«Cronache Anticapitaliste»

Gianmarco Martignoni sul libro di David Harvey

Nella primavera del 2020, in piena espansione di quella sindemia che si è sviluppata drammaticamente su scala globale, il geografo marxista David Harvey si è distinto per una analisi impietosa e di classe sulle ricadute che la stessa avrebbe comportato rispetto alle dinamiche produttive delle catene del valore e quindi sul vissuto delle classi subalterne, in particolare con lo scritto «Politiche anticapitaliste ai tempi del Covid-19» apparso nel nostro Paese nell’ottimo sito sinistrainrete.org.

Riprendendo i moniti di Engels, Harvey ha parlato di «vendetta della natura» dopo quarant’anni di neoliberismo sfrenato e di distruzione della sanità pubblica, fotografando implacabilmente il crollo del consumo “esperienziale” istantaneo e compensativo dell’alienazione lavorativa, per via della sospensione di quel turismo internazionale i cui viaggiatori sono passati da 800 milioni a 1,4 milioni tra il 2010 e il 2018. Ora qull’intervento è compreso nei diciannove capitoli che compongono l’ottimo libro «Cronache Anticapitaliste» (Feltrinelli: pag 236 euro 18) frutto di una serie di trasmissioni e di video-online che mette a fuoco il capitalismo contemporaneo grazie all’attività svolta in questa direzione dall’organizzazione no-profit Democracy at Work. Il vocabolo anticapitalista appare come una moneta fuori corso nel lessico politico della provincia Europa ma Harvey ci invita a guardare quel che succede nelle periferie del mondo – da Santiago del Cile a Beirut, da Baghdad a Quito, da Istanbul all’India (ove si è sviluppato il più grande sciopero mondiale contro le politiche di Modi avverse agli interessi e ai bisogni vitali del mondo contadino) – per comprendere la crisi di legittimazione del neoliberismo e le alleanze che i suoi seguaci (da Trump a Bolsonaro, da Modi a Erdogan, per venire a quelli di casa nostra) per rimanere a galla hanno stretto con i movimenti neofascisti. L’approfondimento delle diseguaglianze, le gravi ripercussioni provocate dal surriscaldamento climatico e la crescita smisurata del lato finanziario dell’economia, stante l’annosa sovraccumulazione dei capitali, sono la plastica testimonianza dell’insostenibilità del modo di produzione capitalistico. Due dati, apparentemente scollegati fra di loro, sono oggetto della riflessione di Harvey: il consumo di cemento in Cina in due anni e mezzo è stato pari al 45% di quello che gli USA hanno consumato in cent’anni; negli ultimi 800000 anni la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera ha superato le 300 parti per milione (ppm) solo dopo il 1960 mentre ora in sessant’anni si è arrivati ben oltre le 400 ppm, con le tragiche conseguenze che si prospettano per la sopravvivenza della specie umana, a partire dall’incremento anche in termini di potenza degli eventi estremi. Per questa ragione diventa prioritaria per i movimenti e le forze anticapitaliste la riduzione secca del surplus di CO2, che per il neurobiologo Stefano Mancuso può essere perseguita solo con modalità non rispondenti alla logica economicista del profitto, ovvero con la piantumazione di 1000 miliardi di alberi nel pianeta, suddivisi in quote precise per ogni entità nazionale. Non certo rincorrendo il mito – ugualmente dispendioso sul piano del consumo energetico di una materia prima come il litio – dell’auto elettrica. Il dato invece dello sviluppo non solo infrastrutturale della Cina e delle economie emergenti è teso a evidenziare quali sono le contraddizioni generate dal tasso composto infinito dell’accumulazione capitalistica. Nonchè a segnalare come “la nuova via della seta” è di fatto funzionale all’ esigenza di collocare ingenti masse di capitali eccedenti nell’ambito della realizzazione di un piano di grande espansione geopolitica. Le dinamiche del processo di accumulazione sono ben indagate nei capitoli 11 e 12, con lo scopo di dimostrare che esse si manifestano tutt’ora nelle forme violente dell’espropriazione e della spoliazione, non differenziandosi da quell’accumulazione primitiva o originaria che Marx ha descritto nel capitolo 24 del Primo libro de «Il Capitale». L’accumulazione per espropriazione è quella praticata tramite l’accaparramento delle terre in Africa o in America latina. L’accumulazione per spoliazione riguarda soprattutto le politiche di privatizzazione di proprietà statali e pubbliche, in particolare relative alle forniture dell’acqua o ai trasporti; ma anche il mercato immobiliare, che come nel caso negli USA ha determinato, in seguito alla crisi derivante dai mutui subprime nel 2007-2008, l’espulsione di sette milioni di famiglie dalle loro abitazioni. Infine nell’ultimo capitolo – ove vengono delineati i caratteri di una possibile e auspicabile società alternativa – Harvey rilancia la necessità dell’azione collettiva per organizzare una nuova forma di risposta ai bisogni sociali, a partire dalla ricchezza data dall’incremento del tempo libero a disposizione, se il tempo di lavoro venisse ridotto – sulla base dell’incessante innovazione scientifica e tecnologica – a 6 ore giornaliere.

