Colombia: una parte delle Farc riprende le armi

Lo ha annunciato Iván Márquez in un video del  29 agosto: è la risposta al “duqueuribismo” che prosegue con gli omicidi mirati contro i movimenti sociali.

di David Lifodi (*)

con un articolo di Aldo Zanchetta

Un  video di 32 minuti, lo scorso 29 agosto, ha ufficializzato il ritorno delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) alla lotta armata. “Annunciamo al mondo che è iniziata la seconda Marquetalia”, ha dichiarato Luciano Marín – più noto con il nome di battaglia di Iván Márquez – uno dei comandanti storici della guerriglia, richiamando il luogo dove le stesse Farc erano nate più di mezzo secolo fa. “Mai siamo stati vinti, né sconfitti ideologicamente. Siamo stati obbligati a riprendere le armi”, ha proseguito Márquez, denunciando una volta di più il tradimento degli accordi pace del novembre 2016, ai quali non ha mai realmente creduto nemmeno l’ex presidente Juan Manuel Santos (interessato soltanto a conseguire un affrettato e immeritato Nobel) e che poi sono stati definitivamente seppelliti dal cosiddetto duqueuribismo.

Il ritorno delle Farc – o di una parte di esse – alla guerra, come sottolineano in molti, non poteva che essere la logica conseguenza del terrorismo di stato condotto in maniera mirata contro i leader dei movimenti sociali, gli stessi guerriglieri che avevano partecipato alla smobilitazione a seguito del trattato de L’Avana, gli attivisti per i diritti umani, le comunità indigene, studenti, sindacalisti ecc… . Il paramilitarismo non è mai stato completamente debellato e da alcuni anni è tornato a fare la voce grossa, lo Stato ha negato qualsiasi minima protezione sia ai guerriglieri che avevano deposto le armi sia ai familiari delle vittime dei paras… fino al totale naufragio di un debole processo di pace al quale Farc e istituzioni politiche avevano lavorato per almeno 5 anni.

Duque, con il beneplacito dell’ex presidente Uribe, si sono volutamente boicottati gli accordi di pace, rifiutando di rafforzare la protezione per quei circa 12.000 ex combattenti delle Farc e accentuando una crisi umanitaria causata dallo sfollamento di numerose comunità. In un solo anno di presidenza, Duque, come promesso, ha fatto a pezzi gli accordi di pace, fingendo di applicarli, ma promuovendo in realtà il dialogo con il paramilitarismo, militarizzando il territorio e cercando di subordinare autorità civili e organizzazioni sociali al potere militare, a partire dall’attivazione delle Fuerzas de Tarea Conjunta e dall’istituzione delle Fuerzas Unificadas de Despliegue Rápido.

Paradossalmente, le zone maggiormente militarizzate sono quelle dove prosperano economie illegali e gli stessi paras, ma agli occhi dell’opinione pubblica viene fatto credere che si tratta dell’applicazione della cosiddetta “politica di sicurezza democratica”, imponendo inoltre una sola versione del conflitto armato colombiano, secondo la quale sono state esclusivamente le Farc a violare i diritti umani. In realtà, sotto la presidenza Duque sono stati uccisi 226 leader sociali e 55 ex guerriglieri delle Farc che avevano accettato di partecipare al progetto di smobilitazione, per non parlare dei familiari degli oppositori politici uccisi. L’attuale contesto politico-sociale colombiano sembra ricordare i primi anni Ottanta: anche allora la pace sembrava ad un passo, ma poi furono sterminate migliaia di militanti di Unión Patriótica, il partito che avrebbe dovuto fare politica in maniera legale nato per rappresentare le istanze della guerriglia in Parlamento. Per non parlare – tornando all’oggi – degli omicidi mirati contro i leader delle comunità indigene.

