Che c’è di male nel piantare alberi?/3

Il nuovo impulso per espandere le piantagioni industriali di alberi nel Sud del mondo

di Winfridus Overbeek, Secretariado Internacional World Rainforest Movement.

Traduzione Marina Zenobio per Ecor.Network.

Continua da qui.

7 – La bioeconomia e le “soluzioni basate sulla natura”

Nel corso degli anni, le imprese hanno stabilito le loro piantagioni di alberi industriali per diversi scopi, come le produzioni di carta, gomma, prodotti in legno, e hanno trovato mercati dove vendere questi prodotti. Sono riusciti a espandere questi mercati e quindi continuano a espandere le loro piantagioni. Ma ora, per affrontare le critiche legate alla crisi ambientale e climatica globale, le imprese di piantagione sostengono di poter produrre una serie di prodotti aggiuntivi per aiutare a risolvere e/o contribuire alla “soluzione” di questa crisi, cosa che sperano porti a un’ulteriore espansione delle piantagioni.

Con l’aiuto di The Forest Dialogue (vedi sezione 2), le aziende di piantagione hanno organizzato eventi nel 2011 e 2012 per discutere su come le piantagioni industriali potrebbero fornire e/o contribuire a quelle che considerano le quattro richieste cruciali per il mondo: carburante, cibo, fibre e foreste. Le aziende sostengono che:

– il legno può essere trasformato in combustibile per energia, per generare elettricità o per il trasporto;

– gli alberi potrebbero essere piantati vicino a colture alimentari in sistemi di agrosilvicoltura, trasformando le piantagioni di alberi in “fattorie di alberi”;

– la fibra – cellulosa -, oltre ad essere la fonte per la produzione di polpa e carta, potrebbe essere utilizzata per altri scopi, ad esempio come materia prima per la produzione di tessuti per l’abbigliamento;

– le piantagioni industriali di alberi, indicate in modo fuorviante come “foreste”, possono aiutare a catturare la CO2 dall’atmosfera e ad immagazzinarla, così da compensare la perdita dei pozzi di assorbimento di carbonio nelle foreste che sono state distrutte.

Secondo le aziende di piantagione e i loro alleati, tutto questo contribuirebbe a creare un’economia diversa che non dipende dai combustibili fossili: la chiamano economia circolare o “bioeconomia”. Le discussioni sulla “bioeconomia” e sull’importante ruolo che il legno gioca in essa sono particolarmente popolari nei paesi con un’economia basata sul legno e sulle piantagioni, come Canada, Finlandia e Svezia.

Una presentazione realizzata dal Ministero finlandese per l’agricoltura e la silvicoltura afferma che “l’economia circolare è un sistema economico che mira a ridurre al minimo i rifiuti e a fare miglior uso delle risorse” e che “le materie prime sono mantenute il più a lungo possibile nelle varie catene di valore e prodotti”. Il ministero afferma anche che i materiali a base di legno sono molto importanti per questa economia. (25)

Le compagnie di piantagioni fanno la stessa affermazione. Secondo Markus Mannström, dirigente del settore dei biomateriali presso l’azienda svedese-finlandese Stora Enso, produttrice di cellulosa e carta: “La nostra filosofia è che tutto ciò che attualmente si basa sui combustibili fossili può essere sostituito dagli alberi”.(26)
Tuttavia, la soluzione dell’ “albero” di Stora Enso in realtà causa conflitti territoriali con le popolazioni indigene e le comunità che dipendono dalle foreste, oltre ad avere altre impatti negativi, sia a livello ambientale che sociale.(27)
Questo rivela che, la principale motivazione dell’industria finlandese di cellulosa e carta e delle società di consulenza legate a questo settore, sono i loro interessi commerciali e di profitto.

