Cosa abbiamo fatto per meritarci Zelensky?

articoli e video di FAI, Ennio Remondino, Vincenzo Costa, Francesco Masala, Julien Gracq, Zelensky, Francesco Gesualdi, Mauro Saudino, Giuseppe Germinario, Max Bonelli, Stefano Orsi, Pepe Escobar, Roberto Buffagni, Marinus, Giulio Marcon, James B. Bissett, Sara Reginella, Jeffrey Sachs, Marco Travaglio, Angelo D’Orsi, CALP, Usb, Eliseo Bertolasi, Francesco Cappello

Signor presidente, non è mai troppo tardi per disertare (o forse sì) – Francesco Masala

…Abbiamo fatto finta. Oppure si è calcolato su dei dati truccati, cifre false. Che non ingannavan nessuno, ma che salvavan la faccia. Perché calcolare veramente ci avrebbe impedito di arrischiare…Ed era il rischio che attirava. Nemmeno il rischio. Forse ci sono momenti in cui si corre all’avvenire come a un incendio, in disordine, senza calcolar niente; momenti in cui esso intossica come una droga, cui non resiste più un corpo debilitato…

(La riva delle Sirti – Julien Gracq, pag. 304)

 

La Nato, che produce morte, ha fatto male i conti, se volevano distruggere la Russia. Se l’obiettivo, alla Casa Bianca, era distruggere, distruggere, distruggere, l’obiettivo raggiunto con successo tutti i giorni.

Avevano cento obiettivi, gli incapaci governanti europei, e ne hanno fallito duecento, un record mondiale.

Si capisce la pars destruens, non si capisce la pars construens, si sono dimenticati di dircelo, i grandi capi di niente europei.

Immaginate di buttare bombe sugli abitanti del paese vicino e, una volta scoperti, essere (noi) molto offesi perché non ci salutano più.

Immaginate di mandare (questo significa essere mandanti) bombe e ogni tipo di armi per ammazzare i russi e gli ucraini che parlano russo, e, avendo la faccia come il culo, ci offendiamo (noi), poveri stupidi, perché i russi decidono di non aprire il portone del loro negozio dove andavamo sempre a fare la spesa, a prezzi buoni.

 

Vorrei ricordare qualche azione memorabile del nostro tramontante e velenoso impero, quello del colonialismo genocida, al quale i nostri governanti hanno partecipato e partecipano con convinzione, e giurano eterna fedeltà, fino alla morte dell’impero, che si avvicina.

C’era Allende, l’abbiamo ammazzato, in cambio di Pinochet.

C’erano gli splendidi ragazzi egiziani in piazza contro Mubarak, noi abbiamo sostenuto Al Sisi e la sua banda di assassini, torturatori e secondini.

Ogni giorno i soldati israeliani ammazzano e umiliano i palestinesi, noi, memori dei valori della Resistenza, sosteniamo i carnefici.

C’era un “antipatico” Gheddafi, adesso abbiamo la pax (o bellum) libica.

Senza dimenticarci mai di Patrice Lumumba e di Haiti.

 

E che spettacolo a Venezia, tutto fa spettacolo, i bambini morti in Ucraina (ci saranno anche i morti ammazzati dagli ucraini in Donbass?, chissà).

E i nomi dei bambini ammazzati in Afghanistan, in Palestina, in Iraq, e quelli morti in Yemen?  Non pervenuti.

 

E poi la Crimea, quanto urlano gli inglesi, che occupano un pezzo del territorio spagnolo (Gibilterra) e le isole vicino all’Argentina, e gli spagnoli, che occupano un pezzo del territorio del Marocco (Ceuta e Melilla), e gli Usa, che occupano un pezzo di Cuba (Guantanamo), ma la Crimea no, la Russia non ha un impero come quello Britannico e Spagnolo e Usa, tutti gli imperi sono uguali, ma qualche impero è più uguale di altri.

 

Diceva John Belushi: Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare, ma quando il gioco è troppo sporco e schifoso forse ci vuole più coraggio a non giocare.

Disertiamo, signor Presidente!

 

 

Zelensky al Festival di Venezia

Zelensky riesce a fare schifo anche al Festival di Venezia: fa scorrere l’elenco dei giovani Ucraini morti, dimenticando di informare che sta quotidianamente bombardando civili in Donbass

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La favola dell’orco e dei buoni – Francesco Gesualdi

Ci hanno presentato la guerra in Ucraina come una favola: di là l’orco cattivo, di qua i buoni che vogliono punirlo.  La verità è che ci troviamo di fronte all’esito di un braccio di ferro fra due fronti contrapposti (Russia e Nato), ambedue animati da spirito di dominio, che stanno usando l’Ucraina come vittima sacrificale.

Per cui non esiste di  là  il cattivo, di qua i buoni, bensì due  cattivi, ambedue capaci di aggressione quando serve ai propri scopi. Lo dimostra la storia.

La guerra in Ucraina va fermata perché massacra un popolo, perché ci espone a rischio di catastrofe nucleare, perché aggrava all’inverosimile la questione climatica e ambientale, perché getta nella disperazione milioni di famiglie, in tutta Europa, per la crisi energetica che ha provocato e che le leggi di mercato, tutte a favore delle multinazionali finanziarie e petrolifere, stanno trasformando in catastrofe sociale.

L’unico modo per fermarla è dire no alla guerra e allo spirito di dominio che  anima ambedue gli schieramenti. Una strada che si attua attraverso tre iniziative:

1) stop all’invio di armi che serve solo a prolungare la guerra ingrassando i produttori di armi;

2) avvio  di dialogo fra Russia ed Unione Europea per garantire pace al continente;

3) riduzione delle spese militari e della produzione di armi.

Se condividi questa prospettiva,  invia questo messaggio ai tuoi amici. È arrivato il tempo di fare sentire un’altra voce nel paese. La voce di chi non vuole la guerra perché giova solo ai potenti.

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Mozione approvate al XXXI Congresso della F.A.I. a Empoli del 2-5 giugno 2022

Dall’Ucraina allo Yemen, dai paesi del Sahel al Myanmar, dall’Afganistan al Tigrai e altrove, passando per tutte le regioni in cui genocidi come quello curdo e quelli delle popolazioni indigene e afro-discendenti sono in corso, siamo tutte e tutti potenzialmente sotto le bombe e la minaccia di distruzione, repressione e svolta autoritaria. Sappiamo bene che le porte girevoli tra le cosiddette democrazie e le cosiddette autocrazie possono muoversi molto rapidamente, e che lo stato di guerra riduce rapidamente gli spazi a chi voglia agire per la trasformazione sociale. Diamo sempre la nostra solidarietà umana a chi soffre e rischia la vita trovandosi in situazioni difficili, anche se ha idee e pratiche distanti da quelle che esprimiamo.

L’anarchismo sociale rompe le attuali logiche imperiali, capitaliste, nazionaliste e autoritarie, respinge le divisioni imposte dai confini, e il concetto dell’integrità o della “difesa” territoriale di uno Stato o di una qualunque entità che aspira ad esserlo non ci appartiene perché, associato al principio della sovranità territoriale, finisce inevitabilmente per legarsi a prospettive nazionaliste o micro-nazionaliste. Qualsiasi cosa voglia dire la parola “nazione”, essa nasconde la divisione tra sfruttat* e sfruttatori, tra oppress* e oppressori.

Ribadiamo la nostra condanna irrevocabile e senza ambiguità del regime putiniano e della sua criminale invasione dell’Ucraina, nonché della sua feroce repressione del dissenso interno. Ma condanniamo anche il criminale ruolo di tutti i governi che soffiano sul fuoco di questo e altri conflitti fornendo armi e guadagnando sulle forniture. Ci opponiamo nella maniera più decisa alla NATO che da anni cerca di imporre la militarizzazione della vita sociale e l’aumento delle spese militari nei paesi membri, e che grazie a Putin si è rilanciata dopo la fine ingloriosa dell’aggressione all’Afghanistan. Nello stesso modo rifiutiamo la narrazione di una guerra fra libertà e dittatura. Da questo punto di vista, l’Ucraina di Zelensky è veramente una piccola Russia, con un governo autoritario, una cerchia di oligarchi che saccheggia il paese, una repressione verso tutte le forme di protesta e verso le minoranze che la guerra ha reso più dura. Oggi Zelensky, pur di rimanere al potere, indebita e vende a pezzi il proprio Paese agli Usa, al Regno Unito, all’Unione Europea in cambio del loro appoggio militare. La penetrazione di interessi occidentali in Ucraina non è tuttavia esclusivamente legata all’invasione russa scattata il 24 febbraio: multinazionali dell’agroalimentare, molte statunitensi e una russa, controllano parte del granaio d’Europa e il principale scalo commerciale nel porto di Odessa da oltre 10 anni.

