«Come alberi in cammino»

Lella Di Marco sui racconti finalisti al concorso «Dimmi: diari multimediali migranti»

 

BARLUMI DI SPERANZA – STRACCI DI POSITIVITA’

SUPERARE OGNI OSTACOLO  PER ESSERCI CON  I CORPI  LA  VOLONTA’  E I PROPRI SOGNI

RILANCIARE  LA POLITICA  ITALIANA EVANESCENTE

Un libro quasi terapeutico, nel buio assordante in cui stiamo vivendo: «COME ALBERI IN CAMMINO»,  antologia dei racconti finalisti al concorso «DIMMI diari multimediali migranti  2021) per le edizioni Terre di Mezzo.

L’antologia raccoglie 16 storie con voci  vere, non mistificate, senza addolcimenti istituzionali o di centri-ricerca eterodiretti. Storie che hanno molto da insegnarci  e non soltanto sul fenomeno migratorio. La metafora del titolo è decisamente indovinata con il rimando alla natura, al mondo vegetale, come a indicare che siamo tutti/e parte dello stesso sistema mondo, che calpestiamo la stessa TERRA e che la speranza di un’esistenza migliore per tutti/e è nell’abbattere ogni confine e mantenere la TERRA in buona salute.

Vita, intelligenza, movimento, la migrazione degli alberi: quel titolo ci rimanda anche a uno scienziato del nostro tempo, Stefano Mancuso (docente all’università di Firenze) che delle piante  studia da tempo la sensibilità, la capacità di conoscenza, il superamento degli ostacoli, il vivere  a lungo e generare vita, l’ essere  in continuo movimento.

Le autobiografie dell’antologia ci forniscono una visione diversa da quella consueta dei migranti come persone portatrici di grandi dolori, insuccessi, abbandoni,  carenze affettive, conflitti. Possiamo sostenere senza retorica che queste storie esprimono un nuovo stile di vita e una politica della resistenza. Sono presenti voci di  attiva opposizione per  SOVVERTIRE la situazione attuale. Un filo rosso riproducibile in termini politico-esistenziali per salvare dignità e diritti, puntando  in ultima analisi  al BEN-ESSERE  in comune.

Senza escludere che noi bianchi e occidentali, in quanto destinatari dei loro diari, abbiamo una parte attiva: la nostra  indifferenza sarebbe colpevole complicità nella politica – spesso discutibile (a dir poco) – dei nostri governanti in merito alle migrazioni; chi viene percepito come straniero parla soprattutto di/a noi occidentali che godiamo di diritti negati in molti altri Paesi, spesso ex colonie che in termini umani, economico e geopolitici vivono ancora la triste eredità della rapina e del razzismo dei colonizzatori.

L’Europa è la mecca per molti in fuga da Paesi a volte poveri e più spesso impoveriti dal nuovo colonialismo: non tutti infatti sfuggono alla fame o alle guerre ma di certo all’isolamento, alla chiusura mentale, Come sempre accaduto, si migra anche per bisogno di conoscenza, alla scoperta di altre realtà e di nuove relazioni interpersonali ma anche per collaborare alla costruzione di una società diversa realizzando comunità da protagonisti attivi. Senza subire e/o essere repressi, Come dichiara il maliano Mahamadou Ba: «rivendico il mio viaggio senza alcuna valenza eroica o salvifica, volevo solo viaggiare… Vengo da un Paese misto, il MALI, con molti bianchi e molti neri MA SEMPRE AFRICANI. Mio padre bianco di etnia fulani e la mia mamma di etnia bambara quella dominate ma lei non è stata mai accettata dalla famiglia di mio padre in quanto nera. Mio padre amava molto mia madre e il loro matrimonio era stato per amore, non combinato dalle famiglie, come si usa in genere, ma tutto era contro la mia famiglia compresa l’accettazione dei figli meticci come me».

Le parole di Mahamadou Ba sono chiare:

< io non scappavo da guerre miseria persecuzioni o privazioni , io non ero in pericolo, volevo soltanto viaggiare, il mio unico obiettivo era viaggiare  come fanno le altre persone in questa terra , come una persona libera . Ho sfidato  i poteri  ma  ci sono riuscito , scrivendo di tutte le persone che ho incontrato e che mi hanno arricchito ….

