Con quante baionette si scrive Pullman?

Quando ero davvero mooooolto giovane (10 anni fa circa) a uno dei miei corsi di giornalismo «sociale» mi scappò una frase a effetto; tant’è che alcune allieve (vero Silvana?) e allievi (vero Leonardo?) se la ricordano ancora. Più o meno questa: «non m’importa che controlliate la virgola ma la fonte e non mi interessa se scrivete pullman con una l di meno ma vorrei sapeste chi era il signor Pullman e perché divenne l’uomo più odiato dai lavoratori degli Stati Uniti».

Stamattina ho ritrovato George Pullman, che vinse grazie alle baionette del governo, in un libro a fumetti che davvero merita di essr letto, oserei dire studiato. Lo trovate in edicola a 10 euri, co-edito da Hazard e da «il manifesto». I disegnatori (e non solo) Paul Buhle e Mike Konopacki, sui testi del grande storico Howard Zinn, hanno realizzato le 288 pagine di «Storia dell’impero americano».

Il volume si apre con l’11 settembre ma subito il nastro del tempo si avvolge per riportarci al massacro di Wounded Knee e poi, zigzagando negli anni, si chiude con l’oggi del «consenso bipartisan» alla guerra permanente e alla fine dell’immaginaeria conferenza… con «la speranza possibile».

La storia del suo Paese che Zinn racconta è giustamente messa sottosopra, cioè dal punto di vista degli oppressi anziché dei padroni. Temo che poche/i anche fra le persone informate sappiano di Eugene Debs, di di Emma Goldman o, in tempi più recenti, di Charles Drew, Phil Ochs o Daniel Berrigan, Credo che anche quelle/i che studiano la storia rimarranno sorpresi in molti passaggi: il massacro di Ludlow o, più di recente, quello di El Monzote sono spariti (ma cancellati è forse più preciso) dalla memoria. Penso che poche/i sappiano cosa faceva Mark Twain… oltre a scrivere capolavori. E mi fermo qui: in coda al libro c’è un bell’indice analitico e una breve ma ottima bibliografia.

Contrariamente a quello che ogni tanto trovo in rete, io non sono il simpatico e bravo Daniele Barbieri, semiologo e “fumettaro” ma solo un omonimo (su codesto blog ho già raccontato dei buffi equivoci capitatici) e dunque non mi azzardo a un giudizio tecnico sulle “nuvole”. Da profano mi pare che Buhle e Konopacki siano particolarmente bravi nell’usare tecniche diverse, nel non farsi sopraffare dal testo (che pure è importante), nel dare nuova vita a disegni e foto e soprattutto nell’usare Zinn stesso come narrante. A proposito: «Nutrire speranze anche in tempi cattivi non è romanticismo» è una delle ultime frasi che ci regala lo Zinn qui disegnato.

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