Cipolla, Peresani, Petrini, Timm e tre coppie…

cioè Bricker-Ibbitson, DeSalle-Tattersall e Mercalli-Pepino

7 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Uwe Timm

«La scoperta della currywurst»

traduzione di Matteo Galli (originale: 1993)

Sellerio

198 pagine, 16 euro

Berlino. 1945 e seguenti. Il narratore ricorda l’ultima volta che ha mangiato una currywurst al chiosco di Lena Brücker, una dozzina d’anni prima nel quartiere portuale di Amburgo, ci capitava quando si allontanava da Monaco verso nord. Lei versava un po’ di curry nella padella rovente, poi una salciccia (wuest) di vitello tagliata a fettine, ketchup, pepe nero. Una volta non la trova più e comincia a indagare, infine trova lei anziana in una casa di riposo di Harburg, fa la maglia a una finestra. E lei racconta, racconta, iniziando da una domenica a Berlino il 29 aprile 1945, pochi giorni prima del suicidio di Hitler, quando, separata da cinque anni e già esperta della ricetta del povero cibo di strada, incontra l’ufficiale di coperta Hermann Bremer e ci va a letto. Erano anni terribili. Con “La scoperta della currywurst” l’ottimo scrittore tedesco Uwe Timm (Amburgo, 1940) offre una minuziosa ricostruzione letteraria della storia di dignitosi personaggi nell’onda del tempo.

Darrell Bricker e John Ibbitson

«Pianeta vuoto. Siamo troppi o troppo pochi?»

traduzione di Silvia Manzio

Add editore

310 pagine, 18 euro

Pianeta Terra. In prospettiva. Secondo le stime delle Nazioni Unite è un neonato fra domenica 30 e lunedì 31 ottobre 2011 il settemiliardesimo umano vivente al mondo. Prima eravamo qualcuno meno, poi e anche ora molti di più. Eppure, forse abbiamo già iniziato a non aumentare più. Il grande avvenimento che definirà il XXI secolo si verificherà tra circa tre decenni e sarà l’inversione della rotta moderna e contemporanea: un calo implacabile, generazione dopo generazione, della popolazione umana, il declino demografico dunque. I Paesi in cui la popolazione sta diminuendo sono già più di venti; nel 2050 saranno oltre trentacinque, i più grandi, i più ricchi. Presto anche i più grandi Paesi in via di sviluppo, i cui tassi di fecondità sono già in discesa, inizieranno a ridursi. È probabile che lo stesso sfrenato baby boom africano finisca ben prima di quanto non prevedano i demografi dell’ONU. Due giornalisti canadesi hanno per mesi viaggiato in diverse città nei cinque continenti, parlato con professori e funzionari di Stato, discusso nei campus universitari e nelle baraccopoli, raccolto dati statistici nazionali e internazionali, studiato e comparato le politiche capaci di aumentare il numero di figli per coppia, traendo infine una conclusione che considera sbagliata l’opinione della incontrollata duratura travolgente crescita demografica. La realtà attuale è che in tanti paesi europei e occidentali il numero di abitanti non cresce, anzi declina; già oggi percepiamo poco e assistiamo inermi al calo demografico (appena appena attenuato da immigrazioni sempre più avversate e complicate); nessuno riflette bene e politicamente sugli effetti dello spopolamento assoluto, ancor più evidente all’esterno delle grandi città, rispetto al quale non si potrà che abbracciare, prima o poi, sia l’immigrazione che il multiculturalismo.