Per questi motivi, dalla zona del fiume Inírida (al confine con le frontiere di Brasile e Venezuela) una parte delle Farc è tornata a dichiarare guerra allo Stato colombiano, promettendo inoltre di stringere un’alleanza con l’Ejército de Liberación Nacional, l’altra guerriglia del Paese che aveva provato anch’essa a dare avvio a dei negoziati di pace. Nel video Mientras haya voluta de lucha habrá esperanza de vencer, Iván Márquez attacca pesantemente anche Santos, accusandolo di essersi adoperato per far deporre le armi alle Farc senza però possedere alcuna garanzia di pace, come dimostra il dilagare del neoparamilitarismo delle Águilas Negras, legate a Uribe. Insieme a  Márquez compaiono nel video altri comandanti delle Farc che da tempo avevano capito come ormai il processo di pace fosse stato tradito, poiché ravvisavano la mancanza di garanzie fisiche e giuridiche.

Eppure dalla Colombia all’Europa sono molte le organizzazioni della società civile che insistono affinché si riaprano i negoziati di pace, nonostante la scarsa affidabilità dell’attuale presidente Duque, anche se la guerra e la violenza politica rischiano di avere una volta di più conseguenze tragiche per il Paese.

(*) Fonte: Peacelink – 5 settembre 2019

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COLOMBIA  IL MASSACRO DEGLI OPPOSITORI

di Aldo Zanchetta

La Colombia, come lo Yemen, Haiti, la Repubblica Sarawi sono alcuni degli esempi lampanti di casi di notizie occultate sui media su quanto accade in certi paesi.

La Colombia forse anche più degli altri, per i quali qualche rara notizia filtra, naturalmente addomesticata. La Colombia confina con il Venezuela, paese sul quale le notizie, selezionate secondo una certa logica, certo non scarseggiano, anche se con ciclo alternato di titoli in prima pagina e di silenzi.

Perché questo silenzio? Forse perché la Colombia è schierata con l’Occidente (l’anno passato è diventata un paese “associato” alla Nato)? Forse perché sul suo territorio sono presenti 6 grandi basi militari statunitensi, segno dei buoni rapporti esistenti fra i due paesi?

Eppure in Colombia è in corso un massacro delle opposizioni sociali di proporzioni sconcertanti.

Il paese è stato teatro per oltre 50 anni di una guerra spietata fra il governo e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (F.A.R.C.). Sempre dal 1964 è presente anche una seconda formazione guerrigliera, l’ Esercito di Liberazione Nazionale (E.L.N.). Più recentemente è nata una terza forza guerrigliera non ben definita e di minor forza.

Fra governo colombiano e FARC nel 2016, con la mediazione di Cuba, è stato siglato un complesso accordo di pace sul quale non ci dilunghiamo perché analizzato in precedenti mininotiziari: n.7/2017, n.4 e n.5 / 2018 e n.4 e n.5 / 2019. Il governo Santos, in carica al momento dell’accordo, e il successivo governo Duque sono stati molto tiepidi nell’attuare gli accordi, mentre i componenti delle FARC per i quali esistevano le condizioni per ottenere l’amnistia, si costituivano in partito politico. Come già in una precedente occasione di accordo con le FARC e altre formazioni guerrigliere, all’accordo è seguita una serie di esecuzioni mirate dei leader di queste.

Così è accaduto anche in questa occasione, e parallelamente è proseguito lo stillicidio di uccisioni di leader indigeni o contadini nonché di sindacalisti, in numero impressionante, come documentato nei precedenti mininotiziari.

Riportiamo qui le sole cifre relative al primo semestre dell’anno in corso:

ex-guerriglieri ora militanti nel partito politico FARC: 140 (oltre a vari familiari)

leader sociali: 109

Il tragico bilancio degli ultimi 42 anni vede oltre 80mila desaparecidos.

Di fronte a queste cifre e all’inerzia del governo nei giorni scorsi alcuni leader ex-guerriglieri fra questi il precedente numero due Iván Márquez, l’ex leader guerrigliero Hernán Darío Velásquez, El Paisa, e l’ex portavoce Jesús Santrich hanno dichiarato di riprendere le armi. Il partito FARC, con il suo leader, l’ex guerrigliero Timoshenko, li ha sconfessati e ha chiesto scusa al popolo colombiano per questo tradimento.

La ripresa della guerriglia (in realtà prosegue quella dell’ELN, le cui trattative di pace col governo sono fallite per irrigidimento di quest’ultimo, ed alla quale Santrich ha invitato ad unirsi) è un tragico passo indietro nella storia del paese, anche se non ne mancano i motivi per comprendere ma non giustificare la decisione.