Quando viaggio penso di rappresentare tutta l’Africa.  Devo essere un esempio , devo essere corretto e onesto, questa è la sola maniera di  andare avanti . Una maniera di far cambiare i pensieri fermi nella testa delle persone, al fine di fargli comprendere di avere sbagliato.

quando ho cominciato  questo viaggio ho capito che chi ha fatto esperienza dell’Europa non racconta la verità a chi sta in Africa. Io voglio raccontare la verità, voglio raccontare che è uno sbaglio lasciare lo studio e la famiglia  per venire a soffrire. […] Prima della colonizzazione francese c’erano Università, un sistema scolastico ben organizzato. L’Africa non è stato mai un continente ignorante […] i francesi hanno costruito un sistema che rende le persone schiave in Africa, noi studiamo soltanto la cultura bianca, pochissimo quella africana. Lo stesso vale per la conoscenza della lingua che si parla in tutta l’Africa senza bisogno di traduttore, e il primo potere di una persona è conoscere bene la lingua. Noi viviamo ancora in un sistema colonizzato: la Francia assorbe il cinquanta per centro della nostra produzione come da tutte le ex colonie. Viviamo  da impotenti, impossibilitati a qualsiasi iniziativa autonoma mentre il sistema  crea la coscienza che ogni cosa che proviene dalla Francia è la migliore, in Mali c’è oro a cielo aperto e se ne approfittano soltanto i francesi. Chi protesta viene ucciso dai politici messi lì dai francesi. In Mali  c’è anche il petrolio>.

Un altro aspetto interessante di tutte le storie è nelle informazioni etnoantropologiche dei paesi  di provenienza, difficili da incontrare in altri testi. Spicca l’acquisizione di una consapevolezza di sé come essere unico da poter disporre della propria volontà  per un’autoaffermazione, per le proprie conoscenze anche professionali e per i propri meriti.

Realmente ogni autore è quel che le sue parole dicono di lui. In una consapevolezza raggiunta nei confronti della realtà che lo circonda.

Per concludere ecco quanto ha scritto Rafia Boukbbiza, proveniente dal Marocco, che rivendica diritti umani mai affrontati; proposta esistenziale e politica nuova anche per il nostro Paese.

IN CAMMINO PER IL CAMBIAMENTO

di Mohamed Rafia Boukhiza

La narrazione  della sua vita comincia da molto lontano, da quando a quattro anni lui nato e cresciuto nella vecchia medina di Casablanca, perde  il padre; un uomo che era chiamato «el AMINE»  (il fidato) di grande  generosità e solidarietà sociale. Non capisce bene cosa succede nella sua vita. Si sente abbandonato, privo di qualcosa che gli mancherà per sempre. La madre lo ama e sarà fondamentale per tutta la sua vita ma il piccolo soffrirà molto nel convivere con un altro uomo che sua madre ha deciso di sposare. Che le vedove nei Paesi musulmani si risposino è normale : una donna non può stare da sola… ha bisogno di quella protezione che soltanto un marito può dare. O almeno tale è la concezione diffusa. Così accade che il piccolino, solo nel suo tormento, viva per strada, magari protetto a vista da  chi gestisce piccoli mercati alimentari per strada e conosce la sua storia.

Gli anni passano e Rafia CRESCE TRA SOLITUDINE E RIBELLIONE MA LA VITA STESSA GLI INSEGNA QUALE POSTO  OCCUPARE.

Con stile limpido e semplicissimo Mohamed Rafia Boukhiza riesce a narrare le sue vicende personali che scorrono accanto ai contemporanei eventi di cronaca, spesso sanguinosi. Il suo rapporto deludente con la scuola elementare e con l’imposizione della cultura e della lingua francese sta vicino al ricordo dei moti di Casablanca del marzo 1965: una carneficina con più di mille morti in seguito alle proteste di studenti e lavoratori contro il carovita. In mezzo alle lotte  antigovernative Rafia cresce, scopre l’importanza del sapere e dello studio, frequenta la sede dell’Unione Socialista delle forze popolari che aveva aperto una  sezione nel suo quartiere. Legge, studia, discute, confronta le sue idee con quelle degli altri… Acquisisce quella che possiamo chiamare COSCIENZA DI CLASSE e partecipa a tutte le manifestazioni di lotta  anche se i comizi le manifestazioni del leader (Abderrahim Bouabid) finivano sempre con cariche della polizia. Il programma del governo era basato fondamentalmente sul garantire “la sicurezza” rompendo le ossa ai rivoltosi. Anni di terrore e repressione con molti carcerati e morti. In tanta disperazione si apre uno spiraglio: l’università che Rafia frequenta apre la possibilità di una borsa di studio per la Francia. Lui viene selezionato. Il vantaggio maggiore consiste nel passaporto e potere spostarsi anche in altri Paesi dell’Europa; soltanto persone agiate economicamente e influenti sul piano sociale potevano ottenere tanto.

