D’amore e d’«Accordo»

Con l’ironico sottotitolo «30 punti in 3 anni per un soggiorno indimenticabile», il numero 234 di «Pollicino Gnus» (*) affronta le conseguenze del dpr 179 del 2011,

MassimoGolfieri-benvenuti

ovvero del «Regolamento concernente la disciplina dell’accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato, a norma dell’articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. (11G0221) (GU n. 263 del 11-11-2011)». E’ in vigore dal marzo 2012 e dunque, anche se sui media poco se ne è parlato, a marzo 2015 sono scattati i tre anni previsti con il previsto “conteggio” dei punti.

Dalla rivista «Pollicino» riprendo l’editoriale e altri tre testi.

Si chiama “Accordo di integrazione” perché è una legge armoniosa, che mette d’accordo chi l’ha decisa e chi la sta subendo. è già da un po’ di tempo che ci hanno insegnato ad usare la parola “integrazione” per designare qualcosa di utile e bello per tutti. Qualcosa che, anzi, viene fatto apposta per aiutare chi non ha ancora capito come farsi aiutare. Figuriamoci poi se davanti alla parola “integrazione” ci sta la parola “accordo”. Dal titolo promette di essere la legge più dolce e civile del secolo. Manca solo la marcia nuziale in sottofondo. Ma, come tutti i matrimoni… non son tutte rose e fiori. E così eccoci qui alla resa dei conti:

proprio in questo mese di marzo 2015 dovremmo cominciare ad usare il pallottoliere per contare i punti accumulati dallo “straniero” dopo la sottoscrizione dell’Accordo firmato con lo Stato italiano al momento dell’ingresso in Italia. Si tratta della verifica dei crediti guadagnati per buona condotta nei primi anni di soggiorno, e che, fatta la somma azione per azione, permetterà di vincere, o porterà a perdere, il diritto a restare qui. Se fai alcune azioni ritenute buone dallo Stato italiano, ti vengono cioè assegnati dei punti. E se accumuli un certo numero di punti, ti viene concesso il permesso di rimanere in Italia. In alternativa ti spetta l’espulsione. Le prime verifiche dell’Accordo in realtà sarebbero dovute arrivare l’anno scorso. Ora siamo già nell’anno extra, quello che viene lasciato come margine ultimo per la verifica dei crediti. Pare tuttavia che nessuno si sia fatto ancora avanti. Possibile che i due partner dell’Accordo non si siano capiti? L’Accordo è stato pubblicato in 16 lingue. Sono poche? Sono tante? Resta il fatto che anche agli italiani non sono del tutto chiare le procedure e i tempi per la verifica. Forse qualcosa non ha funzionato. In questo monografico proveremo a guardare il problema un po’ più da vicino. Vi mostreremo prima una sintesi stagliuzzata del testo della normativa, la quale, anche così, senza commenti, ci pare dipinga un quadro assai triste dell’uomo e delle sue aspirazioni. Al centro della riflessione di questo Pollicino Gnus, ci piacerebbe tuttavia mettere soprattutto i crediti e i debiti accumulati dallo Stato italiano in questa ed in altre vicende legate al tema dell’accoglienza. Quello che lascia a bocca aperta non è solo il rovesciamento della Costituzione giustificato dal DPR 179 del 2011 (la stessa normativa invita di fatto la Repubblica a mettere nuovi ostacoli per il raggiungimento dei diritti che il cittadino straniero deve ingegnarsi ad acquisire in autonomia). Stupisce infatti ancora di più la parte che lo Stato non fa di quel poco che ha promesso di fare. Stupisce che dopo essersene infischiato dell’articolo 3 della Costituzione, se ne infischi anche dei pochi impegni presi all’interno dell’Accordo. E suona davvero male che nessuno si metta a togliere punti allo Stato o a condonarne qualcuno allo straniero, laddove lo Stato non mantenga (e il caso è assai frequente) le promesse fatte. Perché mai così tanti stranieri hanno difficoltà a sottoscrivere o registrare un contratto di locazione pluriennale o di acquisto di un immobile ad uso abitativo?(punti 6) Perché mai alcuni stranieri non imparano la lingua italiana ad un livello A2? (condizione imprescindibile per l’acquisizione del permesso di soggiorno secondo l’Accordo di Integrazione). Cosa impedisce allo straniero appena arrivato di apprendere l’educazione civica o di dimostrare le proprie conoscenze della Costituzione italiana? Perché uno straniero dovrebbe fingere di avere un lavoro che non ha? O perché è così difficile approdare per uno straniero al sollievo del permesso di lungo periodo? O al possesso di una residenza? Provate a guardare da vicino le condizioni in cui si applicano o non si applicano le cosiddette leggi per l’integrazione e sarete d’accordo nell’ammettere che la posizione dello Stato italiano è quantomeno imbarazzante. Se vi fosse una tabella dei crediti decurtabili anche su una ipotetica tessera di Integrazione dello Stato, lo Stato italiano non riuscirebbe ad accumulare crediti sufficienti per essere promosso al momento della verifica dell’Accordo.