Un’altra proposta fuorviante è quella nota come “Soluzioni basate sulla natura”, detta anche “Soluzioni naturali per il clima”, promossa da numerose ONG e scienziati che lavorano sul cambiamento climatico, comprese le principali ONG conservazioniste e le aziende private. L’argomento è che le “soluzioni basate sulla natura” aiuteranno a ridurre la concentrazione di carbonio nell’atmosfera immagazzinando più carbonio nel “paesaggio” (alberi, terreni, campi agricoli, foreste, zone umide, mangrovie, ecc.). Così rafforzano l’illusione che si può evitare il catastrofico caos climatico senza bisogno di smettere di bruciare combustibili fossili, e che una crisi climatica globale può essere evitata se la “natura” immagazzina più carbonio. Tuttavia si continua a non affrontare l’origine del problema: un sistema economico basato sul principio della crescita costante e distruttiva sostenuta dalla combustione di petrolio, carbone e gas.
Secondo questo modello capitalista, le “soluzioni naturali per il clima” (28) rischiano di mettere in moto una massiccia espansione delle piantagioni industriali (chiamate ingannevolmente “foreste” secondo la definizione prevalente della FAO). (29)

Le piantagioni di alberi come fonte di energia

L’uso dei prodotti delle piantagioni per generare energia non è una novità ed è stato fatto dalle aziende ogni volta che l’hanno trovato economicamente conveniente. Per esempio dagli anni ’70, in Brasile, i produttori di ghisa (materia prima per la produzione di acciaio) hanno stabilito piantagioni di eucalipto su larga scala per la produzione di carbone come fonte di energia per le loro industrie. Per molti anni le fabbriche di cellulosa hanno prodotto la loro propria energia usando gli scarti del legno, semplicemente perché questo serve ai loro interessi economici.

Una tendenza più recente è l’enorme aumento del consumo di ciò che si conosce come biomassa legnosa, in particolare pellet utilizzato sia per la co-combustione (combustione mista) delle centrali elettriche a carbone, sia per alimentare le centrali elettriche esclusivamente a biomassa in Europa.(30)
Le forti pressioni per generare elettricità dalla biomassa legnosa rispondono all’obiettivo dell’Unione Europea, fissato nel 2009, secondo il quale entro il 2020 il 20% dell’energia dovrebbe essere generata da fonti rinnovabili. Questo ha portato all’applicazione di sussidi indirizzati alle centrali elettriche per utilizzare la biomassa legnosa in quanto considerata un’energia rinnovabile.

Al momento in Europa la domanda di pellet per l’energia da biomassa è soddisfatta soprattutto dalle piantagioni esistenti negli Stati Uniti e in Canada. Entro il 2027 anche la Corea del Sud e il Giappone dovrebbero diventare grandi consumatori di biomassa legnosa. Altre piantagioni industriali dovrebbero essere stabilite in Brasile, Mozambico, Vietnam, Malesia e Indonesia per produrre biomassa legnosa da esportare.


BECCS

Una tendenza particolarmente pericolosa, che segue la logica dell’Accordo di Parigi e della “bioeconomia”, è la tecnologia della “geoingegneria” detta Bioenergia, con cattura e stoccaggio di carbonio o BECCS (la sigla inglese). Il suo obiettivo è di produrre “bioenergia” mentre cattura e immagazzina il carbonio emesso. (31)

La teoria BECCS: catturare il carbonio con gli alberi; bruciare gli alberi per ottenere energia; catturare il carbonio nella ciminiera; seppellire il carbonio sotto terra. Fonte: http://www.geoengineeringmonitor.org/?p=3223

Si presume che:

1. ci sia abbastanza terra per coltivare colture che assorbono il carbonio, come gli alberi a crescita rapida, che possono essere bruciati per produrre energia;
2. sia possibile evitare che il carbonio si liberi nell’atmosfera quando questa biomassa viene bruciata;
3. il carbonio, invece di essere rilasciato nell’atmosfera, sia “catturato” e immagazzinato da qualche parte, come in miniere sotterranee che non sono più in uso.

