Cile: prosegue la criminalizzazione dei mapuche

Peggiorano le condizioni di salute della machi Francisca Linconao. Non si arresta nemmeno la violazione del territorio da parte delle multinazionali.

di David Lifodi (*)

 

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In Cile la repressione contro il popolo mapuche non si arresta. La machi Francisca Linconao, accusata di aver causato l’incendio che, nel gennaio 2013, provocò la morte dei grandi proprietari terrieri svizzero-cileni Luschinger-Mackay e per questo in carcere da oltre sei mesi, si trova in pessime condizioni di salute.

La machi, autorità religiosa mapuche, è vittima di un vero e proprio montaggio giudiziario che, finora, non le ha permesso nemmeno di ottenere gli arresti domiciliari, nell’ambito di una politica di aperta criminalizzazione condotta dallo Stato cileno nei loro confronti. In una recente dichiarazione pubblica, le Organizaciones de Derechos Humanos de la Araucanía hanno condannato, una volta di più, la Ley Antiterrorista di epoca pinochettista, ancora utilizzata quasi soltanto nei confronti dei mapuche. Non si contano nemmeno gli episodi in cui la giustizia cilena ha applicato due pesi e due misure distinguendo tra mapuche e non. Inoltre, il Cile si è caratterizzato per una discriminazione economica, sociale e culturale sistematica nei confronti dei mapuche, senza curarsi del ruolo che rivestono, in particolare, le autorità religiose come la machi Linconao. In questo contesto si spiega la facilità con cui la stampa è riuscita a farla passare come una “terrorista” e abbia sostenuto le misure restrittive dello Stato, che le ha notificato il divieto di fare ritorno nel proprio territorio, dove svolgeva il suo lavoro di guida spirituale. Già in passato la Corte interamericana per i diritti umani aveva condannato il Cile per la violazione dei diritti dei mapuche, sempre in merito all’utilizzo della Ley Antiterrorista, invitando lo Stato a non applicare più questa legge così lesiva del diritto alla legalità e alla presunzione di innocenza. Purtroppo, negli ultimi tempi, non è aumentata solo la criminalizzazione dei mapuche, ma anche nei confronti dei loro avvocati, come accaduto a Karina Riquelme e Sebastián Saavedra.

Lo stesso territorio dei mapuche è sottoposto ad una continua invasione da parte delle multinazionali che godono dell’autorizzazione dello Stato, come denuncia l’Agrupación de Familiares de detenidos desaparecidos y ejecutados políticos de la Araucanía. In particolare, alla metà di ottobre, è stato condotto a termine dai carabineros lo sgombero della comuna di Panguipulli per far posto a delle centrali idroelettriche che dovrebbero rifornire di energia l’impresa Cae Sesa, agli ordini della multinazionale Austriaca RP Global. La vertenza sulla costruzione della diga va avanti almeno dal 22 agosto scorso, quando il werken Rubén Collío, portavoce della comunità, denunciò l’omicidio della moglie Macarena Valdés, subito derubricato a suicidio dalla stampa cilena. La donna si era più volte opposta alla costruzione della centrale idroelettrica e sembra evidente come  il suo assassinio abbia rappresentato un modo per indebolire il werken e inviare un messaggio chiaro alle comunità che si oppongono al progetto di Austriaca RP Global. Non si tratta dell’unico caso relativo all’edificazione delle centrali idroelettriche. Un altro progetto, denominato Santa Olga, vede il coinvolgimento dell’impresa mineraria Compax e della transnazionale Latin America Power. La progressiva invasione del territorio serve per imporre la presenza dello Stato cileno in territorio mapuche e far capire che è a completa disposizione di Santiago, ma non di quelle popolazioni che lo hanno sempre abitato e lo stesso caso della machi Francisca Linconao non fa altro che aumentare la tensione tra il potere centrale e i mapuche. Di fatto, la giustizia cilena non è riuscita a dimostrare prove evidenti del coinvolgimento della donna nella morte di Werner Luchsinger e Vivianne Mackay, per il quale, peraltro, già altri mapuche sono stati condannati a pene pesantissime. Peraltro, questo caso non rappresenta il primo contenzioso tra la machi e lo Stato. Nel 2008 Linconao riuscì a vincere la sua battaglia contro la Sociedad Palermo Limitada per il taglio illegale di alberi nel Fundo Palermo, che avveniva all’interno del perimetro dove si trovavano tre sorgenti d’acqua e lo spazio “Menokos”, sacro per la cosmovisione mapuche poiché lì si trovavano piante medicinali utili per le attività curative della machi.

Anche questo mandato presidenziale di Michelle Bachelet si avvia verso la conclusione all’insegna di un conflitto crescente tra lo Stato e i mapuche, ma soprattutto senza che nessuna istituzione, anche a livello internazionale, riesca ad inchiodare lo Stato alle sue responsabilità.

(*) tratto da Peacelink – 3 novembre 2016

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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