Cinque ragioni per amare la fantascienza

Di Mauro Antonio Miglieruolo

Qualche tempo fa la World SF (associazione degli scrittori di fantascienza, sezione italiana), tramite il presidente Donato Altomare ha rivolto ai propri iscritti l’invito a elencare cinque buone ragioni per amare la fantascienza. Considero la domanda indice di grande moderazione: avrebbero potuto esserne reclamate cinquanta. Accettando la sfida e, deferente verso l’interlocutore, mi limito a occuparmi delle prime cinque, le più importanti. Purtroppo l’eccessivo sviluppo dell’articolo lo ha reso impubblicabile sul sito della World SF; né ho saputo ridurlo (in effetti non me la sono sentita) per contenerlo entro gli spazi ristretti che mi sono stati indicati. Lo pubblico pertanto sul blog, sicuro che troverà qualche lettore che vorrà apprezzare.

07genn-worldsfMi si conceda di cominciare sollevando in proposito una piccola obiezione funzionale che non vuole essere una correzione (del tema proposto) ma solo una specifica accentuazione: la fantascienza non chiede di essere amata, la fantascienza chiede di essere avvicinata con rispetto (il che è quasi la stessa cosa), d’essere esaminata con molta attenzione e compresa nella sua natura e responsabilità fondamentali. La prima delle quali è lanciare messaggi su ciò che siamo stati e su ciò che attualmente siamo sia sul piano dell’ideologia (leggasi: le aspettative e i sogni di un’epoca); nonché quello delle potenzialità nostre inespresse, utilizzando come maschera quelle espresse. Esemplifico: sul piano sociale il Novecento è stato un secolo di grandi esperimenti (Grandi Narrazioni li definiscono gli apologeti del pensiero debole – ideologi della fine dell’ideologia – dimenticando che si è trattato di qualcosa di più che di mere narrazioni, che si è trattato di pratiche sociali diffusissime che, nel corso di circa un secolo, hanno mutato radicalmente le condizioni di vita e i rapporti di forza tra le classi in tutti i continenti.) La Fantascienza ne ha preso atto e tentato, con i suoi mezzi, di preconizzare i possibili sommovimenti del futuro, utilizzando come fonte di ispirazione ciò che nel presente vedevano e vivevano. Alcuni con forte consapevolezza, ispirati dalla contemporaneità (che riuscivano a leggere) e proiettandola in avanti, su un domani adoperato come una sorta di schermo cinematografico; altri assumendola acriticamente con inconsapevole spontaneità, riproducendo pertanto su quello stesso schermo gli eventi osservati tali e quali, dopo averli sottoposti a travestimenti, formali e non. Tra i primi, tra coloro che più si sono lasciati “influenzare” dal concreto degli avvenimenti storici, prendendo posizione critica o apologetica, possiamo porre Zamjatin, Orwell, Bulgakov, Pohl, Van Vogt ecc.; tra i secondi, tra gli inconsapevoli o molto parzialmente consapevoli sono da annoverare tutti coloro che si sono autoesclusi dalla storia essendosi esclusi dallo “spirito storico” (caratterista fondamentale della fantascienza) e cioè Williamson, Hamilton, Bradbury e (azzardo) anche uno Sheckley (autore che di questa seconda specie ammiro più di tutti).
07gennora11bam1Bisogna tuttavia precisare, anzi ribadire, che tracce critiche palesi di ciò che è stato il Novecento, con i suoi epocali avvenimenti storici (definiti, come detto, Grandi Narrazioni dai chierici della Chiesa del Capitale) sono rintracciabili in tutti coloro che si sono impegnati nelle scritture fantascientifiche. Lo sono per virtù della fantascienza, che sempre e comunque deriva dal reale (profondo o superficiale) il proprio immaginario; e per necessità storica, in quanto ogni periodo imprime le proprie stimmate in tutti i protagonisti di un’epoca. Persino in quelli (pochi) che tentano di allontanarsi perché contrari a determinate caratteristiche della contemporaneità. Non esistono zone franche, eremi culturali in un tutto sociale, qualunque sia il livello di tolleranza imperante: non c’è difesa contro la dittatura di un determinato orizzonte spirituale. Questa dittatura si può solo temperare esplorandone a fondo le specifiche caratteristiche, per poi cercare di scavarsi in esse, nelle pieghe e nelle contraddizioni individuate, un qualche riparo.
07gennora11bam2Nell’ottica delineata risulta allora poco importante prendere in considerazione la questione, che sembra interessare molti, se la fantascienza debba essere considerata genere (o sottogenere, secondo certi intellettuali) oppure un movimento letterario: quello che è importante è esattamente ciò che dalla tendenza sopra delineata può essere acquisito. E cioè:

