Congo, dove minerali e terra valgono più della vita umana
redazione Diogene*
Il signor Bruno (omettiamo per prudenza il cognome) è residente a Goma, capoluogo del Nord-Kivu, all’est della Repubblica Democratica del Congo. In questa intervista del 27 gennaio 2023 racconta la situazione di questa città e dell’interno, in preda alla guerra iniziata dal movimento M23 sostenuto da Rwanda e Uganda e da potenze internazionali.
Come si vive a Goma in questi tempi?
Viviamo, ma non come esseri umani. Se salisse la strada che porta al cimitero, vedrebbe come vivono le persone fuggite dalla guerra: come animali, nella miseria. Non hanno nemmeno dei teloni per costruire un riparo. Come è possibile che delle persone possano far questo ad altri esseri umani? Se piove, piove su di loro; se c’è il sole, è su di loro. I loro rifugi sono fatti con pezzi di tela cerata, zanzariere, qualunque cosa raccolgono. Sono molto numerosi, muoiono di fame e di sete. La popolazione della città è troppo povera per aiutarli e sono praticamente abbandonati a sé stessi: abbandonati dalle autorità di Kinshasa, che se ne infischiano, e senza una significativa assistenza internazionale. Sono fuggiti dalla guerra…
Parliamo di questa guerra…
Una guerra che ci è stata imposta… È proprio la giungla: i potenti di questo mondo impongono la loro volontà, non gl’importa della gente: ci schiacciano, ci uccidono come mosche, come vogliono. Non abbiamo nessuno che ci aiuti! La guerra qui, secondo le nostre analisi, non viene dal Rwanda: esso conta solo 26.000 kmq, non può fare la guerra a un Paese di 2.345.000 kmq. I Ruandesi non hanno oro, sono molto poveri, come si procurano le armi? Ci stanno facendo la guerra per procura.
Ora hanno preso la città di Kitchanga, per sfruttarne i minerali. Per alimentare la città di Goma, ci sono due assi: l’asse Rutshuru-Kiwanja-Goma e l’asse Kitchanga-Masisi. Hanno tagliato queste due strade, prendendo così la città di Goma in una morsa. I prezzi stanno aumentando e presto la gente morirà di fame qui a Goma. I minerali: per questo ci uccidono, ci trattano come dei sub-umani. Non c’è amore sulla terra! Siamo abbandonati dal governo di Kinshasa e dalla comunità internazionale! Conoscono il motivo di questa guerra, ma tacciono.
Le forze dell’ONU e della Regione vi sono utili?
Come spiegare che l’ONU, che è qui con noi da vent’anni, che ha più di 18.000 uomini nel Kivu, elicotteri da combattimento, carri armati, non possa neutralizzare i ribelli dell’M23, anche se sono sostenuti da Rwanda e Uganda? Le forze keniote hanno fatto molto rumore dicendo che sono venute ad aiutarci: niente! I ribelli, che dicevano che si sarebbero ritirati da Kibumba il 15 gennaio, sono ancora lì e stanno rafforzando la loro posizione. Sul lago si vedono le barche dei Ruandesi: la città di Goma può cadere da un momento all’altro. Sono i leader di questo mondo che semplicemente impongono la loro volontà.
Come valuta le dichiarazioni di alcuni Stati, come Francia e Stati Uniti, che condannano l’aggressione del Rwanda?
Sono solo affermazioni. Se gli Stati Uniti e la Francia lo volessero, oggi non ci sarebbe guerra. Nel 1998, dopo che l’AFDL con i soldati ruandesi è entrato in Congo e ha preso Kinshasa, centinaia di soldati ruandesi che accompagnavano Mzee Laurent Kabila sono rimasti nel Kivu e non volevano più tornare a casa. È bastato un ordine da Washington, dalla Casa Bianca, e li abbiamo visti attraversare a piedi la città di Goma, in un solo giorno, mentre affermavano di aver bisogno di settimane o mesi per lasciare il Congo. Tutta la popolazione, ammassata sulla strada maestra, li vide rientrare. Quindi basta un ordine della Casa Bianca o di Macron affinché i ribelli M23, sostenuti da Uganda e Ruanda, tornino a casa. Ma vediamo che la comunità internazionale è complice, lascia perdere. Ciò costituisce un incoraggiamento per i nostri aggressori. Qual è la responsabilità congolese in tutto questo?
La maggior parte dei leader attuali non è venuta per servire i propri connazionali, ma per i soldi. Quasi tutti i giorni un ministro o un dirigente d’azienda si appropria di denaro, mentre il Paese è nel baratro: la maggior parte delle persone vive nella miseria, non ci sono abbastanza strade, scuole, ospedali… I nostri leader accettano tutto ciò che decidono le grandi potenze: potrebbero forse opporsi? Il nostro Presidente ha speso un sacco di soldi visitando i grandi di questo mondo, per niente: siamo nel mezzo di una guerra e non abbiamo ancora visto gli americani, o i francesi o altri paesi del mondo venire in nostro aiuto.
Lo stato d’assedio che va avanti nelle province dell’Est del Paese da maggio 2021 è servito a qualcosa?
