memorie di Massima Sicurezza, romanzo sul quale non esiste accordo tra me e il pubblico (per me è il migliore che abbia mai scritto, qualche centinaio di volte migliore di Come Ladro di Notte; nessuno, salvo qualcuno a cui capiti casualmente di leggerlo, vedi ad esempio Davide Ghezzo, è disposto a avallare questa mia bizzarra opinione). Cosicché essendo altissima la considerazione in cui lo tengo, mi capita di tanto in tanto (io padre snaturato, scrittore pervertito che ogni volta che completa un racconto lo spedisce con entusiasmo al primo che capita, per poi dimenticarsi completamente di lui), di tentare velleitariamente di favorirlo spendendo qualche parola (come faccio adesso) in suo favore. L’occasione più infelice (tra le infelici in cui mi caccio ogni volta che tento disperatamente di farmi promotore di ciò che scrivo: un pianto, credetemi) mi è capitata proprio in quei primi anni ’90 dei quali ho accennato all’inizio.
11febb9-Mem39_8618736633384262650_nFrequentavo allora un gruppo di persone pie, ma anche umanamente valide, che si prestavano a praticare la pranoterapia (rigorosamente a titolo gratuito) a chi ne aveva bisogno. Tra i bisognosi c’ero anche io; nonché un signore con il quale, nell’attesa del nostro turno di essere beneficiati, si stabilì ben presto un certo grado di cordialità che prometteva di mutare in amicizia. Anche con altri “pazienti” i rapporti erano eccellenti, ma con quel signore, credo fosse più giovane di me, erano rafforzati da affinità delle quali scoprii ben presto le ragioni: quel signore era un critico letterario (ed io, ahimé, ero e sono un ingenuissimo scriteriato che si ostina a non considerare la pena grave nella quale merita di incorrere per indegnamente ostinarsi a praticare la perversione intellettuale denominata fantascienza).
Chiacchieravamo. Di ciò che capitava. Non solo dei personali acciacchi, ma anche azzardandoci a pronunciare numi illustri di autori di illustrissime ottime opere. Non mi capitò mai però di farne io qualcuno che appartenesse al campo dell’infima fantascienza. Opportunismo o saggezza? Né l’uno, né l’altra. È proprio che sono restio a praticare il proselitismo. Ritengo debba essere la pratica, la buona pratica del genere a convincere le persone, non i miei inviti o tentativi di seduzione. Mi sono sempre comportato nello stesso modo. Ricordo che nei dieci anni che sono stato sindacalista della CGIL, pur avendo assunto posti di responsabilità, mai una volta mi è accaduto di suggerire (non dico invitare) a qualcuno l’opportunità di iscriversi al sindacato al quale appartenevo. Se con la mia attività non facevo maturare in lui quella convinzione a che pro farlo con le parole? Le parole devono servire a comunicare, non a manipolare la volontà altrui. Inoltre il mio personale interesse per la letteratura non è limitato al genere, ma spazia su molti generi, dal fumetto, al romanzo western, al giallo (di qualità), al teatro (leggo con passione i testi teatrali), alla fantascienza…
Dunque, quelle conversazioni soddisfacevano l’esigenza che provavo di comunicare ad altri le mie idee, esigenza particolarmente forte in quegli anni, nei quali avevo interrotto l’attività politica e non tenevo più rapporti con il fandom.
Avrei continuato a contentarmi di esse, senza azzardare altro se, un giorno, il solito fatidico giorno che provoca la crisi nei racconti, qualcuno non mi avesse informato che a quel signore era stato appena pubblicato un grosso volume di critica letteraria. Naturalmente chiedo notizie in merito all’interessato il quale si affretta a farmi omaggio del libro (lo leggo: niente male. È molto intellettuale, ma ben scritto e utilizzando anche qualche buona idea critica: devo ancora averlo da qualche parte, quel libro). Quel che noto immediatamente è che gli argomenti adoperati solo tali da escludere un qualsiasi possibile interesse per la letteratura fantastica (di genere o meno. Mi spiego: Stefano Benni&Lino Aldani da una parte e Italo Calvino&Damiano Malabaila/Primo Levi dall’altra). E però, misteri della psicologia umana, improvvisamente vengo folgorato dalla pessima idea di chiedere a lui soccorso per un romanzo (il sopraccennato Memorie di Massima Sicurezza), che non sapevo assolutamente come collocare (come oggi ignoro come promuovere).
