Colombia: Gustavo Petro va

Nelle parlamentari del 13 marzo la coalizione di centro-sinistra è la principale forza del Paese. Le presidenziali del 29 maggio potrebbero segnare una svolta storica all’insegna del progressismo.

di David Lifodi

Il risultato delle elezioni parlamentari colombiane dello scorso 13 marzo rappresenta un buon viatico in vista delle presidenziali del prossimo 29 maggio.

Il Pacto Historico, la coalizione di centro-sinistra che esprime Gustavo Petro come candidato per Palacio Nariño, è divenuta la principale forza del Paese. Lo stesso Petro, nelle primarie interne, ha conquistato un gran numero di voti. Tutto ciò rappresenta il segnale di un cambiamento che potrebbe portare la Colombia, tra poco di più di due mesi, a salutare le pesanti interferenze degli Stati uniti, che hanno sempre considerato questo paese come un gendarme per tenere sotto controllo i governi latinoamericani non allineati a Washington.

“Abbiamo rappresentanti in territori e regioni dove eravamo assenti da tempo. Il Patto Storico ha raggiunto il miglior risultato del progressismo nella storia della Repubblica Colombiana”, ha dichiarato con entusiasmo Petro, seppur in un contesto caratterizzato da un forte astensionismo. Al Pacto Historico sono andati il 47,5% dei consensi. Al secondo posto un altro ex sindaco, Federico Gutiérrez, di Medellin, per l’alleanza di estrema destra Equipo por Colombia e, ancora più staccato, Sergio Fajardo per Centro Esperanza (centro-destra). In particolare, il Pacto Historico ha vinto nel Cauca e a Cali (una delle capitali della resistenza al fascismo uribista), dove la repressione di Duque è stata maggiore.

La destra uribista, fin dall’inizio, non ha digerito il risultato delle urne, denunciando una presunta frode elettorale che fa capire come il percorso di Petro verso la presidenza della Colombia sarà costellato da una vera e propria guerriglia nei suoi confronti, tipica dei settori più conservatori di tutta l’America latina. Il riconteggio generale dei voti richiesto al Senato rappresenta una provocazione non tanto nei confronti di Gustavo Petro e del Pacto Historico, quanto verso la Colombia democratica. Del resto, fin dall’inizio, la strategia di Equipo por Colombia e Centro Democrático era quella di mettere in dubbio, a prescindere, i risultati elettorali, poiché gran parte dei sondaggi avevano previsto la vittoria di Petro.

Tra i candidati del Pacto Historico uno delle più votate è stata Francia Márquez, candidata femminista proveniente dai movimenti sociali che ha ottenuto quasi 800.000 voti. I suoi consensi, ha ricordato Davide Matrone nell’articolo Elezioni in Colombia: vince il centro-sinistra di Petro, scritto per pagineesteri.it “vengono dall’elettorato proletario, afrodiscendente, dai movimenti sociali e dal movimento femminista colombiano che, dall’aprile del 2019 al novembre dello stesso anno, scese in piazza contro la Riforma tributaria classista che costò il posto al Ministro delle Finanze, Alberto Carrasquilla”.

E ancora, alla Camera, nel seggio dei colombiani all’estero, ha vinto un’altra figura significativa, Carmen Felisa Ramírez Boscán, esponente dei popoli originari attualmente in esilio.

Petro fa paura alle destre perché, come altri leader del progressismo latinoamericano, ha dichiarato guerra ai grandi latifondi, promesso un maggiore impegno dello Stato nel combattere la corruzione, garantito la riforma della sanità, all’insegna del rafforzamento degli ospedali pubblici, e dell’istruzione, alla quale vuol destinare più fondi.

Alcuni analisti politici sono convinti che l’ex sindaco di Bogotá possa vincere già al primo turno, ma la sua vittoria dovrà essere netta per evitare di trovarsi impantanato in maggioranze poco affidabili e costrette spesso a ricorrere ai voti del centro moderato, come accaduto al centro sinistra di Lula e Dilma Rousseff in Brasile o a Fernando Lugo in Paraguay, traditi da parlamentari golpisti poi avvicinatisi alle destre.

Al Senato, nonostante il buon numero di seggi del Pacto Historico, l’ago della bilancia resta il Partito Liberale e, ancora più frammentata, risulta essere la situazione alla Camera.

L’auspicio di Gustavo Petro, che vuol trasformare la Colombia nel paese della vita e non più della morte, in un contesto dove i leader sociali e gli ex guerriglieri delle Farc-Ep continuano ad essere uccisi quasi quotidianamente, si scontra con le imprese delle armi, che prosperano sul conflitto condotto dallo Stato colombiano nei confronti delle organizzazioni popolari e indigene, dei sindacalisti e degli attivisti per i diritti umani, e con un’oligarchia il cui scopo dichiarato resta quello di rendere vani gli sforzi per gli accordi di pace.

Marco Consolo, nel suo articolo Colombia: un risultato storico, ha ricordato che al successo di Gustavo Petro “ha contribuito il logorio politico del governo, la crisi economica (sia per le politiche neo-liberiste, che per la pandemia), la caduta verticale del consenso dell’attuale presidente Ivan Duque e del suo mentore Alvaro Uribe, e la grande mobilitazione sociale di piazza dei mesi scorsi. Il voto per il Patto Storico è doppiamente significativo, vista la massiccia compravendita di voti promossa dalle mafie dei partiti tradizionali e dei nuovi partiti dell’oligarchia; la forte pressione di alti funzionari statali sui lavoratori del pubblico impiego; lo spiegamento degli apparati elettorali multimilionari dell’establishment, sostenuti dagli appalti pubblici. È stata anche una vittoria contro la guerra sporca, le bugie e le calunnie diffuse dalla destra e dai suoi potenti latifondi mediatici”.

La divisione tra destra radicale (Federico Gutiérrez) e centro destra (Sergio Fajardo), potrebbe aiutare Petro a vincere al primo turno, ma, intanto, in queste elezioni parlamentari, il progressismo ha già vinto una prima battaglia contro le menzogne propinate della destra, che, come sempre, hanno evocato il solito pericolo del castro-chavismo in caso di una sua vittoria.

Tutto ciò rappresenta un segnale significativo: forse, per la Colombia, il 29 maggio potrebbe davvero rappresentare l’occasione per cambiare pagina. Si tratterebbe di una svolta storica.

Fonte: Peacelink

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *