Come si scrive fantascienza – 8: come evitare l’infodump

di Giulia Abbate

Bentrovata, bentrovato, per questo ottavo appuntamento della serie su come scrivere e leggere fantascienza in modo sicuro, felice e senza effetti collaterali (come: uscita di brutti libri, bipolarismo, mutazione in autori/autrici di pornosoft o di “narrativa intimista”, e così via).

Siamo al terzo appuntamento a tema: si conclude oggi la “saga dell’infodump”.

Abbiamo visto insieme:

Oggi cambiamo prospettiva e parliamo dell’infodump in termini positivi e costruttivi: come gestire al meglio e con destrezza le informazioni che dobbiamo dare al lettore?

Nel post precedente, ho scritto:

Nella fantascienza, ahimé, la questione di come distribuire informazioni importanti e scomode nel testo narrativo è centrale. Per gestire le complicate implicazioni di mondi alieni, linguaggi extraterrestri, congegni ultratecnologici e studi di solaristica abbiamo bisogno di fornire delle informazioni di corredo, che a volte è davvero, davvero difficile non rigurgitare.

 Come si fa a evitare, o almeno ad attenuare lo sgradevole effetto delle informazioni che devono per forza essere date?

 Ci sono molti modi, furbi ed efficaci, per infilare i nostri dati salienti, senza brutti suoni di sottofondo.

Bene, eccoli qui!

Partiamo con un paio di avvertenze da bugiardino.

Al di là degli accorgimenti pratici e delle scorciatoie, per distribuire le informazioni di un racconto nel modo più corretto possibile devi sempre e comunque partire da:

  • un corretto lavoro di pianificazione

  • la conoscenza di un paio di meccanismi di base della narrazione.

Pianificazione: fatti una scaletta e alcuni studi preliminari su cosa il lettore deve sapere, e fallo senza vergogna, nel senso che al punto prefissato dello schema ci scrivi proprio: “qui spiego perché il dodo ha poteri telepatici”.

Meccanismi: tieni molto bene a mente la distinzione tra il mostrare e il raccontare.

Quando mostriamo, dovremmo al massimo poter citare qualche dettaglio: significativo, magari, ma che sia in grado di portarsi con sé le proprie implicazioni senza doverle descriverle.

Invece, è nel racconto che possiamo sbottonarci un po’ e dedicarci a un’esposizione più ampia, senza ovviamente eccedere.

E passiamo ora ai trucchi da quattro soldi.

 

 

In primis, tieniti più lontano che puoi dai dialoghi e dalla voglia di far dire a un personaggio: “vuoi dire quella setta filosofico-religiosa”… dai dialoghi le parole vanno sempre e solo tolte, mai aggiunte.

 

Un modo più sfumato di passare delle informazioni al lettore è il metodo che io chiamo “ai miei tempi”: ovvero il flashback di un personaggio.

 

Succede qualcosa e mostriamo il personaggio in presa diretta: ma a causa di quel fatto lasciamo che ne riviva o ne ricordi un altro, nel passato. Ecco l’aggancio per una manciata di informazioni, e per un passo informativo contestualizzato con un minimo di grazia.

 

Io l’ho usato molto (ok, forse troppo) in “Nelson”, sfruttando i tratti psicologici di un protagonista portato a rimuginare sui bei tempi andati (o da venire, punti di vista).

 

Un’altra strada percorribile per informare senza sbrodolare è quella di seguire i movimenti di un personaggio, come se gli avessimo piazzato una specie di steady-cam sulla spalla che ne inquadri il contesto intorno, per unire il racconto descrittivo a un minimo di dinamismo.

 

Oppure, possiamo ricorrere a veri e propri brani esplicativi giustificati dal punto di vista narrativo.

Nel mio racconto “Il nostro seme inquieto”, la chiave di lettura e la descrizione del contesto vengono riepilogate da una voce di enciclopedia citata in toto: per controbilanciare questa mossa vergognosamente facile, ho costruito un modo molto difficile di arrivare a questa informazione, e di farla leggere ai personaggi in un momento chiave, nel quale ho cercato di dare un’atmosfera di mistero e aspettativa. Sperando di fare in modo che il lettore non si accorga dello spiegone, ma si goda il fatto che finalmente se lo sta leggendo insieme ai personaggi.

Ce lo insegna anche il maestro Sergio “Alan D.” Altieri, che nel suo ultimo romanzo di fantascienza militare “Juggernaut”, una megabotta di violenza e tecnocattiveria, si è regolato così:

Per illustrare al lettore – hey, what the hell, anche al narratore – come sono avvenuti i mutamenti ho usato l’accorgimento di (finte) schede web. Un accorgimento, peraltro già apparso  in alcuni racconti e romanzi brevi, che mi permette non solo di evitare pagine e pagine di prosa di puro “infodump”, scarico di informazioni pregresse, ma di stabilire anche una sorta di valenza d’atmosfera narrativa.

