Cianciullo, Crovi, Occhetto, Pievani, Shipman e Zagato

6 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Pat Shipman

«Invasori. Come gli umani e i loro cani hanno portato i Neanderthal all’estinzione»

traduzione di Anna Maria Paci

Carocci

222 pagine, 19 euro

Europa. Ultimi cinquantamila anni. Un superpredatore, il moderno Homo sapiens fece il suo ingresso nell’ecosistema euroasiatico un po’ più di 45.000 anni fa. Dalle nostre parti, da qualche centinaia di migliaia di anni c’erano altre specie umane, in particolare i neanderthaliani. Noi siamo stati una specie molto invasiva, dopo poche migliaia di anni siamo di fatto rimasti l’unica specie umana in Europa e sul pianeta, abbiamo favorito l’estinzione di altri mammiferi di grossa taglia (megafauna), abbiamo sostituito piante e vegetazione spontanee con specie domesticate, abbiamo iniziato a far pagare un prezzo alto alla biodiversità globale. Gli ecosistemi sono entità complesse, intersecati e tenuti insieme da una rete di cooperazione, simbiosi e dipendenza reciproche. Quando i nostri progenitori s’imbatterono nei neanderthaliani in Eurasia, questi erano intelligenti, abili, ben adattati al loro ambiente; eppure loro si estinsero e noi no. La convivenza è durata poche migliaia di anni, le due specie erano non del tutto incompatibili sotto il profilo genetico, vi era già stata e è proseguita una qualche ibridazione (con discendenza fertile). Pare che non li abbiamo uccisi tutti o tanti, che vi sia stata competizione per le risorse ma la nostra prevalenza non sia dovuta a un’aggressiva conquista militare. Probabilmente le ragioni sono altre, hanno a che vedere con la biologia delle invasioni e i cambiamenti climatici: abbiamo occupato spazi e ci siamo adattati meglio. Allo sconvolgimento faunistico e ambientale avvenuto fra 45.000 e 35.000 anni fa, con rapide oscillazioni climatiche, sopravvissero lupi e uomini moderni, non è escluso che fossero anche predatori “alleati”, in grado di guardarsi nelle sclere (come mostra la copertina) e di sconfiggere i mammut.

La stimata antropologa americana Pat Shipman (Scarsdale, 1949), ex-docente alla Penn State University, dopo decenni di studi specifici di tassonomia e di archeologia fossile, nel nuovo millennio si è dedicata a biografie scientifiche e a questioni generali di paleo-ecologia. Siamo noi gli invasori che le suggeriscono il titolo, meglio esserne consapevoli; mentre il sottotitolo non riassume l’insieme delle informazioni e riflessioni contenute poi nel testo. Per lunghi meditati capitoli l’autrice ragiona sulla competizione interspecifica negli ecosistemi, anche cercando di cogliere le dinamiche possibili rispetto ad assenza o presenza di umani; valuta le piramidi trofiche con produttori vegetali, diversi erbivori animali (consumatori primari) e consumatori secondari come insettivori e carnivori; chiarisce cosa in un ecosistema determina l’arrivo di una specie di predatori, con un esempio relativo all’habitat del parco di Yellowstone; segnala la lunga attività terrena di specie umane prima di e accanto a noi sapiens, i neanderthaliani in un vasto territorio dalla Spagna alla Russia, dal Galles al Medio Oriente. Forse, tra le capacità che a un certo punto mostrammo ci furono una notevole flessibilità della caccia (non solo con agguati) e della dieta (onnivora) e la domesticazione di un canide. Shipman lo definisce lupo-cane, segnalando peculiari caratteristiche, che si combinarono sinergicamente con quelle umane e ci rese specie quasi imbattibile nell’ecosistema europeo intorno a 40.000 anni fa. L’autrice conclude riconoscendo che nell’ipotesi vi sono anche «punti di debolezza: domande senza risposta, parametri non misurati, lacune nelle evidenze difficilmente colmabili». Una cosa considera certa: il nostro ruolo negli ecosistemi del mondo è di invasori e ci si sta ritorcendo contro.