07geenf-exiled001. thrilling wonder vol 18 # 3a) Una migliore conoscenza dei nostri tempi, una conoscenza che nessun altro genere o movimento è grado di fornirci, non con la medesima completezza;
b) numerosi elementi politici e culturali sui quali costruire, anche fuori dalla fantascienza, ipotesi di futuro, guide per la propria attività di cittadini (esempio: le tematiche ecologiche, presenti fin dal “tempi d’oro”);
c) alcune nozioni ideologiche (non allineate all’ideologia dominante) sufficienti a contribuire all’evoluzione del costume, alla modifica del senso comune delle masse, a determinare nuove scale di valori.

Il che mi sembra abbastanza per amare quella fantascienza che, da parte sua, non fa nulla per essere amata. Tant’è, stante questa voluta trascuratezza (o si tratta di incapacità?) delle pubbliche relazioni, per lo più è disprezzata. Tanto più disprezzata, insigne paradosso, quanto maggiore vitalità essa dimostra, quanto più a essa si ricorre, se ne registra la presenza in tutti gli aspetti sociali e culturali. Perché la fantascienza che potrà pure non essere amata, non può però essere ignorata. E come potrebbe, quando scrittori classici, registi, pittori, musicisti, grafici, analisti programmatori di giochi digitali sono costretti a ricorrere a essa, ai suoi modi, alle sue invenzioni per mostrarsi originali, per coinvolgere positivamente il “fruitore”, per far parlare di sé? Accade nei suoi confronti lo stesso che accade con le classi sfruttate, con gli schiavi, i servi della gleba, i lavoratori manuali, le popolazioni delle colonie ecc. Tanto più se ne utilizza il lavoro, tanto più queste classi sono odiate e disprezzate. Non si tratta del prevalere del pregiudizio. Si tratta di complessi di colpa per le sopraffazioni che vengono commesse, di timore per la inevitabile conseguente ribellione, ribellione che in qualsiasi momento potrebbe esplodere e produrre una completa ridefinizione dei rapporti sociali. Si tratta di diffidenza nei confronti di un pensiero (che si fa narrazione) che è troppo speculativo per non inquietare; si tratta di oscura consapevolezza di ciò che la fantascienza rappresenta, una radicale ri-fondazione della letteratura nel quadro di una rinnovata concezione dell’arte. Per tanti letterati prendere in seria considerazione la fantascienza comporterebbe l’inoltrarsi su territori in gran parte sconosciuti e la messa in moto di processi culturali inconciliabili con la loro formazione intellettuale, con effetti devastanti e incontrollati.
07gennc-D-121aDi questi oscuri e meno oscuri timori fa parte il secondo fondamentale della fantascienza, quello che più inquieta gli spiriti accademici. Questa seconda (decisiva) caratteristica consiste negli accentuati atteggiamenti ludici della fantascienza, nell’adesione al romanzesco, nel recupero dell’epica e soprattutto nel porre l’universale prima del particolare, di preferire i temi che compongono il programma d’umanizzazione dell’homo sapiens ai dolori della coppia borghese in crisi e al lamento sulle impotenze dell’uomo qualunque e le sue difficoltà esistenziali. Difficoltà definite esistenziali ma che esistenziali non sono. Sono invece le difficoltà che derivano da una organizzazione sociale sempre più distante dai bisogni materiali e spirituali che non sono certo quelli consumistici e di pura apparenza suggeriti (leggi: imposti) dall’attuale assetto politico-sociale.
Ecco dunque profilarsi anche un quarto motivo per diffidare e se possibile detestare la fantascienza, ma che per chi la frequenta e perciò ne ha una certa conoscenza costituisce un quarto “merito” (merito per apprezzarla e amarla): il suo pensare in grande che però si costituisce sempre divertendo. Per quanto grande infatti questo pensiero sia (la futura umanità, unificata spiritualmente e etnicamente; la pace; l’ampliamento dei poteri dell’uomo; il ruolo della scienza; i paradossi temporali; le umanità, anche non umane, che verranno; le nuove frontiere celesti ecc.), per quanto impegno intellettuale chieda al lettore, non si cercherà mai programmaticamente di affaticarlo (quasi mai, almeno). L’intelligenza nella fantascienza va di pari passo con il diletto. Il piacere della lettura è a tutti gli effetti una pre-condizione, suo scopo, sua pratica effettiva, non mera aspirazione.