Le conseguenze di questa guerra sono drammatiche su entrambi i lati del fronte. Conseguenze disastrose anche per il resto d’Europa con l’aumento dei prezzi a causa della speculazione, l’aumento della militarizzazione, il riarmo, il peggioramento delle condizioni di vita di milioni di proletari, la paura e la violenza, che rischiano di diventare pericolosi strumenti per governi autoritari. Una realtà che torna ad essere percepita anche in Europa, ma che è ben presente in gran parte delle regioni del mondo, accompagnata dalla devastazione ambientale perpetrata dalla logica del profitto, dei mercati e degli Stati, che minaccia la vita stessa del pianeta dove viviamo…

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I visti alla Russia e la frattura est-ovest che peserà sul futuro d’EuropaEnnio Remondino

La sospensione dell’accordo sui visti con la Russia da parte dell’Unione Europea non avrà alcun effetto sulla guerra d’Ucraina, ma ne ha due per l’Europa, avverte Federico Petroni su Limes. Maggior difficoltà a conoscersi e la prima scelta politica di un certo peso che i paesi orientali dell’Ue impongono a quelli occidentali. Per frenare o rendere più controllabili i flussi in uscita dalla Russia (700 mila persone dall’inizio della guerra) ‘per infiltrare suoi agenti oltre frontiera’. Lettura molto fobica e irreale. 

Cremlino nemico assoluto

Gli Stati dell’Est dell’Unione a dare lezioni a quelli dell’Ovest su come (non) si tratta col Cremlino. «Come ha detto il premier polacco Mateusz Morawiecki in un’intervista al Figaro, i paesi orientali capiscono Mosca molto meglio della Francia. La Russia va chiusa in quarantena, non finché non faccia tacere le armi in Ucraina, ma finché non cesserà di sognare l’impero». Visione oltranzista diversa pure da quella degli Stati Uniti, contrari a una sospensione alla cieca dei visti. È un primo esempio di come il peso decisionale europeo stia slittando a est. E non è uno sviluppo a crescere.

Troppo Est fa male all’Unione

«Anche per questo la Germania in settimana si è dichiarata contro un ulteriore allargamento a oriente dell’Ue senza prima riformarla». Facile e assieme scioccante immaginare un’Ue a 30 o 36 membri, quindi con l’Ucraina, ancora con l’attuale vincolo di decisioni alla unanimità. La paralisi. Ad uscire allo scoperto il cancelliere tedesco Scholz, che torna a invocare l’abolizione dell’unanimità nelle decisioni di politica estera e sullo Stato di diritto. Italia silente per elezioni, e Francia e Spagna in difficoltà politiche interne, ma d’accordo.

Due Europa, da Nord-Sud a Ovest-Est

Il governo di Varsavia sta affiancando la Germania alla Russia come bersaglio del proprio nazionalismo. Vale l’esempio del vicepremier Jarosław Kaczyński, che ha celebrato la ricorrenza dell’invasione nazista (1° settembre 1939) annunciando che la Polonia vuole riaprire i negoziati con Berlino per le riparazioni della seconda guerra mondiale. Il conto, astronomico: 1300 miliardi di euro. (https://www.remocontro.it/2022/09/02/il-partito-nazionalista-polacco-vuole-miliardi-dalla-germania-per-i-danni-della-seconda-guerra-mondiale/)

Proposito irrealizzabile, ma che rende l’idea della competizione polacco-tedesca accesa dalla guerra d’Ucraina. E che segnerà i destini del continente, oltre che gli equilibri nell’Unione Europea.

Gli ucraini in fuga in Europa

Oltre 5 milioni di cittadini ucraini hanno lasciato il loro paese come diretta conseguenza della guerra.  Singolare situazione, il principale paese di destinazione è proprio lo Stato aggressore, la Russia (1,3 milioni). «La vicinanza geografica, i legami linguistici e talvolta etnici, il costo della vita più contenuto e/o l’assenza di alternative logisticamente praticabili hanno spinto buona parte della popolazione dell’Ucraina orientale a rifugiarsi nei territori della Federazione. Il fatto che la guerra si proietti a ovest ha poi spinto la popolazione nei pressi del fronte a muovere verso est», spiega Mirko Mussetti.

Dopo la Russia, la Polonia schierata       

Secondo Stato di destinazione  la Polonia con oltre 1,1 milioni di rifugiati. Terzo paese per accoglienza degli sfollati ucraini è la Germania (780 mila), il cui stato sociale è visto come rifugio ottimale da gran parte dei migranti. Oltre a Russia, Polonia e Germania, seguono Cechia (379 mila), Turchia (145 mila), Italia (137 mila), Spagna (124 mila), Francia (88 mila), Moldova (85 mila), Romania (82 mila). Tra i grandi paesi europei, il Regno Unito (11°poso) è il meno virtuoso in termini di accoglienza dei rifugiati, sebbene il governo di Londra sia tra i più fervidi sostenitori della c

‘Guerra d’attrito’, per quanto e per cosa?

In una recente intervista all’agenzia di stampa Ria il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato  che gli obiettivi territoriali in Ucraina sono mutati: «Le missioni che le truppe russe stanno affrontando sono sempre le stesse, ovvero la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, ma la loro geografia è cambiata. Se prima si trattava di liberare le Repubbliche Popolari di Donec’k e Luhans’k, ora ci riferiamo a territori molto più vasti, comprese le regioni di Kherson e Zaporižžja, così come ad altri territori dell’Ucraina. Questo processo continua in modo costante e ostinato».

Le ‘oblast’ di Odessa e Mykolajiv

E quando il ministro russo parla di «altri territori», sostiene Mirko Mussetti, «si riferisce con ogni probabilità alle oblast’ di Odessa e Mykolajiv». Il tratto costiero ancora in mano a Kiev che garantisce all’Ucraina l’accesso al Mar Nero e alle rotte del Mediterraneo. L’America arma (oltre i 15 miliardi), ma le super tecnologie non bastano per un esercito non addestrato ad usarle e decisamente stanco. «L’Ukraine fatigue», paventata dal premier britannico uscente Boris Johnson. Con il fronte del Donbas che potrebbe sgretolarsi entro l’estate, temono molti analisti occidentali.

Armi ucraine a minacciare la Russia

Lavrov avverte che fino a quando l’Occidente persisterà nell’inviare all’Ucraina «armi a raggio sempre più lungo come i missili Himars», la Russia non potrà che «spostare ancor più lontano gli obiettivi strategici». Ecco perché, secondo il capo della diplomazia di Mosca, «le trattative con Kiev in questo momento non hanno senso». Tanto più che l’Occidente dovrò affrontare crescenti problemi interni: inflazione, crisi energetica, deindustrializzazione, ricostituzione delle scorte di armi, migrazioni.

Lavrov contro i Kaczyński

E ancora Lavrov: «Una nuova cortina di ferro sta calando tra Russia e Occidente. Il processo è già in corso». Aggiungendo che «gli occidentali dovrebbero stare attenti a non infilarci le dita dentro» e precisando che Mosca ha deciso di «fare tutto il necessario per non dipendere da loro nei settori critici». Per la Russia la questione non è più se vi sarà un ritorno alla logica dei blocchi contrapposti, ma come sarà concretamente rimodulata la spartizione delle sfere d’influenza nel Vecchio Continente.

Russkij Mir

In termini geostrategici, una nuova cortina il più possibile a ridosso dell’ «istmo d’Europa», la linea più breve e maggiormente difendibile che separa l’Europa occidentale dal Russkij Mir, il mondo russo.

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Svizzera, presentata l’iniziativa popolare “Stop-F-35”

Il comitato svizzero contro i cacciabombardieri F-35, dopo poco meno di un anno, ha presentato alla Cancelleria federale l’iniziativa popolare “Stop-​F-35”. Ora la coalizione chiede al Consiglio federale di procedere il più presto possibile con tale iniziativa, permettendo così una decisione democratica sul più grande acquisto di armi della storia della Svizzera.

Con un totale di oltre 120.000 firme raccolte, di cui 103.000 validamente certificate, l’iniziativa “Stop-​F-35” è stata presentata a Berna il 16 agosto. Anja Gada, Segretaria di GSoA (Gruppo per una Svizzera Senza Esercito) spiega:

“Nonostante le difficili condizioni durante la pandemia e le ingerenze pubbliche nel procedimento di iniziativa popolare da parte della Ministra della Difesa Viola Amherd dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, abbiamo raccolto le firme necessarie in un tempo straordinariamente breve”

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La pace subito – Vincenzo Costa

 

Io ho una domanda ingenua: ma Zelensky da dove li ha presi i soldi per comprare una villa da milioni di Euro? Li ha guadagnati da attore di second’ordine qual era?

Chi è Zelensky? Sta facendo davvero l’interesse del popolo ucraino?

L’Europa si sta dissanguando per seguire le fantasie di quest’uomo, i suoi deliri. Ultimamente ha detto che “i russi hanno due possibilità: arrendersi o fuggire”. Qualcuno sano di mente può pensare che le cose stiano così?

In questi giorni sta avvenendo una carneficina in seguito alla famosa controffensiva ucraina. Migliaia di soldati lanciati verso la morte per conquistare qualche metro di terra.

Non ne sappiamo niente perché le bionde giornaliste Rai in Ucraina sono occupate a riportare racconti strappalacrime invece di raccontare gli eventi e informarci. Del resto, oramai la RAI è peggio dell’istituto luce. Eppure la carneficina sta avvenendo.

A che pro? Davvero può servire a ricacciare i russi sino ai confini? Davvero può portare alla sconfitta della Russia? Se non può portare a questo, a che cosa serve questo fiume di sangue? A chi giova?

Zelensky continua a trattare l’Europa e i suoi rappresentanti politici come se fossero i suoi scendiletti, continua a dettare le politiche che dovremmo adottare: ancora più sanzioni, ancora più armi, sapendo che più sanzioni significa distruggere l’economia europea, dato che i russi hanno oramai orientato le loro esportazioni verso altrove. Sapendo che più armi significa che anche i russi aumenteranno la loro reazione.