Annalisa Govi, per la redazione di Pollicino Gnus

Barchette di carta

di Annalisa Govi (insegnante del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti)

Come avete letto nell’editoriale di questo stesso monografico, non c’è stata a Reggio Emilia ancora nessuna verifica dell’Accordo di Integrazione. Non vi è stata cioè nessuna somma o decurtazione di punti per decidere l’idoneità o inidoneità di qualcuno a vivere in Italia. La prima sessione d’esame prevista entro la fine di questo mese include test orali che chiederanno ai candidati di parlare della Costituzione, dei diritti e doveri dei lavoratori, del sistema tributario italiano, del nostro ordinamento scolastico, ecc…

Io stessa come insegnante credo che dovrò prima ripassare un bel po’ la materia.

Le persone tenute a sostenere conversazioni di così alto livello saranno tra l’altro uomini e donne che vivono in Italia da non più di tre anni. Esse dovranno dimostrare di saper argomentare e conversare su contenuti abbastanza complessi dal punto di vista della lingua oltre che delle conoscenze.

Vedremo come andrà a finire, ma all’orizzonte vedo addensarsi molte nubi, soprattutto per la fascia debole delle persone meno scolarizzate.

Vorrei al momento commentare però ciò che già succede per quanto riguarda le sessioni di “apprendimento” di educazione civica. Ricorderete che tra gli impegni dello Stato previsti dall’Accordo di Integrazione vi è “l’accesso alle informazioni che aiutano i cittadini stranieri a comprendere i principali contenuti della Costituzione italiana e dell’ordinamento generale dello Stato.”

Ebbene: la sessione di educazione civica che l’Accordo prevede si svolga entro i primi tre mesi dopo l’arrivo dello straniero nel nostro paese e che sarebbe la prima responsabile dell’erudizione di quest’ultimo per quanto riguarda il vivere civile in Italia, si svolge a Reggio Emilia in due puntate da 5 ore ognuna. Il neoarrivato viene messo davanti a una TV ad ascoltare monologhi o a guardare noiosissimi filmanti che spiegano come si dovrebbe vivere in Italia oggi. Nel peggiore dei casi (peraltro assai frequente) la sessione è in lingua italiana e lo straniero viene dato in pasto al nulla, poiché dopo 3 mesi che si arriva in un paese diverso dal proprio, solo un genio è in grado di seguire un telegiornale di 5 ore nella lingua del posto.

L’insegnante del CPIA incaricato poi di fare il guardiano in questa situazione, non dovrebbe nemmeno essere chiamato insegnante, visto che non viene pagato come tale (si dice che la paga sia quella di un poliziotto), né è tenuto a svolgere mansioni didattiche o di mediazione linguistica. Il docente è lì solo per somministrare un contenuto multimediale preconfezionato e per fare sorveglianza. E’ lì cioè per svolgere un ruolo differente da quello previsto dal proprio contratto di lavoro. Oserei dire che il docente esercita, anzi, un ruolo in contraddizione con le proprie mansioni ordinarie.

Chi ha assistito a una di queste prove di resistenza sostiene non sia possibile guardare il filmato per più di un’ora senza addormentarsi. Questo parere è stato confermato anche da italiani che hanno visto la proiezione nella propria lingua.

Credo che per la scuola stessa (il CPIA) questo sia il peggior modo di presentarsi a potenziali futuri studenti, una cattiva pubblicità a se stessa.