Darrell Bricker (1961) e John Ibbitson (1955) sono due studiosi e commentatori politici fieri dell’approccio canadese alla quantità e qualità della vita dei propri cittadini. Nel recente interessante volume a quattro mani si pongono l’obiettivo di sfatare pregiudizievoli miti (alimentati da molti statistici, demografi e politici un po’ ovunque sul pianeta) che circondano la crescita della popolazione. No, non continueremo a produrre esseri umani fino a che il mondo cigolerà sotto il peso di più di undici miliardi di persone; più probabilmente raggiungeremo un picco di nove miliardi e poi inizieremo a calare. No, i tassi di fecondità dei Paesi in via di sviluppo non sono astronomici; molti sono già pari o inferiori alla soglia di sostituzione. No, l’Africa non è un continente condannato alla povertà cronica con una popolazione in costante crescita ma senza le risorse per sostenerla; è un continente dinamico, con economia in continua evoluzione e tassi di fecondità in rapido calo. No, gli afroamericani e i latinoamericani non sommergeranno l’America Bianca (né gli arabi l’Europa) con i loro vertiginosi tassi di fecondità; di fatto la fecondità dei gruppi etnici tendono a uniformarsi a quella del paese d’immigrazione. Il “vuoto” del titolo è enfatico e polemico, concentrato sul “minare” opinioni consolidate; come altre affermazioni e aggettivazioni vanno prese per riflettere e approfondire questioni su cui spesso abbiamo in testa schemi e convinzioni errate. I primi due capitoli servono a contestualizzare evoluzione e pensiero, quanto avvenne nel passato planetario e nella cultura diffusa, pur in modo sintetico e talora impreciso. Il primo narra la “breve storia della popolazione” di Homo sapiens, soprattutto per evidenziare come abbiamo rischiato più volte prima di non esistere, poi di estinguerci o di non preservare il sapere perduto, salvandoci (da eruzioni e terremoti, cambiamenti climatici e pandemie) solo con sapienti movimenti lenti e indispensabili continue migrazioni, spesso guerreggiando e urbanizzandoci sempre più. Il secondo spiega l’emersione culturale del mito dell’esplosione demografica, Thomas Robert Malthus (1766 – 1834) e i suoi figli. I successivi capitoli esaminano i diversi contesti geografici oggi e in prospettiva: Europa, Asia, Africa, Brasile, Stati Uniti, Giappone, Canada e altre aree, intervallando questioni specifiche (i bambini e le nascite, spinte e trazioni delle immigrazioni, l’estinzione culturale delle lingue e dei popoli). Il taglio è demografico e inevitabilmente ridotta l’attenzione verso altri aspetti (climate change, geopolitica del potere, commerci e mercati, oppressioni vecchie e nuove).

 

Carlo Petrini

TerraFutura. Dialoghi con papa Francesco sull’ecologia integrale

Giunti e Slow Food Editore

238 pagine, 16 euro

Pianeta umano. Realtà trascorse e scenari futuri. La crisi ecologica della Terra è la crisi stessa della civiltà tecnico-scientifica e costituisce il capo d’accusa fondamentale a uno dei miti del nostro tempo: il progresso. La ragione della perversità di certi meccanismi in atto è costituita dalla concezione meramente economica o economicistica dello sviluppo, concepito ingenuamente quanto irresponsabilmente come un processo rettilineo, quasi automatico e di per sé illimitato. Le tecnologie e le scienze naturali nascondono sempre precisi interessi umani e non prescindono mai da determinati valori. Le civiltà occidentali hanno maturato l’egemonia di una sorta di concezione dicotomica tra cultura e natura, tra coscienza e mondo della vita: tale dicotomia conduce a una visione del tutto strumentale della natura, considerata come oggetto esterno su cui l’uomo può esercitare indiscriminatamente il proprio dominio e non piuttosto come habitat o ecosistema entro cui si svolge la vita umana, perciò come dimensione costitutiva del proprio essere e del proprio divenire. Il capitolo quarto dell’enciclica papale Laudato sì del 2015 è dunque intitolato «Un’ecologia integrale» e affronta con rigore scientifico e religiosità moderna necessità e urgenza per tutti gli umani, per tutti i sapiens, credenti e non credenti, di tornare all’armonia con la Terra tenendo conto del contesto post-industriale in cui ci troviamo. Monsignor Domenico Pompili è il vescovo di Rieti e un amico di Slow Food: fin dal 2013 ha favorito l’incontro diretto fra il papa e un agnostico, fra un cattolico e un ex comunista, fra un argentino e un italiano, fra un teologo e un gastronomo. Prima una telefonata, poi scambi epistolari, poi incontri sulle comunità di sostegno all’enciclica promosse da Slow Food, poi tre diverse conversazioni dedicate nell’arco di tre anni, infine un bel volume che ne raccoglie i testi, integrandoli con altre riflessioni e documenti.