 

Redazione
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3 commenti

  • IUNCTURAE
    DA HARVEY ALLA GLOBALIZZAZIONE CAPITALISTICA E DELLA IDEOLOGIA AMERICANA ANCHE IN CINA, NELLA FASE TRASNAZIONALE DELL’IMPERIALISMO

    ANGELO RUGGERI (Centro Salvatore d’Albergo “Il lavoratore”)

    Venti anni fa, quando andava affermandosi un appiattimento della filosofia sulle scienze (tramite la frammentazione delle scienze e delle conoscenze) e quindi un attardarsi SU UNA CONTEMPORANEITA’, anche da parte della filosofia politica che nell’ultimo trentennio ha ruotato attorno a due DATAZIONI, quali il 1989 della crisi del c.d. “socialismo reale” e il 2001 della reazione americana all’11 settembre, valse ad accreditare un PRAGAMTISMO espressivo dell’egemonia culturale di stampo anglosassone “pour cause”, in un contesto di PRESUNTA “POST-NODERNITA”e c.d. “GLOBALIZZAZIONE” che FACEVANO INTRAVEDERE più che L’INCONTROLLATO AFFERMARSI DEL PASSAGGIO DAL CAPITALISMO FORDISTA AL CAPITALISMO FLESSIBILE L’IMPORSI DELL’INDIVIDUALISMO E DEI VALORI TRADIZIONALI DELL’IMPRENDITORIALITA’, che HARVEY seppe cogliere ESSERE IN LINEA CON L’AUMENTO DELLE DISUGUAGLIANZE E IL CRESCENTE IMPOVERIMENTO (Harvey, La crisi della modernità).
    INTEPRETO, da parte mia, che le “Cronache anticapitalistiche”, fanno intendere che HARVEY tema che QUELLO CHE ACCADE CON LE DATAZIONI 1989 E 1921, POSSA RIPETERSI con la datazione del 2020, quella della SINDEMIA, che i governi chiamano solo PANDEMIA volendo usare l’emergenza e la paura per dare la spinta sia per liquidare l’ANTIESI TRA TEORIA della DEMOCRAZIA FORMALE e TEORIA della DEMOCRAZIA SOSTANZIALE (che ha avuto successo in Cina passata al capitalismo con sovrastruttura autoritaria) sia verso un imperialistico “DOMINIO REALE” mondiale, come allora che parlarono di “FINE DELLA STORIA”, sottraendo come allora il POTERE alle regole del DIRITTO INTERNAZIONALE E COSTITUZIONALE e realizzare quel che non gli p riuscito con la violenza di guerra e le sue proiezioni e modi più brutali. Anche se i governanti le chiamano “visioni complottiste”, è palese ai più il fatto che si tenti di usare la pandemia come surrogato della guerra specie dopo la fuga dall’Afganistan (che deve aver scosso, fatto oscillare il grembiulino di DRAGHI, capo procacciatore di affari privati euro/atlantici, capo dei poteri del SOVRANISMO ATLANTICO USA e del SOVRANISMO EURO/UNIONISTA franco/tedesco).
    In realtà si spera che lo stato emergenziale e la paura, possano fungere un’altra volta per la “distrazione di massa”, e l’ulteriore appiattimento della FILOSOFIA POLITICA sulla CONTEMPORANEITA; SIA per rafforzare come già servi per accreditarla, l’IDEOLOGIA DEL PRGMATSIMO ANGLOAMERICANA la cui EGEMONIA si è ESTESA alla Cina, tramite il capo della DESTRA del PC cinese, TENG XIAPING – additato dall’occidente come mondiale modello di pragmatismo – che se ne avvalse per promuovere la scelta capitalistica della Cina. SIA per distrarre da quello denunciano le “Cronache anticapitalistiche” di HARVEY, con quei DATI COSI DRAMMATICI, parzialmente riportati da Martignoni, riguardanti anche L‘AUTORITARIA MODERNIZZAZIONE CAPITALISTICA e la CEMENTIFICAZIONE in corso in Cina (le cronache di questi giorni informano della bolla speculativa cinese e del rischio di crollo del colosso bancario del mattone EVERGRAND mostrando coazione a ripetere in Cina quanto è avvenuto e avviene in USA).
    Dalla secondo metà degli anni ’70, nel nesso irrefutabile tra filosofia e storia sono venuti acquisendo i fenomeni di progressiva, accelerata intersezione tra i molteplici aspetti della convivenza universale, oltre quindi la precedente considerazione meramente “cognitiva” delle implicazioni delle diversità tra occidente e oriente, in gran parte superata almeno dal punto di vista della struttura economica dall’estensione del capitalsimo la dove era considerato “nemico”. Al punto in cui è giunto ora quello che è stata enfatizzata come “globalizzazione” – partendo subito dalle ambiguità intrinseche al nesso (oscurato) tra le sue manifestazioni economico-finanziarie e le sue decisive implicazioni culturali – sembra necessario porre all’attenzione della politica e del dibattito filosofico ammantato, o appiattito, dalle emergenze del presente, il richiamo a quella visione (che, per essere realmente “complessiva”-non può che essere “organica”) dell’ unità-diversità, perché esistono sempre diverse concezioni del mondo e dei sistemi culturali e sociali – e quindi anche politico-istituzionali – nonostante il recente avvicinamento tra gli ordinamenti vieppiù economicisticamente.

