Come si scrive fantascienza – 11

Documentarsi? Una questione di metodo

di Giulia Abbate

 

Secondo post dedicato alla documentazione, per una fantascienza plausibile e una scrittura a prova di lettura!

Sul blog Penna Blu ho trovato una bella categorizzazione dei vari tipi di documentazione, in un post come sempre molto curato: Come documentarsi per scrivere un romanzo?.
Per farla breve, Daniele Imperi distingue i vari tipi di documentazione in questo modo (il commento riepilogativo è mio):

  • Documentazione propedeutica di genere
    (Non scrivere gialli se non hai mai letto Sherlock Holmes).
  • Documentazione di base
    (Se ambienti una storia in Giappone devi sapere qualcosa in più oltre al continente nel quale ti trovi)
  • Documentazione continua
    (Invece che riempirti di tuttologia prima di scrivere, impara a cercare informazioni man mano che ne hai bisogno.)
  • Documentazione creata ex novo
    (World building: se scrivi fantascienza o fantasy devi assicurarti di conoscere il setting nel quale ti muovi e di rispettarne le regole anche se soprattutto se! le crei ex novo)
  • Bibliografia
    (Fatti un bell’elenco ragionato e ben compilato delle tue fonti e ti semplificherai la vita.)

Quello che ritengo utile aggiungere, e con il quale mi ricollego al discorso di “fantascienza-scritta-spesso-con-i-piedi” del mio precedente post in tema, è che la documentazione non è solo quella di merito, ma anche quella di metodo.

 

La fantascienza è scrittura, ricordi? Scrittura creativa, giusto? Per quanto strambi, visionari e nerdicamente faichi… siamo scrittori e scrittrici anche noi, o no?

Questo significa che oltre a studiare gli argomenti, devi studiare i modi. Devi documentarti sullo stile, sulle tecniche narrative, sulla gestione dell’intreccio, sul modo per costruire personaggi e dialoghi credibili… anche la scrittura è un argomento di studio e documentazione che devi presidiare. Sempre.

Altrimenti, ti troverai a creare quello che a me tocca leggere spesso: belle storie, idee fantastiche, messaggi molto belli, racconti incredibilmente circostanziati e dettagliati… scritti male. Ed è un peccato, un vero peccato.

Perché spesso dove non arriva il sapere arriva la tecnica. E quando diventiamo abbastanza esperti, sviluppiamo un intuito sul cosa dire e non dire, che dà l’impressione a chi legge che noi sappiamo davvero tanto dell’argomento di cui scriviamo: mentre invece ne sappiamo giusto il necessario, al quale aggiungiamo la capacità di raccontarlo bene usando il cosa e il come giusti.

Diversi marinai e persone di mare, tra le quali due capitani di lungo corso, mi hanno fatto i complimenti sul modo in cui ho raccontato il mare nel mio romanzo “Nelson”. E io mi sono quasi vergognata, nel rispondere che in realtà di mare io non so un bel niente, e non sono mai stata in acqua (a parte al lago in canotto e sull’Adriatico in traghetto). Anche la mia documentazione di mare non è chilometrica: non sono stata mesi a fare ricerche. Sono stata solo furba. Ma a quanto pare ha funzionato.

Stesso discorso per il mio racconto fantamusicale “Sinfoniade”, che puoi leggere sul numero di Urania questo mese in edicola: “Le variazioni Gernsback”. È la storia surreale di una battaglia sanguinosa tra due musicisti uno più misterioso dell’altro, che è anche un excursus nel mondo della musica classica, strutturato come una sinfonia. Prima l’ho scritto e revisionato, poi l’ho mandato alla mia amica Kim Jae Hee – insegnante di musica e cantante lirica, (La Città Sonora, Garbagnate : http://www.lacittasonora.it/) – per una ripassata tecnica. Lei mi ha detto che sembrava un racconto scritto da qualcuno che vive in quello stesso mondo. E io strimpello a malapena basso e chitarra, e per entrare nel “mondo” di questo racconto ho fatto una settimana di google per documentarmi e ho sintonizzato la sveglia su “Radio Marconi Musica Classica”.

Ripeto. Urania. In edicola. Ora!

Non voglio vantarmi, anzi, magari dopo questo paragrafo un po’ autoreferenziale ti sarà venuta voglia di maledirmi. Sembra sia convinzione comune che si debba raccontare solo ciò che conosciamo bene. Il fatto è che non c’è limite alle cose che possiamo imparare, e che quindi diventano di nostra conoscenza. Se le mixiamo con:

  • una buona capacità di raccontare
  • la sensibilità descrittiva nei dettagli giusti

ecco che non c’è limite a ciò che possiamo raccontare in modo comunque realistico, plausibile e leale nei confronti de lettore. Ovviamente entrambi i punti di cui sopra non ti arrivano per scienza infusa: devi studiare e documentarti per arrivare tu a loro.

Perché il punto non è il mare, o il world building, o il paradosso quantico: il punto è raccontare bene una bella storia. Con un intreccio avvincente. Con personaggi nei quali il lettore può immedesimarsi e per i quali può provare sentimenti. Con descrizioni e atmosfere dosate al puto giusto e verosimili, ci trovassimo pure su Vega19.

Per riuscire a raggiungere questo obiettivo, la documentazione non è sufficiente: ma è necessaria.

Comunque, la documentazione che ti crei in ogni singola occasione amplia la tua cultura generale, e la ricerca che fai al di là del lavoro del momento può rivelarsi preziosa anche per i prossimi. Prospettiva, cultura, serendipità: vantaggi della documentazione, di cui ho parlato in un post sul blog di Studio83, al quale ti rimando per approfondimento: “Quinta regola del successo per scrittori: studia!” sul blog di Studio83

Per il momento fermiamoci qui. Di studiare e imparare non dobbiamo smettere mai, i romanzi invece prima o poi vanno chiusi. Per non parlare dei post.

Il mese prossimo consigli di lettura. See ya!

 

alexik

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