Il fondatore di Slow Food e ora presidente della relativa struttura internazionale Carlo Carlin Petrini (Bra, Langhe, 1949) e papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio (Flores, Buenos Aires, 1936), firmano un volume interessante e stimolante. Dopo la prefazione di Pompili la struttura è distinta in due corpose parti. Nella prima leggiamo i dialoghi fra le due personalità svoltisi il 30 maggio 2018, il 2 luglio 2019 (prima della pandemia Covid-19) e il 9 luglio 2020 (dopo la morte di Luis Sepúlveda, da entrambi molto citato e col quale la prima chiacchierata si apre). Nella seconda parte vi sono approfondimenti e spunti su cinque cruciali tematiche, frutto di riflessioni individuali ma coerenti e parallele: biodiversità, economia, migrazioni, educazione, comunità; ogni volta un’introduzione di Petrini, seguita da ampi stralci di Esortazioni Apostoliche, lettere e messaggi ufficiali di papa Francesco. I ricavi del libro saranno destinati al progetto di promuovere ad Amatrice un Centro studi dedicato all’ecologia integrale, chiamato “Casa Futuro – Centro Studi Laudato sì”, in un edificio lesionato dal terremoto. Integrale vuol dire per entrambi che occorre affrontare insieme la crisi ecologica e le diseguaglianze sociali, che la biodiversità è valore insieme degli ecosistemi e delle culture (come afferma da quasi tre decenni anche l’apposita Convenzione Onu), che il meticciamento è costitutivo della nostra specie e può renderci tutti più a nostro agio in ogni modo e mondo. L’uso delle parole e i riferimenti scientifici sono accurati ma non precludono una lettura agile, chiara, piacevole. Le migrazioni sono ovunque, nel testo e nella realtà, opportunamente senza tanti pregiudizi e prefissi.

 

Carlo M. Cipolla

«Moneta e civiltà mediterranea»

introduzione di Ignazio Visco

Il Mulino

130 pagine, 13 euro

Monete. Dal Medioevo al Rinascimento. Carlo Cipolla (Pavia, 1922 – 2000) è stato un grande storico dell’economia, maestro di concisione. Dopo studi a Parigi e Londra, ottenne la cattedra a 27 anni a Catania. Ha insegnato in Italia e negli Stati Uniti. Nelle apprezzate pubblicazioni viene nominato come Carlo M. Cipolla a seguito di una sua invenzione già nel 1947, per evitare confusioni e omonimie, di un inesistente secondo nome. Nel ventennale della morte il Mulino (editore di gran parte dei suoi libri in italiano, su epidemie e declino, istruzione e sviluppo, tecnologia e rivoluzione industriale, leggi della stupidità) riedita un piccolo classico derivante dalle lezioni tenute nel 1953 a Cincinnati, originale inglese (Princeton University Press) del 1956, originale italiano del 1957 (Neri Pozza). “Moneta e civiltà mediterranea” contiene cinque saggi su moneta (metallica), prezzi e civiltà mediterranea «al doloroso incrocio tra due discipline» (come scrisse di lui Braudel nel 1952).

Luca Mercalli con Daniele Pepino

«La terra sfregiata. Conversazioni su vero e falso ambientalismo»

Edizioni GruppoAbele

90 pagine, 11 euro

Pianeta Terra. 2020. L’insostenibilità ecologica della corsa verso una crescita infinita in un mondo dalle risorse limitate è un dato acquisito da almeno mezzo secolo. Eppure, le conferenze e gli accordi internazionali che si sono susseguiti non hanno impedito il peggioramento dello stato di salute del pianeta. Il modello capitalistico produce danni ambientali enormi e, insieme, ingiustizie sociali e disuguaglianze crescenti. L’esistenza di alcuni cicli climatici nella storia del mondo non può ignorare la decisiva componente antropica dei cambiamenti attuali. Certo, non possiamo più tornare indietro, tuttavia dobbiamo smettere di perdere tempo e possiamo cercare almeno di contenere il danno, di evitare lo scenario peggiore. La stessa pandemia di Covid-19 che, in questo 2020, sta colpendo milioni di donne e di uomini, ha a che fare, nella sua origine o quantomeno nella sua diffusione, con le alterazioni ambientali in atto. Papa Francesco e Greta Thunberg invocano un’inversione di tendenza, ma sfregi e scempi continuano senza sosta, talora ammantati di ambientalismo da salotto. In un agile volumetto ne discutono due impegnati esperti italiani (piemontesi), un climatologo da sempre presente nel dibattito pubblico, preciso nel seguire e ricostruire il negoziato climatico, e un militante NO TAV attivo nella pratica di rapporti sociali e forme di vita alternativi al pensiero dominante.

L’intervista al noto meteorologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli (Torino, 1966) da parte dell’attivista resistente di Chiomonte (Alta Valsusa) Daniele Pepino (1976) è stata realizzata nella capitale piemontese nel gennaio 2020, poi integrata e aggiornata nel maggio 2020. Viene presentata organizzata in sette capitoli: eventi estremi; sottovalutazione e inadeguatezze; non se ne esce da soli; vero e falso ambientalismo; decrescere o razionalizzare (con un punto interrogativo); politica e movimenti; progresso e sapere scientifico. All’inizio le domande sono brevi (si parte dalla pandemia) e le risposte più argomentate, poi entrambi si dilungano sul proprio punto di osservazione, anche con citazioni colte e azzeccate, e notevole assonanza di vedute. Le ultime pagine sono quelle in cui maggiormente emerge una esplicita differenza di tono fra i due interlocutori: Mercalli chiede di continuare a distinguere la parte buona del progresso da quella cattiva e integrare i saperi. Mercalli soprattutto ribadisce che la scienza oggi ha sufficienti anticorpi per difendersi dalle storture, che pure esistono, e resta una delle poche bussole che abbiamo per il futuro, ancora una volta separando quella buona da quella cattiva.

 

Marco Peresani

«Come eravamo. Viaggio nell’Italia paleolitica»

Il Mulino (edizione aggiornata; prima ed 2018)

174 pagine, 12 euro

Italia. Pleistocene (fra 2.650.000 e 11.650 anni fa, circa). L’Italia di oggi è un lontano ricordo di quella che era milioni di anni fa, sebbene molti dei caratteri impressi dai mutamenti climatici siano rimasti ben visibili nel paesaggio fisico. Oscillazioni del livello marino e ripetute glaciazioni hanno dato altezze e funzioni diverse alle linee costiere sul Mediterraneo, ad Alpi e Appennini, a fiumi laghi pianure, alla straordinaria biodiversità e varietà geologica, per quanto nel Paleolitico gli ominini necessitassero di poche rocce scheggiabili per mantenere il loro bagaglio tecnologico. Per gli umani di allora vivere senza fissa dimora e coprire vasti territori con continui spostamenti comportava la riduzione al minimo dei materiali da trasportare come armi, utensili e quanto via via evolveva (vestiario, elementi da costruzione per i ricoveri, oggetti di culto, alimenti conservati, contenitori, medicinali). Determinare date o periodi precisi per il popolamento della penisola è impresa incerta e controversa: i ripari erano grotte, caverne, fessure, cavità con acqua potabile non lontano. Si sono spesso trovate tracce di più specie (e comunque di più gruppi umani) stratificate nella stessa superficie: Homo antecessor, Homo heidelbergensis, homo neanderthalensis non necessariamente in ordine cronologico, talora compresenti nel territorio italiano di allora, solo molto dopo noi sapiens, quasi alla fine del Pleistocene. Presso le cave di Apricena (Gargano) vi fu una delle prime presenze ominine nell’Europa occidentale, oltre 780.000 anni fa, all’incirca pure a Monte Poggiolo (appennino romagnolo). Dopo di allora potrebbe anche essere che l’Italia non sia stata abitata per 200.000 anni, le successive frequentazioni antropiche s’inquadrano in una fase climatica più temperata. Nel 2014 a Isernia la Pineta emerse il resto umano più antico, un primo incisivo superiore deciduo di un individuo di 5-7 anni d’età. Vi è una lunga storia prima di arrivare alla fine dell’ultima glaciazione e al Neolitico.

