Come affrontare la svolta a destra

di Mauro Antonio Miglieruolo
Due cose. Urgenti.
Per capire quel che sta succedendo e iniziare a prepararsi a quel che sarà (impresa non facile)


1) bisogna non cadere nella trappola dello strumentale e alquanto disinvolto paragone tra il breve esperimento di governo DC-PCI del primo dopoguerra (paragone per coprire con una figlia di fico la vergogna di un compromesso a bassissimo livello, quale mai si era visto nella pur disonorevole storia politica italiana);
2) e invece riflettere sull’infida perorazione di fare presto (le condizioni del paese lo avrebbe richiesto) con la quale si è tentato di rintuzzare ogni obiezione sullo scandaloso indirizzo che Napolitano è riuscito a dare alle vicende postelettorali.
Vediamole.
La prima:
Prime Minister Designate Enrico Letta Presents New Italian GovernmentNel 1946 le premesse per l’alleanza DC-PCI, alleanza che comunque non sarebbe durata, era fondata su una collaborazione preesistente: la lotta contro il nazifascismo che, nonostante le differenze strategiche, aveva visto le due forze operare in concorso tra loro. Il nemico che insieme avevano combattuto non entrava in quel governo, che nasceva in continuità – anzi, ne era l’effetto – con la appena conclusa guerra civile.
Gli eredi delle due forze che allora si allearono contro il comune nemico si trovano oggi non solo unite in un’unica (innaturale) formazione politica, il PD, ma si alleano proprio con colui che nel corso degli ultimi venti anni avevano combattuto con toni accesi, anche se in verità con scarse iniziative concrete, parlamentari e non parlamentari. Con la nascita del governo Letta il ventennio di resistenza a Berlusconi si conclude dunque non con la sconfitta, ma con il trionfo di quest’ultimo che si trova addirittura a essere arbitro della situazione.
In favore di questo strano e direi anche straordinario esito, molto hanno pesato l’insipienza politica e le divisioni interne dei pidiessini; ancor di più credo la vicinanza della cultura politica dei dirigenti i due schieramenti (PD-PDL). Vicinanza che invece non riguarda la sensibilità politica di militanti ed elettori. Elemento di contraddizione che conta molto più delle stesse differenze nei programmi elettorali; e che è probabile che emerga a breve e renderà difficile la navigazione del nuovo governo.
Tra queste discordanze la più importante è il diverso atteggiamento rispetto a uno dei principi costitutivi delle democrazie borghesi: l’uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge. Ora la destra berlusconiana non si contenta della disuguaglianza sostanziale esistente (affrontare un processo per Berlusconi non è certo lo stesso che per un comune cittadino); e intende garantire a alcuni (cominciando da Berlusconi) una sorta di scudo permanente contro le inchieste della Magistratura; impunità che nello stadio attuale si sostanzia nella pretesa di non rispondere, come ogni comune cittadino, alle accuse che gli vengono mosse.
Su questo punto la cultura dei militanti e degli elettori del PD si oppone radicalmente alla tendenza ai cedimenti da parte dei vertici. Ed essendo prevedibile che il factotum di Arcore continuerà con le sue intemperanze, che anzi accentuerà proprio per mettere in difficoltà il PD, si verificheranno forti contrasti tra elettori e PD, con conseguenti convulsioni istituzionali e i conseguenti riflessi sulla tenuta del governo.
La seconda.

Questa proprio non la meritavamo. E non è neanche una delle peggiori! Diciamo pure che ci è andata bene!

Questa proprio non la meritavamo. E non è anche una delle peggiori!
Diciamo pure che ci è andata bene!