Secondo gli studi, la tecnologia BECCS richiederebbe da 380 a 700 milioni di ettari in più entro il 2050, equivalenti a un’area grande il doppio del Mozambico, per piantare una combinazione di alberi come l’eucalipto insieme a mais ed erba Panicum virgatum.(32) Questo rappresenterebbe un enorme e poco realistico accaparramento di terre, dato che le piantagioni sono produttive solo su terreni fertili, che spesso sono già occupati dalle comunità per attività agricole e di sussistenza. Inoltre, c’è grande incertezza sul fatto che – e in ogni caso come – sia possibile “catturare” e immagazzinare il carbonio in una qualsiasi parte del mondo con la certezza che non venga mai rilasciato nell’atmosfera.


Altri nuovi utilizzi del legno

Si sta sperimentando anche l’uso degli alberi e dei suoi sottoprodotti già commercialmente disponibili, per ottenere altri prodotti tra cui tessuti, plastiche, cosmetici, prodotti farmaceutici, vernici, rivestimenti, medicinali, mangimi, ingredienti alimentari, fertilizzanti, resine e composti.

Le compagnie di piantagione investiranno in questi nuovi utilizzi se li vedranno come una possibilità di fare più profitto. Questo dipende sempre dalla disponibilità di sussidi e incentivi, come nel caso dell’economia del legname del Nord Globale, soprattutto del Canada e della Finlandia. I nuovi utilizzi implicano una produzione sempre più elevata di legno con altre caratteristiche specifiche per facilitare la fabbricazione di nuovi prodotti. Pertanto, le imprese di piantagioni considerano importante il possibile uso di alberi geneticamente modificati o transgenici, una tecnica con rischi imprevedibili.

La minaccia degli alberi transgenici

Motivate da possibili nuovi utilizzi e dall’espansione delle piantagioni, le imprese hanno fatto ricerche sull’uso dell’ingegneria genetica per creare “alberi più produttivi”, anche alberi che siano, per esempio, tolleranti a condizioni climatiche avverse o a prodotti agrochimici come il glifosato.

Gli alberi transgenici sono diversi dagli alberi migliorati per clonazione, che significa produrre individui geneticamente identici. L’ingegneria genetica consiste nell’inserire artificialmente una caratteristica genetica di una specie in un’altra, o nel forzare alcuni geni naturali ad essere iperattivi, mentre altri vengono silenziati.

I rischi sono enormi. Per esempio, la potenziale contaminazione biologica delle foreste che gli alberi transgenici potrebbero causare se piantati su scala commerciale. Tuttavia, tutte le principali compagnie di piantagioni stanno investendo nella ricerca per sviluppare in futuro alberi transgenici.

Per quanto riguarda il Sud Globale, nel 2015, in Brasile, è stato approvata per uso commerciale una varietà di eucalipto ogm coltivata dall’azienda di cellulosa e carta Suzano, varietà che si presume sia il 20% più produttiva dell’eucalipto clonato. Prima ancora due varietà di pioppo ogm sono state approvate per l’uso commerciale in Cina.

L’argomento a cui ricorrono le imprese per giustificare l’esistenza di alberi più produttivi è che si presume abbiano bisogno di meno terra e, pertanto, ci sarebbe più territorio disponibile per coltivare alimenti. Ma è un falso argomento, come ci racconta il caso del Brasile dove si è prodotto un aumento significativo del tasso di produttività (dai 27 metri cubi per ettaro annuali degli anni ’90 ai 44 metri cubi per ettaro annuali vent’anni dopo), raggiunto con tecniche convenzionali come la clonazione, insieme ad una significativa espansione delle dimensioni delle piantagioni industriali di alberi che sono aumentate da 5 ad oltre 7 milioni di ettari durante lo stesso periodo. La campagna internazionale “Stop GE Trees” (Fermare gli alberi transgenici) si oppone all’uso e alla propagazione di alberi geneticamente modificati. (33)

Domande per dibattere

Di chi sono i “bisogni” o le “richieste” che rispondono ai piani per i milioni di ettari di piantagioni industriali di alberi di cui – secondo le ONG conservazioniste, i governi o le corporations – il mondo avrebbe “bisogno”?