Sta distruggendo l’Europa per fare gli interessi di chi?

Sta generando un’escalation che produce morti perché?

Questo clown si permette di richiamare il papa, di rimproverarlo, di dettare quello che dovrebbe dire.

Oramai è in pieno delirio di onnipotenza. E nessuno tra le autorità istituzionali di questo paese alza la voce per dire: carissimo, datti una calmata.

Non ci stiamo accorgendo che stiamo affidando non solo le vite degli ucraini, ma anche le nostre a una persona forse squilibrata, ma probabilmente anche marionetta di altri poteri, torbidi, che lavorano contro di noi, per impoverire e indebolire l’Europa, prima della Russia.

La povertà verso cui stiamo scivolando ce la siamo cercata. Avevamo il gas a prezzi irrisori, e lo abbiamo rifiutato imponendo sanzioni. La nostra ricchezza derivava anche dal fatto che pagavamo il gas a prezzi stracciati.

Abbiamo attivato un processo inflativo che sta divorando i nostri risparmi e il nostro potere d’acquisto.

Migliaia di imprese chiuderanno, posti di lavoro saranno perduti.

E tutto questo perché? Per seguire i deliri di un pazzo o di una marionetta.

L’Italia è un paese fallito in cui, chiunque vinca le elezioni, non potrà fare altro che adottare misure economiche decise altrove e orientamenti politici e militari anch’essi decisi altrove.

La famosa agenda draghi ha portato all’8 % di inflazione, a un debito pubblico che oramai è fuori controllo e ci priva di ogni spazio di manovra e di sovranità politica, ha posto le premesse per il crollo del sistema produttivo nei prossimi mesi.

E non bastano misure urgenti, che sono palliativi, ossigeno sprecato per un moribondo. La rateizzazione non significa niente, prima o dopo bisogna pagare quelle imposte, altri scostamenti di bilancio (altro debito) è una cura che uccide il malato. I rigassificatori si possono fare, ma quanto ci viene a costare il gas liquefatto?

La soluzione è una sola: cercare la pace, riprendere a fare politica, a tessere relazioni diplomatiche, commerciali.

In questa campagna elettorale, si parla di tutto, tranne che del problema fondamentale: di come uscire dal vicolo cieco in cui la guerra in Ucraina ci ha portati.

Non se ne può parlare, del resto, perché chiunque sollevasse il tema sarebbe immediatamente inserito tra coloro che “non possono accedere al governo del paese”.

Qui oramai dire cose ragionevoli significa essere estremisti e sovversivi. Invece seguire i deliri di un pazzo significa essere responsabili. Si è capovolto l’asse terrestre.

Il dibattito pubblico è svuotato perché non si può parlare del vero tema, e non si può farlo perché non siamo più solo un paese a sovranità limitata: siamo un paese che ha cessato di esistere.

L’Italia esiste solo formalmente ormai, le sue istituzioni sono meri simulacri, svuotati di ogni rilevanza politica e decisionale.

Queste elezioni sono una farsa, un simulacro di democrazia: devono dare la parvenza che esista una cosa che non esiste più.

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Tra l'”afghanizzazione” e “sirianizzazione” dell’Ucraina – Pepe Escobar

 

The Cradle

 

Un anno dopo la stupefacente umiliazione degli Stati Uniti a Kabul – e sull’orlo di un altro grave castigo nel Donbass – c’è motivo di credere che Mosca sia diffidente nei confronti di Washington che potrebbe vendicarsi: sotto forma di un'”afghanizzazione” dell’Ucraina.

Non essendo in vista la fine del flusso di armi e finanziamenti occidentali verso Kiev, bisogna riconoscere che la battaglia ucraina rischia di disintegrarsi in un’altra guerra infinita. Come la jihad afghana degli anni ’80, che impiegava guerriglieri armati e finanziati dagli Stati Uniti per trascinare la Russia nelle sue profondità, i finanziatori dell’Ucraina impiegheranno questi metodi collaudati per condurre una battaglia prolungata che può estendersi nelle terre russe confinanti.

Tuttavia, questo tentativo statunitense di cripto-afghanizzazione accelererà al massimo il completamento di quelli che il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu descrive come i “compiti” della sua Operazione militare speciale (OMB) in Ucraina. Per Mosca, in questo momento, questa strada porta fino a Odessa.

Non doveva essere così. Fino al recente assassinio di Darya Dugina alle porte di Mosca, il campo di battaglia in Ucraina era in realtà sottoposto a un processo di “sirianizzazione”.

Come la guerra per procura straniera in Siria nell’ultimo decennio, i fronti intorno alle principali città ucraine si erano grosso modo stabilizzati. Perdendo sui campi di battaglia più grandi, Kiev si era sempre più spostata verso l’impiego di tattiche terroristiche. Nessuna delle due parti poteva dominare completamente l’immenso teatro di guerra. Le forze armate russe hanno quindi optato per mantenere un numero minimo di forze in battaglia, contrariamente alla strategia adottata nell’Afghanistan degli anni Ottanta…

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La propaganda NATO è a nudo. Le implicazioni dello studio del “Marine Corps Gazzette” – Roberto Buffagni

 

Espongo con la massima brevità le principali implicazioni, a mio avviso di eccezionale rilievo, dello studio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina pubblicato dalla “Marine Corps Gazette” nei numeri di giugno e agosto 2022. L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines. La traduzione italiana integrale dello studio di “Marinus” è disponibile ai due link in calce[1].

Per intendere quanto sto per scrivere è dunque necessario aver letto con attenzione il testo di “Marinus” che mi accingo a commentare.

 

  1. Perché lo studio di Marinus è così importante? Perché è un eccellente studio del conflitto in Ucraina, radicalmente discordante dall’interpretazione ufficiale largamente diffusa in Occidente, ed è: a) scritto da un tecnico di elevata competenza b) scritto da Autore insospettabile di parzialità a favore dei russi c) pubblicato dalla rivista del Corpo dei Marines: indirizzato dunque anzitutto a un reparto militare che deve prepararsi ad affrontare i russi sul campo di battaglia, e al quale appartiene anche l’Autore. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile. Dunque lo studio di Marinus proviene da una fonte insieme competente, obiettiva e affidabile, che ha tutto l’interesse ad accertare la verità.
  2. Come valuta Marinus le capacità dell’esercito russo? Tutta l’analisi di Marinus delle capacità dell’esercito russo è improntata a una preoccupata ammirazioneAmmirazione per le capacità strategiche e operative, per la flessibilità e adattabilità delle manovre, per l’abile combinazione di tipi diversi di campagna (manovra e attrito), per l’intelligente adattamento della condotta delle operazioni ai fini politici e psicologici. Ammirazione preoccupata perché è possibile che il Corpo dei Marines debba, in futuro, incontrare sul campo un nemico formidabile. Se concordiamo con l’analisi di Marinus, tutti i (molti, diffusi) giudizi negativi e sprezzanti sull’esercito russo e sulla sua condotta delle operazioni in Ucraina sono erronei.
  3. Come interpreta Marinus le incursioni compiute dall’esercito russo verso Kiev e a Nordovest dell’Ucraina all’inizio delle ostilità, e il ripiegamento delle truppe russe verso Sudest di cinque settimane dopo? Come un “Grande Inganno che, pur avendo scarso effetto in termini di distruzioni dirette, ha reso possibile il successivo logoramento delle forze armate ucraine”. Se concordiamo con Marinus, le interpretazioni che attribuiscono ai russi l’intenzione di impadronirsi di Kiev e/o dell’intera Ucraina, e il successivo ripiegamento delle truppe russe al fallimento di questi obiettivi in seguito a una sconfitta sul campo, sono errate.
  4. Quali previsioni sull’andamento del conflitto si possono ricavare dall’analisi di Marinus? Marinus non fa previsioni sul futuro andamento del conflitto in Ucraina. Dal suo studio si possono ricavare, senza forzarne l’interpretazione, le seguenti valutazioni: a) il comando russo ha sin dall’inizio saldamente in pugno le operazioni militari, e le conduce nella direzione desiderata b) l’esercito russo ha una netta superiorità sull’esercito ucraino, nonostante gli aiuti e la direzione NATO: superiorità di comando, intelligenza strategica, abilità operativa, potenza di fuoco c) l’esercito russo ha inflitto e continua a infliggere gravissime perdite all’esercito ucraino, subendone relativamente molto poche. Se concordiamo con queste valutazioni di Marinus, la previsione più ragionevole è che l’esercito ucraino ha zero possibilità di rovesciare le sorti sul campo, e corre un serio rischio di essere annientato.
  5. Se l’analisi di Marinus è corretta, perché le direzioni politiche occidentali sostengono il contrario, ossia che l’esercito russo è di scarso valore e si trova in difficoltà, voleva impadronirsi di Kiev e ha fallito, l’Ucraina può vincere, non si deve trattare? È tutta propaganda? No, non è tutta propaganda. C’è anche quella, ovviamente, e tanta, ma la linea ufficiale occidentale dipende, a mio avviso, da un iniziale errore di interpretazione in buonafede. Mi spiego.
  6. A mio avviso, le direzioni militari e politiche occidentali hanno interpretato erroneamente quello che Marinus chiama il “Grande Inganno”, ossia le iniziali incursioni russe nel Nordovest dell’Ucraina, e il ripiegamento di cinque settimane dopo.
  7. Le incursioni russe nel Nordovest dell’Ucraina, all’inizio delle ostilità, sono state segnate da molteplici scontri. I russi non hanno conquistato nessuna città, e hanno subito diverse piccole sconfitte tattiche, subendo perdite significative, perché l’esercito ucraino – il più numeroso, addestrato, armato esercito NATO (de facto) europeo – era intatto e combattivo. Gli osservatori militari occidentali hanno interpretato le prime cinque settimane di guerra – un “Grande Inganno”, secondo Marinus – come una prova delle scarse capacità dell’esercito russo, del suo fallimento, delle sue “prestazioni drammaticamente inadeguate[2]; e ne hanno concluso che fosse possibile infliggergli una sconfitta decisiva.
  8. Un errore di interpretazione delle prime cinque settimane di ostilità è più che comprensibile e scusabile, proprio perché – secondo Marinus – esse consistevano in una grande manovra diversiva, volta a ingannare il nemico sui veri obiettivi militari e politici russi, situati nel teatro principale delle operazioni: il Donbass.
  9. Quel che non è comprensibile o scusabile è la decisione strategica che ne hanno immediatamente ricavato le direzioni politiche occidentali, anzitutto statunitensi: rilanciare la posta strategica fino al cielo, enunciare ufficialmente come obiettivo occidentale l’indebolimento della Russia fino al punto di espellerla dal novero delle grandi potenze, rovesciandone il governo e forse frammentandola[3]; e impegnare su questa strategia massimalista e azzardata il prestigio degli Stati Uniti d’America, così privandosi di ogni futuro spazio di manovra politica e diplomatica…

