Covid: auto, nonni in guerra e altri ritornelli

77esima puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

Divani e patacche, nostalgia di “normalità” e slogan bloccanti. Meglio uscire che rimanere a casa… sempre e in ogni caso!

In questo anno che ci portiamo dietro e dentro mi sono appuntato due “ritornelli” che non son riuscito a mettere nelle canzoni del cd A piedi e in canto (allegato al libro A piedi in un mondo sospeso).

Sono due ritornelli che un anno fa erano più ripetuti ma anche recentemente, su radio e giornali, li ho ritrovati. Uno è: «Ai nostri nonni gli hanno chiesto di andare al fronte e a noi ci chiedono di stare sul divano»; l’altro: «Mi mancano le automobili che intasano le strade». Attilio Del Vinco – autore di due lettere pubblicate nel libro Se canti non muori (maggio 2020) – poche settimane fa mi ha detto che dopo le riaperture tornerà l’inferno di auto a infestare le rive del lago Trasimeno, soprattutto a San Feliciano, dove lui abita. La sua preoccupazione sarà un po’ “integralista” (mica possiamo invocare una pandemia per ridurre il flusso di automobili che nei fine settimana si spostano dalle città ai luoghi lacustri) però ha senso, sicuramente più di chi invoca “liberi tutti” per tornare prigioniero degli ingorghi. Non potrò dimenticare un responsabile dei vigili urbani di Verona che – a fine aprile 2020 su Radio 1 – auspicava una riduzione dei mezzi motorizzati su gomma, con queste parole: «Speriamo di vedere sempre meno automobili con un solo abitatore, da ora in poi». Ovvio che quell’auspicio non è stato raggiunto né “inseguito”, a livello istituzionale o popolare: i mezzi pubblici sono gli stessi di un anno fa, i prezzi dei biglietti non sono diminuiti, gli incentivi per comprare biciclette e monopattini non hanno aiutato nessuno a muoversi in città e paesi con meno polveri sottili nell’aria ecc.

Mi ha colpito una piccola rubrica nella prima pagina del quotidiano Avvenire (a marzo 2021, non ricordo il giorno) in cui l’autore descrive un viaggio in macchina da Nord a Sud dell’Italia e si rammarica perché le autostrade sono pressocché deserte, anziché rallegrarsi di questo aspetto accidentale ma liberatorio; quasi quasi rimpiange i “bei tempi delle autostrade intasate”, poi conclude con un finale poetico del tipo: «però almeno posso permettermi di guardare i nidi sugli alberi, cosa che non riuscivo a fare prima, quando dovevo stare attento alle automobili che mi superavano».

L’altro ritornello – “Ai nostri nonni avevano chiesto di andare al fronte, a noi ci chiedono di rimanere sul divano” – mi pare terrorizzante quanto inverosimile, un po’ come quella sedicente ricercatrice che (a marzo o aprile 2020) diceva che il virus si attacca all’asfalto, quindi alle scarpe, ai vestiti ecc.

Da dove partono simili patacche? Qual è il loro scopo o comunque il loro effetto? Di istinto potremmo facilmente capire che lo scopo è allontanare ognuno di noi dalla comprensione e dall’analisi approfondita. Per la serie: ti sparo una cazzata ma a forza di ripeterla o diventa “vera” o comunque se ne parla e si ritarda l’approfondimento; quindi si fa un favore a chi ha interesse a nascondere tante magagne di tipo politico, sanitario, economico ecc.. Quel ritornello lanciato un anno fa l’ho risentito in marzo a Radio 3 da un ascoltatore a proposito del discorso della didattica a distanza: «Sì ma i giovani non hanno fatto esperienze traumatiche come quelle di chi è nato in tempi di guerra, questa almeno è una prova no?». Chi ha fatto la guerra te lo dice: “Non c’entra niente” e infatti passeggia quando vuole e dove vuole. Qui non si parla di uscire per bagordi o si fare centinaia di chilometri per sfizio ma di negare una semplice passeggiata digestiva.