Non è stato indolore il suo soggiorno in Francia  con il «vulcano interiore» come lo chiama che si ribella a ubbidire ai francesi e accettare il pane da chi colonizzò il suo Paese. Fra tante avventure a volte anche MOLTO dolorose, arriva in Italia. Sono gli anni 80. Altre letture e incontri importanti. Arriva a Bologna: delusioni ma anche lotte positive, affettività, incontri e progetti di cooperazione allo sviluppo. Intervenire in Italia per L’UNITA’ DELLE LOTTE, per lavorare assieme avvicinando persone e culture, per il ben-essere comune, per la dignità di ognuno, per la consapevolezza di tutti.

La sua  più grande delusione  avviene quando verifica che  i marocchini arrivati prima di lui, quelli che tornavano a casa sfoggiando macchine di grossa cilindrata e acquistando immobili, avevano svenduto la loro dignità per tale falso benessere: senza alcuna consapevolezza della loro nuova  schiavitù… Fare i “vù cumprà” senza contratto e diritti è funzionale al capitalismo  con una forza lavoro a prezzi irrisori e  spesso rischiando la vita perché senza tutele, formazione o prevenzione. Spesso il cadavere del migrante morto sul lavoro non ha neppure un nome.

Nonostante le grosse contraddizioni con le quali si scontra in questa città, Rafia  continua ad amare Bologna e a credere in tutte le persone che incontra quando sente  affinità di princìpi.

Lotta contro i centri di prima accoglienza, fonda un’associazione di coppie miste, comincia a occuparsi di diritti delle donne, vuole conosceremeglio la lingua madre: sempre seguendo i suoi ideali, senza scatenare il pietismo del povero migrante disperato, per ottenere caritatà. Intende difendere i diritti universali, contrastare pregiudizi anche con un operato corretto e virtuoso: per iniziare il cambiamento possibile e distruggere il “fango del sociale” che emerge. Capisce che politicamente è indispensabile creare rete. Lunghe lotte e assemblee fitte anche con partiti, circoli sociali, centri giovanili. Con molta attenzione perché non accada che virate di protagonismo o autoesaltazioni spingano qualche gruppo a porre soltanto il suo marchio. La lotta deve essere di tutti per tutti. Il cambiamento è possibile se tutti sono responsabili. L’invasione dell’impero megacapitalistico ha reso simili tutti i partiti: quelli di sinistra nella realtà conciliano con il centro o con l’estrema destra, per loro l’interesse del popolo è l’ultima cosa cui pensare.

La scommessa di Rafia continua. Contro lo sfruttamento e la rapina di salute e dignità umana. Contro la colonizzazione del cervello verso RETI di migranti attivi per un cambiamento profondo: con azioni già messe in campo, con uno stile di vita e produzione diversi, con  progetti di sostegno al mondo rurale, fatto di piccole cooperative, di turismo solidale lungi da ogni sfera di folclore per turistie. L’idea di un’economia popolare che vede il sapere artistico-artigianale-creativo delle donne al centro dello sviluppo.  L’unica salvezza possibile è  nel costruire la RETE  DELLE RETI… Con un linguaggio condiviso: solidarietà economica, dignità, democrazia dal basso, felicità globale.

Nelle foto qui sotto “rafia” nel deserto con un cammello… a energia solare.

UNA NOTA SUL MIO LAVORO

La scrivente non si è posta come mediatrice fra le parole e chi legge. Ho riportato quanto scritto dai due autori citati per evitare ogni forma di anche involontaria manipolazione. L’ONESTA’INTELETTUALE IN CHI SCRIVE è INDISPENSABILE, ANCHE  SE DIFFICILE.

Più facile scrivere di chi si conosce (Rafia) perchè mi sono note le sue attività, la volontà, tenacia e capacità di realizzare reti anche a livello internazionale.

Concorso | DIMMI

https://www.dimmidistoriemigranti.it/concorso

DIMMI 2022 Diari Multimediali Migranti è il concorso nazionale che raccoglie e fa conoscere le storie di persone di origine o provenienza straniera che vivono o hanno vissuto in Italia…

DiMMi-Diari Multimediali Migranti – AMM

https://www.archiviomemoriemigranti.net/dimm

Redazione
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