    TRANSITO DAI VALORI SOCIALI A QUELLI INDIVIDUALI/IDENTITARI

    In tal guisa VA RICORDATO che tutta la pseuda sinistra di varia specie, compresa la “sinistrainrete” e gran parte dei filosofi e intellettuali, anche compresi quelli “marxisti” – rivelatisi “pseudo” in quanto sostengono acriticamente la scelta capitalistica della Cina – hanno taciuto o ACCONSENTITO al sopra ricordato “imporsi dell’individualismo e dei valori “tradizionali” dell’imprenditorialità”, che Harvey aveva appunto denunciata già 20 anni fa, quando al coperto dell’endiadi “valori materialisti/ valori post-materialisti” (Inglehart), si realizzava un TRANSITO dai principi di LIBERTA-EGUAGLIANZA-FRATERNITA’ A QUELLI i delle differenze ETICO-CUTURALI e di GENERE, dai principi e VALORI SOCIALI e comunitari a quelli INDIVIDUALI e c.d “civili” (separati da quelli sociali), che nella nostra Costituzione, hanno grande forza proprio se e quando non vengono separati da quelli sociali e collettivi e sociali. E tale “transito” avveniva, mentre veniva contraddetto dai problemi posti dalle immigrazioni e dalla DIFFUSIONE TRANSNAZIONALE dei rapporti di SFRUTTAMENTO sociali e di PRODUZIONE capitalistici – estesisi persino al “continente” cinese in Cina, con tutte le conseguenze che HARVEY rileva – cioè mentre la “CULTURA DEI DIRITTI” veniva contraddetta dalle immigrazioni nel suo duplice aspetto dell’INTEGRAZIONE “razzista” e dello SFRUTTAMENTO DEL LAVORO che fa mescolare questioni IDENTITARIE e rapporti di CLASSE (per dirla con Balibar).

    TEORIA DEL CROLLO INSITA NELL’USO CAPITALISTICO DELLE FORZE PRODUTTIVE

    In particolare, mi permetto di richiamare, l’ampiezza documentativa dell’analisi critica di HARVEY circa tutte le conseguenze le conseguenze derivate dal fatto che nella fase dell’imperialismo transnazionale, pur di agganciarsi alla “globalizzazione” capitalistica, ha portato anche la Cina alla scelta di perseguire il modello di modernizzazione classico/liberale quanto alla struttura capitalistica dell’economia, ma di tipo autoritaria/staliniana – quindi antimarxista e anti leninista – quanto alla sovrastruttura.
    Da questo coinvolgimento NELLE FORME DI ACCUMULAZIONE PRIMITIVA – conosciuta fin da quando MARX lancio la CONTROFFENSIVA TEORICO-POITICA del Capitale – anche di un Paese che come la Cina ha una popolazione superiore ad un continente, si vanno avvertendo le drammatiche conseguenze che si prospettano per la sopravvivenza della specie umana, HARVEY, se da un lato RIPORTA una possibile CATASTROFE ECOLOGICA NELL’AMBITO DEI MECCCANISMI STRUTTURALI DELL’ECONOMIA CAPITALISTICA; dall’altro LATO fa intravedere in termini correttamente radicali una sorta di “TEORIA DEL CROLLO”, fondata sull’analisi delle tendenze allo sviluppo assoluto insite nell’uso capitalistico delle forze produttive, indipendentemente dalle condizioni sociali e ambientali di natura (donde le contraddizioni generate dal tasso composto infinito dell’accumulazione capitalistica).

