Ci manca(va) un venerdì – 81

No-bel o Sì-Bob? Quasi una dichiarazione di voto dell’Astrofilosofo alias (*) Fabrizio Melodia, il quale – stavolta più che mai – si aggira fra le nuvole incrociando Omero, Romano Battaglia e un tal Ginsberg

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«How does it feel To be on your own / With no direction home/Like a complete unknown/Like a rolling stone?» che tradotto più o meno suona cosi: «Come ci si sente a stare da solo senza sapere dove è casa, come un completo sconosciuto, come una pietra che rotola?». Così l’arcinota «Like a rolling stone» (1965) del poeta, scrittore, cantautore, pittore e conduttore radiofonico Bob Dylan: è la prima traccia dell’album «Highway 61».

Dylan è stato insignito – si dice così: “che insegna una insegna?” chiederebbe Totò – pochi giorni or sono del Nobel per la letteratura. Alcuni si sono chiesti se l’Accademia di Svezia non sia definitivamente impazzita. Una polemica messa in secondo piano dalla dipartita del grande vecchio Dario Fo, con alcuni italici tromboni a insultarlo da morto quasi più che da vivo.

L’Accademia svedese in più di un’occasione ha stupito per positivo anticonformismo ma anche per deprecabile misoginia. Stavolta per spiegare lo “stra-Nobel” a Dylan c’è chi punta su presunte macchinazioni a livello cosmico o sulle bibite sponsor non del tutto a norma, per spostarsi poi su corruzioni più o meno velate. E “infuria” il mistero – o è uno spot? – del Dylan ancora non contattato. Chissà dunque se la pietra rotolerà fino a Stoccolma agghindato a puntino ma chitarra alla mano, per ritirare il premio donandoci qualche suo storico pezzo, unito al suono inconfondibile dell’armonica a bocca con cui aveva iniziato il suo percorso da artista girovago, sempre fuori da tutto, anche di testa.

Come risulta dal verso citato, dove lo straniamento dell’essere umano viene riassunto nel trovarsi davanti a un orizzonte perduto, in cui tutte le certezze sono crollate e la libertà agognata adesso spaventa e disorienta, sino a far sentire l’incauto viaggiatore come una pietra rotolante… Metafora potente, degna di Omero e della poesia mondiale, un’immagine cantata che rende Robert Allen Zimmerman degno del nome d’arte che si diede per onorare il suo poeta preferito, quel Dylan Thomas che tanti bei versi ha donato alla letteratura e alla musica.

Il riferimento a Omero non è casuale, da parte mia: infatti la poesia dapprima era cantata, con il bastone a fare da batteria per i versi che ora noi ascoltiamo muti dalla loro melodia originaria. Ciò a sottolineare come le etichette siano solo classificazioni di comodo poiché musica, poesia, letteratura e filosofia sono le 4 figlie predilette di una stessa madre, in perenne – e talvolta astiosa – lotta fra di loro ma che quando sono in pace trovano la loro casa in ogni angolo della terra: fra le montagne e i boschi, sui campi di guerra e di prigionia, per le strade asfaltate e le mulattiere del mondo, tra le lacrime di un bambino affamato e di una madre morente, nel cielo oscurato dal catrame e dalle piogge acide e da nuvole di dubbia provenienza. «Vanno | vengono | per una vera | mille sono finte | e si mettono lì tra noi e il cielo | per lasciarci soltanto | una voglia di pioggia» canta Fabrizio De André, comprendendo appieno in questa metafora quanto troppo spesso vi sono entità che si frappongono fra il vedente e ciò che viene percepito, oscurando i sensi e lasciando l’anima con una inesausta voglia di vedere cosa si trova oltre le nuvole. Mendaci o benefiche, le nubi nascondono ma allo stesso tempo giocano a far vedere qualcosa tra venti e tempeste, raggi del sole come fili di seta, morbide forme ricolme prima che la pioggia si rovesci.

Nuvole che oscurano la nostra vita e l’integrità della nostra coscienza, soggetta ai lazzi e ai vezzi velati di queste piccole traditrici che rapiscono il sole quando ne avremmo più bisogno, che giocano con noi assumendo mille forme, che mentono sul cielo come sulla terra, che accompagnano i viandanti alla perdizione quando cadono a terra, sulle autostrade perdute per nessun dove.

«Quando l’acqua dei ruscelli scorre veloce dopo le grandi piogge ci indica il sentiero della vita e le nuvole bianche nel cielo sono le nostre speranze che si muovono verso il futuro» scrive Romano Battaglia.

Spesso le nuvole si muovono dove mai avremmo pensato, una speranza a volte retta da un vento che … non fa di certo quello che vogliamo noi. Per questo si seguono i ruscelli della pioggia, che vanno a finire nelle grate dei tombini, a volte intasati. E le speranze volano via alte, mentre noi ripuliamo i canali del mondo, a mani nude e fuori da ogni rotta conosciuta, sbloccando una via maestra soffocata da detriti e altri scarti di fabbriche morte.

Se ancora ci fossero dubbi sul modo per dissipare le nuvole dentro di noi – e su come il Nobel a Bob Dylan non sia immeritato – si può concludere così: per vivere come una pietra che rotola non bisogna necessariamente essere pazzi, reietti, scarti di fabbrica che solo ogni tanto diventano poesia. «Passeggeremo tutta notte per strade solitarie? Gli alberi aggiungono ombra all’ombra, luci spente nelle case, ci sentiremo soli. | Cammineremo sognando la perduta America dell’amore lungo automobili azzurre nei viali, verso casa nel nostro cottage silenzioso? | Ah, caro padre, grigio di barba, vecchio solitario maestro di coraggio, che America avesti quando Caronte smise di spingere il suo ferry e tu scendesti su una riva fumosa a guardare la barca scomparire sulle acque nere del Lete?» scriveva il poeta statunitense Allen Ginsberg. Come dite? A lui niente Nobel? In effetti…

(*) «Alias» è una parola, anzi un nome, importante per i fans di Bob Dylan: avete 30 secondi per dire – o chiedere – il perché alla prima persona “dylaniata” che incontrate. (db)

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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