Noi abbiamo bisogno di un governo, certo. Ma non di un governo qualunque. Proprio perché il paese si trova in gravissima condizione, le sofferenze dei lavoratori, dei pensionati e delle loro famiglie grandissime, la soluzione non era, come il subdolo Renzi ha continuato a ripetere per settimane, nella fretta. Stava al contrario nel cauto procedere per raggiungere un accordo con 5stelle, accordo che per altro iniziava a profilarsi all’orizzonte. La fretta di Renzi e di altri è probabile allora servisse proprio a scongiurare questo pericolo, esiziale per una destra che ormai vede la propria sopravvivenza esclusivamente nella sopravvivenza di Berlusconi (che l’alleanza con il Movimento Cinque Stelle avrebbe probabilmente compromesso). È come se tutto l’arco politico moderato, guidato e spinto da Napolitano, si fosse messo sotto l’ala protettrice di quest’ultimo. Berlusconi, uomo non intelligente ma furbo come il diavolo, ha intuito e risposto positivamente. D’altronde, una volta che gli sia stato garantita la sua illecita eleggibilità, la conservazione delle leggi ad personam, l’ennesimo rinvio per una legge sul conflitto di interesse, è disposto a tutto. Anche a mettersi a dirigere l’orchestra stonata dei “comunisti”.
Il che ci porta al secondo motivo di scontro che è probabile emerga in contemporanea o subito dopo quello sulla giustizia. Berlusconi, proprio per questa sua propensione alla difesa a oltranza dei propri interessi particolari, sui quali non transige, è il principale responsabile delle strettoie in cui si trova attualmente l’Italia. Non mi sembra saggio allora accettare, per nessuna ragione, affidare alle sue mani la regia del governo. Sia perché non ha specifiche capacità di condurla, sia perché è distratto da tutt’altri interessi. Il problema è che questi interessi si saldano con quelli di sopravvivenza di gran parte del ceto dirigente del PD; i quali, e ritengo se ne rendano conto, anche se non osano confessarselo, attraverso la ciambella di salvataggio ricevuta (ma è una ciambella di salvataggio bucata) sperano di riuscire a portarsi in salvo.
Sono prevedibili dunque prossime grandi turbolenze, dalle quale, visto l’esordio, ho qualche dubbio che i 5stelle sapranno come destreggiarsi. Non per mancanza di intelligenza politica (non sono in grado di valutare se ne abbiano o meno); ma a causa dell’inesperienza, della scarsa loro omogeneità e per l’assenza di una direzione in grado di assumere in tempi brevi le necessarie iniziative.
Che fare, dunque? Allo stato attuale, in attesa si chiarisca la situazione, una sola cosa mi sento di dire. Lo stesso che ho detto all’inizio. Porre attenzione e prepararsi a quel che sarà.
Ed è possibile che sia molto duro, sia aspettare, sia pazientare. I fatti di domenica mattina, con il ferimento dei due carabinieri da parte di un disoccupato forse un po’ fuori di testa, costituiscono una bruttissima premessa.
La situazione è apertissima. Ci troviamo in una situazione che ha dell’assurdo. A coloro che hanno sfasciato l’Italia viene affidato l’incarico di rimetterla insieme. Come se al capezzale di un uomo aggredito dai suoi nemici non venissero chiamati buoni medici (e nemmeno cattivi medici) per curarlo, ma direttamente i suoi aggressori. L’Italia aggredita dai corrotti e corruttori, svenata dalle tasse sistematicamente innalzate per compensare le omissioni degli evasori, afflitta da ogni genere di sprechi, viene affidata a chi ha favorito condoni fiscali e edilizi, chi è sospettato di collusione con la mafia, chi vive al di sopra – loro sì – delle nostre possibilità di mantenerli.
Una vera e propria follia coperta da artifici dialettici dagli azzeccagarbugli di regime.
Sembra fatto apposta per far saltare i nervi a più d’uno e produrre reazioni sconsiderate.
Ecco il perché dall’attenzione e della pazienza. Molta pazienza. E anche molta fermezza nell’opporre agli inciuciatori di professione più o meno sempre le stesse domande:
Conta o non conta la volontà del popolo?
Conta o meno che gli elettori del PD abbiano votato contro il Berlusconismo e non per permettere al PD di fare da sponda al Berlusconismo?
Non perché interessino le loro risposte, ma per poter rispondere noi a beneficio delle persone eventualmente in ascolto. A beneficio dei lettori di questo blog. Rispondere per affermare che per noi la volontà del popolo conta. Che su questo non possono esserci mediazioni, né emergenze che tengano, gli impegni presi in campagna elettorale si devono rispettare. Che gli eletti, ho sentito teorizzare il contrario, devono appunto rispettare il mandato ricevuto e, sì, andar dietro ai loro elettori. Che non è possibile che della volontà delle masse continuino a fare lo stesso di Bossi quando si tratta della bandiera italiana.
Cioè pulirsi il didietro.

Redazione
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  • Insisto per ora a commentare, più che altro perché sono maledettamente stufo della demagogia e delle posizioni massimaliste.

    Con tutta la mia ingenua ignoranza, faccio presente che una delle pochissime attività in cui si può fare a meno dei compromessi è forse la stesura di un testo, per un libro, un articolo, scegli tu.

    Qualunque attività pratica, e quindi anche qualunque progetto risolutivo pratico, richiede compromessi. Questo mi sembra ovvio, e mi sembra dovrebbe essere chiaro a chiunque non sia un infante o un demagogo. Quindi non mi dilungo.

    Questo continuo richiamarsi al “senza se e senza ma”, alla “volontà delle masse”, al “popolo”, mi sembra, oltre che fascista, incredibilmente stupido e controproducente.