Quali credi potrebbero essere le possibile alternative/soluzioni ai problemi connessi all’eccessivo consumo di energia?

8. – Dove e per quale scopo si stanno espandendo le piantagioni?

La seguente mappa del Sud globale – Africa, America Latina e Asia – indica i paesi in cui si sta realizzando l’espansione delle piantagioni o dove ci si può aspettare che avvenga come risultato degli impegni e dei piani di azione climatica presi dai governi nazionali, sia per la loro adesione all’Accordo di Parigi e/o come parte dei piani internazionali di “riforestazione” e “ripristino delle foreste”. (34)


America Latina

– la maggior parte dell’espansione prevista in questo continente è per le piantagioni di cellulosa, principalmente in Argentina, Brasile, Cile e Uruguay;

– il Brasile è il paese dove è prevista la più grande espansione di piantagioni per la produzione di cellulosa, legname e energia;


Africa

– la maggior parte dell’espansione in questo continente è rappresentato dalle piantagione per legno, energia e gomma;

– la maggior parte dell’espansione prevista in Mozambico è rappresentata da legno, energia e possibilmente cellulosa;

– è previsto che la maggior parte dell’espansione di piantagioni per legname si realizzi in Mozambico, Tanzania, Angola e Uganda;

– si prevede una espansione delle piantagione di caucciù in Camerun, Repubblica Centroafricana, Repubblica democratica del Congo e Repubblica del Congo.


Asia

– la maggior parte dell’espansione di piantagioni in questo continente riguarda la produzione di cellulosa, energia e gomma;
– si prevede che la maggior espansione di piantagioni riguarderà la Cina;
– è previsto un incremento delle piantagioni per l’energia in Indonesia, Malesia e Vietnam;
– è previsto un aumento di piantagioni di caucciù in Cambogia, India, Laos e Vietnam;
– è previsto un aumento delle piantagioni per ottenere cellulosa in Cina, Indonesia e India.


Altre tendenze da segnalare:

Secondo la società di consulenza brasiliana STCP, in termini di ciò che si considera terra “disponibile” per l’espansione delle piantagioni, il Brasile è al primo posto (187 milioni di ettari), seguito dall’Africa (142 milioni di ettari), da altri paesi dell’America Latina (81 milioni di ettari) e dall’Asia (42 milioni di ettari).

Secondo la società di consulenza internazionale Poyry, sarà ancora la domanda di cellulosa e carta a guidare la maggior parte dell’espansione delle piantagioni a livello globale, a causa del previsto aumento della domanda di carta da imballaggi e anche di carta tissue. La produzione di cellulosa dovrebbe aumentare di 78 milioni di tonnellate entro il 2030, soprattutto in India, Cina e nel resto dell’Asia, dove saranno costruite la maggior parte delle nuove cartiere, seguite dall’America Latina e dall’Europa orientale. Questo significa quasi 100 milioni di tonnellate di cellulosa entro il 2030, il che implica anche la costruzione di decine di nuove fabbriche connesse.

D’altra parte, il consumo di carta per scrivere diminuirà leggermente in Nord America e in Europa. Tuttavia, gran parte della domanda aggiuntiva di carta da imballaggio sarà per l’imballaggio di prodotti di esportazione dal principale paese esportatore al mondo, la Cina, verso altri mercati di consumo come l’Europa e il Nord America, quindi il consumo complessivo non diminuirà necessariamente.

Un’indicazione che la maggior parte dell’espansione delle piantagioni avverrà probabilmente in America Latina è che, in termini di nuove fabbriche di cellulosa da costruire nei prossimi anni, è lì che si sarà ma maggior concentrazione (12 milioni di tonnellate/anno), seguita dalla Cina (5 milioni di tonnellate/anno) e dal resto dell’Asia (4 milioni di tonnellate/anno).

