«Colpo di mare» a Carloforte
Un eccellente romanzo di Christiana de Caldas Brito… nuotando fra onde, quadri e misteri dell’amore
di Daniele Barbieri (*)
«Chi racconta una storia non deve cercare coerenza nei suoi personaggi. La verità di una persona è più nelle sue contraddizioni che nella logica». Con saggezza mista a follia Christiana de Caldas Brito regala un intrigo (Effigi editore: 128 pagine per 13 euri) dove dominano tre donne ma co-protagonista è Carloforte. «Colpo di mare» va letto come un’insolazione: fra molte possibili verità, la magia del Boto («nè pesce né uomo»), una zucca arancione e strade che si intrecciano, biforcano, confondono tra Roma, la Sardegna (o dovremmo considerare Carloforte “terra genovese” come alcuni pretendono?) e il Brasile.
Elisa viene chiamata a scrivere la biografia dell’inquieta pittrice Flora. Ma lei già sa che i racconti orali e quelli su carta non sono quasi parenti. Flora è cresciuta con la fida Bozena (più angelo custode che cameriera), con il padre amatissimo, con una sorella ostile e con la madre durissima che le rivolge solo «parole-tuoni» e «parole-scarpe già strette prima di essere usate. Il suo mondo è come il quadro di Salvador Dalì «La giraffa infuocata» dove nel corpo di una donna si celano molti cassetti, pieni di segreti. O forse come il quadro del Carpaccio «La stanza di sant’Agostino» dove bisogna cercare negli angoli e ascoltare ciò che non si dice. Man mano che Elisa scrive la biografia corre il più classico dei rischi: diventare lei stessa un personaggio… Bisognerà cercare un antidoto pur sapendo che «la vita di ognuno è un filo che forma nodi con altri fili».
Si pensa al «presente mobile e fugace» contrapposto al passato «cristallizzato e rigido». Ma anche il passato di Flora e degli altri personaggi «è soggetto a mutamenti». Il nodo da sciogliere è certamente a Carloforte: se la testa non vuole capire forse il corpo svelerà il segreto.
Per Flora la statua di Carlo Emanuele III (con il suo braccio misteriosamente perduto) è «il cuore di Carloforte», quasi come la chiesa di Santa Maria degli schiavi. Ma il segreto di Flora – che non sa nuotare o forse ne ha perso memoria – è nel mare. In un improvviso capovolgimento di prospettiva, ecco la sua verità: «fatta di contatti, odori, corpi che si toccano, confessioni che non vengono fatte, rumori ascoltati dentro, suoni che vibrano, ricordi impiantati sulle dita finchè non raggiungeranno la coscienza»; ma è una verità, altre verranno.
Gran libro, si vorrebbe non finisse. Peccato che la brasiliana (ma in Italia ormai dal 1990) Christiana de Caldas Brito scriva poco: i suoi due romanzi e i molti racconti sono una gran gioia.
(*) questa mia recensione è uscita – al solito: parola più, parola meno – l’11 agosto sul quotidiano “L’unione sarda”.
Penso che lo leggerò, prima di tutto perchè ho imparato ad amare la Sardegna maria teresa