    Con meno rabbia e più comprensione, direi che in molte e molti siamo disorientati e molto arrabbiati. La rabbia la comprendo e la condivido. La demagogia, ne farei a meno.

    Chi ha voglia, potrebbe elencare qualcosa, progetti ad esempio, realizzati nella propria vita senza alcun compromesso, realizzati in modo integrale all’insegna del “senza se e senza ma” ? Qualcuno ha voglia ? Inizio io ? Nella mia vita: nessuno.

    • Mi scuso con te: il tuo commento, in larga parte condivisibile, mi era sfuggito e quindi non ho potuto fornire risposta agli interrogativi che poni.
      Il compromesso. Certo, noi riempiamo la vita di compromessi. Che a volte sono utili e altre un po’ meno. La politica in particolare può anche essere descritta come l’arte del compromesso.
      Ma attenzione. Attenzione a assolutizzare positivamente il ricorso al compromesso. Che spesso è opportuno e mai necessario. Ci sono sempre alternative (la politica è anche questo: la capacità di costruiire alternative positive per la propria parte). Esistono poi compromessi al “ribasso” (inciuci) e compromessi che permettono alla propria linea politica di fare passi in avanti. E’ questo il caso del governo Letta? Non ho dubbi in proposito. La risposta è no, politicamente, culturalmente e ideologicamente. L’iniziativa del PD è servita solo a aumentare il disprezzo per la politica, la demoralizzazione delle masse e un qualunquismo fin troppo imperante. E’ facile parlare di populismo a proposito delle obiezioni alle proprie iniziative, un minimo di pensiero politico dovrebbe però porre in allarme quando queste iniziative producono proprio quel “populismo” che si sostiene di voler combattere. Tutto questo detto per non restare nei discorsi astratti, nelle petizioni di principio (l’esistenza dei compromessi) ma per iniziare a guardare nel concreto delle situazioni concrete e guardare dentro i compromessi; per verificare se c’è qualcosa degno di considerazione o sono solo un modo per coprire un vuoto totale di contenuti ADEGUATI ALLA DEFINIZIONE DI SE STESSI CHE CI SI E’ DATI.
      Attenzione ancora: sui principi non si possono fare compromessi, pena lo snaturamento della propria identità. Né mai l’obiettivo tattico può essere perseguito a detrimento di quello strategico.b Il compromesso quando è attuato deve almeno contenere in sé queste due necessità: essere comprensibile alle masse; non rappresentare una inversione di rotta radicale rispetto al detto del giorno prima (molti hanno dimenticato, non io, la conversione a U di Stalin che si accorda con il maggior nemico – il nazismo – sulla spartizione della Polonia. E’ proprio con un continuo di compromessi a questo livello che in alcuni decenni il patrimonio di fiducia conquistato dai comunisti russi si è valatilizzato e ha aperto al strada al successo delle socialdemocrazie in tutta Europa).
      Per quanto attiene alla definizione che dai dell’appello alla “volontà delle masse” (che definisci fascista) non potrei essere più in disaccordo. E’ un discrso questo che sento spesso fare dai politici, che rivendicano una autonomia totale dalla “volontà delle masse” e dagli stessi programmi elettorali.
      Non mi ritengo un moralista, spero di non esserlo. Capisco che può capitare di andare contro la volontà di chi ci ha eletto. Vi possono essere situazioni tali da renderlo inevitabile. Il giorno dopo aver tradito le promesse però è d’obbligo dare le dismisisoni. Nel 1980, se non ricordo male, dopo l’infame accordo con la Fiat (conseguenza della tanto osannata marcia dei quarantamila, considerata molto più importante dei milioni di persone che avevano espresso consenso alla lotta degli operai), Trentin, firmatario suo malgrado dell’accordo, credo abbia fatto qualcosa del genere.
      Questo io non lo chiamo “populismo”, lo chiamo correttezza politica, assunzione di responsabilità, avere un buon rapporto con chi rappresenti. Capisco che non posso chiedere a tutti una coerenza quale quella di un Trentin, ma esigere che la violazione dei programmi e dell’asse portante della propria identità politica possa avvenire UNA TANTUM, questo sì. Accettare invece che avvenga sistematicamente, com’è successo negli ultimi decenni, a no! questo proprio non lo capisco. Questo non l’ammetto. QUESTO E’ ISTIGAZIONE AL FASCISMO, PREPARARE LA STRADA AL FASCISMO.
      Spero che tu voglia riflettere su tutto questo e non liquidarlo rifugiandoti in qualche anfratto ideologico astrattamente corretto tipo il ricorso alla “necessità del compromesso”. Si scende a patti con tutti, anche con i demoni. Non però per favorire i demoni.

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