    INTERNAZIONALIZZAZIONE ANCHE DEI RAPPORTI SOCIALI CAPITALISTICI

    Mi permetto di dire, che lo sviluppo della teoria dell’imperialismo (cioè la scuola marxista di interpretazione dei rapporti internazionali, diversa sia da quella “realista” che da quella liberale), nell’ultima tappa coglie che l’INTERNAZIONALIZZAZIONE avviene tramite le imprese internazionali, che esportano il MODO DI PRODUZIONE stesso, oltre che le merci e i capitali, per cui l’insediamento di una FILIALE di una impresa transnazionale, porta alla RIPRODUZIONE dove prima non esistevano, dei RAPPORTI SOCIALI essenziali del sistema capitalistico. Donde che l’analisi critica nella fase transnazionale dell’imperialismo e delle imprese non può non estendersi anche alla Cina e alle conseguenze della sua scelta di perseguire un modello di modernizzazione capitalista di cui HARVEY, appunto, se da un lato riporta ad una possibile catastrofe ecologica nell’ambito dei meccanismi strutturali dell’economia capitalistica; dall’altro fa intravedere in termini correttamente radicali una sorta di “teoria del crollo”, fondata sui dati – ad es. impressionanti quelli sull’accumulazione primitiva cinese – e sull’analisi delle tendenze insite nell’uso capitalistico delle forze produttive, mentre gli di AMBIENTALISTI tacciono dell’IMPRESA capitalista che è VOLTA a massimizzare i profitti, a DEPREDARE senza limiti la NATURA e INQUINARE l’ambiente, PER ASSERIRE che la responsabilità per i pericoli che corre l’umanità col deterioramento e inquinamento dell’ambiente sia UNA RESPONSABILITA’ DI TUTTI gli uomini in quanto tali.

    ILLIMITATO SFRUTTAMENTO CAPITALISTICO DELL’UOMO E DELLA NATURA

    Perché l’ordine economico mondializzato include tra i beni non sottratti al mercato anche l’uomo sotto forma di lavoro e anche la natura sotto il forma di terra, entrambi resi disponibili per la vendita, o per la espropriazione e spoliazione per usare gli stessi termini di Harvey. In quanto – cosa taciuta dagli ambientalisti, la LEGGE GENERALE DELL’ACCUMULAZIONE CAPITALISTICIA include tra le forze produttive l’uomo-lavoratore e le risorse dell’ambiente e della tecnica di sfruttamento dell’uomo, della natura e della salute, ma anche della NATURA non ancora utilizzata dall’industria, cioè lo SFRUTTAMENTO INFINITO, INCONTROLLATO E ILLIMITATO DELLA NATURA NON ANCORA UMANIZZATA, che tra l’altro indica la gravità della trasformazione capitalistica della Cina ma anche la perversione teorico-politica di quei “sinistri” e filosofi pseudo marxisti che sostengono l’economicismo/capitalistico imperante in Cina – di cui i dati impressionanti riportati, tra i tanti, anche da HARVEY sono una conferma – che significa non solo che lo Stato cinese si trova ad amministrare una economia di mercato ma che deve dare sostegno alle politiche e alle regole del mercato e al capitalismo privato: per ciò anche la sanità in Cina è stata capitalizzata e si profilano bolle speculative e relative “esplosioni, come nel 2007-2008 in USA.
    Perché tutto, nell’ambito di un sistema di mercato che si mistifica essere autoregolato, deve essere diretto dai prezzi del mercato, soltanto dai prezzi di mercato e senza più l’articolazione delle precedenti implicazioni diverse tra occidente ed oriente, in modo ideologicamente “pragmatico”.
    Ma l’estensione al Pianeta cinese dell’IDEOLOGIA DEL PRAGMATISMO angloamericano ha comportato l’estensione ad esso anche della IDEOLOGIA AMERICANA.

