Darwin – Nevada
Darwin – Nevada
Marco Paolini
Matthew Lenton
Strano spettacolo questo che nasce dal parimenti strano connubio fra Marco Paolini, famoso affabulatore italiano di teatro civile, e Matthew Lenton, regista inglese che sembra ispirarsi ai fumetti di Jacovitti-Cocco Bill o a scene da “spaghetti western”. E s’incontrano per misurarsi con un personaggio abbastanza ostico: Charles Darwin.
Marco Paolini vuole affrontare un argomento poco digerito e digeribile, la scienza – oggetto misterioso e ingombrante –, e di conseguenza i suoi rappresentanti, deificati o denigrati.
L’attore ci racconta che lo scienziato inglese raccolse le sue osservazioni sull’evoluzione del mondo animale e umano su dei taccuini per poi diffondere al mondo una sintesi della sua teoria – L’origine delle specie per selezione naturale – solo dopo vent’anni che l’aveva elaborata. Perciò Paolini la rappresenta come un uovo di proporzioni fuori dal comune perché deposto dopo tanti anni di “rumegazioni”.
Darwin, sempre reticente nel divulgare soprattutto fra i colleghi le proprie scoperte, aveva raccomandato agli eredi di mantenere per sempre segreti i contenuti dei taccuini, la teoria per esteso. Nel corso del secolo scorso però una sua pronipote aveva deciso di renderli pubblici e dopo essere stati accuratamente decifrati e studiati, trovarono accoglienza presso la Cambridge Library. Nel 2001 i taccuini erano misteriosamente spariti per essere poi riconsegnati alla vigilia di Pasqua 2022, in modo altrettanto misterioso e piuttosto riservato, dentro una busta su cui si augurava al bibliotecario una “HappyEaster/x” (che “l’uovo” di Paolini richiami anche questo episodio?).
Per spiegare tale mistero, Paolini e Lenton hanno inventato una storia. Così il racconto di vita e peripezie di Darwin s’intreccia con quello di Fernando Morión Nevada, originario di uno sperduto ex villaggio minerario chiamato proprio Darwin ai confini fra il deserto del Mojave e il Nevada; e con la vicenda di Sue Ellen e Sunny che in una notte estiva “buia e tempestosa”, sotto una pioggia torrenziale sintomo del cambiamento climatico, investono e quasi uccidono con il loro camper un uomo, Fernando Morión Nevada[1].
Andato in giro per il mondo, sostenendo di essere la reincarnazione di Charles Darwin aveva sottratto in modo fortuito i taccuini dello scienziato alla Cambridge Library e ora li ha in tasca. Da qui l’affabulazione di Paolini s’intreccia con la vicenda delle due giovani e di Lupe, fidanzata di Fernando Morión che ne aspetta il ritorno a Darwin, e del suo amante provvisorio Ed, lo sceriffo del villaggio, in un bizzarro accavallamento di registri, tempi, luoghi. Con un espediente scenico quando serve, l’interno del camper diventa l’interno della casa di Lupe che canta accompagnandosi con un piccolo strumento a corde.
Il paesaggio è rappresentato da due cactus ai lati opposti del camper-casa di Lupe e anche questo particolare mi ricorda i fumetti di Jacovitti-Cocco Bill.
Da un lato del palco c’è l’ambiente dove Marco Paolini prosegue il suo racconto, a volte ironico e divertente anche perché intercalato da frasi in dialetto veneto – ma comunque
serioso–; dall’altro c’è l’ambiente surreale e quasi caricaturale della cittadina di Darwin dove però si sta svolgendo un dramma, perché Fernando Morión morirà e la fidanzata lo rivedrà solo da morto. In questo ambiente, ogni tanto s’introduce Paolini che sembra origliare, spiare, ma che all’occorrenza interpreta anche Fernando investito dal camper.
La storia dei personaggi di Darwin, Nevada, si conclude con il ritrovamento dei taccuini che Sue Ellen restituirà ai loro legittimi custodi.
Si tratta certamente di un esperimento audace, però mi sembra che i due registri non si siano ben integrati e l’andamento dello spettacolo mi è parso frammentario. Se prestare il dialetto veneto a Darwin, e farlo parlare come un marinaio di Chioggia, accentuava il lato un po’ dissacratorio del racconto di Paolini e rientrava perfettamente nello spirito della performance, l’ambiente surreale di Darwin, Nevada, con i suoi personaggi alla Señor Serrano, strideva troppo con l’altro lato del palco e la figura pur sempre austera di Charles Darwin.
[1] L’alluvione nel deserto del Nevada, durante l’annuale Burning Man Festival, è avvenuta realmente nell’estate 2023. L’elemento è stato inserito nel racconto per accennare alla questione “cambiamento climatico”.