Soprattutto in Africa – per la pressione del settore delle piantagioni, delle istituzioni finanziarie internazionali e dei paesi del Nord Globale legati alle piantagioni come Svezia Norvegia e Regno Unito – esiste la tendenza da parte dei governi nazionali a vendere le imprese di piantagione statali al settore privato per ottenere facili guadagni, mentre alberi piantati di recente crescono nelle zone di espansione.

9. – Forme di Resistenza

Mi chiamo Francisca Maria, sono di São Raimundo, Maranhão. Se è possibile resistere alle monocolture? Sì, è possibile. In primo luogo attraverso l’unità delle comunità, organizzandosi e cercando gruppi di appoggio. E’ fondamentale non accettare mai le proposte ingannevoli delle imprese, perché arrivano con tante belle promesse ma sappiamo come va a finire. E’ una propaganda fuorviante, dopo arrivano i problemi, e quando le comunità accettano le loro proposte è già troppo tardi. Pertanto attenzione, non accettare mai una proposta ingannevole delle imprese. Bisogna solo organizzarsi, credere e insieme potremo superare le difficoltà”.


Mi chiamo Ronaldo, sono della regione settentrionale dello Stato di Minas Gerais, una delle regioni più colpite dalle monocolture di eucalipto dagli anni ’70. Riguardo la domanda se è possibile resistere alle grandi monocolture di eucalipto io dico di sì. Nel mio Stato abbiamo varie esperienze di resistenza, e una delle cose che indico come importante per costruire un movimento di resistenza è l’unità, la mobilitazione tra i popoli e le comunità colpite, l’articolazione e la partecipazione delle differenti organizzazioni, che sia a livello statale, nazionale o internazionale, per unire, appoggiare e rafforzare questo movimento.


Mi chiamo Rosalva Gomes. Sono figlia di un raccoglitore di cocco babassu, sono di Imperatriz, Maranhão. Rispetto alla domanda se è possibile resistere alle monocolture la mia risposta è sì, è possibile resistere, in molte forme. Il modo più forte di resistere a tutto questo capitale invasore è vivere nel territorio, vedersi come un territorio, vedersi come parte del territorio. Noi siamo anche il luogo in cui viviamo. Non c’è un territorio e un popolo separato l’uno dall’altro, il popolo è il territorio, il territorio è il popolo. La nostra connessione con la nostra vita, il modo in cui ci vestiamo, giochiamo, coltiviamo e mangiamo… la nostra esperienza con la natura… tutto questo ci rafforza come popolo, perché ci lega al nostro territorio in modo molto forte. Ci rafforza per resistere a tutte queste aggressioni che vengono dalla monocoltura, che si tratti di eucalipto o di qualsiasi altro tipo di albero o albero modificato.
Un altro modo di resistere è attraverso la produzione. Producendo il nostro cibo e rafforzando così il nostro rapporto con la terra, diventiamo più indipendenti, soprattutto sulla questione alimentare, perché la scarsità di cibo o di reddito o di indipendenza porta un popolo a sottomettersi a facili contrattazioni. Se un popolo produce si nutre naturalmente, si sente indipendente e lo è, quando si scontra con il capitale è più forte. Così è più difficile per queste imprese entrare nei nostri territori, cooptare le popolazioni, distruggere la loro forma di vita. Sono quindi due le principali forme per resistere: la relazione popolo-territorio, che sono la stessa cosa, e la produzione di questo popolo per costruire una maggiore indipendenza dentro il suo territorio quando si scontra con il capitale”.


Le voci dal Brasile riportate qui sopra, sono parte di un video sulla resistenza contro le monocolture di alberi, lanciato il 21 settembre 2019, Giornata internazionale di lotta contro le monocolture di alberi.

