Come lucciole sotto la Luna

riprendo (da lunanuvola) questo contributo di Maria G. Di Rienzo. E’ un fatto non molto noto che i nazisti sponsorizzarono la distribuzione delle fiabe dei fratelli Grimm agli allievi delle scuole elementari. I nazisti consideravano i testi dei Grimm “tedeschi in quintessenza” e “alfieri valorosi della Germania in guerra” (vedasi Ruth B. Bottigheimer, saggio contenuto in “The Reception of Grimms’ Fairy Tales”, 1993). Ancor meno noto è che le forze di occupazione inglesi e statunitensi requisirono tutti i libri dei Grimm dalle scuole tedesche e li ricollocarono in svariate biblioteche. Gli uni e gli altri, sembra, erano perfettamente a conoscenza dell’effetto di desensibilizzazione che le narrazioni violente, ripetute ad oltranza, generano in chi le riceve – e parecchie fiabe dei Grimm sono la versione efferata di storie preesistenti.

Gli anni dell’infanzia sono vulnerabili in modo particolare all’effetto della desensibilizzazione, ma non è che la psiche adulta sia corazzata contro di esso: semplicemente, bisogna ripetere il messaggio di più, e condirlo con qualche giustificazione pseudo-ideologica di cui i bambini non hanno bisogno. Alla fine, di fronte alla violenza, all’ingiustizia, alla sopraffazione, alla guerra, alla degradazione, noi potremo dire le parole di comodo che socialmente è sensato dire, esprimere argomentati ragionamenti che razionalizzano gli abusi, e dormirci sopra: il nostro cuore non avrà avuto il minimo sussulto, i nostri occhi saranno rimasti asciutti ed i nostri affari – che, ci assicura la propaganda, resteranno intoccati da tutto ciò – andranno avanti come di consueto. Commettere abusi a danno di un altro essere vivente ci sembrerà sempre meno disdicevole, ed il nostro esempio di adulti rafforzerà l’effetto di desensibilizzazione prodotto nei piccoli dalle narrazioni e dalle immagini che glorificano la violenza, propinate loro da tutti i media con cui vengono a contatto.

La recita è ossessivamente replicata, così pervasiva, che è capace di cancellare persino la memoria recente. Fra persone che conosco stanno girando angosciosi quesiti del genere: se parliamo del disastro nucleare in Giappone ci dicono che ne stiamo approfittando, non è meglio star zitti? Se ci opponiamo ai bombardamenti in Libia diranno che siamo complici delle crudeltà di Gheddafi, non è meglio lasciar perdere? Se difendiamo ancora la scuola pubblica poi ci accuseranno di volere il 6 politico e le lauree collettive, non è meglio parlare d’altro? A costoro, di fronte al massiccio spiegamento mediatico di menzogne, e grazie all’erosione desensibilizzante, le proprie cause appaiono deboli. Basta un insulto ipocrita e gratuito a farle vacillare.

Ma chi è un avvoltoio o uno sciacallo: chi cerca di salvare esseri umani e l’intero pianeta con essi, o chi distrugge entrambi per avidità di profitto? Solo per fare un esempio, nell’ex Unione Sovietica non c’è stato solo Chernobyl tanti anni fa, sapete. Nel Kazakistan dell’est, dove si sono fatti “test atomici” a ripetizione, un milione e mezzo di persone sono state esposte all’avvelenamento nucleare ed il loro intero sistema di produzione e consumo di cibo è tuttora contaminato: il tasso di cancri è solo cinque volte più alto di quello nazionale, una bazzecola, che siano talleri, rupie, certificati di credito o contratti transnazionali, il vecchio buon soldo è sempre qualcosa per cui vale la pena uccidere.

Chi sono i signori che oggi piangono le vittime di Gheddafi, non sono proprio quelli che gli hanno stretto la mano, o l’hanno persino baciata in perfetto stile mafioso, l’altro ieri? Credetemi, ad un morto ammazzato non fa differenza se la bomba – prodotta di solito negli stessi stabilimenti – gliela fa cadere addosso un dittatore o un presidente democraticamente eletto: avrebbe comunque preferito continuare a vivere. E chi è che vi dice panzane sulla scuola pubblica, forse la Ministra che l’ha distrutta?

Chi vi propina le manovre economiche sacrificali, continuando ad infilare l’invisibile mano del mercato nelle tasche dei salariati, vi dice anche che se tutti i governi mondiali sottraessero un solo quarto alla cifra che spendono annualmente in armamenti (un trilione e mezzo di dollari) potrebbero dare cibo, istruzione e servizi sanitari a tutta la popolazione della Terra? Vi dicono che l’intero budget delle Nazioni Unite corrisponde all’1,8% delle spese militari mondiali?

Spesso mi domando, con un certo grado di sconforto, cosa gli italiani sono diventati. Sono sicura, tra l’altro, che lo sconforto ha una dimensione collettiva e che chi si arrovella su “cosa diranno di noi” (siamo pochi e soli eccetera) lo prova in modo considerevole. Ma è tempo di uscire da questa sindrome, di creare passione e potere condiviso, di aver lingue veriterie e menti magiche, di essere profeti manovali, poeti guaritori, giullari della metamorfosi. E’ tempo di guardare tutto con gli occhi resi splendenti dalle idee che ci frullano in testa come lucciole sotto la luna. E’ tempo di tessere tanti fili provenienti da luoghi diversi nel più fantastico e desiderabile degli arazzi, un pianeta su cui si possa vivere, creare, condividere: in pace

P.S.  Proverbio cinese: “Fa’ felici coloro che ti sono vicini, e quelli che sono lontani verranno.”

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