«Vi siete bevuti che stare a casa faccia meglio che uscire» scrive Giò Rutilante nel suo elenco comico e veritiero pubblicato nel libro A piedi in un mondo sospeso (pag. 130, il titolo è: «Un anno straordinario e magico» e spero che noterete con quale discrezione faccio l’auto-spot). Dopo gli approfondimenti nelle pagine successive, compresi stralci di un’interivista a Miguel Benasayag c’è un paragrafo illuminante dal titolo «Scappare da un nemico non serve, soprattutto se…» in cui è descritta questa esperienza vissuta due anni fa: uscendo dalla stazione di un piccolo paese, siccome c’era un cane dietro un cancello, superato il cancello e vedendo con la coda dell’occhio qualcuno che correva dietro di lui… l’autore pensò fosse il pastore tedesco e aveva iniziato a scappare: dopo un po’ sentì dire “Amico amico”, era un ragazzo africano in bicicletta: complice il buio gli era sembrato un grosso cane e aveva cominciato a correre. Inventare paragoni inappropriati, come diffondere terrore, è sempre un modo per fuggire (e far scappare gli altri) invece che affrontare le cose per quelle che sono. E’ ancora più grave quando si tratta di affrontare la diffusione di un virus che si estende velocemente e da un capo all’altro del mondo: David Quammen – per combinazione c’è una sua intervista nel libro Se canti non muori – spiega che il coronavirus è più pericoloso di Ebola e della Sars, però che non è sano né utile cercare ogni giorno il bollettino dei morti di covid, non è sano parlare solo di quello ma bisogna anche ascoltare musica, leggere libri (magari Spillover, scritto da Quammen nel 2014)… Nella stessa intervista Quamenn sottolinea che il contagio è provocato in gran parte «dal modo in cui viviamo su questo pianeta: le conseguenze prendono la forma di una pandemia da coronavirus». Sempre Quammen: «c’è una correlazione tra l’inquinamento dell’aria e i danni ai polmoni e alle vie respiratorie delle persone e quindi la loro suscettibilità a questo particolare virus». Il libro A piedi in un mondo sospeso – segnatevi questo titolo, non lo ripeteròapprofondisce ulteriormente alcune suggestioni che nel 2020 erano accennate ma oggi ricerche specifiche hanno puntualizzato meglio.

Il ritornello odioso di restare sul divano mentre ai nostri nonni chiedevano di andare in guerra, a parte che è offensivo (verso chi non può più raccontarlo ma anche rispetto a una memoria storica già di per sé fasulla) offende lavoratori e lavoratrici costretti a infettarsi nell’ultimo anno. Molte ditte e fabbriche hanno obbligato gli operai a rischiare scavalcando le normative dei DPCM; si veda «L’epidemia delle emergenze, immaginario, conflitti, contagi» – a cura di Jack Orlando e Sandro Moiso – ma anche «Senza respiro» di Vittorio Agnoletto).

Quanto a chi rimpiange il traffico rdavvero ignora i danni ai nostri polmoni? Mi pare l’ora di liberarci dalle mortadelle sugli occhi e dalla polvere…sottile!

PS: il riferimento al libro A piedi in un mondo sospeso (ve ne ho parlato vero?) è anche un effetto collaterale. Il nostro allenamento – nel senso di artisti di serie B e C più seri di quelli in serie A che fanno arte coi soldi dello Stato o di papà) a trovare luce nel buio ci permette di sopravvivere anche con tutto il “soffocamento” e cioè gli spazi chiusi e le possibilità ridotte o annullate, Abbiamo cantato, raccontato, letto libro davanti a 10 persone. Quindi le continue citazioni sono anche una forma di stimolo… alla lettura della realtà… prima che all’acquisto del libro e del cd!

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

 

Redazione
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