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La politica ha rimosso la pace – Giulio Marcon

 

La situazione in Ucraina è gravissima a sei mesi dalla criminale invasione russa voluta da Putin (per una guerra che trova le sue origini nel 2014). L’Italia è di fatto in guerra – come minimo ne è attiva sostenitrice – ma il tema è derubricato nelle appendici dei programmi dei partiti in questa campagna elettorale.

La guerra in Ucraina è assente dalla campagna elettorale. Non ne parla quasi nessuno e soprattutto nessuno che si faccia promotore – non a chiacchiere, ma con proposte concrete – di un’idea di politica estera e della difesa ispirata alla pace e alla cooperazione internazionale, che ne faccia il tema centrale della campagne elettorale.

La situazione in Ucraina è gravissima a sei mesi dalla criminale invasione russa voluta da Putin (per una guerra che trova le sue origini nel 2014): i pericoli per la pace in Europa e nel mondo sono enormi e tutto si concentra sulle preoccupazioni – certo fondate – delle conseguenze del conflitto sull’approvvigionamento del gas e dell’aumento del suo prezzo. L’Italia è di fatto in guerra – come minimo attiva sostenitrice della guerra – ma il tema è derubricato nelle appendici dei programmi elettorali e in battute di circostanza in qualche intervista o iniziativa pubblica.

Quando fu fondata l’Associazione per la pace alla fine degli anni Ottanta , padre Ernesto Balducci ci invitò «a portare la pace nella politica», mentre oggi, sconsolati, assistiamo all’assenza della pace nella politica: quello che è peggio è che è la guerra ad essere «stata portata nella politica». Una parte della politica si è messa l’elmetto, un’altra assiste inerte o balbetta qualcosa.

Quello che si scrive nei programmi elettorali, poi, è ancora peggio di quello cui assistiamo: Più Europa auspica la continuazione dell’invio della armi in Ucraina e Azione il raggiungimento in tempi rapidi del 2% del Pil per la spesa militare. Dato per scontato che il centro-destra ribadisce nel suo “accordo di governo” la centralità dell’interesse nazionale e delle radici giudaico-cristiane dell’Europa, in nessun programma elettorale si fa riferimento alla necessità di una riforma delle Nazioni Unite. Un po’ ne parlano Più Europa e Partito democratico – ma non del suo ruolo prioritario, nè della sua centralità – ma nessun altro sembra accorgersi delle Nazioni unite. Ed è scoraggiante che i Cinque Stelle enfatizzino – come primo punto della politica estera – la loro fedeltà indefessa all’Alleanza atlantica e parlino di «no al riarmo», ma non di disarmo. E non è una sottigliezza.

Più promettente sembrerebbe il programma dei Verdi Sinistra Italiana che dedicano il tredicesimo capitolo del loro programma all’”Italia della pace” e hanno la colomba nel loro simbolo elettorale. E in effetti – oltre ad un’attenzione al tema della guerra e a quella in Ucraina – ci sono una serie di misure condivisibili e circostanziate sui temi della difesa nonviolenta e dei corpi civili di pace. Dopodichè per le armi si propone la “moratoria sulle spese aggiuntive”: e la riduzione delle spese militari no?

E l’invio delle armi in Ucraina? Si sorvola. Gli F35 – che erano stati al centro della mobilitazione negli anni scorsi – completamenti dimenticati. Come è rimosso il tema delle Nazioni Unite, dell’«Onu dei popoli», per dirla con Don Tonino Bello. La stessa dimenticanza (dell’Onu e dei cacciabombardieri F35) è nel programma di Unione Popolare, che pure è chiaramente a favore della riduzione delle spese militari e contro l’invio delle armi in Ucraina. Ma di politiche della nonviolenza non si parla mai.

Se poi si passa dalle proposte ai nomi, tanta acqua è passata sotto i ponti in pochi anni. Nel 2013 erano stati candidati nelle liste di Italia Bene Comune e di Rivoluzione Civile il segretario del Movimento Nonviolento, il coordinatore della Tavola della pace, il coordinatore della Rete Disarmo, il presidente di un’organizzazione pacifista come l’ARCI, e altri ancora. E oggi? Niente. In liste governate dall’ossessione della sopravvivenza del ceto politico esistente o dell’ascesa di quello aspirante a esserlo di nuovo, non c’è spazio per la società civile e i pacifisti, men che meno per coloro che si sono impegnati contro la guerra in Ucraina.

Anche per questo disinteresse verso la pace e verso i pacifisti, il crepuscolo della politica democratica e della sinistra italiana assume i toni desolanti di una diffusa irresponsabilità verso il dramma che stiamo vivendo di fronte ad una guerra – come quella in Ucraina – che rischia di sfuggire dei mano e travolgere l’Europa, e non solo. La speranza che la guerra e la pace tornino al centro di questa campagna elettorale non è cessata. Ma, dai programmi e dalle liste elettorali e dal dibattito in corso qualche serio dubbio lo abbiamo.

Pubblicato anche da il manifesto del 27 agosto 2022

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Il ritorno del sonnambulismo: Sarajevo 1914 – Ucraina 2022 – James B. Bissett

  

Una decina di anni fa, nel libro “The Sleepwalkers” (“I sonnambuli”), lo storico britannico Christopher Clark descriveva come la leadership delle potenze europee si fosse inconsapevolmente incamminata sulla strada della Prima Guerra Mondiale, così facendo causando la morte di più di 15 milioni di persone. Oggi assistiamo ad un altro tragico caso di “sonnambulismo”, mentre una guerra che sta causando morte e distruzione imperversa in Ucraina e si corre il rischio di una catastrofe nucleare.

Come nel caso di Sarajevo nel 1914, l’odierno conflitto in Ucraina non era inevitabile, ed è stato causato dall’inettitudine dalle potenze NATO guidate dagli Stati Uniti. Apparentemente, il problema sembrava facile da risolvere. Era incentrato sull’aspettativa che l’Ucraina diventasse un membro della NATO, un evento cui la Russia si opponeva da tempo. È impossibile credere che gli americani e gli altri leader NATO non avessero previsto che un’operazione del genere sarebbe stata interpretata dai russi come causa di una guerra.

Il colpo di stato condotto a Kiev nel 2014, organizzato dagli americani e che ha diviso il paese e condotto ad una guerra civile che dura da otto anni tra la regione filo-russa del Donbas e il resto del paese, è stato percepito da Mosca come un attacco contro la Russia. Durante questi anni l’Ucraina ha ricevuto dagli Stati Uniti attrezzature militari per miliardi di dollari, oltre che l’addestramento delle proprie truppe. A sua volta, i filo-russi hanno ricevuto supporto militare da parte di Mosca. Questo è stato il preludio di ciò che sta accadendo oggi in Ucraina.

Con il fallimento degli accordi di Minsk e il rifiuto della NATO di soddisfare la richiesta russa di garantire 1) che l’Ucraina non sarebbe diventata un nuovo membro dell’organizzazione e 2) che le basi missilistiche NATO installate in Polonia e Romania sarebbero state rimosse, lo scenario era pronto per un’escalation militare. La probabilità che ciò sarebbe accaduto e la conferma che la Russia avesse tracciato una chiara linea da non oltrepassare è stata evidenziata dall’ammassamento di oltre centomila soldati russi lungo il confine con l’Ucraina.

È stato durante questo periodo che i leader della NATO guidati dagli Stati Uniti hanno avuto la possibilità di prevenire i terribili orrori della guerra su vasta scala che si sta verificando oggi in Ucraina e il rischio aggiuntivo che il conflitto si allarghi e si trasformi in un disastro nucleare. Accettare le richieste della Russia sarebbe stato in linea con lo scopo della NATO, come ancorato nel primo articolo del trattato NATO, che la NATO era un’organizzazione puramente difensiva e non avrebbe mai usato o minacciato di usare la forza nella risoluzione delle controversie internazionali, e agirebbe sempre in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. Tuttavia, come la storia registrerà, i paesi della NATO guidati dagli Stati Uniti hanno ignorato le richieste della Russia e, come accadde nel 1914, i leader del 2022, “camminarono nel sonno” in guerra.