L’unica cosa a cui può allenare una esperienza di questo tipo è il fatto di cominciare a capire che in Italia spesso ti verranno chieste cose che ti fanno perdere molto tempo e di cui è difficile capire il senso.

Due settimane fa, un collega mi ha raccontato di aver prestato servizio durante una sessione di educazione civica rivolta ad un gruppo di adulti neoarrivati. Alla fine della sessione, quando tutti erano ormai usciti dall’aula, il collega ha raccolto tra i banchi una magnifica barchetta di carta costruita utilizzando un volantino di pubblicità del CPIA.

Vedi che tutto questo serve a qualcosa? – mi ha detto mostrando la barchetta con un sorriso.

Le storie che abbiamo incontrato a Reggio Emilia

di Angela Saccani, associazione Città Migrante

A “F.” l’Agenzia delle Entrate ha chiesto il pagamento di una prestazione sanitaria risalente all’anno 2011, epoca in cui, però, lui era esente, in quanto accolto nel progetto ENA (Emergenza Nord Africa).

A “S.” è stato chiesto il pagamento del ticket massimo per degli esami del sangue, perché non aveva presentato l’autocertificazione della fascia di reddito.

A “C.” in possesso di carta di soggiorno, senza alcuna motivazione, è stata bloccata la tessera sanitaria. Lui l’ha scoperto solo quando, avendo bisogno di una prestazione ospedaliera, gli è stato chiesto l’intero pagamento della prestazione e della degenza (10.000 euro circa).

Le persone provenienti da Paesi dell’Unione Europea e residenti a Reggio Emilia non vengono iscritte al SSR (Servizio Sanitario Regionale) se non hanno un lavoro o non dimostrano una capacità economica.

Alcune di queste vicende si sono risolte, altre sono ancora in sospeso. Mi chiedo quante storie simili esistono e quanto grande sia il disagio di chi le vive.

Il diritto alla salute è un diritto inalienabile basato, secondo la nostra Costituzione, su un modello universalistico: nell’articolo 32 infatti non si parla di “cittadini”, ma di “individui” e di “interesse della collettività”; si specifica inoltre che “vengono garantite cure gratuite agli indigenti”.

Quindi un diritto universale, di cui gode non solo chi ha la cittadinanza italiana, ma tutti gli individui che si trovano sul territorio italiano, ogni persona, a prescindere dalla nazionalità, dal livello socio-economico, dal sesso.

Questi princìpi vengono disattesi, se non stravolti. Per ottenere la tessera sanitaria, o meglio prima di sapere SE ne avrà diritto, una persona deve certificare/dichiarare/dimostrare a quale categoria appartiene (di volta in volta includente o escludente). Provo a fare un elenco: irregolare/comunitario/extracomunitario/con la cittadinanza/profugo; residente/domiciliato; occupato/disoccupato/inoccupato; minore/anziano over 65 anni; e poi quale capacità economica, quale situazione tributaria… chi vuole può integrare questa lista….

Ovvero, prima che una persona possa “accedere” a questo diritto fondamentale viene verificata la sua nazionalità, il suo status socio-economico, la situazione tributaria, il genere, l’età; poi, se tutto “va bene”, la persona viene iscritta al Servizio Sanitario, il che non significa “accedere” alle cure dato che, comunque, quando ne ha bisogno la prima cosa che viene chiesta è il pagamento del ticket. E questo “gesto” è compiuto da personale sanitario, benché sia un gesto che nulla ha a che fare con il “compito di cura”.

Tutto questo percorso, inoltre, varia a seconda del Comune nel quale la persona ha scelto o è capitata ad abitare, in questo nostro Paese così piccolo e così diseguale. Mi chiedo spesso quale sia l’ammontare quotidiano incassato dall’Azienda Sanitaria grazie ai ticket.

Tornando alle storie (solo alcune) che abbiamo incontrato, ci rendiamo conto, che nel caso di S. l’ignoranza (la sua) non è ammessa… sono ammesse però (da parte del Servizio Sanitario) mille “mancanze”: di informazione, di aiuto nella compilazione di un modulo, di sensibilità, per cercare di far capire e di capire ad esempio, se la persona ha necessità di una mediazione linguistica…

E poi: perché una tessera sanitaria può essere bloccata senza avviso, né motivazione? In che modo viene salvaguardata la dignità della persona? Non c’è da stupirsi quindi se rivolgersi a un Servizio induce timore, così come chiedere spiegazioni, così come relazionarsi con il personale medico quando si ha bisogno di cure.

