Colombia: senza riforma agraria nessuna pace

di David Lifodi

L’esito positivo del dialogo di pace a L’Avana tra i guerriglieri delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) e il governo colombiano passa necessariamente attraverso una riforma agraria che risolva una volta per tutte il conflitto per la terra e crei sviluppo nei territori abitati dai campesinos.

Non più di due settimane fa a San Vicente del Caguán, la località situata nel dipartimento del Caquetá (a sud del paese, in mezzo all’Amazzonia colombiana) che tra il 1999 e il 2002 fece da cornice ai primi colloqui tra guerriglia e l’allora presidente Andrés Pastrana, si è svolto il terzo incontro delle Zonas de Reservas Campesinas (Zrc), composte da migliaia di contadini ansiosi di vedere dei passi significativi in merito alla questione rurale.  Del resto sono state le stesse Farc, in più di una circostanza, a porre la riforma agraria tra i punti irrinunciabili nel contesto dei negoziati con il presidente Juan Manuel Santos. Altrettanto chiaro è stato finora l’orientamento della delegazione governativa guidata da Humberto de la Calle: progressi al tavolo della questione agraria si, autonomia istituzionale e politica per le Zrc no. Eppure la riforma agraria rappresenta la chiave per giungere alla pace: lo sanno le Farc, accusate a sproposito di rappresentare il ghost-writer delle Zrc, lo sa il governo, che avrebbe la possibilità di porre fine ad un conflitto sociale infinito. Le Zrc rappresentano lo strumento giuridico dei campesinos per evitare che le multinazionali, soprattutto quelle legate all’estrazione mineraria, li caccino dal loro territorio. Nel corso degli anni le Zrc (sorte nel 1994) hanno dato luogo ad un sistema produttivo sostenibile che ha costituito un valido aiuto per i piccoli agricoltori. Attualmente le Zonas de Reservas Campesinas riconosciute sono sei: almeno cinquanta attendono di essere legalizzate, ma il governo da questo orecchio non ci sente. Innanzitutto alla sede presidenziale di Palacio Nariño, ma anche tra imprenditori e grandi allevatori di bestiame, è radicata l’idea che le Zrc si trasformino in repubbliche indipendenti sulla strada delle Farc nei territori ancora saldamente sotto il controllo della guerriglia. In secondo luogo, se le Zrc ottenessero un pieno riconoscimento dal governo, la fine del conflitto armato sarebbe molto vicina e, di conseguenza, lo stato colombiano dovrebbe giustificare il motivo per cui tiene schierato un esercito di cinquecentomila uomini, che significano un investimento del 7% dell’intero bilancio del paese in operazioni di guerra. Il denaro speso in operazioni militari, spiegano le Zrc, potrebbe essere utilizzato per l’attuazione di un piano di sviluppo rurale  che garantisca un fondo di finanziamento per i territori dove abitano i campesinos che lavorano la terra e generi nuove risorse per il paese.  Le Zrc non intendono costituirsi in stati indipendenti o autonomisti, ma, più semplicemente, chiedono di essere riconosciute come un soggetto politico e giuridico che abbia il diritto a pronunciarsi sul futuro del territorio dove i contadini hanno sempre vissuto. L’autonomia così temuta dallo stato colombiano finora è rimasta solo sulla carta, poiché i vari governi che si sono succeduti alla guida del paese non si sono mai occupati di garantire condizioni di lavoro, di istruzione, di salute e di alimentazione degne. Le Zrc chiedono la sovranità alimentare ed  esigono che la terra appartenga a chi la lavora. Dal governo è arrivata sempre la stessa risposta: le Zrc sono dei casi eccezionali, ma l’intero paese non può trasformarsi in Zonas de Reservas Campesinas.  Sono gli stessi componenti delle Zrc a sostenere che le Zonas servono al consolidamento economico, politico e sociale del campesinado sul territorio, ma non rappresentano quella riforma agraria integrale alla quale i contadini aspirano, quanto piuttosto un primo passo sulla strada della pace. Di fronte al timore derivante dalla spoliazione delle risorse naturali, unita alla stesura di mappe miniero-energetiche, alla crescita del latifondo e alla cessione di enormi appezzamenti di terreno concessi alle multinazionali, le Zrc si battono per un’autentica riforma agraria che consentirebbe al campesinado di uscire dalla povertà e di guadagnare, al tempo stesso, quei diritti civili e politici che finora sono stati loro negati. In un messaggio inviato alle Zrc all’apertura dell’incontro di San Vicente del Caguán, le Farc hanno confermato che, durante l’accidentato percorso verso la pace, manterranno la questione agraria al primo posto, sostenendo la richiesta delle comunità contadine per uno sviluppo sostenibile e la sovranità alimentare. Ai colloqui de L’Avana le Farc hanno chiesto quasi dieci milioni di ettari di terra per le 59 Zonas de Reservas Campesinas ancora in attesa di essere legalizzate. Il rifiuto dello stato di creare Zrc in tutto il paese è puramente ideologico.La Colombia possiede almeno 35 milioni di ettari di terra destinati al bestiame: se il governo lo volesse avrebbe già dato impulso alle Zrc.  Del resto la lotta per la terra rappresenta l’origine del conflitto sociale colombiano: a buon diritto César Jeréz,  esponente di primo piano dell’Asociación Nacional de Zonas de Reserva Campesina (Anzorc), sostiene che la guerra del decennio 1940-1950 tra liberali e conservatori  rappresentava già una disputa per la terra: piccoli proprietari da una parte, grandi latifondisti dall’altra. Dalla presa del potere di Rojas Pinilla, che instaurò una dittatura militare tra il 1953 e il 1957 ed eliminò i guerriglieri liberali, si crearono le premesse da cui nacquero le Farc nel 1964 sotto la guida di Manuel Marulanda, familiarmente conosciuto come Tirofijo, scomparso poco più di tre anni fa. Da allora la questione agraria non è mai stata affrontata seriamente, nonostante sia rimasta la bandiera del movimento contadino colombiano, che però rischia di essere additato dal governo come eventuale responsabile del fallimento dei colloqui di pace. Lo stato non vuol concedere le Zrc ai contadini perché “significherebbe consegnarle alle Farc”, spiegano i rappresentanti dell’Anzorc. Ne deriva una situazione di stallo difficile da sbloccare, dal momento che i campesinos sono considerati come il principale gruppo oppositore alle politiche governative e, di conseguenza, molto sensibili alle parole d’ordine delle Farc.

Le Zrc rappresentano il più forte baluardo alla concentrazione della terra nelle mani di pochi: dalla partita politica che si gioca a L’Avana potrebbe nascere una nuova Colombia, ma, in caso contrario, le grandi elites fondiarie riuscirebbero a prendere definitivamente il sopravvento.

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