Marco Peresani (Udine, 1963) è associato di Culture del Paleolitico a Scienze Preistoriche e Antropologiche presso l’Università di Ferrara e prosegue, accanto all’attività di ricerca e insegnamento, un’utilissima attività di divulgazione su usi e costumi, luoghi e tempi, sincronie e diacronie delle presenze umane nella penisola (recentemente divenuta Italia), prima che ci fossero coltivatori allevatori, villaggi, strade, lingue e molto prima che Homo sapiens restasse l’unica specie del genere presente in Europa, parlante simbolico e geneticamente meticcia. Dieci capitoli descrivono errante storia manifatturiera e mutevole geografia puntiforme, individuando due momenti di svolta: da una parte 300.000 anni fa la padronanza del fuoco e le grandi rivoluzioni culturali; d’altra parte la diffusione quasi ovunque dei neandertal, veri grandi protagonisti autoctoni del nostro continente prima dell’arrivo dei sapiens. Adeguata trattazione è dedicata al confronto e agli eventuali incontri fra queste ultime due specie umane, compresenti in più parti d’Italia (a partire dalla Puglia) nelle varie tappe dell’ominazione e dell’evoluzione culturale (Uluzziano, Aurignaziano, Gravettiano, Epigravettiano, Mesolitico). Vi è forse un po’ di schematicità classificatoria, esigenza imprescindibile per chi scava e reperta, tuttavia talora inevitabilmente rigida rispetto a mescolanze e intrecci di tempi e luoghi, ai “meticciati” cui spesso si accenna. Ovviamente i fenomeni migratori sono spesso elemento costitutivo della narrazione, sia quelli animali (e vegetali), che quelli strettamente umani, da est nord e sud, le fughe e le conquiste piuttosto che le curiosità e le scoperte, pur continuandosi erroneamente a considerare tutti nomadi i cacciatori raccoglitori paleolitici (il “nomadismo” è cosa di neolitici). Ottimo l’undicesimo e ultimo capitolo con le visite guidate (a cominciare dallo splendido Museo della Preistoria di Nardò) ai siti ben organizzati in molte regioni italiane.

 

Rob DeSalle e Ian Tattersall

«Storia naturale della birra»

traduzione di Gianni Pannofino

Codice editore

292 pagine, 27 euro

Comunità umane sapienti. Da migliaia di anni. Zuccheri (soprattutto in cereali e frutta) + lieviti (funghi, ovunque) = alcol + anidride carbonica, la formula è semplice. La birra è probabilmente la bevanda alcolica più antica al mondo e certamente la più importante sul piano storico. Il biologo molecolare Rob DeSalle e l’antropologo Ian Tattersall, scienziati americani, avevano scritto insieme, bevendo insieme, una storia naturale del vino “Il tempo in una bottiglia” (2013). Ora ci dicono tutto sulla “Storia naturale della birra”, scienza e aneddoti. Dalle prime rudimentali pratiche di fermentazione dei sumeri fino al rinnovato amore per la produzione artigianale nell’America di oggi, narrano storie intriganti e sorprendenti con acume e divertimento. Ecologia, primatologia, fisiologia, evoluzione, chimica, archeologia, sociologia, fisica, neurobiologia: perché iniziammo a berla, le combinazioni di ingredienti per l’inconfondibile gusto, come il nostro corpo la metabolizza.

 

Redazione
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