Gliene parlo. Chiedo la sua eventuale disponibilità a leggerlo, magari a interessarsene. La risposta è positiva, la disponibilità totale. Lo leggerà con piacere. Se del caso provvederà anche a segnalare il romanzo a qualche casa editrice con la quale ha rapporti. Ma tanto si riscalda lui, tanto mi raffreddo io. Invece di esultare, una vaga inquietudine mi induce a porre bene i piedi in terra, a ben valutare le circostanze. A partire da quel che so dell’interlocutore e quel che so di Memorie di Massima Sicurezza. Non essendo amante dell’umana inclinazione all’opportunismo (valutazione delle sole convenienze e mai delle sconvenienze), nel quale a volte anche io miseramente cado, decido che è necessario se non un chiarimento, quantomeno mettere su qualche cartello di avviso. Achtung! Science-Fiction!
Cosicché nel mezzo della conversazione, come casualmente, lascio cadere la parola fatale. L’orrendo termine con il quale abbiamo accettato di lasciarci definire: fantascienza. Il che provoca una reazione che mai mi sarei aspettato. Non almeno nelle proporzioni in cui si manifestò.
11febb-C'era una volta la FantascienzaAccade in quell’allora qualcosa di straordinario. Il poveretto ammutolisce. Diventa pallido. Delle tante parole che aveva, non gli è più possibile pronunciarne nemmeno una. Sembra rimpicciolire, accasciarsi su se stesso. Tra la poltrona su cui è comodo lui e spaparanzato io, un muro di duro sconforto impedisce che una qualche comunicazione possa essere ristabilita. L’imbarazzo segna sovrano. Imbarazzato io per primo, oltre che incredulo. Conosco gli intellettuali di un certo tipo (li conosco nel senso con cui Machiavelli diceva che “il popolo conosce e’ prìncipi”), mai avrei pensato di poter distruggere un uomo utilizzando la semplice parola “fantascienza” (e che cavolo, si tratta mica di un’arma mortale!). L’imbarazzo è stemperato dalla comprensione. Finisco con l’averne pena. Lascio che trascorrano alcuni minuti di puro orrore (non esagero, credetemi) e cerco di porre riparo. Timidamente all’inizio, ma poi con crescente determinazione, inizio vagamente a dire che a ben pensarci, forse sono stato precipitoso, il romanzo poi è solo molto finito, non del tutto finito, meglio non farne nulla, se sarà il caso ne parleremo in altra occasione.
Di nuovo lo straordinario torna a farla da padrone. Questa volta in senso speculare al primo. L’accasciamento del tizio inizialmente sembra aggravarsi. Mi sembra addirittura di vederlo ulteriormente rimpicciolire. La sensazione che avverto è quello di palloncino che si sgonfia. Si sgonfia in effetti. È lui che si sta liberando delle sue ambasce. Il sibilo immaginario prodotto dal sollievo (reale) sopraggiunto termina e il rinato sorride. Sorride e annuisce. Non osa approvare con parole, forse perché ancora in lui non sono tornate. Si limita a quel silenzioso annuire. Sollevato, di nuovo cordiale, intenerito al punto che sembra disposto a abbracciare il mondo intero. Io sorrido con lui, più sollevato di lui, forse, ma anche desolato.
Possibile mi chiedo, che in certe persone il termine fantascienza debba provocare tali reazioni? Quasi si trattasse di un virus, o un serial killer cartaceo, o comunque qualcosa di disdicevole dal quale tenersi accuratamente al riparo?
Possibile. Tanto possibile che a un’altra persona amica che mi chiedeva conto, della mia passione per la fantascienza (io, un tipo così a posto!) risposi pragmaticamente proponendogli di leggere “Cristalli Sognanti” di Theodore Sturgeon. Ebbene questa persona tenne presso di sé il libro più di due anni senza nemmeno osare aprirlo per leggerlo. Ne reclamai la restituzione. Non si affida un libro simile a una simile recalcitrante aprioristica ostilità. Non si consegna la fantascienza, nemmeno per aumentare le proprie possibilità di essere pubblicato, a chi non ha alcuna intenzione di non dico apprezzare, ma nemmeno prendere atto delle gemme che il genere custodisce in tante sue pieghe.
Tutto questo scritto non a futura memoria, ma a edificazione del presente.
Mauro Antonio Miglieruolo
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Pubblicato per la prima volta, con il patrocinio della World SF, in “C’era una volta la fantascienza” – Edizioni della Vigna a maggio del 2014

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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