Ci manca(va) un Venerdì – 3

Dove un astrofilosofo del calibro di Fabrizio Melodia risponde alle provocazioni (*)

Vedo che Logos Quotes (frasi a go-go in molte lingue) qualche giorno fa ha proposto una citazione del mio venerato e amatissimo “Nice” – sarebbe Nietzsche – che dice… «boh».

Essendo che proprio «boh» non diceva, ecco la sua scellerata citazione: «quanto più ci innalziamo, tanto più sembriamo piccoli a quelli che non possono volare». Una frase meravigliosa, a indicare quanto spesso siamo distanti da coloro che ancora non si sono liberati dalle catene mentali che li legano alla terra dell’Apollineo.

«Respondeo dicendum quod» (per dirla con Tommaso d’Aquino): «Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva, un corvo portava la sua anima nella terra dei morti. A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l’anima non poteva riposare. Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l’anima, perché rimettesse le cose a posto»: dall’incipit del film «Il corvo» (regia di Alex Proyas con Brandon Lee, dal fumetto di James O’Barr, 1994).

L’anima vola alta e molto spesso ciò che la riporta a terra è talmente inenarrabile che solo lo spirito dionisiaco può salvarla di nuovo.

Solo l’amore la potrà rendere libera.

Non l’amore da Baci Perugina… ma quello vivo e sofferto, l’amore che solo chi lo prova davvero sa cosa significa. Non è rose e fiori. L’amore è accettare spesso la realtà nel suo fluente e caotico divenire. Un amore che non cede alle prime difficoltà, che si forgia nelle sofferenze e nelle impossibilità materiali di potersi completare. L’ Amore per la vita di un Dioniso che ha sofferto le pene dell’inferno e beve per dimenticare, senza nemmeno pagare in anticipo. E’ l’ Amor Fati, la più alta forma di amore dionisiaco, ciò che permette di far fronte alla vita e di librarsi ad altezze d’aquila come spetta all’ oltreuomo.

«Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo» (Se io non posso piegare i Cieli, smuoverò gli Inferi) scriveva da qualche parte nell’«Eneide» un certo Publio Virgilio Marone. Uno che la sapeva lunga su Inferni umani e Paradisi molto artificiali (il Purgatorio l’hanno tolto, quindi la cantica s’accorcia e le guide turistiche perdono il posto).

 

Redazione
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Un commento

  • «quanto più ci innalziamo, tanto più sembriamo piccoli a quelli che non possono volare»
    Mi permetto di fornire una diversa interpretazione alla citazione, che potrebbe andare oltre le stesse intenzioni de Nietzsche. E sarebbe che il gonfiarsi e il vantarsi delle proprie presunte virtù ci rimpiccioliscono agli occhi di chi non sa, con uguale impudicizia, effettuare analoghi autoincensamenti. Ma questo vale non solo quando ci si innalza con le parole, ma anche con i fatti: con “il fare carriera”. Ho sempre pensato che una vita da dattilografa valeva quella di un direttore generale; e che alla diminuzione del merito di chi effettivamente faceva, veniva contrapposta la valorizzazione di chi comandava.
    I popoli fanno grande i Re, finché non aprono gli occhi e si accorgono che il Re è nudo, e che ha le gambe storte, un po’ di pancetta ed è pure rachitico. Tanto più ci innalziamo, tanto più mostriamo le nostre insufficienze. A partire da quella peggiore, il volersi distinguere dagli altri non per il servizio che agli altri si presta, per la ricchezza una di quest’offerta, ma attribuendosi un valore che è pura convenzione sociale. Non chi raggiunge con un colpo d’ala la vetta è bravo, ma chi si sobbarca dell’onere si salire lentamente (e sudando) le pendici del monte.

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