È durante questo periodo che gli Stati Uniti avrebbero avuto la possibilità di prevenire i terribili orrori della guerra su vasta scala che si sta combattendo oggi in Ucraina, oltre che il rischio aggiuntivo che il conflitto si allarghi e si trasformi in un disastro nucleare. Accettare la richiesta Russa sarebbe stato in linea con lo scopo principale della NATO, così come è esplicitato nel primo articolo del trattato, ovverosia che la NATO è un’organizzazione a scopo puramente difensivo, e non userebbe o minaccerebbe mai di usare la forza nella risoluzione delle controversie internazionali, agendo sempre in conformità con la Carta della Nazioni Unite. Tuttavia nella storia rimarrà impresso come i paesi della NATO guidati dagli Stati Uniti ignorarono le richieste russe, incamminandosi verso la guerra, come i “sonnambuli” del 1914.

L’incapacità di garantire al Presidente Putin che l’Ucraina non sarebbe diventata a fare parte della NATO è stato il fattore scatenante che ha convinto il leader russo a intervenire. Tuttavia, è solo una delle tante ragioni che hanno ormai convinto la leadership russa del fatto che la NATO a guida americana non solo non sia affidabile, ma sia determinata a forzare un cambio di regime a Mosca, così come ha effettivamente fatto in numerosi altri paesi.

La NATO aveva infatti già violato il proprio trattato nel 1999, con il bombardamento illegale della Serbia. Il bombardamento, che continuò per 78 giorni fu annunciato dai media occidentali come un atto umanitario per prevenire un genocidio in Kosovo.

Tutti i paesi della NATO, ad eccezione della Grecia, parteciparono a questo atto illegale, che ha violato il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite. Il bombardamento venne seguito dal riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, senza che nemmeno si svolgesse un referendum. Che questo atto illegale stesse violando la sovranità serba fu semplicemente ignorato. L’unica preoccupazione fu avvertita del presidente Putin, che capì come anch’egli un giorno avrebbe potuto sperimentare analoghe dinamiche.

Fu nel marzo del 1999, durante il bombardamento della Serbia e la celebrazione a Washington del 50° anniversario della fondazione della NATO, che il Presidente Clinton annunciò un nuovo “Concetto Strategico” per la NATO. Il nuovo “concetto” consisteva nel modernizzare l’organizzazione, rendendola adatta alle sfide del nuovo secolo. Si fece riferimento a nuove funzioni, come “prevenzione del conflitto”, “gestione delle crisi”, “operazioni di risposta alle crisi”. In effetti, questo nuovo concetto trasformò la NATO da un’organizzazione con scopi puramente difensivi ad uno strumento di proiezione militare all’estero degli Stati Uniti. Oggi la NATO può intervenire ovunque, ogniqualvolta lo ritenga necessario…

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Jeffrey Sachs è una delle poche persone che non ha paura di scrivere la verità.

 

The West’s Dangerously Simple-Minded Narrative About Russia and China – Jeffrey Sachs

 

Il mondo è sull’orlo della catastrofe nucleare in gran parte a causa dell’incapacità dei leader politici occidentali di essere schietti sulle cause dell’escalation dei conflitti globali. L’implacabile narrativa occidentale secondo cui l’Occidente è nobile mentre Russia e Cina sono malvagie è ingenuo e straordinariamente pericoloso. È un tentativo di manipolare l’opinione pubblica, non di occuparsi di una diplomazia molto reale e pressante.

L’Europa dovrebbe riflettere sul fatto che il mancato ampliamento della NATO e l’attuazione degli accordi di Minsk II avrebbero evitato questa terribile guerra in Ucraina.

La narrativa essenziale dell’Occidente è incorporata nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’idea centrale degli Stati Uniti è che la Cina e la Russia siano nemiche implacabili che “tentano di erodere la sicurezza e la prosperità americane”. Questi paesi sono, secondo gli Stati Uniti, “determinati a rendere le economie meno libere e meno eque, a far crescere i loro eserciti e a controllare le informazioni e i dati per reprimere le loro società ed espandere la loro influenza”.

L’ironia è che dal 1980 gli Stati Uniti sono stati coinvolti in almeno 15 guerre d’elezione all’estero (Afghanistan, Iraq, Libia, Panama, Serbia, Siria e Yemen solo per citarne alcune), mentre la Cina non è stata in nessuna e solo la Russia in uno (Siria) oltre l’ex Unione Sovietica. Gli Stati Uniti hanno basi militari in 85 paesi, la Cina in 3 e la Russia in 1 (Siria) oltre l’ex Unione Sovietica.

Il presidente Joe Biden ha promosso questa narrazione, dichiarando che la più grande sfida del nostro tempo è la competizione con le autocrazie, che “cercano di far avanzare il proprio potere, esportare ed espandere la propria influenza in tutto il mondo e giustificare le loro politiche e pratiche repressive come un modo più efficiente per affrontare le sfide di oggi”. La strategia di sicurezza degli Stati Uniti non è opera di un singolo presidente degli Stati Uniti, ma dell’establishment della sicurezza statunitense, che è ampiamente autonomo e opera dietro un muro di segretezza.

La paura eccessiva di Cina e Russia viene venduta a un pubblico occidentale attraverso la manipolazione dei fatti. Una generazione prima George W. Bush, Jr. vendette al pubblico l’idea che la più grande minaccia dell’America fosse il fondamentalismo islamico, senza menzionare che era stata la CIA, con l’Arabia Saudita e altri paesi, a creare, finanziare e schierare i jihadisti in Afghanistan, Siria e altrove per combattere le guerre americane.

Oppure si consideri l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica nel 1980, che è stata dipinta dai media occidentali come un atto di perfidia non provocata. Anni dopo, abbiamo appreso che l’invasione sovietica era stata effettivamente preceduta da un’operazione della CIA progettata per provocare l’invasione sovietica! La stessa disinformazione si è verificata nei confronti della Siria. La stampa occidentale è piena di recriminazioni contro l’assistenza militare di Putin a Bashar al-Assad in Siria a partire dal 2015, senza menzionare che gli Stati Uniti hanno sostenuto il rovesciamento di al-Assad a partire dal 2011, con la CIA che ha finanziato una grande operazione (Timber Sycamore) per rovesciare Assad anni prima dell’arrivo della Russia.

O più recentemente, quando la presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi è volata incautamente a Taiwan nonostante gli avvertimenti della Cina, nessun ministro degli esteri del G7 ha criticato la provocazione di Pelosi, eppure i ministri del G7 insieme hanno criticato duramente la “reazione eccessiva” della Cina al viaggio di Pelosi.

La narrativa occidentale sulla guerra in Ucraina è che si tratta di un attacco non provocato di Putin nel tentativo di ricreare l’impero russo. Eppure la vera storia inizia con la promessa occidentale al presidente sovietico Mikhail Gorbaciov che la NATO non si sarebbe allargata a est, seguita da quattro ondate di ampliamento della NATO: nel 1999, incorporando tre paesi dell’Europa centrale; nel 2004, incorporandone altri 7, anche nel Mar Nero e negli Stati baltici; nel 2008, impegnandosi per l’allargamento in Ucraina e Georgia; e nel 2022, invitando quattro leader dell’Asia-Pacifico alla NATO per prendere di mira la Cina.

Né i media occidentali menzionano il ruolo degli Stati Uniti nel rovesciamento nel 2014 del presidente filo-russo dell’Ucraina Viktor Yanukovich; l’incapacità dei governi di Francia e Germania, garanti dell’accordo di Minsk II, di esercitare pressioni sull’Ucraina affinché adempisse ai propri impegni; i vasti armamenti statunitensi inviati in Ucraina durante le amministrazioni Trump e Biden in vista della guerra; né il rifiuto degli Stati Uniti di negoziare con Putin sull’allargamento della NATO all’Ucraina.

Naturalmente, la NATO dice che è puramente difensivo, quindi Putin non dovrebbe avere nulla da temere. In altre parole, Putin non dovrebbe prestare attenzione alle operazioni della CIA in Afghanistan e in Siria; il bombardamento NATO della Serbia nel 1999; il rovesciamento da parte della NATO di Moammar Gheddafi nel 2011; l’occupazione NATO dell’Afghanistan per 15 anni; né la “gaffe” di Biden che chiedeva la cacciata di Putin (che ovviamente non era affatto una gaffe); né il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin affermando che l’obiettivo della guerra degli Stati Uniti in Ucraina è l’indebolimento della Russia.

Al centro di tutto questo c’è il tentativo degli Stati Uniti di rimanere la potenza egemonica mondiale, aumentando le alleanze militari in tutto il mondo per contenere o sconfiggere Cina e Russia. È un’idea pericolosa, delirante e fuori moda. Gli Stati Uniti hanno solo il 4,2% della popolazione mondiale e ora solo il 16% del PIL mondiale (misurato ai prezzi internazionali). In effetti, il PIL combinato del G7 è ora inferiore a quello dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), mentre la popolazione del G7 è solo il 6% del mondo rispetto al 41% dei BRICS.

