Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia

Recensione al libro curato da Enrica Matricoti

di David Lifodi

“Io credo che tutte le conquiste che sono state raggiunte in America Latina siano la conseguenza di quella lotta iniziata dal Che  nel ’65 nel Congo e proseguita nel ’66 in Bolivia”. A parlare è Leonardo Tamayo Núñez, più conosciuto come Urbano, il suo nome di battaglia, uno dei pochi sopravvissuti alla campagna boliviana in cui buona parte del nucleo guerrigliero agli ordini di Guevara perse la vita.

La sua testimonianza, insieme a quelle dei familiari degli uomini che caddero combattendo insieme al Che in Bolivia, è raccolta nel libro Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia, curato da Enrica Matricoti per Zambon Editore. Non si tratta, in questo caso, di uno dei tanti libri dedicati alla Cuba castrista e guevarista che intendono trasformare il Che e i suoi uomini in bandiere, non perché non lo siano, tutt’altro, ma l’intento della curatrice del volume è più ambizioso: raccontare la vita degli uomini scelti dal Che in chiave intima, umana, con i loro pregi e i loro difetti, nelle parole dei familiari. Enrica Matricoti va direttamente alla fonte e, avendo la possibilità di parlare sia con i sopravvissuti, ad esempio Urbano e Pombo (Harry Villegas), sia con amici e collaboratori stretti di Fernando (per citare uno dei tanti nomi di battaglia del Che), dall’ex ministro dell’Industria zuccheriera Orlando Borrego Díaz al diplomatico ed agente dell’intelligence Ulises Estrada Lescaille, offre al lettore la possibilità di conoscere dettagli e aneddoti che hanno caratterizzato la rivoluzione cubana, ma, soprattutto, hanno plasmato i protagonisti della guerriglia in Bolivia. Giunta a Cuba nel 2008 in qualità di fotografa di scena e assistente di produzione per le riprese del documentario El hombre nuevo en el siglo XXI, progettato dall’italiano Walter-Uliano Pistelli e dall’argentino Favio Giorgio, Enrica Matricoti ha avuto il merito di trasformare il materiale raccolto in un libro. Come ha scritto la stessa curatrice del libro, “non si trattava solo di lavoro, ma di un’esperienza totalizzante dai confini sfumati tra indagine storica e toccante ricostruzione dei risvolti e dei lati più privati della vicenda, che stimolava la mia passione ed interesse per gli avvenimenti della guerriglia boliviana”. A questo proposito, sono due le domande che ricorrono ai familiari, in gran parte figli, dei caduti in Bolivia: “Ha mai pensato di diventare guerrigliero?” e “Ha condiviso la decisione di suo padre di andare in Bolivia?” Le risposte concordano sulla necessità dello spirito che ha da sempre animato la rivoluzione cubana, quello dell’impegno internazionalista per l’America Latina e per tutti i popoli del mondo. Certo, non tutti rispondono che avrebbero seguito le orme del padre, ma come evidenzia, ad esempio, il figlio del capitano Alberto Fernández Montes de Oca, i guerriglieri di oggi sono i medici di Cuba sparsi non solo nel continente latinoamericano, ma nel mondo intero. Anche questa è una modalità di portare il proprio contributo. Del resto, come scriveva Jesús Suárez Gayol (nome di battaglia el Rubio) in una lettera indirizzata a suo figlio piccolo prima della partenza per la spedizione boliviana, “il dovere di un rivoluzionario cubano, in questa fase, si spinge aldilà dei limiti fisici del nostro paese e si trova ovunque esiste sfruttamento, ovunque l’imperialismo affondi i suoi artigli per cavare il sangue dei popoli”.

Il volume, inoltre, ha il pregio di saper intrecciare, tramite le testimonianze raccolte, la storia della Cuba rivoluzionaria e l’esperienza guerrigliera in Bolivia con i grandi avvenimenti storici in corso nell’America Latina di quegli anni. Ad esempio, Ulises Estrada Lescaille racconta del sostegno di Cuba all’Unidad Popular cilena che non si limitò solo a guardare con simpatia alla presidenza di Allende, ma si concretizzò nel predisporre il piano di difesa della Moneda dai gorilla pinochettisti e si caratterizzò per le perdite inflitte ai fascisti di Patria y Libertad che avevano tentato di assaltare l’ambasciata cubana a Santiago del Cile. E ancora, nelle parole di Orlando Borrego Díaz, torna più volte il concetto dell’uomo nuovo di Ernesto Che Guevara, caratterizzato dallo sviluppo della coscienza dell’individuo nel segno della costruzione del socialismo. Tutto ciò si ritrova, ancora oggi, nei principi dell’internazionalismo, della solidarietà e della cooperazione che, grazie all’esempio cubano, sono diventati pilastri fondamentali per l’intera America Latina, a partire dai paesi che fanno parte dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per le Americhe.  Il concetto dell’internazionalismo, militare, medico ed educativo, è ben spiegato in schede tematiche nell’ultima parte del volume, assieme a note storiche assai curate e ben fatte, ma non necessariamente note al lettore, anche quello più militante. A tutti viene spontaneo, come è ovvio, prestare maggior attenzione alle vicende del Che in Congo, in Bolivia e agli anni in cui i giovani rivoluzionari cercavano di dare un volto ben definito all’esperienza cubana, ma quanti, ad esempio, conoscono la Guerra Necessaria (1895-1898),  promossa da José Martí, o il cosiddetto progetto Canale Vía Cuba del 1912 che, su impulso degli Stati Uniti, avrebbe diviso l’isola in due?

In conclusione, il Che e i suoi compagni non erano superuomini, ma avevano una fortissima consapevolezza di ciò che facevano: “Accettarono la possibilità della morte”, scrive Enrica Matricoti, “per contribuire a trasformare le terribili condizioni di vita di una umanità diseredata, e dovettero sopportare il dolore di veder cadere, sotto i propri occhi, e senza poter fare niente, i compagni a cui li legava un sentimento di profonda comunione”. Lo stesso percorso di dolorosa accettazione fu seguito dalle loro famiglie, dalle madri, dalle spose e dai figli. Per questo motivo, non possiamo far altro che ricordare i loro nomi e per ciascuno dire: “Presente!”

Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia

a cura di Enrica Matricoti

Zambon Editore, 2015

€ 25

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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