Dalla parte di Catilina
di Mauro Antonio Miglieruolo
1
Scrivo queste poche righe per testimoniare in favore di un uomo, un perdente, trattato ingenerosamente dai vincitori, come spesso i vincitori usano. Catilina, l’infame, nemico di Roma, a mio parere rappresenta invece, con tutti i suoi difetti e limiti, una delle figure migliori della storia romana. Può essere iscritto nella serie di politici che invano hanno tentato di arrestare l’involuzione oligarchica, che culminerà nell’impero, sulla quale Roma si era instradata.
Farò parlare brevemente le fonti storiche e, attraverso di esse, cercherò di delinearne, molto sommariamente, la figura attingendo a volte proprio alle parole dei suoi nemici.
Lucio Sergio Catilina (in latino: Lucius Sergius Catilina, Roma, 108 a.C. – Pistoia, 62 a.C.) è per lo più noto per la congiura che porta il suo nome, spacciato dagli avversari come un tentativo di sovvertire la Repubblica. In realtà la congiura, al netto degli elementi contingenti, delle ambizioni e degli accessi dei protagonisti (di ambedue le parti), l’iniziativa del Senatore (tale era) mirava a contenere il potere oligarchico del Senato.
Interessante la quasi unanimità degli storici contemporanei nel fornire una raffigurazione d’uomo turpe e depravato, con eccessi che poi gli storici riscontreranno essere simili a quelli con i quali verrà consegnata alla storia la memoria degli imperatori romani odiati dal Senato (per secoli i veri padroni di Roma: anche dopo la fondazione dell’Impero). Considerati i tempi è difficile ritenere infondate alcune di quelle accuse. È molto probabile che Catilina si sia macchiato di “colpe” non dissimili da quelle della gran parte dei suoi contemporanei. Colpe a volte vere a volte inventate quali quelle con la quale è stata assicurata la damnatio memoriae di imperatori quali Caligola, Nerone, Tiberio, Commodo, la cui vera colpa era di contrastare il potere senatorio; e nemmeno da quelle di personaggi con i quali la storia è stata più benevola (vedi Giulio Cesare o Augusto). In ogni caso uscirà assolto da tutti i processi intentati contro di lui (corruzione, incesto e violenza sessuale a una vergine vestale).
Catilina, pur inviso alla classe senatoria, tenta ugualmente la scalata al potere. Nel 66 a.C. si candida alla carica di console. Partono le prime accuse: abuso di potere. Assolto. Ancora nel 66 è accusato di una cospirazione con Autronio e un certo Publio Cornelio Silla. Riceve comunque l’appoggio di alcune persone influenti, anche di categoria consolare, come Lucio Manlio Torquato, e dallo stesso Cicerone, che poi diventerà suo nemico. Catilina è assolto, ma i processi sono sufficienti a impedirne l’elezione a console.
Nel 64 a.C. si ricandida, ma il senato gli oppone proprio Cicerone, che in quell’occasione inizia a costruire l’immagine negativa di Catilina, il quale aveva intanto messo in allarme il patriziato per l’accresciuta popolarità. L’appoggio del Senato permette a Cicerone di essere eletto al posto di Catilina. Il quale rifiuta di comprendere il messaggio e si lega ancora più saldamente alla “plebe”.
Si ricandida ancora nel 62 a.C. A favore dei ceti popolari chiede la distribuzione delle terre demaniali e la remissione dei debiti. Panico tra i senatori. Cicerone (nell’orazione Pro Murena) lo descrive come un uomo segnato dalla “ferocia, nel cui sguardo si legge il delitto, nelle parole tracotanza, come se avesse già agguantato il consolato”. Ancora una volta, con l’uso di qualche broglio elettorale, Catilina viene battuto. La questione dei brogli viene sollevata non da Catilina stesso, ma Servio Sulpicio Rufo, uno dei non eletti; nonché da Catone Uticense, uno dei pochi personaggi decenti dell’epoca, tra l’altro avversario politico di Catilina. Cicerone reagisce denunciando una presunta congiura.
È l’inizio di una vicenda che si concluderà con la morte di Catilina. Come nel passato si era conclusa quella molto più nobile e famosa dei Gracchi.
Nel denunciare la congiura Cicerone non si risparmiò nel mettere in cattiva luce l’avversario, utilizzando mezzi disinvolti, alcuni dei quali in aperto contrasto con la legge Romana. Bisognava essere decisi, fare in fretta, impedire a Catilina di giovarsi della denuncia per brogli contro Murena.
Credo che tutti ricordano il famoso (meglio sarebbe dire famigerato) incipit delle Catilinarie (8 novembre 63 a.C.):
«Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?» (Fino a quando abuserai, o Catilina, della nostra pazienza?)
Seguono prove incerte fondata sulla testimonianza dello stesso Cicerone e di una certa Fulvia (amante di uno dei congiurati, Quinto Curio); nonché su alcune lettere anonime che accusano Catilina di cospirazione contro la Repubblica. Il quale avrebbe radunato suoi fedeli in armi in prossimità di Fiesole. Ma non ci sono prove. Basta al Senato per emanare un senatusconsultum ultimum, provvedimento che forniva ai consoli (tra cui Cicerone medesimo), poteri eccezionali. Catilina fugge. Non sono abbastanza svelti a sottrarsi alle ire del senato e di Cicerone, i seguaci Cetego e Lentulo, che vengono accusati di aver tentato di sollevare la “plebe”. Insieme a loro vengono arrestati e portati al carcere Mamertino, Lucio Statilio, Marco Cepario e Tito Volturcio.