Achille Occhetto

«La lunga eclissi. Passato e presente del dramma della sinistra»

Sellerio

230 pagine, 16 euro

Sulla sinistra. Questi 30 anni. L’ultimo segretario del Pci Achille Occhetto (Torino, 1936) fu il primo segretario del Pds, promosse lui la “svolta” del cambio di nome e di (parziale) sostanza. Sono trascorsi quasi tre decenni dall’evento epocale che gli suggerì di agire, la caduta del muro di Berlino, e sottolinea che le ultime vicende europee (compreso il voto italiano del 4 marzo 2018) «ci mettono brutalmente dinnanzi al tema dell’eclissi della sinistra su scala mondiale». Ecco, dunque, il saggio “La lunga eclissi” per riprendere il discorso del crollo del comunismo, individuarne le radici, ribadire che occorreva andare oltre anche le esperienze socialdemocratiche, nel contesto di ipotesi sul male oscuro delle permanenti divisioni che dilaniano dagli albori il fronte progressista e le sinistre. Valuta ex post importanza e limiti, retroterra culturale e cattivo funzionamento della svolta, tenendo conto sia della recente ricerca storiografica che dei ricordi personali.

 

Gianni Zagato

«Questo è un nodo avviluppato, questo è un nodo rintrecciato. Intervista immaginaria a Gioacchino Rossini»

Zines Agra

32 pagine, 6 euro

Pesaro29 febbraio 1792Passy13 novembre 1868. Se volete sapere come e perché Gioachino Gioacchino (all’anagrafe Giovachino) Antonio Rossini ricevette a trent’anni una lettera dal potentissimo Metternich, si emozionò quasi solo grazie al tartufo bianco di Acqualagna e a tre bottiglie di Chateau Lafite, scappò con Olympe a Montughi e a Montecatini inseguito dai rivoluzionari bolognesi, attaccò un duetto col Re Giorgio IV, compose succulente ricette (non meno di Paganini e Strauss), fu inumato al Père Lachaise di Parigi, lasciò un’immensa eredità al Comune dove visse i primi 8 anni, e altro ancora, allora potete gustare questa graziosa originale intervista. Gianni Zagato (Rovigo, 1951), neopensionato dopo aver diretto scuole di cultura e politica nel Pci, Pds, Sel (e via discorrendo), riprende felicemente il genere delle accurate interviste immaginarie. “Questo è un nodo avviluppato” è il sestetto dal II° atto della Cenerentola, costellato di scoppiettanti «gr», «tr» e «sgr».

 

Antonio Cianciullo

«Ecologia del desiderio. Curare il pianeta senza rinunce»

Aboca

200 pagine, 15 euro

L’immaginario ecologista, da ieri a domani. Che siano in corso cambiamenti climatici antropici globali il grande giornalista Antonio Cianciullo (Roma, 1954) non ha dubbi, ce li racconta fin dal primo rapporto IPCC (1990), la conferenza di Rio e la convenzione Onu (1992), le varie conferenze delle parti (compresa la terza, Kyoto 1997). Da trent’anni vede che la reazione dell’opinione pubblica è parziale e altalenante, s’interroga ora sulle ragioni profonde, suggerisce di spostare l’attenzione da ciò che non si deve fare a ciò che va fatto, dalla paura alla speranza. In questo bel saggio, “Ecologia del desiderio” propone il conseguente cambio di atteggiamento: riesamina nozioni e concetti scientifici, porta esempi ed esperienze, reinterpreta il limite come potenzialità invece che come freno, spiega il giusto equilibrio fra lentezze e velocità, un consumo con più cure e meno sprechi, l’economia circolare. Romanzi, filmati, telenovele possono essere decisivi: leggerezza e sapere!

 

Telmo Pievani

«Atlante dell’evoluzione umana»