C’è un solo paese la cui fantasia autodichiarata è quella di essere la potenza dominante del mondo: gli Stati Uniti. È passato il tempo che gli Stati Uniti riconoscessero le vere fonti di sicurezza: la coesione sociale interna e la cooperazione responsabile con il resto del mondo, piuttosto che l’illusione dell’egemonia. Con una politica estera così rivista, gli Stati Uniti e i loro alleati eviterebbero la guerra con Cina e Russia e consentirebbero al mondo di affrontare la sua miriade di crisi ambientali, energetiche, alimentari e sociali.

Soprattutto, in questo momento di estremo pericolo, i leader europei dovrebbero perseguire la vera fonte della sicurezza europea: non l’egemonia statunitense, ma accordi di sicurezza europei che rispettino i legittimi interessi di sicurezza di tutte le nazioni europee, inclusa sicuramente l’Ucraina, ma anche della Russia, che continua a resistere all’allargamento della NATO nel Mar Nero. L’Europa dovrebbe riflettere sul fatto che il mancato ampliamento della NATO e l’attuazione degli accordi di Minsk II avrebbero evitato questa terribile guerra in Ucraina. In questa fase, la diplomazia, non l’escalation militare, è la vera strada verso la sicurezza europea e globale.

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Quando la realtà è putiniana – Marco Travaglio

 

Le sanzioni europee contro la Russia si rivelano sanzioni contro l’Europa, mentre alla Russia non fanno un baffo. Questo disastro è causato dall’insipienza delle classi dirigenti europee inclusi i nostri Migliori. Perché non discuterne? Perché incolpare di putinismo chi guarda in faccia alla realtà?

 

Se la nostra campagna elettorale non fosse falsata dalle ingerenze americane, i partiti discuterebbero soltanto della questione fondamentale: le sanzioni dell’Europa contro la Russia, che si sono rivelate sanzioni contro l’Europa, mentre alla Russia non fanno un baffo. Tant’è che Putin brucia il metano che non ci vende più (guadagnando più di prima dal boom dei prezzi) e la Von der Leyen ci invita con nonchalance a “prepararci a una potenziale interruzione totale del gas russo“: cioè a una sanzione della Russia contro l’Ue che, diversamente da quelle dell’Ue contro la Russia, farebbe malissimo ai destinatari, cioè a noi che saremo autosufficienti forse fra 3-4 anni.

Un disastro di queste proporzioni, causato dall’insipienza delle classi dirigenti europee, inclusi i nostri Migliori, dovrebbe monopolizzare il dibattito elettorale: i partiti dovrebbero chiedersi se non sia il caso di rivedere sanzioni che danneggiano chi le impone, mentre la presunta vittima se la ride. Invece ne parla solo Salvini, che appena pronuncia la parola Russia fa pensare a Savoini al Metropol e agli accordi fra Lega e Russia Unita. Ma il tema è troppo serio – visti i danni incalcolabili che le auto-sanzioni stanno per provocare a migliaia d’imprese che falliranno e a milioni di famiglie che sprofonderanno nella miseria più nera – per lasciarlo al Cazzaro Verde.

Le sanzioni dovevano accelerare il default russo e dissanguare il regime putiniano per levargli i mezzi per la guerra ucraina, scatenargli contro il malcontento popolare e accelerarne la caduta. Invece i russi mantengono il controllo del Sud-Est ucraino, la controffensiva di Kiev esiste solo sui giornali della propaganda atlantista, l’economia russa tiene botta e Putin appare ben saldo. A dissanguarsi è l’Ue, per la gioia degli unici beneficiari di questa follia collettiva: gli Usa. Lo dice il Fmi, smentendo il Consiglio Ue: in Russia il calo del Pil nel 2022 non sarà dell’11%, ma del 6. E siccome l’export di energia supererà di 100 miliardi di dollari quello del 2021, il totale delle esportazioni crescerà, con un’inflazione vicina al 10% dell’Eurozona.

Anche l’Economist conferma che l’Ue ha confuso i sogni con la realtà: “L’economia russa continua a battere le attese e la guerra delle sanzioni non va come previsto”; dopo lo choc iniziale “il sistema finanziario s’è stabilizzato e il Paese sta trovando nuovi fornitori, inclusa la Cina. Intanto in Europa la crisi energetica potrebbe innescare una recessione”. Che renderà sempre più impopolare il sostegno militare all’Ucraina, vista la sua conclamata inutilità in assenza di risultati sul campo.

Fino a quando i governi europei continueranno a sanzionare i loro popoli, a credere alla loro propaganda e a scambiare la realtà per putinismo?

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6 mesi fa iniziava il ‘nuovo mondo’ – Pepe Escobar

 

The Cradle

[Tradotto dall’inglese da Nora Hoppe]

 

L’inevitabile trasferimento di potere dall’Occidente sta portando a un’impennata del terrorismo sponsorizzato dallo Stato, ma questo farà poco per invertire la tendenza.

 

Sei mesi dopo l’inizio dell’Operazione militare speciale (OMS) della Russia in Ucraina, le placche tettoniche geopolitiche del XXI secolo sono state dislocate con una velocità e una profondità strabilianti, con immense ripercussioni storiche già a portata di mano.

Parafrasando T.S. Eliot, questo è il modo in cui inizia il (nuovo) mondo, non con un lamento ma con un botto.

L’assassinio a sangue freddo di Darya Dugina – il terrorismo alle porte di Mosca – può aver coinciso fatalmente con il punto di intersezione di sei mesi, ma non cambierà in alcun modo le dinamiche dell’attuale cambiamento storico, in corso d’opera.

Il Servizio Federale di Sicurezza russo (FSB) sembra aver risolto il caso in poco più di 24 ore, designando l’autore del crimine come un agente neonazista di Azov strumentalizzato dal Servizio di Sicurezza ucraino (SBU) – a sua volta un mero strumento del combo CIA/MI6 che governa de facto Kiev.

L’agente dell’Azov è solo un capro espiatorio. L’FSB non rivelerà mai pubblicamente le informazioni che ha raccolto su coloro che hanno emesso gli ordini e su come saranno trattati.

Un certo Ilya Ponomaryov, un personaggio minore anti-Cremlino a cui è stata concessa la cittadinanza ucraina, si è vantato di essere in contatto con l’organizzazione che ha preparato l’attentato alla famiglia Dugin. Nessuno lo ha preso sul serio.

Ciò che è palesemente serio, invece, è come le fazioni della criminalità organizzata russa, collegate all’oligarchia, avrebbero avuto un motivo per eliminare Alexander Dugin, il filosofo nazionalista cristiano-ortodosso che, secondo loro, potrebbe aver influenzato il perno del Cremlino verso l’Asia (non l’ha fatto).

Queste fazioni del crimine organizzato incolpavano Dugin di un’offensiva concertata del Cremlino contro il potere sproporzionato degli oligarchi ebrei in Russia. Quindi questi attori avrebbero sia il movente che il know-how locale per organizzare un simile colpo di Stato.

Se così fosse, si tratterebbe potenzialmente di un’operazione legata al Mossad, soprattutto alla luce del grave scisma nelle recenti relazioni tra Mosca e Tel Aviv. Ciò che è certo è che l’FSB terrà le sue carte ben strette, e la punizione sarà rapida, precisa e invisibile…

La goccia che ha fatto traboccare il vaso

Invece di infliggere un duro colpo alla psiche russa, che potrebbe avere un impatto sulle dinamiche delle sue operazioni in Ucraina, l’assassinio di Darya Dugina ha solo messo in mostra i suoi autori come assassini scadenti che hanno esaurito le loro opzioni.

Un ordigno esplosivo non può uccidere un filosofo – o sua figlia. In un saggio essenziale, lo stesso Dugin ha spiegato come la vera guerra – la Russia contro l’Occidente collettivo guidato dagli Stati Uniti – sia una guerra di idee. Una guerra esistenziale.

Dugin definisce correttamente gli Stati Uniti come una “talassocrazia”, erede di “Britannia rules the waves” [“La Britannia domina le onde]. Ma ora le placche tettoniche geopolitiche stanno delineando un nuovo ordine: Il ritorno dell’Heartland.

Lo stesso presidente russo Vladimir Putin l’ha enunciato per la prima volta alla Conferenza di Monaco di Baviera sulla sicurezza nel 2007. Il presidente cinese Xi Jinping lo ha messo in pratica lanciando le Nuove Vie della Seta nel 2013. L’Impero ha risposto con Maidan nel 2014. La Russia ha contrattaccato venendo in aiuto della Siria nel 2015.

L’Impero si è accanito sull’Ucraina e la NATO l’ha armata senza sosta per otto anni. Alla fine del 2021, Mosca ha invitato Washington a un dialogo serio sulla “indivisibilità della sicurezza” in Europa. L’invito è stato respinto con una risposta di non-risposta.

Mosca non ha tardato a valutare che era invece in atto una pericolosa tripla guidata dagli Stati Uniti: un’imminente guerra lampo di Kiev contro il Donbass, l’Ucraina che flirta con l’acquisizione di armi nucleari e il lavoro dei laboratori statunitensi di armi biologiche. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso…

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Perché l’aumento delle bollette “non è colpa di Putin”. UE e i “nostri” speculatori i veri colpevoli – Angelo D’Orsi

Nella narrazione che il sistema mediatico ci ha imposto da fine febbraio, anche l’aumento incessante, vertiginoso dei prezzi delle materie prime, e in particolare delle fonti energetiche a cominciare dal gas, “è colpa di Putin”.