    L’ESTENSIONE MONDIALE DELLA IDEOLOGIA AMERICANA

    L’Ideologia americana fu ben spiegata da TOGLIATTI in un intervento nel C.C. in cui invitando a REAGIRE, AVVERTIVA che <>. Perché, come accade quando vige una struttura economica capitalista, <>. Cosa questa che NOI TEMIAMO SI STIA DIFFONDENDO ANCHE NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE, DOPO L’ABBANDONO DEL MARXISMO e DELL’IDEALE SOCIALISTA, anche maoista (ben inteso: mantenendo gli stessi simboli e formule ideologiche e propagandistiche, come faceva anche STALIN), a causa dell’introduzione della STRUTTURA ECONOMICA CAPITALISTICA DI MERCATO : così che anche per la parte economica statale, LO STATO si trova non solo ad amministrare un’economia di mercato ma anche A DOVER SOSTENERE IL MERCATOE LE SUE REGOLE. COME ACCADEVA NEL MODELLO NAZIONALISTA in GERMANIA, ITALIA e GIAPPONE, dove sì c’era lo statalismo, ma si gestiva e si dava sostegno all’economia di mercato. All’OPPOATO dell’URSS dove, rifiutando sia il capitalismo che il mercato, lo Stato non amministrava un’economia di mercato, ma determinava anche i rapporti di scambio, originando quello che è stato, appunto, L’UNICO MODELLO DI INDUSTRIALIZZAZINE E MODERNIZZAZIONE ALTERNATIVO A QUELLO capitalista e CLASSICO/LIBERALE occidentale.
    Un esempio di penetrazione dell’ideologia americana in Cina, ci sembra data anche delle grandi piattaforme capitaliste, mediatiche, commerciali e comunicative che in Cina assumono dimensioni gigantesche, con le quali scompaiono del tutto sia ogni ideale che ogni concezione comunista, cioè: <>, appunto, diceva TOGLIATTI . Sicché, dall’Italia e dalla Cina <>, come invitava a fare Togliatti.
    Per questo occorre anzitutto APPLICARE IL MATERIALISMO STORICO ANCHE ALL’ANALISI DELLA CINA e della sua formazione sociale capitalista; applicare la MARXIANA DIALETTICA CRITICA alla FORMAZIONE SOCIALE della Cina capitalista, come si doveva fare anche per l’URSS, la quale però almeno non era capitalista.
    Applicare il metodo del materialismo storico significa anche denunciare e CRITICARE la formazione in Cina di UNA PIRAMIDE SOCIALE DALLA BASE GIGANTESCA, di oltre UN MILIARDO DI PERSONE DI VERTICE E UN VERTICE DI 100 MILIONI DI SUPER RICCHI MULTIMILIARDARI, di super proprietari e dirigenti d’imprese e DESPOTI D’AZIENDA, ecc.. (si sa che la povertà è un concetto relativo, per cui diventi più povero se aumenta la distanza tra i ricchissimi multimiliardari e un miliardo e 400 milioni di cinesi). Come ad es. i SUNING, proprietario di un impero economico internazionale e dell’Inter-calcio, nonché i DESPOTI dei vari TIC TOK e ALIBABA, veri e propri alfieri dell’ideologia americana. Avendo la Cina sancito l’inviolabilità della proprietà privata, senza neanche imporre una finalità sociale all’impresa come è invece nella nostra Costituzione, mirano non all’interesse sociale ma a fare proprio quello contro cui metteva in guardia Togliatti: abdicando ogni funzione sociale, mirano a distruggere ogni ideale delle masse e il cervello sociale delle masse, distruggendo il motore sociale della storia che è la memoria; ancora di più di quanto già di per sé viene fatto con l’uso delle cosiddette nuove tecnologie, dagli inglesorum e dall’ideologia angloamericana del pragmatismo, di cui fu un paladino TENG XIAPING, esaltato dall’Occidente e CAPO DELLA DESTRA DEL PARTITO COMUNISTA CINESE, l’ AMENDOLA CINESE come quello italiano lo fu della destra del PCI. Loro e i loro eredi come Napolitano hanno scelto per la Cina quello che hanno fatto per l’Italia: assumere in proprio il capitalismo: donde la concorrenza spietata che, come capita sempre tra “imprese” che producono uno stesso prodotto, capita anche tra vecchi e nuovi paesi capitalisti.
    Naturalmente il valore dell’articolo di TOGLIATTI su democrazia e socialismo era attuale già al tempo dell’URSS, e lo è altrettanto per molti paesi che, operando una rivoluzione sull’esempio di quella del 1917, hanno scelto di consultare e rifarsi alle sole Costituzioni presidenzialiste quali sono tutte, ad eccezione di quella italiana che non l’hanno nemmeno presa in considerazione, compresa la CINA che DOPO MAO HA INTRODOTTO L’ASSOLUTA INVIOLABILITA DELLA PROPRIETA PRIVATA E D’IMPRESA. Ed è cosi che sono giunti ad assumere un MODELLO di tipo STALINIANO: in Sud America, in Africa, in Asia e in Cina la quale, come abbiamo detto, ha “aggiunto” come sua “CARATTERISTICA DEL SOCIALISMO CINESE”(SIC) la STRUTTURA ECONOMICA CAPITALISTICA quale BASE della SOVRASTRUTTURA DI POTERE E DI STATO di tipo STALINIANO. Ma coprendosi dietro i nomi di MARX, di LENIN e anche dello stesso MAO, cioè continuando, come STALIN, a coprirsi dietro i simboli e gli slogan di quel PRESUNTO MARXISMO-LENINISMO (col trattino come voluto da STALIN), imbalsamato da STALIN. Ovvero in TOTALE ROTTURA COL PROGETTO LENINISTA della quasi scomparsa dello stato dopo la rivoluzione del ‘17 e con il LENIN che aveva ripreso e rilanciato tutto quanto sulla COMUNE parigina aveva scritto e indicato MARX, CHE in modo chiaro ed esplicito INDICO la COMUNE come una forma politica fondamentalmente espansiva e NON REPRESSIVA <>.
    Anzi, quanto alla teoria politica, va detto che l’unica descrizione di quello che deve essere la società e la forma politica di stato e di governo che MARX ha lasciato e in cui ha espresso in modo chiaro e inequivocabile il suo pensiero politico in termine propositivi, fu proprio l’esperienza della COMUNE parigina, al punto da asserire che da quel momento in poi, non si doveva mai arretrare da tale conquista, ma ogni lotta, ogni rivoluzione socialista, ogni forma politica di governo, di stato e di società socialista e il socialismo stesso, debbono partire da essa, perché, come scriveva LEMIN ricopiando rilanciando quanto scritto da MARX: <>. Cioè non arretrare mai dal modello politico, di stato e di governo della Comune che definì la <> del potere proletario, che mescolava forme di democrazia diretta e di democrazia rappresentativa con mandato imperativo sempre revocabile dal popolo e dalla classe operaia.
    MARX non ha mai auspicato un regime autoritario a partito unico o l’abolizione delle libertà civili, come è avvenuto con STALIN e oggi in CINA: per questo è importante l’articolo di TOGLIATTI su “democrazia e socialismo”, cosi come è importante che i comunisti cinesi imparino e i filo cinesi italiani insegnino quella che è l’esperienza del movimento operaio e comunista italiani, che a partire dalla TEORIA MARXISTA DELLO STATO E DEL DIRITTO e da ultimo sviluppata da GRAMSCI e portata avanti e applicata da TOGLIATTI fino a realizzare la nostra COSTITUZIONE di DEMOCRAZIA SOCIALE (cioè la più avanzata forma di democrazia fondata sugli interessi del lavoro e dei fini sociali), hanno molto da insegnare anche al PC cinese e come dovrebbero fare quelli che in Italia continuano ad esprimono posizioni acritiche verso la Cina capitalista proprio come acriticamente facevano tanti rispetto all’URSS, dove però, almeno, non c’era il capitalismo.
    L’articolo togliattiano, dunque, è valido e attuale per tutti quei Paesi che hanno scelto le forme del potere dall’alto, come avviene nelle imprese private ma anche negli Stati centralisti e burocratici; cioè , quelli che hanno scelto forme opposte alle “forme di potere e di governo e espansive e non repressive” come quelle che MARX indicava tramite la COMUNE parigina, realizzando invece forme burocratiche, gerarchiche e autoritarie, prima, e poi anche DISPOTICHE, totalitarie e assolutistiche TIPO QUELLE imposte a partire dal TERMIDORO STALINIANO in RUSSIA e IMPORTATE IN CINA E da vari paesi di Asia e Africa, del Centro e Sud America (dove ad es. in Nicaragua misuriamo oggi la deriva autoritaria e della violenza repressiva).