Libreria Geografica

Terra. Da circa sei milioni di anni fa a oggi (giorno più, giorno meno). Le scimmie antropomorfe cominciarono a camminare, in vario modo, bipedi alternativi. Poco distanti dalla costa orientale dell’Africa, lungo i 6.000 chilometri della Great Rift Valley si erano formate molte praterie e savane, stare sugli alberi serviva a poco. Varie forme umane hanno cominciato a camminare molto, a diffondersi sul continente e poi in Eurasia, “spinte” da esigenza di cibo o da cambiamenti climatici e geofisici. Non abbiamo smesso più. E poi: il calendario geologico, la deriva dei continenti, le industrie litiche, il cespuglioso albero tassonomico, il paleoclima, il colore della pelle, le ultime scoperte. Ci sono volumi indispensabili pure a chi non ha studiato e lavora per vivere, a chi non legge e qualche volta si limita a sfogliare riviste o scrivere messaggi, a chi preferisce ascoltare poco e comunque esprime spesso le proprie opinioni. Tutti facciamo spesso fatica a convivere, non solo nel contesto dove siamo capitati, non solo in mezzo a coloro che frequentiamo per vari tipi di legami, talora anche con noi stessi. E sguardi, sorrisi, profumi, carezze sono certamente importanti per sopravvivere. Un pochino forse aiuta sapere cosa ci accumuna a esseri viventi, come siamo divenuti un eucariote animale cordato mammifero primate aplorrino ominide homo, perché oggi ne siamo 7 miliardi e mezzo qui e là, uomini e donne, vecchi e infanti. Con un ricchissimo accurato apparato iconografico e divulgativo (foto, mappe, schemi, tavole sinottiche, ricostruzioni cartografiche, testi sintetici, box riassuntivi) l’Atlante illustra da dove veniamo e dove possiamo andare (a parare). Le cinque parti hanno in fondo una “linea del tempo” che mostra cronologicamente l’evoluzione: l’alba degli ominini e le prime diaspore (fino a 100.000 anni fa), una pluralità di forme umane nel vecchio mondo (da 500.000 a 25.000), la seconda nascita di Homo sapiens (da 60.000 a 12.000), la rivoluzione neolitica e l’espansione globale (da 12.000 anni fa), la diversità dei geni, dei popoli e delle lingue e i crocevia dell’umanità. In chiusura una selezionata bibliografia ragionata.

Telmo Pievani (Gazzaniga, Bergamo, 1970) è ordinario di Filosofia delle Scienze Biologiche e prorettore a Padova. Nel 2011, insieme al compianto Luigi Luca Cavalli Sforza, curò la mostra “Homo sapiens: la grande storia della diversità umana” al Palazzo delle esposizioni di Roma (replicata a Trento, Novara e Milano negli anni successivi), con un progetto espositivo internazionale cui collaborarono vari scienziati e strutture tecniche con appositi materiali. L’apparato cartografico fu realizzato da Libreria Geografica e nacque l’idea di una intesa stabile, il volume ne è uno straordinario risultato, aggiornato ogni due anni. Sono stati rielaborati testi chiari e semplici per accompagnare una lettura visiva che trasmetta comprensione anche emozionale. L’ultima parte, quando ormai eravamo rimasti soli e ovunque, riprende la recente scienza della genetica delle popolazioni, grazie agli studi sul mosaico delle famiglie linguistiche del mondo. Certo, ormai molto si trova sul web, giusto così. Tuttavia, la sequenza coerente dei popolamenti umani e dei nessi spazio-temporali, dei luoghi di rinvenimento e delle interdisciplinari ricostruzioni conseguenti, di mappe e immagini dei continenti e dei crani, delle impronte e degli artefatti, affiancata da poche frasi per ogni mappa e ogni immagine, è possibile solo sfogliando pagine una dietro l’altra o saltando qua e là presi dalla curiosità. Ecco un libro che una biblioteca comunale di ogni bacino d’utenza, una scuola di ogni ordine e grado, un’associazione di ogni ragione comune dovrebbe tenere in consultazione per ciascun visitatore, permanente o occasionale!

 

Luca Crovi

«L’ombra del campione. Nebbia, sangue e il delitto Meazza»

Rizzoli

206 pagine, 18 euro

Milano. 1928. Era l’anno dell’attentato a Vittorio Emanuele III e in cui entrarono in servizio i nuovi tram a Milano. Il 18enne interista Giuseppe Peppino el Balila Meazza incontrò l’ancor non attempato commissario De Vincenzi e vennero guai, fin dentro San Vittore. Meazza (1910-1979) fu grande calciatore, ci illudiamo di conoscerlo bene. De Vincenzi fu grande personaggio, protagonista dal 1935 di vari romanzi del bravo giornalista antifascista Augusto De Angelis (1888-1944) e poi di due serie televisive Rai con Paolo Stoppa (1974 e 1977). Il commissario forse indagò su alcuni misteri o leggende della biografia non solo professionale di Meazza; ne è venuto fuori “L’ombra del campione”, in terza varia, all’incrocio tra finzione e realtà; veri i tanti meneghini modi di dire, usi e costumi, ricette, musiche, ricordi. Gran bell’esordio letterario per il critico creativo, conduttore radiofonico ed esuberante fumettologo (alla Sergio Bonelli Editore) Luca Crovi (Milano, 1968).

 

Redazione
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