Ci manca(va) un Venerdì – 25
Fra boccacce e universi, immaginazione e gabbie ecco un imprevisto match dell’astrofilosofo Fabrizio Melodia con Albert Einstein, Chuck Palahniuk e Stanley Kubrick
«L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione» amava dire Einstein dopo aver dato prova di sè agli studenti statunitensi nel riempire la lavagna di equazioni… di dubbia comprensione per i più.
Come non trovarsi d’accordo? Vengono in mente le prime scene del capolavoro di Stanley Kubrick, «2001: Odissea nello spazio».
Una scimmia viene in contatto con il monolito nero e successivamente, afferrando un osso – attraverso vere e proprie illuminazioni – li associa: con l’osso colpisce a terra, sperimentando la prima arma consapevole della storia umana. E’ una bella critica visiva e inequivocabile quella di Kubrick, sottile linea rossa che attraversa tutto il suo cinema e che in queste scene trova forse la sua massima espressione.
L’intelligenza umana non è logico deduttiva – come vorrebbero filosofi e scienziati quali Aristotele, Cartesio o Galileo – ma è associativo immaginifica: viaggia sulle corde della visione e dell’illuminazione.
Quindi essa perde fin da principio il proprio carattere di universalità e di plausibilità, inoltre non parte dall’essere umano ma è indotta dall’esterno da un programmatore: «2001: odissea nello spazio» è dunque un viaggio verso il superamento della logica scientifico-filosofica per abbracciare un mondo diverso e andare oltre l’uomo, ben rappresentato dal bambino cosmico e dalla musica del poema sinfonico «Così parlò Zarathustra» di Richard Strauss, ispirato direttamente all’opera del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
«L’essere umano è una corda tesa fra la bestia e l’oltre uomo, sotto di lui c’è l’abisso» amava ricordare Nietzsche. Kubrick ne riprende decisamente la tematica, componendo una sinfonia visiva della distruzione della Ragione.
Dunque Albert Einstein ha detto una sciocchezza? La fantasia – o immaginazione – è un termine che percorre molto spesso la storia del pensiero occidentale, da protagonista semi indiscussa. Essa infatti entra nella sfera della capacità della mente di formare concetti e pensieri astratti, immagini da associare ai concetti e anche alla formazione del linguaggio.
Lo diceva Platone, associando al fegato la percezione del mondo esterno e della sua falsa riflessione alla mente, la quale invece coglie la verità del mondo delle Idee.
D’altro stampo Aristotele per il quale l’immaginazione è una forma attiva e ordinatrice dell’atto, mentre per Kant essa è la capacità dell’«Io Penso» di associare concetti a immagini sensibili.
Una buona risposta dunque al “mio amico Albert” potrebbe essere questa che “ruvo” ad Alejandro Jodorowsky: «L’immaginazione attiva è la chiave di una visione più ampia, permette di mettere a fuoco la vita dai punti di vista che non sono i nostri, pensare e sentire partendo da prospettive diverse».
Ecco come l’immaginazione, la fantasia, è la più alta forma del pensiero, non costretto in gabbie logico deduttive a volte inutili se non persino dannose, per abbracciare una più ampia visione, per andare oltre al mero spiegare, come quando si distende un foglio ripiegato.
«Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev’essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, a esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com’è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è»: così Robert Musil nel suo incompiuto romanzo «L’uomo senza qualità».
La fantascienza ritorna ad avere la sua ragione d’essere: nel senso che è la capacità immaginativa dell’intelletto di staccarsi da se stesso e andare oltre alla propria programmazione, oltre i fatti e il mondo sensibile, oltre i limiti della propria coscienza, per abbracciare nuove possibilità e punti di vista “impensati”.
L’immaginazione al potere è la facoltà di andare oltre le prigioni che l’essere umano costruisce intorno a se stesso, l’ unica via d’uscita a un topo che ha costruito una bellissima trappola per topi, come lo stesso Einstein ricordava.
«Se tutti quanti ci ritroviamo con l’immaginazione atrofizzata, nessuno costituirà mai una minaccia per il mondo» scrive Chuck Palahniuk nel romanzo «Ninna nanna».
La fantasia è dinamite, l’innesco è spesso l’ironia.