Covid 19: mettere in sicurezza salari e servizi, si può (e si deve)

di Federico Giusti (*)

Esistono tanti strumenti per mettere in sicurezza lavoratori, salari e servizi. Non farlo oggi è da irresponsabili“. Il Domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti

Alla caccia dei nuovi untori, fanatici del jogging, ciclisti con tuta e mascherina a circolare tra comuni limitrofi, giovani e vecchi ignari della loro positività al Coronavirus ma a zonzo nei centri commerciali terrorizzati dall’idea che il loro frigo possa restare sguarnito. Anche in questi frangenti la sublime propaganda della società di massa produce i suoi frutti, mens sana in corpore sano, anni di propaganda (pubblicità, riviste specializzate, trasmissioni tv e radio, interessati consigli dei medici di base) per imporre (suggerire sarebbe logico e auspicabile) stili di vita salutisti non per favorire la qualità della vità ma per ridurre la spesa sanitaria.

Da quando mondo è mondo c’è sempre stato bisogno di un falso obiettivo contro cui scatenare l’immaginario collettivo, la rabbia repressa, la necessità di individuare il nemico pubblico da sottoporre a ludibrio e all’odio di massa.

Siamo debitori a Sergio Cararo (clicca qui per leggere) di un breve articolo che fotografa, cartine allegate, le aree del contagio identificandole con le province legate alle attività industriali e della logistica, un motivo valido per chiudere da qui a una decina di giorni tutte le attività non essenziali.

La Società italiana di medicina ambientale poi mette in guardia dal pericolo inquinamento, la maggiore concentrazioni di PM10 sarebbe letale per quanti hanno già problemi respiratori, tanto piu’ aumenta l’inquinamento tanto maggiori saranno i decessi o il deteriorarsi delle condizioni di salute dei contagiati. E già questa sola considerazione dovrebbe indurre a riflettere, e ad agire conseguentemente, sul modello di sviluppo capitalistico, sui suoi stili di vita, sulle sue stesse priorità.

Esistono ragioni piu’ che sufficienti a ridurre l’inquinamento, a imporre a tanti padroni la chiusura delle loro aziende, il virus si è del resto propagato non solo con la mobilità dei lombardi e dei veneti verso le loro seconde case o il ritorno al Sud di tanti studenti e pendolari, il contagio è avvenuto soprattutto attraverso la filiera produttiva ed industriale, la catena logistica lungo la quale le merci transitano maggiormente e piu’ elevati sono i casi di Coronavirus. Ecco spiegata, e in poche battute, la necessità di chiudere le attività produttive come autentica risposta al diffondersi dei contagi.

Chiudiamo con la Pubblica amministrazione e l’invito ministeriale a svuotare gli uffici pubblici, un invito per altro non preso in seria considerazione da numerosi Enti locali i cui atti hanno lesinato non solo la concessione dello smart ma lasciato troppi dipendenti in servizio. La stessa distinzione tra servizi differibili ed indifferibili è ricca di contraddizioni, ricorda i cosiddetti servizi minimi essenziali imposti nella Pubblica amministrazione per scongiurare la riuscita degli scioperi. Si continua allora a ragionare secondo schemi industriali e capitalistici che all’atto pratico si rivelano solo dannosi per la salute pubblica.

La mancata chiusura delle aziende \magazzini privati e degli uffici pubblici viene presentata come insopprimibile necessità, un po’ come se ci mancassero l’acqua e i generi di prima necessità.

Innumerevoli uffici potrebbero lavorare in smart working, ci sono casi paradossali nei quali, senza alcuna attività in corso, vengono comandati al lavoro gli uffici del cerimoniale, la Pubblica amministrazione nel suo complesso non intendere ripensare le modalità di organizzazione del personale e la stessa gestione dei servizi, paralizzata dalla palese incapacità di guardare al futuro ma perfino al presente.

Nelle PA ridurre i servizi ai minimi essenziali e con essi anche la presenza dei dipendenti nelle sedi sarebbe fin troppo semplice, ma gli Enti locali, incapaci come sono di riorganizzare il lavoro pubblico, non vogliono ammettere il loro fallimento e cosi’, piuttosto che mandare a casa il personale senza prestazione lavorativa ma con normale retribuzione (come se svolgessero servizio) e al solo scopo di diminuire gli spostamenti e i contatti, ricorrono a continui arbitri come imporre le ferie o rifiutare lo smart working.

Se gli Enti locali, e piu’ in generale la Pubblica amministrazione , volessero dare il buon esempio, potrebbero non solo utilizzare lo smart working ma anche assumersi la responsabilità di mettere a casa, retribuito, il personale impossibilitato a svolgere attività di questo tipo. Sarebbe una sfida, contro il tempo per altro, che i dirigenti dovrebbero accogliere per riorganizzare uffici e servizi, ridurre al minimo le presenze negli uffici, stabilire le rotazioni…

Il lavoro agile nelle Pa dovrebbe, decreti alla mano, costituire la modalità ordinaria, eccezion fatta per le cosiddette attività indifferibili che richiedono la presenza negli uffici, attività tuttavia ampliate oltre misura dagli atti dei segretari generali. Ma tante di queste attività cosiddette indifferibili non sono tali, potrebbero essere fatte da casa, sta qui la contraddittorietà di un sistema che ha emanato circolari Ministeriali confuse seguite da atti dirigenziali caotici .

Le Pubbliche amministrazioni stanno solo guadagnando tempo, non hanno capito che mettere a casa la stragrande maggioranza del personale è la misura necessaria per arrestare i contagi, troppi dirigenti continuano a guardare al pubblico con gli occhi della Corte dei Conti o dei contabili di Bruxelles, con la testa paralizzata da codicilli e norme che in una situazione di emergenza sanitaria servono solo ad acuire i problemi. Si aspetta che tutti i dipendenti abbiano esaurito ferie e permessi per metterli a casa o in congedo o comunque retribuiti, ma nel frattempo saranno trascorse settimane decisive per combattere i contagi, sarà quindi troppo tardi e nel frattempo non avremmo salvato numerose vite umane.

Per queste semplici e comprensibili ragioni il Governo deve subito emanare una norma chiara, poche righe per imporre al 99% la assenza dal lavoro da qui a due settimane, svuotare i luoghi pubblici, le aziende e i magazzini, ridurre al minimo gli spostamenti, non è terrorismo ma solo necessità a tutela della salute pubblica.

E la ritrosia dei padroni a rinunciare ai loro profitti è del tutto simile alla follia dei dirigenti pubblici che continuano a chiedere al loro personale di recarsi al lavoro anche quando potrebbe svolgere lo stesso servizio da casa. Al contrario invece i dirigenti sono come i contabili dell’era pre computer a contare i giorni di ferie, le ore eccedenti, i permessi compensativi, a pesare le varie norme per poi non prendere alcuna decisione.

Ecco perchè pubblico e privato, soggetti alle stesse regole di Maastricht, finiscono con l’avere atteggiamenti speculari e contribuire al diffondersi del contagio. Detto cosi’ puo’ essere una accusa ingenerosa ma esistono tanti strumenti per mettere in sicurezza i salari e i servizi, non farlo oggi è da irresponsabili.

(*) ripreso da www.controlacrisi.org

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani.

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