Pongo infine, in ossequio a quanto richiesto, un ultimo motivo per amare la fantascienza, un motivo che è ipotizzabile provochi i peggiori brividi di febbre nel tipico intellettuale italiano: l’avere superato senza fatica l’antichissimo ostacolo che ha separato per secoli la cultura umanistica da quella scientifica. Una separazione impossibile da mantenere, frutto di idiosincrasia più che di elementi di incompatibilità. Tant’è che nei fatti la separazione veniva superata spontaneamente. Senza dirlo e senza teorizzarlo. Cioè senza averne effettiva coscienza. Una separazione che non riguardava certo uomini come Leonardo da Vinci, ma che ha riguardato i più almeno a partire dal XVII secolo in poi (=ipotesi di lavoro). Nel concreto culturale, in ogni epoca e in ogni luogo, l’irruzione di una determinata scoperta scientifica ha sempre prodotto effetti visibili, effetti che però non venivano riconosciuti come tali, in quanto non comprovavano la loro efficacia direttamente sugli operatori artistici, ma mediante le conseguenze che la novità scientifica produceva nel senso comune, nella cultura e nel modo di pensare d’un’epoca. Pur senza rendersene conto, anche il più umanista dei letterati ne era influenzato, ne doveva tenere conto. La sua ispirazione era plasmata a un tale livello di profondità da risultare impercettibile.
07genne-fantascienzaIl livello di dominio esercitato dall’ideologia delle due culture era ed è tale che anche nei casi più eclatanti in cui esse finiscono con il diventare una (il più eclatante di tutti, il caso fantascienza), la realtà delle reciproca influenza, che spesso muta in collaborazione, non è riconosciuta. Eppure la pratica artistica del Novecento presenta più d’un esempio nel quale scienza e creatività artistica procedono in accordo. Basti pensare a quel che è accaduto e accade, ad esempio, nella tradizione del film western (la cito perché la conosciamo tutti) le cui rappresentazioni mutano con il mutare dei mezzi tecnici disponibili, ma anche in ragione della diversa sensibilità che questi ultimi hanno contribuito a modificare (E.S. Porter, K. Vidor, John Ford, D. Daves, A. Penn, S. Peckinpah, Sergio Leone, Jodorowsy ecc.); o all’ancora più evidente effetto che le scoperte di Freud sulla psiche umana hanno avuto nel complesso processo di costituzione del pensiero poetico del secolo lungo (cioè il Novecento, secolo che nasce con la Comune di Parigi e si spegne con l’89, anno che segna la caduta del Muro di Berlino, 119 anni dopo il primo assalto al cielo da parte del proletariato). Si manifesta in particolare su un autore, uno dei più originali, il premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello. Tuttavia è con la fantascienza e per la fantascienza che il gran passo viene effettuato. Con la fantascienza non si ha soltanto una letteratura che tiene conto dei progressi nel campo delle scienze, ma si ha una letteratura centrata su di esse; che non solo parla o allude alla scienza, ma dialoga con essa, ne fa il principale motivo di ispirazione. Determinando una unione tanto appassionata che (all’interno del territorio fantascientifico) lo scopo della letteratura (parlare all’uomo dell’uomo e parlargli del mondo) finisce con l’essere dannosamente dimenticato.
07gennc-D-121aLa fantascienza taglia corto con tutte le riserve, le esitazioni, gli indugi, le incertezze e le difficoltà. Non riconosce un ostacolo nelle scienze, le individua come occasione, quale argomento principale nell’elaborazione dei contenuti. La scienza diventa allora la sua musa, lo spazio d’esercizio virtuale e reale delle proprie facoltà (a ben considerare, ciò è del tutto naturale: si tratta ambedue di strumenti di conoscenza). Quest’incontro essa (la fantascienza) pratica nel mentre che lo predica; e praticandolo ne dimostra la fattibilità. Muovendosi in direzione dell’incontro essa indica una precisa direzione di marcia: la scienza (la scienza della fantascienza) può entrare a pieno titolo nel gruppo di elementi considerato decisivo per lo stimolo della creatività. Preconizza e attua per sé questo incontro per suggerire a tutti la felicità che comporta il realizzarlo.
È anche in quest’ottica che la fantascienza rifonda la letteratura. E per questa sua funzione che occorre sia amata.
Possiamo essere sicuri che un giorno non lontano sarà effettivamente e fattivamente esaminata e valutata. E pertanto prediletta.

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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