Il Servizio Sanitario ha il DOVERE di preservare la salute, e ogni volta che non lo fa crea difficoltà, induce situazioni di forte disagio, specie a chi, provenendo da altri Paesi, è sottoposto a situazioni di grandissimo stress dalla Legge sull’Immigrazione.

Nella situazione socio-economica in cui ci troviamo il Servizio Sanitario deve assumere un ruolo attivo nella comprensione della realtà, perché il suo fine è la salute della persona e della collettività.

Occorre un atteggiamento solidale.

Occorre andare incontro alle persone, a chi perde la casa, a chi non trova lavoro, a chi non ha o perde la residenza.

Il Servizio Sanitario deve avere lo sguardo sulla presa in carico e cura degli invisibili e non chiudere le porte.

Nessuno sia escluso.

Incontri e persone: da vicino nessuno è straniero

di Francesco Amato, associazione Città Migrante

Questa storia inizia nel 2011. Zaman è pakistano, ma vive in Libia, come tanti migranti che sono riusciti a trovare un’opportunità, un lavoro e una nuova vita nel paese del Maghreb. L’implosione del regime di Mu’ammar Gheddafi rende la Libia sempre più pericolosa. Allo scoppio della guerra civile Zaman, come tante e tanti nella sua stessa condizione, non ha altra possibilità che partire, affrontando il Mediterraneo in tempesta, alla volta della Fortezza Europa.

Questa parte è tristemente simile, nelle storie dei tanti che partono: lo sbarco in Sicilia, la detenzione nei centri di accoglienza, il viaggio verso una ancora sconosciuta città italiana, il sogno dell’Europa del Nord. La speranza a volte si interrompe davanti alle coste di Lampedusa, il mare inghiotte i corpi e i sogni, e fa pochi sconti.

Zaman riesce a raggiungere l’Italia, la sua meta finale è Reggio Emilia. Nell’ambito dei percorsi della cosiddetta “Emergenza Nord Africa” riesce ad avere vitto, alloggio e assistenza sanitaria di base. Nel 2013 si dichiara fine all’emergenza, lo Stato non si fa troppe domande sul destino di queste persone, e Zaman finisce a dormire in strada, tra la stazione e la fabbrica dismessa delle ex-Reggiane. Quando sembra che la sua unica possibilità sia ingrossare le fila degli homeless, che subiscono il freddo delle notti reggiane, si prospetta un’opportunità inattesa. L’occupazione di uno stabile abbandonato in via Gorizia, insieme ad altri migranti, con il supporto dell’associazione Città Migrante e tanta solidarietà da parte di molti. Pur tra mille difficoltà, inizia una fase nuova: il diritto all’abitare come base su cui provare a ripartire, la vicinanza di altri, italiani e migranti, uniti dalle stesse lotte. I mesi passano, nella quotidianità delle giornate reggiane la mancanza di lavoro, per la dignità di Zaman, è una ferita, che si acuisce e fa male. Non gli interessa vivere di espedienti, rivendica la possibilità di mettere in pratica le sue competenze e dimostrare quanto vale.

Parte per il Belgio, dove trova opportunità e percorsi lavorativi, in situazione precaria ed incerta. Un pezzo di cuore però resta a Reggio. Una grossa parte del suo primo stipendio, guadagnato dopo mesi e a prezzo di fatiche, fisiche e psicologiche, Zaman decide di donarlo alla casa occupata di via Gorizia, per non dimenticare da dove è riuscito a ripartire.

Oggi Zaman è tornato a Reggio: in Europa, con i suoi documenti, non può lavorare in regola. Porta con sé la voglia di aiutare tutti quelli che combattono ogni giorno, nel silenzio assordante e colpevole della società, la loro battaglia per la dignità e i diritti.

(*) «Pollicino Gnus» è il mensile legato alle esperienze della Mag-6 (cioè Mutua Autogestione) di Reggio Emilia. Andate su www.pollicinognus.it per saperne di più o abbonarsi.

LA FOTO E’ DI MASSIMO GOLFIERI che ringrazio per la disponibilità: mi pare interessante cosa c’è scritto sul campanello… (db)

Redazione
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