  VIDEO                                   


È difficile credere che la prevista espansione di centinaia di milioni di ettari di piantagioni di alberi diventerà una realtà nei prossimi anni. Ma anche se solo una parte dei piani fosse attuata si creerebbe una situazione disastrosa per molte comunità locali: accaparramento delle terre; distruzione della sovranità alimentare delle comunità, compreso il loro diritto al cibo; distruzione dei mezzi di sussistenza e delle culture; contaminazione dell’acqua e del suolo; violenza e violazione dei diritti umani, tra gli altri gravi problemi.

In netto contrasto con queste prevedibili conseguenze, le piantagioni industriali di alberi saranno presentate alle comunità con nomi seducenti come “soluzioni” naturali per il clima o progetti di “bioenergia”. Saranno promosse come “riforestazione”, “restauro” o “foreste piantate”. E’ inoltre probabile che le piantagioni vengano certificate FSC (vedi sezione 2), e che le aziende partecipino ad iniziative che sostengono di promuovere solo piantagioni “buone” o “sostenibili”.

Come descritto in questa pubblicazione, la piantagione di alberi industriali è completamente diversa dal restauro guidato dalla comunità e dall’impianto di alberi principalmente nativi, che possono conservare la terra o l’acqua, fornire cibo o altri benefici. Le tattiche che le compagnie usano per il “maquillage verde” della loro immagine mascherano la natura distruttiva del loro modello di piantagioni arboree a monocoltura su larga scala, modelli con cui si appropriano di terre fertili, spesso comunitarie, e di foreste biodiverse per produrre gli alti profitti che gli investitori si aspettano. Le loro tattiche distraggono anche dall’identificare e fermare i veri responsabili dell’emergenza climatica, del riscaldamento globale e della deforestazione.

Si spera che questa pubblicazione non aiuti solo gli attivisti comunitari a riflettere e meglio comprendere questa nuova spinta verso le piantagioni industriali di alberi, ma che contribuisca anche ad azioni e campagne reali. Ciò è particolarmente importante in un momento in cui i piani per un’espansione massiccia delle piantagioni industriali sono ancora in una fase iniziale. Organizzarsi ora può aiutare a garantire che tali piani non diventino mai realtà.

Attingendo alle lezioni apprese da anni di lotta contro le piantagioni di alberi a monocoltura nel Sud del mondo, offriamo alcuni suggerimenti concreti per l’azione:

– Fare attenzione ai possibili piani per le piantagioni industriali di alberi; indagare sui piani nazionali del vostro paese per affrontare il cambiamento climatico; controllare i progetti di investimento agricolo previsti nel vostro paese.

– Raccogliete informazioni sugli schemi di piantagione nel vostro paese o regione: esigete dalle autorità tutti i documenti disponibili su progetti e iniziative per conoscere le regioni selezionate, le dimensioni delle piantagioni, gli alberi da utilizzare, le imprese e/o i fondi coinvolti, ecc.; utilizzate anche altre possibili fonti, ad esempio informatori, alleati, media e Internet;

– Organizzare riunioni nella comunità per discutere i piani per le piantagioni che colpiranno il vostro popolo e/o regione;

– Visitate una o più comunità della vostra regione che stanno già facendo i conti con piantagioni industriali di alberi, per imparare dalla loro esperienza, e/o invitate persone di quelle comunità a condividere le loro esperienze nella vostra comunità;

-Una volta raccolte tutte le informazioni, condivise implicazioni e preoccupazioni causate dal progetto di piantagioni nelle vostre comunità, organizzate un evento pubblico con rappresentanti governativi locali o nazionali e con altre possibili parti coinvolte per discutere sui piani di piantagioni proposti, in forma tale che il governo e/o l’impresa si vedano obbligati a presentare i loro piani alla comunità;

– Se il vostro governo ha piani di “ripristino forestale” pretendere che non utilizzino monocolture industriali di alberi;

