Ci manca(va) un venerdì – 57

Il gioco fra Neruda, Web, Nietzsche e Star Trek: una performance di Fabrizio “Astrofilosofo” Melodia

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«Un nascere e un perire, un costruire e un distruggere, che siano privi di ogni imputabilità morale e si svolgano in un’innocenza eternamente uguale, si ritrovano in questo mondo solo attraverso il gioco dell’artista e del fanciullo» scrive F. W. Nietzsche nella sua opera «La filosofia nell’epoca tragica dei Greci».

Il gioco ha da sempre rivestito un ruolo fondamentale per quanto riguardo il pensiero e l’agire umano: non dimentichiamo che fin dall’antichità i giochi atletici sono stati uniti alle più importanti cerimonie religiose, come le Olimpiadi dell’antica Grecia, in cui si stipulavano tregue per le guerre in corso e si computavano gli anni attraverso le varie edizioni.

Il gioco dunque è una dimensione privilegiata, un’isola felice in cui la morale viene messa da parte e la voglia di stare insieme e darsi al più puro piacere dionisiaco prendono luogo in un incedere incessante.

L’artista e il fanciullo giocano al medesimo modo; troppo spesso assistiamo invece a fanciulli depressi e ad artisti troppo seriosi, presi nei propri concetti al punto da dimenticarsi di essere umani e bambini. Mentre ai più piccoli sono sempre più negate queste isole felici dove la noia veniva riempita con la fantasia.

A tale spirito dionisiaco e creativo – in cui Nietzsche ravvisava la vera e unica casa del filosofo e dell’essere umano in generale- subentra il Mercato, in cui lo sport è mercificato anzi quasi soltanto una macchina per far soldi o per pulirli da varie operazioni illecite.

Eppure la base del giocare è proprio la giustizia, la quale poggia le proprie fondamenta sull’equità, l’uguaglianza e l’imparzialità, oltre che sul profondo e significativo senso di amicizia, quel sano gareggiare con semplicità e vitalità, alla ricerca di una felicità sempre a portata di mano.

«Più una mente è complessa e più ha bisogno della semplicità del gioco» ragiona con saggezza il capitano James T. Kirk in un divertente episodio della serie originale di «Star Trek – Destinazione Cosmo» in cui l’equipaggio dell’astronave Enterprise sbarca su un pianeta adibito a vera e propria Gardaland delle stelle, un luogo dove dar corpo alle fantasie e giocare, senza pericoli e morali di sorta, un luogo dove sentirsi liberi e scaricare le tensioni di mille avventure.

«Un bambino che non gioca non è un bambino» affermava Pablo Neruda, dunque se gli viene rubato il tempo stesso del gioco subisce violenza. Anche il tempo in cui il bambino si dedica a leggere o a disegnare o ad ascoltare musica è tempo/spazio del giocare. Mentre muove i pezzi sulla scacchiera, come ricorda Eraclito, esso è “Aiòn”, ovvero «un bambino che muove i pezzi sulla scacchiera, il regno del fanciullo».

Il gioco è l’apertura massima al mondo, anche di più di quanto la tecnologia web possa permettere, con tutte le miliardi di connessioni possibili e immaginabili.

Il dualismo mente/corpo, gioco/serietà, reale/virtuale si esplica in una coincidenza degli opposti e in un gioco algoritmico che trova la propria espressione nel sorriso del bambino.

«Le virtù noi le acquistiamo se prima ci siamo esercitati, come accade anche nelle arti. Ciò che infatti dobbiamo fare quando le abbiamo imparate, ciò lo impariamo attraverso la pratica» scrive Aristotele nella «Etica nicomachea» (II, 1, 1103a).

Un bambino che gioca acquista le virtù per diventare un adulto retto e felice, pronto ad affrontare con la saggezza e la positività le difficoltà e le inevitabili ingiustizie della vita. L’adulto che da bambino non ha giocato, è sulla cattiva strada per inventarsi la guerra.

Da Freud passando per Jung, arrivando a Melanie Klein e Maria Montessori, recuperiamo il bisogno di gioco/infanzia che invece viene continuamente sottovalutato e messo a tacere: «Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo» scrive la Montessori in «Educazione per un mondo nuovo».

 

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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