Prima che arrivasse la guerra qui, i militari sono venuti a gestire le nostre istituzioni con il pretesto di proteggere e mettere in sicurezza la città. Non vediamo però l’aiuto che ci è stato dato; al contrario, ci sono stati più morti. Se dà un’occhiata al campo militare qui vedrà le miserabili condizioni in cui vivono le nostre truppe. Come vuole che vivano? Aspettano il calar della notte e col fucile entrano nelle case dei civili e li uccidono, e nessuno dice niente. I grandi di questo mondo sono attratti dai minerali e per loro la vita umana non conta.
Dietro questa aggressione c’è solo l’avidità di minerali, o anche di terre?
Le due cose. Ci sono multinazionali che cercano minerali; c’è anche il fatto che il Rwanda è un paese piccolo con una forte demografia: potrebbe voler scaricare qui parte della sua popolazione. Ma questo non è un motivo per fare guerra! Il Congo è ancora vergine: possiamo accogliere qui tutto il Rwanda e ci sarà ancora tanto spazio.
Alcuni dicono che molti nomi di località del Nord-Kivu sono in lingua ruandese, il che significherebbe che appartengono al Rwanda…
Forse, ma non sono stati i Congolesi a stabilire i confini: è stato il Congresso di Berlino del 1885. Da allora, come mai solo adesso rivendicano queste terre? Inoltre, l’Unione Africana ha deciso di considerare definitivi i confini tracciati a Berlino.
Vivo in questa regione da quando sono nato: non si distingueva un congolese da un ruandese. Ai tempi di Habyarimana, non c’erano problemi tra ruandesi e congolesi: era come un unico paese. Inoltre, la regione era un tempo chiamata Congo-Rwanda-Urundi. È dal momento in cui Kagame ha preso il potere in Ruanda nel 1994 che abbiamo visto arrivare queste guerre. Anche se si vuole prendere delle terre, non si viene con fucili per uccidere: c’è modo di risolvere il problema. Il popolo congolese è ospitale e accogliente: milioni di Ruandesi vivono da decenni sul suo suolo senza problemi.
C’è un legame tra i massacri che si susseguono dal 2017 nel Nord Kivu e nell’Ituri e la guerra che sta vivendo il sud del Nord-Kivu?
Sì, c’è un collegamento. Coloro che uccidono le persone a Beni sono ugandesi: perché non attaccano il loro Paese? Le ADF stanno massacrando le persone in modo che le popolazioni fuggano e abbandonino la terra che occuperanno i Ruandesi o gli Ugandesi. O gli Interahamwe, perché non attaccano il loro Paese, il Ruanda? Li ricevono in Rwanda e dopo pochi mesi li rimandano qui per massacrare la popolazione congolese.
Cosa chiede ai grandi di questo mondo?
La pace. La vita umana è sacra. Che facciano quello che vogliono, ma abbiano pietà della gente che stanno massacrando. È orribile quello che sta accadendo in questo Paese: un vero e proprio genocidio.
Oggi, 27 gennaio, è il giorno della memoria dell’Olocausto degli Ebrei. Si può parlare di Shoah anche per il popolo congolese?
Non servirà a nulla nel futuro scegliere un giorno di memoria, quando le persone sono già state massacrate, per ricordarle. È adesso che si deve intervenire e mettere fine ai massacri. Sono milioni i Congolesi che hanno perso la vita dall’entrata dell’AFDL nel 1996, nessuno ne parla e si continua a morire.
Il fatto che il Mapping Report non abbia avuto un seguito giuridico ha il suo peso su questa situazione?
A cosa serve questo rapporto? Di rapporti sulla Repubblica Democratica del Congo ce ne sono tanti alle Nazioni Unite, ma sono messi nel cassetto. C’è molta ipocrisia e menzogna nella politica.
È quindi una guerra che è contro la popolazione stessa…
Avete sentito parlare di Kishishe, dove il 29 e 30 dicembre 2022 sono state uccise circa 300 persone: è la popolazione che viene massacrata. E anche se fosse uno scontro tra due eserciti, la popolazione è implicata: dove due elefanti combattono, è l’erba che soffre! Quanti morti tra gli sfollati!
Dal 1996, il Paese ha vissuto guerre guidate da movimenti con diverse denominazioni AFDL, RCD, CNDP, M23… Sono davvero diversi?
Perché queste guerre ripetute? Ovviamente non nell’interesse della popolazione, ma di chi le fa. Questi movimenti sono un’unica realtà, che viene sempre da Kagame, dal Rwanda. So perché le grandi potenze hanno scelto il Ruanda: è un Paese molto povero, che non può vivere senza gli aiuti internazionali. Avete sentito dire che Kagame era pronto ad accogliere immigrati dalla Gran Bretagna, mentre non ha spazio e ha milioni di cittadini rifugiati in Congo e nel mondo. Sfortunatamente Kagame ha accettato di fare il gioco dei grandi di questo mondo e ora ha contrapposto la popolazione congolese a quella ruandese.
Dei Congolesi vogliono che il presidente dichiari guerra aperta al Ruanda. Cosa pensa di questa ipotesi?
Questa non è una buona cosa: la guerra non è una soluzione. Le vittime sono la popolazione, quella congolese come quella ruandese. Pensa che tutti i ruandesi applaudano Kagame? No! Un essere umano non può amare la guerra. La guerra non sceglie le sue vittime.
Quando si pensa che basterebbe una telefonata, come nel 1998…
Questa è la soluzione. Non armi, perché la violenza genera violenza. È sufficiente che il governo degli Stati Uniti e Macron facciano pressione e una settimana dopo non ci sarà più guerra. La guerra non è una soluzione.