Saranno ferocemente strangolati uno ad uno.
In quanto cittadini romani avrebbero avuto il diritto di appellarsi al popolo; e comunque di chiedere la commutazione della pena nell’esilio. Il congiurato contro il popolo Cicerone, passa sopra alla legge e provvede a eliminare quanti più avversari gli è possibile. Per questo delitto, anni dopo, il tribuno della plebe Publio Clodio Pulcro lo accuserà davanti al Senato. Cicerone verrà condannato all’esilio per l’assassinio di cittadini romani.
Il 5 gennaio del 62 a.C. Catilina e i suoi fedelissimi vengono intercettati dall’esercito romano comandato dal generale Marco Petreio nei pressi dell’odierna Pistoia (Campo Tizzoro), nella piana denominata Ager Pisternensis; Catilina, vistosi bloccato il passaggio degli Appennini che conduce alla Gallia Cisalpina da Quinto Cecilio Metello Celere, pur consapevole di andare incontro a morte certa, decide di battersi comunque insieme al suo esercito (Wikipedia).
2
Il progetto di Catilina non era troppo diverso da quello di altri che avevano tentato di riformare la Repubblica in senso popolare, anche forzando il sistema, come Tiberio Gracco e suo fratello Gaio, come tenterà di fare lo stesso Cesare. La repubblica era divisa tra il potere senatorio, dominato dai patrizi e colluso con i proprietari terrieri e la grande massa dei cittadini romani. Il che rendeva il sistema fragile (infatti non durerà) e quindi necessaria una riforma radicale. Qualunque siano stati i mezzi con la quale abbia tentato di promuoverla si è trovato di fronte un potere spietato che lo ha contrastato senza esclusione di colpi.
Dice di lui Sallustio, in De Catilinae coniuratione: «…non era sconvolta solo la mente di coloro che erano i complici della congiura, bensì l’intera plebe, desiderosa di cambiamenti. Così sembrava facesse ciò secondo il suo costume abituale. Infatti in uno Stato i poveri invidiano sempre i ricchi ed esaltano i malvagi; odiano le cose antiche, desiderano vivamente le novità; a causa dell’avversione alla loro situazione aspirano a sovvertire ogni cosa; si nutrono di tafferugli e di disordini, visto che la povertà rende facilmente senza perdite.»
Una visione indubbiamente da reazionario, che scavalca i problemi di equità e di buon governo e rifiuta di vedere nel risentimento dei “poveri” ciò che li ha portati alla povertà (le iniziative dei ricchi medesimi). Ma che conferma il carattere dell’operazione anti Catilina del Senato e di Cicerone. Un puro tentativo eversivo di soffocare ogni opposizione. Servendosi eventualmente e ingigantendo gli errori e i difetti dell’opposizione.
Diversi anni dopo la morte di Catilina, nell’orazione Pro Caelio del 56 a.C. (Celio era stato amico di Catilina), Cicerone sarà costretto a ridimensionare il giudizio su Catilina (che ormai non è più in condizione di nuocere). Riconoscerà che Catilina “aveva raccolto attorno a sé anche persone forti e buone»; che offriva «qualche stimolo all’attività e all’impegno»; che era stato «un buon cittadino, appassionato ammiratore degli uomini migliori, amico sicuro e leale»; che «era gaio, spavaldo, attorniato da uno stuolo di giovani»; e che «vi erano in quest’uomo caratteristiche singolari: la capacità di legare a sé l’animo di molti con l’amicizia, conservarseli con l’ossequio, far parte a tutti di ciò che aveva, prestare servigi a chiunque con il denaro, con le aderenze, con l’opera…».
Non un mostro come lo aveva in precedenza, da vivo, descritto.
In “bottega” cfr Scor-data: 8 novembre 63 avanti Cristo
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
Sono felice di leggere oggi la riflessione di A.M. su CATILINA e quanto si è abbattuto su di lui voluto dal potere dominante…. le dinamiche della storia poi sono sempre quelle …. e la lotta – se lotta c’è è fra le classi.- in genere.
MI CONCEDO UNA SPRUZZATINA DI ORGOGLIO DI NONNA- IN PROPOSITO ;. MIO NIPOTE OGGI VENTENNE , QUANDO ALLE MEDIE STUDIO’ IL PERIODO DELL’IMPERO ROMANO , TORNO’ DA SCUOLA INCAVOLATO DICENDO : NONNA TI RENDI CONTO CHE COSA SONO STATI CAPACI DI FARE ? MA ERANO FASCISTI , PEGGIO DEGLI AMERICANI DI OGGI ….
ovviamento il nostro pensiero non può non andare a storiografi e intellettuali di regime, nei secoli , che nella quasi totalità hanno taciuto rispetto a quanto appare evidente anche agli occhi di un bambino.
‘