    LA CACCIATA DELLA CLASSE OPERAIA DAL PARADISO TERRESTRE ALL’INFERNO

    Chiunque conosca la storia della COMUNE sa che essa ERA una DEMOCRAZIA PLURALISTA pluralista, cosi come del resto PLURALISTA E DEMOCRATICO ERA IL PARTITO BOLSCEVICO al tempo di LENIN, che nel 1917 si trasformò in modo sorprendente in un vero e proprio partito di massa, democratico, formato da persone provenienti da diversi strati sociali e di diversa formazione culturale. La direzione di LENIN si basava sul suo incontrastato prestigio, ma LENIN stesso NON ERA UN VERTICE ISOLATO; i DIRIGENTI CHE LO ATTORNIAVANO ERANON IN GRADO DI CONTESTARE LE SUE TESI e non esitavano a farlo. Il partito, poi contava su un SECONDO LIVELLO DI QUADRI LOCALI che giocavano anch’essi un ruolo importante nella sua vita politica interna, basata sul CONFRONTO DIALETTICO CONTINUO, su un continuo dibattito democratico interno. Militanti a cui LENIN faceva ricorso perché si trattava di compagni indispensabili, che si sarebbero comunque fatti sentire laddove ci si fosse dimenticati di consultarli. Il partito bolscevico di LENIN, era quindi un vero e proprio partito politico non irreggimentato, ma meglio diretto e meglio organizzato di tutti gli altri, ma anche FORTEMENTE DEMOCRATICO al suo interno. A ben vedere questo, A CHI HA MILITATO NEL PCI SEMBRA DI LEGGERE COME ERA IL PARTITO COMUNISTA ITALIANO. Quello di LENIN, poi, oltre che massimamente democratico era anche un partito persino diviso in correnti, e abituato ad aspre discussioni politiche. IL PARTITO DI LENIN, riconosceva in LENIN il suo dirigente storico, MA ERA BEN LUNGI DALL’ESSERE UN PARTITO DI TIPO LENINISTA, COME, mistificandolo, FU POI DEFINITO DA STALIN il partito post-bolscevico, cioè il quello irreggimentato, gerarchico, oligarchico e burocraticamente repressivo, instaurato DOPO LA NEP, a partire da appena prima del primo piano quinquennale e progressivamente divenuto anche dispotico e autocratico .
    Quindi, nessuno che non sia prezzolato per spargere menzogne, obliare la memoria e falsificare la storia, può dire: “Cina. Il leninismo del XXI”: cosi come ci hanno scritto i cosiddetti “Cina rossa”, D. Burgio, M. Leoni, R. Sidoli e con l’immancabile contributo anche di quei ”cossuttiani” ed ex filosovietici”, PASSATI in un fiat DALLA ACRITICA ADORAZIONE dell’URSS ad un suo rifiuto altrettanto acritico, così come ORA sono PASSATI ad una ACRITICA ADORAZIONE irrazionale della CINA. Nonostante che la Russia conservi oggi molte cose dell’URSS tra cui, ad es., lo statalismo economico più o meno mascherato e una sanità funzione pubblica universale e gratuita, emblema che era anche del sistema comunista del tempo di MAO-TSE-TUNG, ma che è stato smantellato e capitalizzato in omaggio alle modernizzazione capitalista assunta dall’attuale Cina post-maoista.
    Donde che LA SANITA’non essendo più in Cina una funzione pubblica universale pagata dallo Stato, dopo 40 anni di disastri e di sofferenze pagati da tanti poveri e dai lavoratori cinesi privati della previdenza sociale, ora, negli ultimi anni, stanno realizzando una “riforma”(sic), che, INTRODUCE un sistema di ASSICURAZIONI: infatti una ASSICURAZIONE serve solo dove la sanità non è una funzione pubblica universale e gratuita, vale a dire in Paesi ad es. come gli USA(da sempre) ed ora come la Cina, cosi anche da questo, mutatis mutandis, si percepisce come la Cina sia “avvolta”, pervasa da quella stessa pericolosa ideologia americana, tanto bene denunciata da TOGLIATTI.
    E’ interessante notare come molti di quella stessa moltitudine di adoratori dell’URSS, essendo sempre state vittime della propaganda acritica verso l’URSS, si sono sentiti vittime ed offesi dal suo crollo, come fosse stato un crollo improvviso e non una conseguenza di quella lunga durata su cui sempre si misurano gli accadimenti – lungo periodo su cui si potranno cogliere le conseguenze della Cina attuale -; sicché sentitisi “traditi” dall’URSS sono passati armi e bagagli alla stessa acritica “adorazione” dell’attuale “socialismo con caratteristiche cinesi” la cui specifica “caratteristica cinese” è di essere capitalista.
    Senza capire che tale comportamento finisce per nuocere solo a se stessi, nella vita come nello studio; e che liberarsi da una trappola per ricadere subito in un’altra tesa dai medesimi meccanismi di autoinganno, non è poi un gran passo avanti, anzi …