– Scoprite qual è la definizione di foresta utilizzato nel vostro paese. Se include monocolture di alberi, come spesso è, fare pressioni sui governi perché escludano le monocolture di alberi dalla definizione;

– Se nella vostre comunità o territori si presentino rappresentanti del governo e/o dell’impresa, documentare tutto: registrare per iscritto quando sono venuti, se è possibile chi sono, con chi si sono riuniti, cosa hanno fatto e cosa hanno offerto, e che volevano dalla loro visita;

– Se i piani sono già in atto e/o avanzano, cercare di mettersi in contatto con altre comunità della vostra regione, o di qualsiasi altro luogo, che stanno affrontando una situazione simile, per diffondere e dare maggiore risalto alla situazione;

– Organizzare azioni di protesta se i vostri governi hanno messi gli occhi sulle vostre comunità e/o regioni per realizzare piantagioni a monocoltura di alberi, e considerare di convocare un’azione intorno al 21 settembre, Giornata internazionale di lotta contro le monocolture di alberi. (35)

– Sostenere che il ripristino degli ecosistemi forestali deve essere un processo guidato dalla comunità, che utilizza principalmente specie native diverse.

(3. Fine)


¿Qué hay de malo en plantar árboles? El nuevo impulso para expandir las plantaciones industriales
de árboles en el Sur Global

Winfridus Overbeek, con la colaboración del equipo del Secretariado Internacional del WRM.
Movimiento Mundial por los Bosques Tropicales, Febrero 2020 – 33 pp.

Download:  


NOTE :

25 Il Ministero finlandese per l’agricoltura e la silvicoltura. Materiali a base di legno nell’economia circolare. 12 luglio 2019. Disponibile in inglese su: https://bit.ly/2Gg2iH1

26 La lignina di Stora Enso vince il premio IChemE Innovative Product, comunicato stampa di Stora Enso, 9 novembre 2018. Disponibile in inglese su: https://is.gd/0FbXb7

27 Gli impatti negativi delle attività nelle piantagioni di alberi di Stora Enso si possono osservare, per esempio, nel caso di Veracel, azienda di proprietà della Stora-Enso in Brasile, e il suo conflitto con i popoli indigeni Pataxò, di cui si può leggere in questo articolo: Brasile: l’impresa di monocoltura di eucalipto Verasel Celulosa tenta di cacciare gli indigeni Pataxò dal loro territorio. Boletin 221 WRM, 2016. Disponibile su: https://wrm.org.uy/es/?p=9403

28 Quali sono le soluzioni naturali per il clima? dal sito Nature4Climate: https://is.gd/MDYyBv

29 Per maggiori informazioni sulle “Soluzioni basate sulla natura” o “Soluzioni naturali per il clima”, vedi l’articolo Il fallimento del Summit delle Nazioni Unite per il clima. Helped by the distraction of Natural Climate Solutions, REDD Monitor, 26 settembre 2019, disponibile su: https://wp.me/pll98-crA. Inoltre anche imprese petrolifere come ENI, Shell e Total promuovono “Soluzioni basate sulla natura”, dichiarando che pagheranno per proteggere le foreste che corrono il rischio di essere distrutte, e che il carbonio che permane negli alberi quando la foresta non viene tagliato compenserà le emissioni che queste imprese producono con l’estrazione di combustibili fossili. Pertanto le “Soluzioni basate sulla natura” sono solo una scusa affinché l’industria continui ad estrarre più combustibili fossili generando sempre più caos climatico.

30 Per saperne di più sulle piantagioni per la produzione di biomassa, leggi questo studio (solo in inglese e francese) sugli impatti delle piantagioni di biomassa in Brasile per l’esportazione nel Regno Unito: Eucalyptus Plantations for Energy: A Case Study of Suzano’s plantations for wood pellet exports in the Baixo Parnaíba region, Maranhão, Brazil, CEPEDES and WRM, 2013, disponibile su: https://wrm.org.uy/es/?p=6855 . Inoltre, lo studio (in inglese) Are Forests the New Coal? A Global Threat Map of Biomass Energy Development, Environmental Paper Network, 2018, disponibile su: https://bit.ly/2sN8mn0 .

