Dagli Usa all’Europa diritti civili sotto attacco

di Gianluca Cicinelli (*)

Se pensate che il terremoto politico scatenato dalla revoca del diritto all’aborto che la Corte Suprema Usa sta decidendo riguardi soltanto il tessuto politico statunitense state guardando il dito e non le conseguenze sul piano internazionale. Di sicuro sarà l’argomento dello scontro tra Democratici e Repubblicani nelle elezioni di medio termine autunnali, ma lo tsunami che parte da Washington travalica l’oceano e approda anche sulle coste del vecchio continente, dove la negazione del diritto all’aborto è già da tempo un vessillo delle destre al governo. Il processo statunitense di divieto della Corte Suprema, nove giudici tra i quali 5 favorevoli all’annullamento della sentenza Roe contro Wade, che nel 1973 consentì la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza, diventerà legge tra fine giugno e inizio luglio, ma la bozza su cui stanno lavorando i togati è filtrata molto prima.

A meno che il Congresso non intervenga con una sua legge specifica, intervento che i movimenti per i diritti civili stanno chiedendo con forza d’intraprendere ai deputati del Partito Democratico, poi spetterebbe ai singoli Stati decidere come comportarsi, creando un’accelerazione nella dissoluzione della federazione. La California liberale ha già garantito di proteggere il diritto all’aborto così come gli Stati tradizionalmente di destra come South Dakota, Arkansas, Georgia e Indiana hanno garantito di applicare il divieto di aborto un secondo dopo che sarà sancito dalla massima autorità giuridica. Se la Corte Suprema agirà come mostrano le indiscrezioni filtrate sui suoi lavori, sarà il coronamento di oltre un decennio di spinte della destra tradizionale e “alternativa” sulle istituzioni statunitensi. La capacità d’incidere sulla politica Usa dell’Alt Right, la destra repubblicana eversiva che ha sostenuto Trump nel suo tentativo di golpe del 6 gennaio 2021 è di gran lunga superiore alla capacità d’incidere sull’opinione pubblica. Secondo un sondaggio della Cnn a gennaio di quest’anno il 69% degli statunitensi era contrario alla revoca del diritto all’aborto.

La crisi politica che grazie all’immobilismo del Partito Democratico sta creando nel Paese una frattura sociale ancora maggiore di quella determinata dalle elezioni che portarono Biden alla presidenza, trova una sua radice profonda nel tentativo repubblicano di limitare il diritto di voto dei cittadini, sempre grazie alle decisioni della Corte Suprema, che nel 2013 ha stralciato una sezione del Voting Rights Act 1 contro le discriminazioni elettorali nei confronti dei neri dei poveri e degli anziani. Da allora 14 Stati Usa hanno emanato 22 leggi che limitano l’accesso al voto mentre altri 61 progetti di legge per limitarlo ulteriormente sono in discussione negli altri Stati. Il sistema giuridico Usa, dove l’incidenza dei repubblicani è in questo momento decisamente più consistente, permette quindi di emanare leggi non condivise dalla maggioranza degli statunitensi.

E i movimenti per i diritti civili, i movimenti per i diritti delle donne? Manifestazioni contro l’orientamento trapelato dalla Corte Suprema stanno attraversando le strade in molte delle principali città Usa e altre manifestazioni sono previste nei prossimi giorni, ma qualcosa non funziona nella loro capacità d’impatto sulla politica, che su un diritto fondamentale e simbolo delle lotte delle donne fin dal secondo dopoguerra si sta rivelando poco incisivo. Anche perchè a offrire una sponda “liberal” alle istanze della società era stato fin qua il Partito Democratico, rivelatosi il grande assente dallo scontro politico in atto sui diritti civili negli Usa. Eppure soltanto fino a pochi mesi fa il movimento Metoo registrava interventi giornalieri su quotidiani e periodici con le sue denunce, ma sui principali quotidiani a stelle a strisce oggi non ne troviamo alcuna traccia. Le ultime notizie risalgono alla loro presa di posizione della settimana scorsa in favore di Johnny Depp nel processo che lo oppone all’ex moglie Amber Heard.

E’ in questo quadro di dissoluzione del progetto politico progressista dagli Usa all’Europa che s’inserisce la possibilità che gli Usa revochino il diritto all’aborto. Per cominciare. Perchè se passasse l’orientamento della Corte Suprema il prossimo obiettivo dell’attacco saranno i diritti delle persone LGBTQ, in una escalation dagli esiti prevedibili. In principio, a piantare il seme del mondo incivile, fu il Tea Party ai tempi di Bush Jr, a cui si sostituì la cosiddetta Alt Right che trova in Trump e Bannon i suoi idoli, capaci di esportare l’ideologia xenofoba e razzista nel mondo con molti epigoni nei paesi europei, i sostenitori del cosiddetto sovranismo, in Ungheria e in Polonia direttamente al governo, in Gran Bretagna artefici della Brexit, arrivando nel nostro Paese ai simpatizzanti di quelle politiche tra i 5 stelle, oggi apparentemente ripuliti, nella Lega e in Fratelli d’Italia. Perchè l’arretramento sui diritti civili e sull’aborto non riguarda soltanto gli Usa.

In sei Paesi su dieci nel mondo l’aborto è illegale. Vediamo in Europa: a Malta è illegale tranne che in caso di pericolo per la madre; in Andorra è illegale persino di fronte al pericolo di morte della madre; nel principato di Monaco è stato depenalizzato nel 2019, ma è prevista la sospensione per il personale medico che la pratica e le stesse regole valgono in Liechtenstein; in Germania l’aborto è legale solo su indicazione del medico ed è vietata la pubblicizzazione dell’aborto in base a un articolo di legge approvato nel 1933 dal governo nazista; in Irlanda è stato depenalizzato nel 2019 ma è lecito solo a protezione della vita della madre, come nel Regno Unito, dove si aggiunge la possibilità in caso di malformazione del feto e non è previsto l’aborto volontario; nella Polonia di Morawiecki, in lotta contro tutti i diritti civili, sull’aborto è calato il divieto quasi totale e ne stanno facendo le spese anche le profughe ucraine stuprate dai russi durante l’invasione del loro paese.

Ps: In attesa che il professor Orsini ci spieghi che le gesta di Rasputin sono di gran lunga superiori agli studi di Gramsci, è bene aggiungere “l’inserto Russia” a questo articolo sull’aborto. Da Noi Donne, articolo del 5 marzo 2018: “Nel 2011 è stata approvata una legge che restringe alla dodicesima settimana la possibilità di abortire in modo legale; nel 2013 è stato stabilito il divieto di pubblicizzare l’aborto; dal 2015, dopo un accordo tra la chiesa ortodossa russa e il ministero della Salute, i consulenti pagati dalle associazioni contro l’aborto possono lavorare nelle cliniche di stato per convincere le donne a non abortire; a novembre 2017 Putin ha proposto di sostenere la natalità con un assegno mensile per i genitori meno abbienti che avranno il loro primo bambino. Decisamente, la Russia di Putin sta vivendo una fase di regresso civile e di riaffermazione del patriarcato”.

(*) articolo pubblicato su https://diogeneonline.info/dagli-usa-alleuropa-diritti-civili-sotto-attacco/

 

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