Colombia: ballottaggio a destra per Palacio Nariño

di David Lifodi (*)

Come ampiamente pronosticato, sarà un affare interno alla destra peggiore e più impresentabile il ballottaggio del 15 giugno da cui uscirà il nuovo presidente del paese. A contendersi Palacio Nariño, Juan Manuel Santos e Oscar Iván Zuluaga. In un contesto di altissima astensione (solo il 40% dei colombiani si è recato alle urne), spicca il buon risultato del Polo Democrático Alternativo – Unión Patriótica, principalmente nella capitale Bogotá.

Appena terminato lo spoglio delle schede, che ha assegnato al presidente in carica Juan Manuel Santos (Partido de la U) poco più del 25% dei voti rispetto al 29% di Oscar Iván Zuluaga (Centro Democrático), i due contendenti hanno subito cercato di guadagnare consensi e stringere alleanze in vista del ballottaggio. In maniera strumentale e ipocrita, Santos si è rivolto a tutti gli altri candidati presidenziali rimasti fuori dal secondo turno affinché sottoscrivano un patto con lui per promuovere la “crociata per la pace”. È risaputo che l’attuale presidente del paese ha scommesso sul dialogo solo per conquistare di nuovo la poltrona di Palacio Nariño (in realtà il suo “pacifismo” è stato smascherato dall’ambiguità e dalla pochezza delle sue proposte nei colloqui di pace con la guerriglia delle Farc), ma astutamente, la sua chiamata a raccolta per la fine di un conflitto armato in corso da oltre 60 anni serve soltanto per screditare il suo avversario, dipinto come un acerrimo nemico dei negoziati. In effetti Oscar Iván Zuluaga, solo una pedina manovrata a piacere dall’ex presidente del paese, Álvaro Uribe, i cui legami con l’ultradestra internazionale sono noti, ha dichiarato fin dall’inizio dei colloqui di pace in corso all’Avana, di essere apertamente contrario a qualsiasi forma di dialogo con la guerriglia: addirittura, pochi giorni prima della chiusura della campagna elettorale, è emerso un video, probabilmente messo in giro dall’entourage di Santos, in cui si vede Zuluaga che parla con un hacker ragionando su possibili scenari per destabilizzare il già fragile processo di pace. È per questo che Santos potrebbe avere buon gioco spendendo la carta dell’”uomo di pace” a scapito di Zuluaga. Purtroppo, la Colombia dovrà scegliere uno tra questi due personaggi alla guida del paese, entrambi esponenti di un estabilishment che, seppur su posizioni diverse, si presenta escludente, violento e apertamente fascista. Dietro di loro, il vuoto, con la lodevole eccezione del ticket Clara López Obregón-Aída Avella, candidate coraggiose per la sinistra alla presidenza del paese sotto le insegne del Polo Democrático Alternativo – Unión Patriótica (quest’ultima formazione politica fu decimata  negli anni ’80, quando la guerriglia aveva scommesso sulla via politica per le sue rivendicazioni prima di ricevere la risposta violenta dello stato). In una campagna elettorale dominata, anche sotto il punto di vista mediatico, dalla destra e dalle sue dispute interne, dove le forze politiche tradizionali sono state sovraesposte sulla stampa a scapito dei partiti di alternativa, Clara López Obregón ha ottenuto il 15% totale dei consensi, quasi due milioni di voti che l’hanno spinta a dichiarare che in Colombia un progetto di sinistra è possibile. A Bogotá sono state oltre 500mila persone a scegliere il Polo Democrático Alternativo – Unión Patriótica, un seme per una Colombia democratica che aspetta di uscire da un incubo di cui ancora non si vede la fine. Nell’ottica del programma del partito, che da tempo ha messo al primo posto del suo decalogo presidenziale la fine del conflitto armato, ha cercato di inserirsi Santos, che si è rivolto anche a Clara López Obregón nel tentativo di inglobarla nella sua “pseudo”campagna di pace allo scopo di ottenerne i voti e disarticolare una sinistra appena rigenerata da un buon risultato elettorale. Sembra però assai difficile che il Polo Democrático Alternativo decida di appoggiare Santos, se non altro perché rinnegherebbe tutta la sua storia. A questo proposito, sono significative le dichiarazioni di alcuni esponenti del partito. Il senatore Jorge Enrique Robledo, in un tweet, ha dichiarato che la horrible noche è tutt’altro che cessata: il 15 giugno si eleggerà un presidente tra due candidati uguali tra loro. Altri rappresentanti del Polo Democrático Alternativo hanno già assicurato che continueranno a fare opposizione e che il 15 giugno non si recederanno a votare. Le avances di Santos, probabilmente, avranno come interlocutore più malleabile Martha Lucía Ramírez, del Partido Conservador, che al primo turno ha ottenuto un dignitoso quasi 16% dei voti tra i colombiani conservatori poco risoluti a votare per Santos o Zuluaga. Sarà probabilmente in questa fascia di elettorato che si deciderà il futuro presidente del paese, anche se Martha Lucía Ramírez è assai più affine a Zuluaga che non a Santos, se non altro per la sua vicinanza con Álvaro Uribe, al pari di Enrique Peñalosa, fermatosi all’8%. L’esponente dell’Alianza Verde era stato indicato da alcuni sondaggi divulgati a marzo come probabile candidato al ballottaggio in qualità di uomo di Uribe. L’ex presidente può contare su almeno due candidati su tre dalla propria parte e, in caso di successo di Zuluaga, sono in molti a scommettere che sarà Uribe a svolgere il ruolo di presidente in pectore: non a caso, consumatasi la separazione con Santos, ministro proprio sotto la presidenza Uribe, lo stesso ex mandatario non aveva perso tempo fondando un nuovo partito, quel Centro Democrático che rischia di rompere le uova nel paniere a Santos. Di fatto, se Zuluaga vincerà il ballottaggio del 15 giugno, il negoziato di pace con la guerriglia probabilmente sarà interrotto e il terrorismo di stato si manifesterà di nuovo nella sua forma peggiore. A questo proposito, suona già come un monito assai sinistro l’avvertimento lanciato da Zuluaga a scrutinio terminato: se raggiungerà Palacio Nariño impedirà che “le Farc pretendano di governare il paese dall’Avana”. Di qui la risposta di Santos: “Il 15 giugno i colombiani avranno l’opportunità di scegliere tra chi vuole la fine della guerra e chi preferisce una guerra senza fine”. Sul voto ha pesato, inoltre, un massiccio astensionismo: il 60% degli elettori non si è recato alle urne. Pochi giorni prima delle elezioni, la Coalición de Movimientos y Organizaciones Sociales de Colombia (Comosoc) aveva invitato Martha Lucía Ramírez, Enrique Peñalosa e Clara López Obregón a ritirare le proprie candidature affinché quelle di Santos e Zuluaga rimanessero delegittimate e il voto in bianco esprimesse il ripudio verso un sistema politico ampiamente infiltrato dalle mafie e dal narcotraffico: allo stesso Santos è stato contestato di aver riciclato denaro sporco proprio per compiacere i narcos, peraltro intimi, al pari dei paramilitari, anche di Uribe, che durante il suo mandato li aveva pienamente legittimati.

In vista della segunda vuelta presidencial, alla Colombia democratica e impegnata per una risoluzione del conflitto armato non rimane che un’unica possibilità: disertare le urne.

(*) tratto da www.peacelink.it del 26 maggio

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