31 Bioenergia con cattura e immagazzinamento di carbonio.

32 Ripristinare le foreste naturali è il modo migliore per rimuovere il carbonio atmosferico. Nature, 2 aprile 2019. Disponibile in inglese su: https://is.gd/ug7tGx .

33 Per ulteriori letture sugli alberi transgenici, si può visitare il sito web della campagna Stop GE Trees all’indirizzo https://stopgetrees.org/ e il sito web WRM https://wrm.org.uy/es .

34 Fonti della mappa:
– Ripristinare le foreste naturali è il modo migliore per rimuovere il carbonio atmosferico. Natura, 2 aprile 2019. Disponibile in inglese: https://is.gd/ug7tGx . Articolo che elenca i paesi e le informazioni sugli impegni con La Sfida di Bonn o con programmi nazionali che useranno il metodo di espansione delle piantagioni di alberi per ripristinare le “foreste”: Brasile, Burkina Faso, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Ghana, Guatemala, India, Indonesia, Costa d’Avorio, Kenya, Laos, Messico, Nigeria, Perù, Repubblica del Congo, Uganda, Vietnam, Zambia.
– FERN, 2018. Gomma: consumo di materie prime agricole in Unione Europea. Disponibile in inglese: https://bit.ly/30Ldjcy
– EPN, 2018. Le foreste sono il nuovo carbone? Una mappa delle minacce globali dello sviluppo dell’energia da biomassa. Disponibile en inglese: https://bit.ly/2sN8mn0 .
– WRM. Articoli del bollettino WRM, https://wrm.org.uy/es/boletines/
– Prospettive e sviluppi dell’industria forestale in Brasile e Finlandia 28.8.2018. Presentazioni di società di consulenza a un evento commerciale sulle piantagioni in Finlandia, 2018. Disponibile su: https://is.gd/2n7IxP
-Ricerca a tavolino di Ricardo Coelho, 2018. Per WRM, non pubblicata, sui piani d’azione nazionali per il clima nel Sud del mondo e sull’espansione delle piantagioni.

35 Per maggiori informazioni sulla Giornata internazionale di lotta contro le piantagioni di alberi in monocoltura: https://wrm.org.uy/es/?p=2696


 

alexik

Un commento

  • Egr. Redazione de La Bottega del Barbieri ,

    credo che ci sia poco da commentare !

    Finchè non si riesce a mettere un limite consumismo sfrenato dei Paesi ricchi ,

    fagocitato -come sempre! – dalla fame di predominio economico e finanziario -senza limiti !- dei mercati mondiali da parte delle grandi società multinazionali che operano nel settore della produzione agricolo agricolo e della riforestazione e non solo,

    – Credo che parlare di lotta ai cambiamenti climatici in atto e del diritto a vivere in una natura incontaminata , senza rischiare di perdere casa, lavoro e le loro vocazioni di vita e di aggregazioni sociali di tanti popoli più deboli e poveri del Mondo sarà pura utopia !

    Sembra quasi una disgrazia e non un vanto per questi popoli avere tanta armonia ambientale e ricchezza e non potersele godere in pace senza doversi svegliare da un giorno e l’altro con il colonialismo e vedersi privati della loro casa, del loro lavoro e della possibilità di continuare a vivere senza essere sfruttati e, molto spesso, anche costretti anche ad emigrare!

    Cosa volete che possa interessare a questi grandi potentati della Finanza e dell’economia se anche il legno che viene bruciato per ricavare energia può ulteriormente inquinare l’atmosfera?

    Cordiali saluti, Onofrio Infantile del Comitato Acqua Pubblica di Salerno

    Martedì, 28 dicembre 2021

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