Ci manca(va) un Venerdì – 7
Dove un astrofilosofo del calibro di Fabrizio Melodia risponde alle provocazioni oppure si inventa qualcosa (*)
Ogni tanto i libri che sono sui miei scaffali hanno il brutto vizio di voler vivere di vita propria. Prendono a riunirsi e a promuovere comitati e proteste contro il loro solerte padrone.
Ogni tanto mi fanno trovare aperta la pagina del libro di Daniel Pennac, «Come un romanzo» (nell’edizione Feltrinelli per la traduzione di Yasmina Melaouah).
Eccola.
«In fatto di lettura, noi lettori ci accordiamo tutti i diritti, a cominciare da quelli negati ai giovani che affermiamo di voler iniziare alla lettura.
– Il diritto di non leggere
– Il diritto di saltare le pagine
– Il diritto di non finire il libro
– Il diritto di rileggere
– Il diritto di leggere qualsiasi cosa
– Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa)
– Il diritto di leggere ovunque
– Il diritto di spizzicare
– Il diritto di leggere ad alta voce
– Il diritto di tacere».
Ardua impresa. Normalmente i diritti dovrebbero essere linee guida (e salvavita) per promulgare leggi giuste e che proteggano i diritti di tutti. Come posso legiferare sui miei libri?
Il primo diritto viene messo in questione da Arthur Schopenhauer: «Leggere significa pensare con la testa altrui invece che con la propria. Il furore di leggere libri della maggior parte dei dotti è una specie di fuga vacui, un fuggire dal vuoto di pensiero dei loro cervelli, che attira dentro a forza sostanza estranea: per avere pensieri devono leggerli altrove, come i corpi inanimati ricevono il movimento solo dall’esterno, mentre coloro che sono dotati di pensiero proprio sono come i corpi viventi che si muovono da sé».
Altri diritti sono assimilabili a questa sentenza: «Leggo per legittima difesa», a detta di Woody Allen.
In realtà il diritto fondamentale di chi legge è quello all’ascolto; quello dei libri per conseguenza è di essere ascoltati.
Platone non ne era affatto entusiasta, preferendo ovviamente il dialogo: il libro era solo un’immagine imperfetta di quest’ultimo, una cristallizzazione di un ombra che parla di altre ombre.
Quindi i diritti di chi legge sono i medesimi di chi ascolta? La lettura forse avrebbe un punto in più, in quanto il narratore può essere interrotto, messo in pausa anche per decenni, dimenticato, maltrattato oppure ben conservato, ma sempre parola “morta” (o almeno sospesa) rimane.
Dunque, come in tutte le legislazioni, si dovrebbe tenere conto della persona e non tanto del formalismo: solo un buon mediatore potrebbe districarsi, non certo un avvocato in cerca della forma di una materia di per se stessa informe.
Mai dimenticare come il libro sia l’anima di una persona messa a nudi in articolati labirinti. Mai dimenticare di ascoltare prima di parlare (ma ascoltare davvero, non pensando “ai fatti propri”).
Arte che si sta perdendo e che spesso gli uomini negano alle donne. “Troppo rapiti dalla copertina per leggere davvero ciò che vi è scritto” si potrebbe parafrasare.
Leggere è legittima difesa contro la sordità intellettuale… leggere per bene un’ottima medicina. Rileggere è un atto essenziale, perché una persona non la puoi conoscere di certo a una prima lettura. Puoi saltare le pagine magari per rileggere quel pezzo che ti è “piaciuto da morire”. E si trova sempre quasi sempre una pagina che rischiara dalla tenebre della solitudine.
«Quindi, i libri sono reali anche per me; mi collegano non solo ad altre menti ma alla visione di altre menti, a ciò che quelle menti comprendono e vedono» scriveva con lungimirante comprensione Philip Dick.
Nell’epoca in cui i libri si smaterializzano a favore dell’E-Book (una vita fatta di bit ed elettroni) fanno ancora paura a molti. Distruggi un libro, uccidi una persona. Uccidi i diritti di una persona. E’ lo stesso se distruggi un computer?
Amazon la sa lunga, in quanto concede la lettura, ma solo dietro pagamento di un codice per accedere alla biblioteca virtuale, dove i libri possono essere letti, non scaricati sul supporto.
Gira e rigira, la Storia si ripete; il Medioevo è dietro l’angolo, quando si perde la proprietà intellettuale e la cultura torna nelle mani di pochi.
Leggere è legittima difesa, anche a quelle/i cui manca un venerdì, persino a chi crede di vivere in un romanzaccio di fantascienza. E anche questo è un diritto inalienabile del lettore.