Innanzi tutto, occorre sottolineare che la scelta delle sanzioni contro la Russia è un micidiale autogol dell’Europa e in particolare di un soggetto debole come l’Italia, che con la Federazione Russa aveva connessioni economiche importanti, e se ne stanno accorgendo tutti, tranne il nostro governo e le forze che lo sostengono, le quali mentre sono alleate nell’Esecutivo, fingono di combattersi in campagna elettorale. La loro linea-guida è un’obbedienza “pronta, cieca e assoluta” alla Nato e agli Usa. Ora, l’effetto delle sanzioni ha certamente favorito un abnorme aumento del prezzo del gas, che ora se la guerra proseguirà (Draghi ha addirittura annunciato che si andrà avanti fino alla riconquista della Crimea, in un delirante discorso per la ricorrenza del giorno dell’indipendenza ucraina pochi giorni fa…), importeremo dagli Stati Uniti pagandolo il quadruplo, mentre Mosca ha già una fila di acquirenti pronti a pagare anche in rubli il gas russo. E il gas che verrà dagli Usa arriverà in forma liquida, dopo aver attraversato l’Oceano, e bisognerà trasformarlo nel primitivo stato gassoso: di qui l’esigenza di “rigassificatori”, un manufatto industriale altamente inquinante, e che tra l’altro garantisce un gas di mediocre qualità, e a sua volta inquinante (ma a Washington non si può dire di no…)…

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I Portuali Italiani Riceveranno il Premio per L’Abolizione della Guerra

 

Il Premio Lifetime Organizational War Abolisher 2022 sarà assegnato al Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) e all’Unione Sindacale di Base Lavoro Privato (USB) in riconoscimento del blocco delle spedizioni di armi da parte dei lavoratori portuali italiani, che hanno bloccato le spedizioni verso alcuni guerre degli ultimi anni.

I War Abolisher Awards, ora al loro secondo anno, sono creati da World BEYOND War, un’organizzazione globale che consegnerà quattro premi in una cerimonia online il 5 settembre a organizzazioni e individui provenienti da Stati Uniti, Italia, Inghilterra, e Nuova Zelanda.

Un evento di presentazione e accettazione online, con le osservazioni dei rappresentanti di tutti e quattro i vincitori del premio 2022, si svolgerà il 5 settembre alle 8:00 a Honolulu, alle 11:00 a Seattle, alle 13:00. a Città del Messico, alle 14 a New York, alle 19:00 a Londra, alle 20:00 a Roma, alle 21 a Mosca, 22:30 a Teheran e alle 6 del mattino successivo (6 settembre) ad Auckland. L’evento è aperto al pubblico e prevede l’interpretazione in italiano e inglese.

CALP è stata costituita da circa 25 lavoratori del Porto di Genova nel 2011, attualmente tutti iscritti nel sindacato USB. Dal 2019 sta lavorando alla chiusura dei porti italiani alle spedizioni di armi e per gran parte dell’anno passato ha organizzato piani per uno sciopero internazionale contro le spedizioni di armi nei porti di tutto il mondo.

Nel 2019, i lavoratori della CALP hanno rifiutato di consentire a una nave di partire da Genova con armi diretta all’Arabia Saudita e alla sua guerra contro lo Yemen.

Nel 2020 hanno bloccato una nave che trasportava armi destinate alla guerra in Siria.

Nel 2021 la CALP ha comunicato con gli operatori USB a Livorno di bloccare un carico di armi in Israele per i suoi assalti alla popolazione di Gaza.

Nel 2022 gli operai USB di Pisa hanno bloccato le armi destinate alla guerra in Ucraina.

Sempre nel 2022 il CALP ha bloccato, temporaneamente, un’altra nave armata saudita a Genova.

Per CALP questa è una questione morale. Hanno detto che non vogliono essere complici dei massacri. Sono stati lodati e invitati a parlare dall’attuale Papa.

Hanno anche avanzato la causa come questione di sicurezza, sostenendo alle autorità portuali che è pericoloso consentire alle navi piene di armi, comprese quelle sconosciute, di entrare nei porti dei centri urbani.

Hanno anche affermato che si tratta di una questione legale. Non solo i contenuti pericolosi delle spedizioni di armi non sono identificati come altri materiali pericolosi, ma è illegale spedire armi in guerra ai sensi della legge italiana 185, articolo 6, del 1990, e una violazione della Costituzione italiana, articolo 11.

Ironia della sorte, quando la CALP ha iniziato a sostenere l’illegalità delle spedizioni di armi, la polizia di Genova si è presentata per perquisire il loro ufficio e l’abitazione a 5 più organici al CALP e del loro portavoce.

CALP ha stretto alleanze con altri lavoratori e ha incluso il pubblico e le celebrità nelle sue azioni. I lavoratori portuali hanno collaborato con gruppi studenteschi e gruppi pacifisti di ogni tipo. Hanno portato la loro causa legale al Parlamento europeo. E hanno organizzato conferenze internazionali per costruire un attacco globale contro le spedizioni di armi.

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Pepe Escobar – Perché l’operazione russa arriverà fino a Odessa

[Tradotto dall’inglese da Nora Hoppe]

Dmitrij Medvedev, assaporando il suo essere unplugged, ha dettato legge sull’Operazione militare speciale (SMO). Senza mezzi termini, ha affermato che esiste uno scenario “uno e mezzo”: o andare fino in fondo, o un colpo di stato militare in Ucraina seguito dall’ammissione dell’inevitabile. Non esiste un tertium.

Non c’è di più nudo e crudo: La leadership di Mosca sta dicendo chiaramente, all’opinione pubblica interno e internazionale, che il nuovo accordo consiste nel cuocere a fuoco lento il racket di Kiev in un enorme calderone e nel lucidare il suo status di buco nero finanziario per l’Occidente collettivo. Fino a raggiungere il punto di ebollizione – che sarà una rivoluzione o un putsch.

Parallelamente, i Signori della Guerra (per procura) continueranno con la loro strategia, che consiste nel saccheggiare un’Europa indebolita e impaurita, per poi vestirla come una colonia profumata da sfruttare spietatamente fino alla  nausea dall’oligarchia imperiale.

L’Europa è ora un TGV in fuga – meno i necessari valori di produzione hollywoodiani. Ammesso che non esca dai binari – un’ipotesi rischiosa – potrebbe arrivare a una stazione ferroviaria chiamata Agenda 2030, La Grande Narrativa o qualche altra denominazione NATO/Davos du jour.

Allo stato attuale, ciò che è notevole è come l’economia russa “marginale” abbia a malapena sudato per “porre fine all’abbondanza” della regione più ricca del pianeta.

Mosca non prende nemmeno in considerazione l’idea di negoziare con Bruxelles perché non c’è nulla da negoziare – visto che quegli eurocrati rammolliti saranno strappati dal loro stato di zombie solo quando le terribili conseguenze socioeconomiche della “fine dell’abbondanza” si tradurranno finalmente in contadini con i forconi che vagano per il continente.

Potrà anche essere lontano anni, ma inevitabilmente l’italiano, il tedesco o il francese medio collegheranno i puntini e capiranno che sono i loro “leader” – nullità nazionali e per lo più eurocrati non eletti – a spianare loro la strada verso la povertà.

Sarete poveri. E vi piacerà. Perché stiamo tutti sostenendo la libertà per i neonazisti ucraini. Questo porta il concetto di una “Europa multiculturale” a un livello completamente nuovo.

Il treno in fuga, naturalmente, potrebbe uscire dai binari e precipitare in un abisso alpino. In questo caso si potrebbe salvare qualcosa dai rottami e si potrebbe pensare alla “ricostruzione”. Ma ricostruire cosa?

L’Europa potrebbe sempre ricostruire un nuovo Reich (crollato di botto nel 1945); un Reich soft (eretto alla fine della Seconda Guerra Mondiale); oppure rompere con i suoi fallimenti passati e cantare “Sono libera” – e collegarsi con l’Eurasia. Ma non scommetteteci…

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Darya Dugina – un ricordo indelebile – Eliseo Bertolasi

“Darya è stata uccisa, Darya non c’è più”, solo ora riesco a realizzare e a scrivere. I primi giorni subito dopo l’annuncio della sua morte, il senso di orrore e la consapevolezza di questa perdita enorme mi paralizzava.

Orrore per la sua morte prematura, orrore per il suo crudele omicidio e orrore anche per il dolore atroce che è toccato al padre Aleksandr Dugin, a cui va tutto il mio affetto, la mia vicinanza e il mio cordoglio.

Di Darya in questi giorni è stato scritto di tutto e di più, da amici e da nemici, semplicemente da persone che non hanno mai avuto il privilegio di conoscerla personalmente, oppure da chi, magari, l’ha incontrata più o meno occasionalmente.

Per me è diverso, La conoscevo da tempo, ci siamo incontrati la prima volta anni fa quando era conduttrice televisiva del programma “Nasha tochka zreniya” (Il nostro punto di vista) al canale Tsargrad. Spesso, di passaggio a Mosca tornando dal Donbass, m’invitava a partecipare al suo programma, voleva sentire e presentare ai telespettatori la mia testimonianza diretta.