    MARX – interamente assunto da LENIN specie rispetto le forme politiche e quindi di stato, governo e partito – NON SOLO non ha mai auspicato un regime autoritario a partito unico o l’abolizione delle libertà civili come avvenuto con Stalin e capita oggi in Cina e in tanti altri vari paesi. MARX, anzi, ha anche sempre preferito parlare di “AUTOGOVERNO DEI PRODUTTORI”, come anche GRAMSCI, espressione che ricorre ben più spesso nell’opera di MARX che non quella di “dittatura del proletariato”, comunque non intesa come potere repressivo ma come formula oggettiva che esprime il potere di una classe sociale tramite il controllo dei mezzi di produzione, esattamente come è una “dittatura della borghesia” in quanto proprietaria dei mezzi di produzione come è proprietaria anche nella Cina post maoista, che ben si concilia con certezza e la stabilita della governabilità ancorché autoritaria che anche Keynes riteneva auspicabile cosa migliore e più adatta per la applicazione delle sua teoria economica capitalista.
    Ma se si guarda alla COMUNE parigina che era un governo operaio, come scrisse MARX e com’era nel progetto marxiano di autogoverno dei produttori ed era in quello leninista della quasi scomparsa dello stato dopo il 1917 e dei soviet, cioè se si guarda alla RUSSIA prima del Termidoro staliniano dove VIGEVA UN REGIME in cui IL PESO E IL PRESTIGIO DELLSA LCASSE OPERAIA ERA SENZA PRECEDENTI (tanto che chi non era operaio faceva carte false pur di entrare a lavorare in fabbrica o in officina); se si guarda AL DI LA DELLE FORME DI SPAZIO E TEMPO, con sguardo DAL BASSO, cioè visto COGLI OCCHI DEGLI OPERAI, quello che è avvenuto sia con il regime di STALIN sia, dopo la morte di MAO, con la scelta di una politica antioperaia, operata dalla Cina con TENG XIAPING (noto come l’Amendola e poi il Napolitano cinese …) che ha portato a consegnare gli operai nelle mani dei padroni capitalisti, a sottoporli ai potenti gerarchi d’azienda e d’impresa sia privata che statale; TUTTO CIO, guardato dal basso, in uno storico flashback, AGLI OCCHI DEGLI OPERAI DEVE SEMBRARE UNA VERA E PROPRIA CACCIATA DELLA CLASSE OPERAIA DAL PARADISO TERRESTRE. Specie se si considera che dopo la rivoluzione del 1917, vigeva un Codice del Lavoro che garantiva una posizione di privilegio agli operai, protetti dalle azioni arbitrarie della dirigenza anche da un sistema di garanzie sindacali, e con piena libertà di criticare qualsiasi “superiore”: insomma tutto quello che è stato cassato sia dallo stalinismo russo anticapitalista che, ora, da quello cinese capitalista.
    L’IDEA “FILOSFICA” E’ QUI LA PASSIONE PER LA VERITA’ che è sempre rivoluzionaria, CONTRO e all’opposto del FILEISTEIMO sordo, che ACCECA FINO ad arrivare A DEFINIRE il CAPITALISMO “SOCIALISMO CON CARATTERISTICHE CINESI ”; arrivando PERSINO A DEFINIRE ciò che per antonomasia è l’ANTIOPERAIO E CLASSISTA “STATO DI DIRITTO” occidentale, come “STATO DI DIRITTO CINESE”, come ha scritto anche Renato CAPUTO (su La Città futura), senza accorgersi che “STATO DI DIRITTO SOCIALISTA” E’ UN CLAMOROSO OSSIMORO e un vero e proprio cedimento teorico alla teoria “pura” dello stato borghese/liberale, oltre che una SUPINA concessione e ACCETTAZIONE dell’IDEOLOGIA AMERICANA e del suo “famigerato“ e occidentale “stato di diritto”.
    Di questo passo allora, manca poco, si potrebbe prendere per buona anche la falsificante e abusata locuzione germanica e socialdemocratica di “capitalismo sociale di mercato” (e un qualche filocinese potrebbe dirlo “capitalismo socialista di mercato” andando vicino al vero), locuzione che pero è stata assunta anche come base dal sistema economico e di produzione capitalistico europeo, per rendere tutto il resto – cioè tutte le istituzioni e tutti i diritti sia individuali che sociali e del lavoro – un contorno e dipendenti e subordinati al sistema di produzione capitalistico di mercato. E’ cosi che, a partire dal sistema di produzione del capitale, si sono poi edificate le sovrastrutture istituzionali, a partire dal “capitalismo sociale di mercato” così definito dai sovranisti euro unitari della UE di conservatori/liberali/riformisti incarnata nel sovranismo atlantista, di cui DRAGHI è oggi il massimo garante .
    La posticcia aggiunta del termine “socialismo” praticamente ad ogni cineseria capitalistica e occidentale, serve ad occultare la verità con un simulacro di “socialismo” o dietro il sepolcro del marxismo e del leninismo, tramite il falso e ossificato cosiddetto “marxismo-leninismo” imbalsamato da STALIN, che ruppe sia con MARX che con LENIN, originando il regime totalitario della la fase staliniana, ripresa – come sarà ed è facile dimostrare – dalla Cina post maoista di TENG XIAOPING, che dà vita a quello che in modo più onesto si dovrebbe chiamare: “Cina. Lo stalinismo del XXI secolo”, CON IN Più IL CAPITALISMO ECONOMICO; stalinismo, sia chiaro, che non fu una conseguenza del bolscevismo, ma un fenomeno autonomo e al tempo stesso l’affossatore sia del bolscevismo che del leninismo.
    ANGELO RUGGERI

