Clementina S.Ammendola – Disorientata

 

by Erika Patanè
 
Disorientata o quasi scopro che nel impeccabile quartiere di Belgrano, proprio a Barrancas de Belgrano, i cinesi hanno messo su e giù radici o quasi. Mentre attraverso il Quartiere con il 29, autobus che fa il percorso Olivos-La Boca, osservo dai finestrini negozi cinesi ovunque e mi accorgo dalle scritte e dalla quantità di gente che transitano nei marciapiedi, tutti cinesi o quasi. Ma la cosa che più mi disorienta è una specie di Arco con tanto di colonne finto marmo, Arco che vorrebbe essere imponente e maestoso ma in realtà diventa uno spazio esotico e orrendo dove le persone, non credo siano tutti turisti, scattano delle foto. Disorientata o quasi ora mi vengono in mente delle scene del Film “Cuento Chino”, visto il 30 aprile, che vi ho già raccontato. E capisco di più l’urgenza del regista di “Cuento Chino”, l’urgenza di documentare il nuovo volto di alcuni quartieri porteños.
Disorientata o quasi sono grata a Virginia che sto mese, solo sto mese, mi ha affittato un monolocale in via Beruti angolo via Agüero, nel quartiere di Palermo. E sono grata a Virginia perché Lei di solito affitta sto posto a turisti, non agli argentini residenti in Argentina e tanto meno ai Migranti. E siccome Virginia è la sorella della mia amica italo-argentina che dal 1989 abita a Vicenza, ha fatto un’eccezione e mi ha anche fatto lo sconto e sono grata. E quando sono stata a casa di Virginia, l’altra sera a ritirare delle lenzuola, noto sulla libreria la stessa foto che ha la mia amica a Vicenza appesa al muro; sono in montagna le due sorelle più la figlia della mia amica. E non mi soffermo più di tanto nella foto, ci sono due Gatte che si portano via tutta la mia attenzione, una bianca con delle macchie di colore nero e caffelatte e l’altra tutta nera, sono silenziose e generose: si lasciano accarezzare da me e sono ancora grata a Virginia.
Disorientata o quasi a volte non trovo le scale non mobile nelle stazioni della Metropolitana e devo scendere e salire per le scale mobile, “mecánicas” si dice qui. E non so ancora cosa preferisco: i cani nei marciapiedi nel quartiere di mia mamma o le scale mobile. Forse le scale mobile hanno meno rischi, direi, anche se ci sono alcune scale mobile che mi fanno proprio tanta paura, nella stazione di Agüero ci sono alcune scale mobile in legno, sis sis, e non riesco a risalire all’anno che sono state costruite, mi disorientano. Come sono disorientata o quasi quando una mattina, verso le 8.04, sono nella metropolitana e nella stazione di Plaza Italia sale un biondo di occhi celesti impeccabili, alto quanto basta o alto quanto ci vuole, e anche se la metropolitana è discretamente piena, Lui tira fuori il termos con l’acqua calda e tira fuori anche il contenitore del mate e si fa il mate, cioè fa colazione nella metro; acrobata, farà l’acrobata nella vita, penso subito. Forse. Dopo qualche stazione sento una specie di musica,sis, è L’inno all’allegria, sis è quello penso, e mi giro per capire e noto che è sempre Lui, il biondo degli occhi celesti impeccabili che dopo aver fatto colazione fischia L’inno all’allegria; è un artista, penso, forse è un artista. Il percorso è finito, devo scendere, disorientata o quasi.
Disorientata o quasi svolgo il mio lavoro oggi davanti alla mia scrivania non vuota, non ancora piena. Deve arrivare il PC, non ho un telefono e uso una biro Bic nera per prendere appunti nei fogli sciolti o nei quaderni. Ho il mio quadernino copertina colore tabacco, regalato ad aprile 2011 da Giulio Mozzi e ho un nuovo quaderno, copertina a righe colorate “Ledesma Classic” somministrato dalla mia responsabile Assistente Sociale, per scrivere tutto o quasi tutto. E prendo appunti quando posso, quando mi pare, quando non sono disorientata o quasi, dopo aver letto i tre numeri del Bollettino interno dell’Ente per cui lavoro ora, “El Nucleo” è il nome del Bollettino. E poi prendo appunti di ciò che leggo: parole, frasi, immagini, concetti, definizioni, descrizioni, che sono importanti secondo me. Scrivono, nel Nucleo, che l’Ente fa nuove campagne di comunicazione e sono presenti nelle Comunità e sono presenti per promuovere responsabilità sociale e hanno fatto una “Campagna Estate” nella Costa Atlantica e nella provincia di Cordoba. E raccontano che l’azione centrale è stata lo sviluppo di un trailer che simula la visita virtuale guidata alla Centrale Nucleare Atucha II, nella località di Zarate, provincia di Buenos Aires; attività che fa parte della Campagna “Hacemos Energía Nuclear”.
Esperienza ludica, tattile e amichevole, scrivono e nella foto che accompagna l’articolo osservo un gruppo di musicisti e, come è scritto sotto la foto, Atomito, la mascotte dell’Ente per cui lavoro ora. Atomito ha una specie di testa-corpo da dove spuntano le braccia, che spuntano da dove, di solito, spuntano le orecchie di una persona. La testa-corpo è di colore bianco e le braccia e le specie di gambe sono di colore rosso. Atomito, nella foto, sembra simpatico, forse sti giorni pure lui è disorientato o quasi.
Disorientata o quasi ascolto dalla TV e dalla Radio le notizie delle cenere vulcaniche arrivate dal Cile e le notizie dicono degli aeroporti di Buenos Aires che sono quasi sempre chiusi e non è facile volare sti giorni, dicono. Disorientata o quasi, lo sono forse perché sono 54 giorni che non sto in un aeroporto; 54 giorni già che non sto in un aereo, 54 giorni che non sto almeno per un po’ in cielo. Cinquantaquattro giorni che sono “entrata nella quotidianità”, come mi scrive la mia amica nata a Druento, nel torinese che ora abita nel quartiere di San Salvario, a Torino. E non so o non mi ricordo bene la quotidianità della mia Vita, o mi disorienta la mia Vita nella stessa Città per cinquantaquattro giorni. Disorientata o quasi sento alcune delle mie radici su, e già ora sono rimaste su. E rileggo la mail della mia amica che abita a Brescia e scrive: «Sospesa dalla nascita, sembro io non so se in fondo è una fortuna avere radici nel cielo, forse questo porta sempre ad alzare lo sguardo.» E io ora ho una radice in Cielo, è vero, ma quando scrivevo che le mie radici sono rimaste su pensavo alla Calabria, a Torino, a Vicenza e, in qualche modo, pure a Roma e a Bologna. Pure loro, le mie radici, disorientate o quasi.
 

Clementina Sandra Ammendola, sociologa. Abita a Buenos Aires, prima a Torino, prima a Vicenza e ancora prima a Buenos Aires. Ha scritto alcuni saggi (tra i quali: /L’allievo di origine argentina/, Progetto Alias 2003; /Immigrazione di ritorno e percorsi di cittadinanza/in /Borderlines/, Iannone 2003) e il libro /Lei, che sono io/Ella, que soy yo, /Sinnos 2005. Nel 2010, con Giulio Mozzi cura, Abitare. Un viaggio nelle case degli altri <http://libri.terre.it/libri/collana/0/libro/260/Abitare>, libro d’inchiesta, Terre di Mezzo. Prefazione di Marianella Sclavi.

Clementina S.Ammendola –  leichesonoio@gmail.com

 
 
Clelia

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