Ci siamo incontrati varie volte e in diverse occasioni: conferenze, programmi televisivi.. quando c’era tempo Darya si soffermava a parlare di ciò che amava profondamente: la Russia, la sua Fede ortodossa, la Patria..

Per Darya la Russia non era solo il Suo Paese ma era una dimensione spirituale attraverso la quale si realizzava e sublimava la propria esistenza. Lei incarnava il senso più profondo della Russia. Concetti, questi, nemmeno accessibili al comune orizzonte valoriale dell’Occidente…

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Eni rivende il gas russo 10 volte più caro rispetto al prezzo a cui lo acquista – Francesco Cappello

 

La minaccia di sanzioni ha stranamente fatto aumentare la quantità di gas russo importato…

Eni compra a poco dai russi e rivende a prezzi da 10 a 15 volte più alti agli italiani con la protezione e l’avallo del governo. La colpa degli aumenti viene addebitata a Putin. Gli extra profitti in forma di dividendi vengono distribuiti agli azionisti tra cui i grandi fondi di investimento

Che io sappia il primo a parlarne è stato Carlo Cottarelli in un intervento su la Stampa dello scorso 14 marzo, chiamando in causa il governo che ha fatto orecchie da mercante… Il caro bollette secondo Cottarelli è dovuto alle speculazioni sul prezzo del gas indicizzato a quello che ci commercializza finanziariamente presso la borsa di Amsterdam. Cottarelli aveva già chiamato in causa il governo che si è guardato bene dall’intervenire.

Salvatore Carollo (ex dirigente Eni), intervistato nel corso di una trasmissione televisiva (Non è l’arena), andata in onda ad aprile scorso, alla domanda del gionalista sul rapporto tra guerra in Ucraina e prezzo del gas rispondeva: fondamentalmente nessun rapporto con la guerra perché non c’è stato un solo metro cubo di gas che è mancato. La stessa quantità allo stesso prezzo.

L’unico luogo dove il prezzo è cambiato (attualmente si registra un aumento di più di 15 volte nda) è stato alla borsa di Amsterdam che però abbiamo deciso noi di usare come riferimento per la vendita di gas al consumatore italiano, una scelta politica che noi abbiamo fatto.

Chiede l’intevistatore se ENI, ENEL, EDISON, ecc. comprino a 100 per poi rivendere a 500. Carollo conferma che è quel che succede affermando che i numeri esatti andrebbero verificati aggiungendo che dovrebbe essere lo Stato italiano a chiedere trasparenza su questi numeri ma lo Stato non lo fa. Cingolani ha detto che non è riuscito ad avere questi numeri (prezzo di acquisto e di rivendita nda). Lo Stato dovrebbe dire: visto che è una mia scelta politica e sono io che decido il prezzo allora lo cambio, allora chiedo la trasparenza alle aziende che importano gas altrimenti gli tolgo la concessione.

Continua Carollo affermando che il Gas liquefatto statunitense è di proprietà delle compagnie private petrolifere americane. Esso costa più caro ed in più dobbiamo competere con gli altri paesi offrendo un prezzo più alto per aggidicarcelo. È questa la realtà del mercato. E continua denunciando:

Abbiamo riserve di gas nazionale che non utilizziamo perché abbiamo dato priorità alle importazioni. I contratti take or pay (se non prendi paghi lo stesso) stabiliti con la Russia servivano a garantire al produttore il recupero degli investimenti necessari alla costruzione del gasdotto. Se si volesse interrompere prima della scadenza la fornitura devi pagare lo stesso. Alla fine il risultato sarebbe che noi prendiamo gas alternativo (leggi gas liquefatto nda) pagandolo molto di più e in più dovremmo pagare quell’altro quindi tornando alla bolletta questo sarebbe uno scenario comunque disastroso per l’economia del Paese.

https://youtu.be/m_PHuAQj1h0

Recentemente hanno ripreso l’argomento Giovanni Zibordi in un articolo dello scorso 19 agosto

ENI fa pagare 10 volte il gas russo o algerino ora alle aziende fingendo di comprarlo al TTF

Zibordi commenta la bolletta energetica di un’azienda che si è vista infliggere una bolletta con un aumento pari a 8 volte:

Questo aumento di quasi otto volte del gas non lo incassa la Gazprom o la società algerina che il gas lo fanno pagare circa come prima per ora.

Esiste, è vero, ora una quota del gas, quello liquefatto per nave e poi rigassificato, che proviene dal famoso mercato in Olanda di cui parlano ora sempre i giornali il “TTF”, che è aumentata di 10 o 12 volte. Questa quota del gas consumato che arriva per nave è solo un 5% circa del totale del gas che arriva in Italia, per cui quando si guarda la bolletta di ENI alle aziende il suo costo non giustifica certamente un aumento di 8 volte..

 

Predicare bene e razzolare male

Avete capito bene. Non ci arriva meno gas dalla Russia (vedi nota (1)). Ne compriamo anzi di più e ad un prezzo bassissimo rispetto a quello liquefatto che viene venduto alla borsa olandese ma lo vendiamo, per criminale decisione politica del governo Draghi, al prezzo del gas liquefatto (GNL) che è è passato in poco tempo da 20 euro a megawattora agli attuali 340. Ricordiamo che il GNL è una percentuale bassissima (il 5% del gas commercializzato) del gas che i rivenditori italiani ENI in primis commercializzano. In conclusione Putin funziona da capro espiatorio a copertura degli aumenti che metteranno, se non vengono fermati in tempo, in ginocchio il sistema produttivo italiano e i bilanci delle famiglie.

A conferma un indizio importante è l’utile del semestre di ENI che sale a 7,39 miliardi. Il Governo però protegge anche fiscalmente gli extra profitti di ENI. Cancella, infatti, la tassa sulle compagnie energetiche. Gli utili di Eni sono intoccabili

 

Fuori l’Italia dalla guerra

Draghi era direttore generale del Tesoro quando ENI fu privatizzata e ceduta a soggetti esteri. Nazionalizzare ENI che non è più una società italiana ma internazionale che non fa gli interessi dell’Italia ma dei suoi azionisti (blackrock [10 mila miliardi], Vanguard, Statestreet … 35,45 % di azionisti esteri e poi tanti fondi sarebbe una delle prime cose da fare. Eni oggi è una società a partecipazione statale in cui lo Stato lascia fare limitandosi a incassare dividendi. In alternativa alla nazionalizzazione si potrebbe creare una società pubblica che compri il gas e lo rivenda a prezzi equi alle aziende e alle famiglie italiane. È pure evidente che bisogna smetterla di mandare armi e risorse logistiche e finanziarie in Ucraina ma diplomatici alla ricerca della ricostruzione delle condizioni della Pace ristabilendo nel contempo i rapporti commerciali del nostro Paese con la Russia. L’Italia non favorisce la guerra. L’Italia ripudia la guerra.

Ascoltiamo infine questo applauso oceanico al salvatore della Patria. Meritato, vero!? O no?

https://youtu.be/oRnpNe4GIbA

 

Note

(1) Capiamo anche perché mentre si addebita alla scarsità di Gas il suo alto prezzo, in realtà se ne importa una quantità maggiore in modo da massimmizzare dividendi e profitti a discapito degli italiani. Alla luce di quanto sopra risulta chiaro anche il ruolo della filiera del gas liquefatto e l’uso strumentale della guerra per ridimensionare, propagandisticamente e di fatto, il ruolo dei gasdotti. Snam ha abbandonato il GALSI (gasdotto dall’Algeria). È stato bloccato il South Stream e più recentemente il Nord Stream 2. Oggi i livelli di stoccaggio, secondo i dati del GIE (Gas Infrastructure Europe) sono al 70,54%, più della media degli ultimi cinque anni (70,32%) e cosa incredibile, secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico (Mise), rielaborati da Altreconomia, tra gennaio e maggio, sono stati venduti all’estero 1.467 milioni di metri cubi equivalenti (Smc), significa 578% in più rispetto ai 254 milioni di Smc del 2021. Un volume che supera le esportazioni degli ultimi 15 anni più grande della produzione interna (a quota 1.368 milioni di metri cubi equivalenti).

Ricordiamo che ENI, Edison ed ENEL non sono più imprese pubbliche ma delle SPA. Tra i proprietari delle azioni i soliti noti: Blackrock, Vanguard, State Street…

da qui

Redazione
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4 commenti

  • A Francesco Masala: bell’articolo, sul “Pappagallo della Nato”, che è riuscito persino a convincere mezzo mondo che i russi, da dentro alla Centrale, si sparano da soli sul tetto, per fare rabbia a lui, Il guitto Zelenskij, e la Rai che diffonde imperterrita!!

  • Piergiorgio Simonetta

    Vi siete dimenticati di ricordare che la “Perfida Albione” da tempo immemorabile occupa una bella fetta dell’Irlanda. A che titolo e con quale diritto? Nessuno ha mai pensato di sanzionare Londra, ovvero di inviare armi ai patrioti irlandesi affinché affoghino finalmente in mare i criminali britannici?
    Quante migliaia di innocenti civili irlandesi sono stati finora assassinati dai soldati britannici?

  • Valeria Taraborelli

    Lasceremo che il degrado ed il marcio di questo sistema ci travolga o, saremo in grado di impiantare una seria discussione politica ed economica di rilancio a questa gravissima crisi? Guerra o non guerra le economie saranno fortemente in ribasso, riusciranno i nostri eroi, si fa per dire, ad opporre una seria resistenza allo sfascio?

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