Condom lead: guerra, amore e resistenza araba

 

di Monica Macchi (*)

«Cosa accade alla comunicazione

nel laboratorio emotivo della guerra ?

La guerra uccide i sentimenti.

Quale preservativo può proteggerci da questo?

L’amore è un’altra forma di resistenza».

Arab & Tarzan, registi

 

 

L’idea per la sceneggiatura di questo film nasce subito dopo l’offensiva israeliana contro la striscia di Gaza del 2008-2009 (infatti il titolo ricalca l’espressione «Cast lead» – Piombo fuso – con cui Israele ha chiamato l’operazione) mentre Arab e Tarzan stavano lavorando con il regista Khalil Al Mozayen a «Anche questo è Gaza» (link http://www.youtube.com/watch?v=bpZMFw-OTYs ) una mostra di arte contemporanea curata da Rashid Adbelhamid, co-fondatore e direttore artistico di alhoush.com, una piattaforma culturale per promuovere e vendere arte contemporanea e di design proveniente da tutto il mondo arabo.

Ma per realizzare quest’idea ci sono voluti 4 anni, un viaggio in Giordania, un giorno di riprese in una casa di Amman avuta in prestito da un amico, un produttore che è diventato attore recitando per la prima volta in vita sua, e un budget di 5.000 dinari giordani.

Questa black comedy di 15 minuti senza dialoghi e con il rumore costante dei droni, degli spari e dei bombardamenti, vuole ritrarre la guerra attraverso un approccio particolare: l’intimità coniugale resa impossibile proprio dalla situazione di guerra e morte per esprimerne la tragedia e l’assurdità a livello umano. Così, come ha spiegato Arab: «il nostro concetto era quello di concentrarsi su un solo elemento della vita in una zona di guerra il rapporto fisico tra un uomo e una donna e cercare di raccontare attraverso questo scorcio il tema epico della guerra».
Una bimba gattona in mezzo a palloncini colorati. Moglie e marito si stanno per baciare ma inizia una nuova sequela di bombardamenti che li blocca ancora una volta, la bimba si mette a piangere, la madre va da lei per cullarla poi torna dal marito. Un’altra esplosione: la bambina riprende a piangere e la madre torna da lei. Il padre guarda sconsolato il preservativo, che si trasforma in un palloncino, in un altro dei palloncini che riempiono la casa. Il marito esce sul balcone e vede palloncini fuori ogni casa a Gaza, palloncini che si scoprono poi essere i preservativi non utilizzati, simboli dell’impossibilità di avere una normale vita di coppia.

«Condom Lead» è il primo film girato dal “Made in Palestina project”, http://madeinpalproj.tumblr.com/ un’iniziativa indipendente per creare e promuovere visual art . «E’ molto, molto difficile fare film e produrre arte a Gaza» ha detto il produttore Rashid Adbelhamid «ma il nostro obiettivo principale è quello di cambiare la percezione della Palestina e in particolare di Gaza, contrastandone l’immagine disumanizzante e superando gli stereotipi collegati solo a morte, guerra e sofferenza». Stanno inoltre preparando la partecipazione al Karama Human Rights Film Festival, che dovrebbe svolgersi in varie città della Palestina a dicembre.

Arab e Tarzan sono due registi che hanno vissuto la particolarissima esperienza di non essere mai stati al cinema, visto che a Gaza l’ultima sala cinematografica è stata chiusa nel 1987 e loro sono nati nel 1988. Così insieme a un altro regista gazawi, Khalil al-Muzayen hanno girato il documentario «Gaza 36 mm» in cui parlano della loro passione per il cinema, e del dolore che provano a vagare tra le case cinematografiche distrutte di Gaza.

Questo documentario, girato con il contributo del Doha Film Institute e recentemente presentato al Ayam film festival di Beirut, fornisce una panoramica della storia del cinema a Gaza nel secondo dopoguerra: la concorrenza fra cinema per accaparrarsi i popolarissimi film provenienti dall’Egitto, dal Libano, dall’Europa e anche da Hollywood negli anni Sessanta; l’opposizione islamista negli anni Settanta e la sua intensificazione negli anni Ottanta, quando il cinema viene definito un covo di prostituzione, pornografia e corruzione morale fino ad arrivare appunto al 1987 quando sono stati chiusi tutti i cinema di Gaza, alcuni convertiti in edifici privati, altri in supermercati, altri ancora bruciati … e solo vecchie locandine che affiorano qua e là sono l’unico segno della loro presenza.

Arab e Tarzan hanno così deciso di creare nuovi manifesti che riflettano «la sofferenza di Gaza e i problemi quotidiani della gente», come fossero locandine di film i cui titoli sono i nomi delle operazioni militari israeliane – Summer Rain, Autumn Clouds, Cast Lead. E questa è stata selezionata per la «Gaza fashion week» alla London Art Gallery con una sarcastica parodia dei crediti di Hollywood: «Dal regista di “Piombo Fuso” in tutti i cinema di Gaza “Pillar of Clouds” ; montaggio e illuminazione: Israele; Assistente di Regia: Governi arabi; Paese produttore: Governo degli Stati Uniti; Scritto e Diretto da Benjamin Netanyahu; incluso un “Premio del Pubblico: Lega Araba».

Ma oltre a essere un’importante testimonianza storica-culturale, «Gaza 36mm» si chiede (e ci chiede): cosa ci viene tolto quando ci viene impedito di godere del cinema e dell’arte tout court? E la risposta è forse nelle scene finali del documentario: guardate le espressioni di Arab e Tarzan quando stanno per vedere del tutto clandestinamente alcuni fotogrammi con una ruota di una bicicletta …

 (*) ripreso da http://peridirittiumani.blogspot.it

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