Complotti e propaganda: la morsa della disinformazione

di Saverio Pipitone (*)

«Basta un poco di zucchero e la pillola va giù», cantava Mary Poppins, nel film del 1964.

A scrivere la canzone e la colonna sonora fu il paroliere Robert Sherman, insieme al fratello Richard: ebbe l’ispirazione dal figlio Jeffrey di 5 anni quando raccontò che a scuola ricevette un farmaco antipolio e lo ingerì senza paura perché era su una zolletta di zucchero. Il trucco è tutto qui.

Ma attenzione, se rossa è la pasticca, possono insorgere reazioni avverse con svenimento e risveglio nella fossa dei complottisti sul web fra blog, social, chat, post, gif, link, deep, troll, bot e meme.

Di tendenza è Q, l’ignoto personaggio o manipolo patriota che agisce virtualmente con criptici e interrogativi messaggi o indizi ai suoi seguaci Anon, incoraggiandoli alla ricerca e interpretazione, per svelare e avversare una ristretta cricca di diabolici leader della politica e del capitale globalista che dal profondo di luoghi segreti, nel banchettare nutrendosi di bambini, ordisce infidi piani contro il popolo per dominare il mondo. Bersagli sono ad esempio i Clinton, Bill Gates, Soros e Bergoglio.

Q al di fuori degli USA dove è nato (con un attuale consenso stimato in circa il 20% della popolazione) presenzia in almeno un’altra settantina di Paesi, coinvolgendo decine di milioni di persone, sia attivisti che simpatizzanti, specialmente in Canada, Brasile, Oceania, Giappone, Regno Unito, Francia, Olanda, Germania, Finlandia e Balcani. In media, oltre 400.000 post giornalieri lo diffondono su internet.

L’Anon è l’uomo e la donna della porta accanto, di ogni età, a cui Q ha cambiato e riempito la vita: dall’informatico bancario e pensionata o paramedico statunitensi al consulente di mutui immobiliari australiano e allo chef ristoratore tedesco fino al chimico romano cinquantenne con il sito www.qanonitalia.it e canale telegram @QANON_IT.

O ancora – nell’antecedente teoria del complotto nota come Pizzagate – il giovane e bravo padre di famiglia del Nord Carolina che qualche anno fa, dopo avere letto su internet di rituali pedofili dell’establishment liberal chic nello scantinato del ristorante Comet Ping Pong di Washington, vi si recò armato di pistola e fucili perché voleva salvare i bambini e proteggere le due figlie piccole dal marciume, ma là tra il panico degli avventori vide che non c’era nulla: svanì l’effetto della pasticca.

Se la pillola è invece blu stimola sonnolenza con sprofondo nell’etere fra tg e talk show, conduttori, opinionisti e analisti. In un episodio dei Griffin, per il terrore dei fantasmi, a Peter vennero i capelli bianchi. Al bar incontrò il giornalista televisivo Tom Tucker che gli propose un posto da commentatore, percependo nella lucente chioma qualcosa di speciale che ispirava fiducia. «Che dovrei fare» chiese Peter. «Comportarti come se tutti fossero idioti e urlare contro di loro».

In tv sono all’opera i propagandisti con miscugli di realtà e mistificazioni, dibattiti faziosi, informazioni monche o generalizzate, per plasmare eventi e visioni. Indicativo è il 26 aprile 1951 a Chicago con la manifestazione pubblica per celebrare il ritorno dalla guerra coreana del destituito comandante Douglas MacArthur. Per quel giorno, la stampa aveva creato l’attesa di un avvenimento grandioso, ma poi i partecipanti furono pochi, erano di più passanti e curiosi, bandierine e coccarde rimasero inutilizzate. Viceversa il teleschermo trasmise scene di imponente ed entusiasmante folla tramite commenti di enfasi e inquadrature mirate che non mostravano il vuoto, ingannando il telespettatore a casa (studio pilota dei coniugi sociologi Lang).

«La televisione – avvertiva Pierre Bourdieu che fu professore di sociologia – può, paradossalmente, nascondere mostrando, mostrando altre cose da ciò che bisognerebbe mostrare se si facesse ciò che bisogna fare, cioè informare; oppure mostrando ciò che bisogna mostrare, ma in modo tale che non lo si mostri o lo si renda insignificante, o presentandolo in modo tale che assuma un significato che non corrisponde per nulla alla realtà».

«La propaganda moderna – spiegava Edward Bernays che fu spin doctor di multinazionali come American Tobacco Company o United Fruit – è lo sforzo coerente e insistito per creare o deviare i fatti in modo tale da influenzare il rapporto della gente con un’impresa, un’idea o un gruppo. […] il suo obiettivo finale è irreggimentare l’opinione pubblica al gran completo […]. Il segreto di una propaganda riuscita consiste nel prefiggersi un obiettivo e poi puntare ad arrivarci attraverso la millimetrica conoscenza del pubblico, nonché agire sulle circostanze in modo da manipolarlo e trascinarlo. […] Deve essere una propaganda specializzata e di larghe vedute, che crea circostanze, esalta gli eventi significativi e drammatizza i problemi rilevanti».

On-line e off-line, nel momento in cui il messaggio di massa è capzioso, deforma la verità e normalizza la menzogna, smuove emozioni e scatena pregiudizi, stringe e appiattisce la mente.

Il destinatario è pervaso e appannato da:

disinformazione che intenzionalmente, per profitto o influenze, fabbrica notizie fasulle;

malainformazione che manomette e vizia la notizia autentica per fuorviare provocando danni o tensioni;

misinformazione con la divulgazione involontaria, per leggerezza o irresponsabilità, di comunicati finti.

«Se tua madre dice che ti ama, controlla» asserivano i duri della City News Bureau di Chicago (storica agenzia e scuola giornalistica).

Il modo per affrancarsi dai media fake, dalle contraddizioni o doppiezze di propagandisti e complottisti è riflettere su tutte le informazioni e verificarle con critica, dubbio e cognizione, per vedere meglio la realtà ed evitare le artificiose narrazioni calate dall’alto.

Irrobustirsi di testa, farla girare.

«Ti basta una parola. Supercalifragilistichespiralidoso» intona sempre Mary Poppins che sa, è gentile, educa alla bellezza, pace e amore, convince pure il signor Banks, «ma attento a usarla bene o la tua vita può cambiar».

(*) ripreso da /saveriopipitone.blogspot.com

 

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