[Da “Ritorno all’inferno” – Intervista a Alan D. Altieri su Fantascienza.com]

I titoli e le citazioni a inizio o fine capitolo o paragrafo sono un altro modo molto efficace di far passare contenuti.

In alcuni racconti di Elena, ad esempio, vengono riportati finti stralci di articoli di giornale e telegiornale che raccontano cosa sta succedendo: con il vantaggio multiplo di dare atmosfera, comunicare tensione e informare al di fuori del testo. Una mossa davvero furba.

USA, Nixon contro il Presidente del Ventunesimo Secolo: noi dobbiamo fare la Storia, voi volete disfarla.

«La partenza dell’Apollo non verrà ritardata di un solo giorno.» L’appello dei ricercatori: Marte è la chiave, comunicare con l’Avamposto è nell’interesse di tutti.

Riusciranno gli scienziati del Futuro a costruire il ripetitore lunare e ad affidarlo ad Armstrong in tempo?

(Quotidiano nazionale, 18 giugno 1969)

[Dal racconto “Lezioni sul domani”, Elena Di Fazio]

Attenzione, attezione, ripeto: stiamo scrivendo fantascienza. Stiamo creando mondi nuovi. Siamo obbligati a dare delle informazioni supplementari a chi ci legge, pena il fallimento dell’efficacia del testo. Detto questo, se proprio non sai a che santo votarti, e devi dire al lettore qualcosa di specifico, un brano esplicativo iniziale è comunque meglio dell’inforigurgito.

Tanto tempo fa, in una Galassia lontana lontana… Sono tempi duri per la ribellione. Nonostante la Morte Nera sia stata distrutta, le truppe imperiali hanno stanato le forze ribelli dalle loro basi nascoste e le hanno inseguite attraverso la galassia. Dopo essere sfuggito alla temibile flotta stellare dell’Impero, un gruppo di combattenti per la libertà guidato da Luke Skywalker bla, bla e ancora bla.

Ecco qui: un paio di minuti di pazienza, ci siamo levati il dente, e l’azione che segue, favolosamente priva di impedimenti di comprensione, fa dimenticare agli spettatori la fatica del riassuntone.

A volte succede anche il miracolo: scriviamo il nostro riassunto iniziale, poi ci dedichiamo alla storia, e alla fine ci accorgiamo che in fondo tutte quelle informazioni all’inizio non servono e possono essere eliminate, perché la storia sta in piedi anche senza il preambolo.

È accaduto con “A.B.E.” di Luca Franceschini, racconto terza uscita della collana Futuro Presente, che ho editato io.

Dopo un editing nel quale abbiamo individuato i punti che meglio si prestavano all’inserimento di qualche informazione in più, e che anzi le richiedevano necessariamente, ho chiesto a Luca di eliminare del tutto la sua nota iniziale. Dava informazioni sul mondo dove A.B.E. e Cain si muovono, d’accordo: ma in quelle informazioni non c’era nulla di utile in più, rispetto a quanto eravamo riusciti a mettere già nel testo.

Tutto ciò mi porta a una conclusione niente affatto ovvia: da molti punti di vista, la fantascienza è il genere più difficile che ci sia, perché ha davvero bisogno di un livello di attenzione, di padronanza del narrato, di consapevolezza che altri generi non necessitano.

Ho visto cose che voi fantascientisti non potete neanche immaginare: ho visto autori e autrici abituati alla fantascienza piangere di gioia, perché capaci di buttare giù una scaletta mainstream in mezz’ora.

Senza dover tenere conto di una cronologia basata sui paradossi temporali.

Senza dover creare aspetto e anatomia di insettoni empatici intelligenti.

Senza doversi preoccupare del terribile infodump, perché avanti: che bisogno c’è di spiegare che succede se sottrai una valigetta nera a un mafioso?

Quindi, care e cari, in alto i cuori!

Se la fantascienza e il fantastico sono i generi più difficili – per pianificazione, gestione delle info e rigurgiti indesiderati – peggio di così non vi potrà mai andare.

Alla prossima puntata!

Nota: tutti gli esempi di brutte frasi da me portati in questi post sono assolutamente inventati, scritti ex novo da me o da Elena.

È vero, faccio l’editor per vivere: di brani brutti ne leggo tanti, di esempi reali potrei fornirne a bizzeffe. Ma non mi vedrete mai perculare nessuno, nemmeno citando brani anonimi: tutelo chi si affida alle mie cure, tengo alla sua privacy e rispetto la sua sensibilità.

Sui brani famosi e già pubblicati invece è lecito scherzare un po’. Senza cattiveria, ovvio.

E senza rancore! See ya!

 

Redazione
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