Nel paese inoltre il 25 di ottobre avranno luogo le elezioni amministrative e a pochissimi giorni dalla pubblicizzazione delle liste dei candidati, già ben sei sono stati uccisi.

(**) Fonte: “Mininotiziario America latina dal basso” di Aldo Zanchetta – n.7/2019 del 4 settembre

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La redazione della Bottega segnala anche: Colombia. FARC, la rosa e il fucile, di Geraldina Colotti

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

3 commenti

  • Aggiungo altre stime di Indepaz sui morti ammazzati.
    Dalla firma degli “accordi di pace” del novembre 2016 a giugno 2019 sono stati assassinati 138 ex combattenti usciti dalla clandestinità. 734 le vittime fra gli attivisti sociali, molti nei territori dove il ritiro delle Farc – previsto dagli accordi di pace – ha coinciso con l’occupazione da parte dei paramilitari.
    Continua la pratica dei “falsi positivi”, uccisioni di militanti o persone comuni da parte dell’esercito cammuffate da scontri a fuoco con criminali, tramite vere e proprie messe in scena.
    Quella che segue è la cronaca di un recentissimo assassinio di un indigeno nella Valle del Cauca:
    https://puntodevista.org/post/187534977388/no-disparen-estamos-desarmados-el-asesinato-de?fbclid=IwAR34-oWDRoecssaboC-n2lBvPpnd-hhdifZaXA8iEog-ssRLLdD8HYThzII

  • Aggiungo questo articolo, https://www.las2orillas.co/que-lucha-armada-ni-que-ocho-cuartos/, che riflette bene la complessa realtà colombiana, soprattutto a seguito della scelta di una parte delle Farc di riprendere le armi.
    Oltre al partito Farc, che non ha condiviso la decisione di Iván Márquez e altri di riprendere le armi, come sottolineato dall’ex guerrigliero Timoshenko, nell’articolo sopracitato un ex guerrigliero sottolinea che il paese vuole la pace e il tempo della lotta armi in pugno è finito, pur in un contesto in cui i paras continuano ad agire indisturbati.

  • Sempre a proposito della scelta di una parte delle Farc di riprendere la guerriglia, segnaliamo il comunicato della comunità di pace di San José de Apartadó