  • Gian Marco Martignoni

    Ringraziamndo Angelo Ruggeri per l’attenzione, voglio segnalare che Harvey dedica all’economia cinese, che definisce quale ” economia dell’imitazione “, il settimo capitolo del libro, con altri dati impressionanti, compreso quello della riduzione della povertà da 850 milioni a 40 milioni nel 2014.Nel 2008 la Cina non aveva un chilometro di ferrovia ad alta velocità : oggi ce ne sono trentamila. Concordo con Ruggeri sul parallelo che correttamente effettua tra filo-cinesi acritici e i filo-sovietici acritici d’un tempo .Tra questi oltre al blog Cina Rossa, ci sono anche quelli della rivista ” Marxventuno “, diretta da Andrea Catone.Tra le monografie che la rivista produce meritano di essere segnalati due testi , ovvero ” La Cina è capitalista ? ” di Remy Herrera. Zhiming Long e “Il socialismo con caratteristiche cinesi.Perchè funziona ? “di Zhang Boyng.Il primo testo è interessante, perchè da un lato rivaluta la figura di Mao Zedong per quanto riguarda lo sviluppo della Cina, che invece per gli odierni filo-cinesi sarebbe opera del subentrante Deng Xiaoping. Inoltre, con una serie notevole di grafici spiegano perchè la Cina è “un’economia con capitalisti, ma non capitalistica ” , proprio per il ruolo di direzione che lo stato ha rispetto alle dinamiche produttive. Il secondo testo, invece, essendo composto da cinquecento pagine, merita un approfondimento specifico, quando troverò il tempo e le forze necessarie . Una opportuna recensione sull’ultimo numero di Le Monde Diplomatique, a firma Carlo Amirante e Dario Catena, sintetizza molto bene le tesi del libro. La discussione è quindi aperta, e merita a mio avviso una certa attenzione.

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