    “Guerra e injusticia se abrazan en reciclamiento sin fin

    Nuestra Comunidad de Paz de San José de Apartadó acude nuevamente ante el país y el mundo para dejar constancia de los últimos hechos que la afectan profundamente.
    El manifiesto de retorno a la guerra de un grupo de ex combatientes de las FARC-EP que se habían identificado con el llamado “Acuerdo de Paz” firmado en La Habana, Cartagena y Bogotá a finales de 2016, constituye un anuncio de recrudecimiento del conflicto armado en nuestro territorio. Desde la desmovilización de varios frentes de las FARC-EP que operaban en nuestra región, el territorio fue cayendo totalmente bajo control de los grupos paramilitares que han gozado desde hace varias décadas del apoyo de la fuerza pública y demás instituciones del Estado, así lo nieguen persistentemente queriendo tapar el sol con las manos. Ahora se nos anuncia una nueva presencia de la insurgencia armada que seguramente traerá nuevos ríos de sangre a nuestras veredas, pues seguramente tratarán de atacar militarmente al paramilitarismo enseñoreado de la región y a las empresas transnacionales que destruyen el medio ambiente y roban los recursos naturales.
    Ante el retorno de la guerra nuestra Comunidad reafirma su marginación total del uso de lasarmas y de cualquier colaboración directa o indirecta con actores armados. Estamos convencidos de que las armas no solucionan los conflictos sino que los incentivan mucho más y destruyen progresivamente las bases de construcción de democracia, de convivencia y de vida elementalmente humana.
    Ante los hechos y los discursos que insisten en relegitimar la guerra nos preguntamos a quién le asiste la razón. Lo medios masivos de información señalan como único culpable al grupo de ex combatientes de las FARC-EP que se han retirado del proceso de incorporación al Statu quo. Por su parte, el Gobierno califica con los peores términos a dichos ex combatientes y se niega a escuchar y a tener en cuenta las razones de su disidencia, descargando contra ellos una furia bélica irracional que pasa por encima de numerosos principios de derecho internacional.
    Nos asiste la convicción de que nada de esto contribuye a construir paz. Creemos que el Acuerdo de Paz que se firmó en 2016 no tocó realmente las raíces de la violencia centenaria que padecemos, ni en el aspecto de mecanismos de concentración de la propiedad de la tierra, ni el en aspecto de ausencia de democracia, ni en el aspecto de acceso a una mínima satisfacción de las necesidades de la población, ni en el aspecto dela corrupción invasiva de los poderes, ni en el aspecto de la carencia de justicia, ni en el aspecto de la podredumbre moral del aparato judicial y administrativo del Estado. A quienes entregaron las armas se les forzó a ceñirse a unas instituciones degeneradas y a un gobierno liderado por el peor de los caudillos que haya estado en el control del Estado en las últimas décadas arrasando todos sus principios éticos y jurídicos. Por añadidura el Gobierno desconoció hasta los más sencillos compromisos sustentados en el “Acuerdo de Paz” y ha tolerado con total pasividad cómplice una masacre permanente de excombatientes y un baño de sangre sin tregua de líderes y lideresas sociales por parte de grupos que no disimulan, explícita o implícitamente, su aplauso a modelo de gobierno imperante.
    Lamentamos profundamente que el llamado “Acuerdo de Paz” no haya servido para desmontar prácticas que atormentan desde hace muchas décadas a las mayorías de base de nuestra nación: el paramilitarismo; la corrupción; el anticomunismo que ha producido millones de víctimas de sangre; el clientelismo y la dependencia,tanto militar como económica, de potencias extranjeras opresoras.
    La respuesta del gobierno a las insurgencias antiguas y recicladas lo único que produce son muertes, sangre, sufrimientos y destrucción. Tiene una incapacidad radical para reconocer sus errores y sus crímenes y una voluntad morbosa de hundirse cada vez más en el pantano de su injusticia y de su pasión por los derramamientos de sangre. Ahora quiere hundirnos en una nueva guerra que sólo lleva al caos, a la catástrofe, a la reactivación sin fin de los odios y a la desesperación.
    Además de expresar nuestro rechazo rotundo a la nueva incentivación de la guerra, dejamos constancia ante el país y el mundo de nuevos hechos que afectan a nuestra zona:
    El viernes 23 de agosto de 2019, hacia las 9:00 horas, se escucharon fuertes disparos de armas largas y explosiones de bombas en el sitio conocido como El Barro de la vereda Mulatos Medios de San José de Apartadó. Allí se había comprobado una fuerte presencia de paramilitares camuflados y con armas largas. A poca distancia se encontraba un grupo de militares. Todo muestra que el tiroteo, que pudo ser entre unos y otros, no tuvo ninguna consecuencia ni estuvo acompañado de ninguna persecución, lo que algunos interpretaron como un signo de saludo mutuo o un juego de simulación.
    El lunes 2 de septiembre de 2019, nuestra Comunidad de Paz destacó una comisión de solidaridad para acompañar a la familia del joven Weber Andrés Arias, asesinado el 18 de agosto, la cual tuvo que desplazarse y sacar sus pertenencias de la vereda La Cristalina, a causa de persistentes amenazas de los paramilitares. En el recorrido para sacar las pertenencias de dicha familia, fue posible comprobar la persistente presencia en la zona de paramilitares como el conocido como “Alfredo”.Es de recordar que a Weber Andrés lo asesinaron los paramilitares luego de advertirle en repetidas ocasiones que tenía que someterse a sus órdenes, a lo cual él se negó rotundamente, por lo cual finalmente acabaron con su vida. Luego se ensañaron en amenazas contra su familia por haber denunciado los hechos. Ya la denuncia se ha convertido en un “delito”, pues la misma Brigada XVII del Ejército ya no soporta que nuestra Comunidad se comunique con la sociedad civil para contarle lo que está sufriendo y por ello a través de una Acción de Tutela, aceptada absurdamente por la Juez Segunda Promiscua de Apartadó, obligaron a nuestra Comunidad a retirar de la red las constancias y a autoamordazarse, lo que nuestra Comunidad se ha negado a acatar.
    El miércoles 4 de septiembre de 2019, un Fiscal de Apartadó, acompañado de fuerza pública y al parecer hasta de la Cruz Roja Internacional, convocó en las instalaciones del Colegio Bartolomé Cataño del corregimiento de San José de Apartadó, a varias juntas comunales y pobladores del corregimiento a una reunión. Hizo una consulta pública sobre la ejecución del joven WEBER ANDRÉS ARIAS GARZÓN, a la cual nos referimos en nuestra última constancia pública, perpetrada el 18 de agosto de 2019 entre las veredas La Cristalina y la Linda de San José de Apartadó. Varios de los participantes negaron la presencia de elementos paramilitares en la zona y atribuyeron a “desconocidos” el crimen de Weber Andrés. Negaron particularmente cualquier presencia de paramilitares en La Cristalina y se refirieron a la madre de la víctima y a nuestra Comunidad de Paz como culpables “por boconas”, de que el hecho se hubiera denunciado y conocido. Policías y militares se dedicaron a recoger firmas de todos los presentes y nos preguntamos cuál será el destino de esas firmas.
    Si este procedimiento de fiscalía constituye una investigación del crimen, cualquiera percibe que es absolutamente irregular, pues da la impresión de que quiere hacer descansar en una supuesta opinión pública a todas luces manipulada e intimidada, de una población amordazada o hundida en la complicidad con el paramilitarismo, un veredicto que exonera al paramilitarismo de su responsabilidad en el crimen, afirmando su “inexistencia”. En dicha reunión era evidente la presencia de numerosos paramilitares y a nuestra Comunidad le preocupa profundamente que algunas juntas de acción comunal le cubran las espaldas a dichos paramilitares, en cuya organización se está coordinando la ejecución de miembros de nuestra Comunidad de Paz y de campesinos de nuestro entorno. No sabemos si esta es la antesala del archivo de un proceso que apenas se inicia, pero lo cierto es que está siguiendo el mismo camino de numerosos procesos que en el sistema judicial no son investigados como se debe y cuya impunidad se ampara en una estrategia mediática llena de mordazas, manipulaciones e intimidaciones.Esto nos recuerda los procedimientos que han sido rutinarios en la llamada “justicia” militar, donde se le pregunta al victimario si fue el culpable del crimen y ante la lógica negativa de éste, queda absuelto inmediatamente y el proceso archivado o precluído.
    El viernes 6 de septiembre de 2019 en horas del día llegaron informaciones a nuestra Comunidad sobre nuevas amenazas a miembros del Consejo Interno de la Comunidad, entre ellos a nuestro Representante Legal, GERMÁN GRACIANO POSSO, amenazas que se fundan en el malestar creado entre los paramilitares y militares por las constancias que nuestra Comunidad deja ante el país y el mundo sobre los hechos que nos afectan. Esto preocupa profundamente a nuestra Comunidad y hacemos responsable al Gobierno Nacional de cualquier hecho grave que pueda suceder a los miembros de nuestra Comunidad. Los diversos gobiernos se han negado a controlar a sus subalternos de la fuerza pública en la zona, prueba de esto fue el plan que denunciamos el 22 de diciembre de 2017, plan criminal que, a pesar de haber sido denunciado con anterioridad, fue ejecutado el 29 de diciembre del mismo año.

    En medio de anuncios preocupantes de un reciclamiento de la guerra, los actores armados que siempre han permanecido en nuestra zona, nos acosan más y más, siempre anunciando nuestro exterminio y sin que ninguna institución se ocupe de nuestra protección. Todos nuestros clamores ante los jefes de Estado, incluyendo el que elevamos ante el actual Presidente Duque al cumplirse un año de su gobierno, la única respuesta que reciben es el silencio absoluto, SILENCIO DE COMPLICIDAD.
    Nuevamente agradecemos a todas las personas y comunidades que en el país y en el mundo sostienen nuestra resistencia con un respaldo moral y cuya presencia espiritual sentimos siempre reforzada en los momentos duros que vivimos.

    Comunidad de Paz de San José de Apartadó
    Septiembre 9 de 2019”

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