David Cronenberg al Matera Film Festival

di Antonella Falco

Dal 2 al 10 ottobre si terrà il Matera Film Festival che prevede oltre ai film in concorso una ricca e variegata sezione fuori concorso che comprende retrospettive, mostre, masterclass con grandi maestri di cinema, arte performativa, proiezioni per le scuole e presentazioni di libri. Ospite d’onore del Festival sarà il regista David Cronenberg. Della presenza del grande cineasta canadese e degli aspetti salienti di questa edizione abbiamo parlato con Silvio Giordano, che riveste il ruolo di direttore del Festival (assieme a Nando Irene e a Dario Toma).

Da quanto ho avuto modo di vedere nella prima edizione, il Matera Film Festival si pone l’obiettivo di promuovere il cinema trasformando Matera da location di film, sia italiani che internazionali, in soggetto attivo e centro propulsore nella diffusione della cultura cinematografica…

«Credo che la nostra società sia ossessionata dal cercare un’idea vincente a tutti i costi con un concept che nessuno ha mai fatto quando basterebbe guardarsi attorno. Matera vede annualmente i più grandi registi del mondo girare film nel suo territorio. Dai registi più autoriali come Terrence Malick a quelli di film mainstream come 007 – No time to die. La domanda che ci siamo posti è stata la più semplice. Come può una terra di grande produzione cinematografica non avere un festival del cinema? Così tre anni fa l’avvocato Dario Toma, il presidente del festival, comprò il dominio del sito domandandosi solo perché non l’avesse fatto prima. Da quel momento il nostro obiettivo da appassionati e professionisti è stato quello di fare incontrare il pubblico con i più grandi creativi del mondo e poter immaginare nuove prospettive con loro. Matera non è solo paesaggisticamente unica al mondo ma, come direbbe uno dei luminari del nostro comitato scientifico, Giuseppe Palumbo (fumettista), è soprattutto un luogo dell’immaginario. Proprio per questo il nostro è un festival del cinema che abbraccia più linguaggi della narrazione. L’ambizione è che il festival diventi luogo di produzione. Dove creare prodotti culturali dell’intrattenimento con gli ospiti che inviteremo man mano negli anni. Non più città adibita solo a location cinematografica ma anche un serbatoio di immagini da cui attingere per creare fumetti, libri, videogames e opere d’arte contemporanea».

Ospite d’onore di questa seconda edizione, in programma da 2 al 10 ottobre 2021, è il grande regista canadese David Cronenberg, già insignito del Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2018. Immagino che per un festival alla sua seconda edizione avere un ospite così prestigioso sia motivo di grande orgoglio. Come si articolerà la sua presenza durante la settimana del Festival? È prevista anche una retrospettiva dei suoi film più importanti?

«E’ difficile trovare parole di gratitudine verso il maestro David Cronenberg. Da una parte ci ha formato visivamente e creativamente grazie ai suoi film, dall’altra ci ha responsabilizzato come operatori culturali nel momento in cui ha aderito al nostro festival. Darci la sua fiducia è stato per tutti noi un incoraggiamento a proseguire e a fare sempre meglio. Dare fiducia, credere in nuove energie e nuove generazioni credo sia il più grande insegnamento che un uomo possa lasciare all’umanità. In fin dei conti immaginare Cronenberg in Basilicata al Matera Film Festival è di per se una “masterclass” che dovrebbe inorgoglire tutto il mondo. La sua presenza al festival sarà strutturata in due-tre momenti. L’inaugurazione di una mostra d’arte contemporanea ancora top secret e una Lectio Magitralis con il Maestro in presenza (dove potersi iscrivere a breve). La retrospettiva è già iniziata. Abbiamo pensato di realizzare delle proiezione diffuse sul territorio lucano dal titolo Aspettando Cronenberg. I primi due appuntamenti sono avvenuti a Matera e a Potenza grazie all’aiuto di partner come Cinergia, cinema teatro Don Bosco e cinema Due Torri. Ogni proiezione è stata anticipata da incontri e talk tenuti da altri due luminari del nostro comitato scientifico: la professoressa Gieri dell’Università della Basilicata e il professor Santeramo della Queen’s University del Canada».

David Cronenberg è una figura iconica del cinema mondiale. Pioniere del genere body horror, che esplora il terrore dell’uomo dinanzi alla mutazione e alla deformazione del corpo, nel corso della sua carriera ha affrontato tematiche quali l’insorgere di nuovi virus, la mutazione genetica, la deformità fisica che si accompagna alla degenerazione psicologica dell’individuo, la contaminazione fra il corpo umano e la macchina, l’innesto tecnologico unito alla perversione e alla violenza sessuale, il capitalismo e le sue conseguenze, fino ad approdare al noir, indagando, nelle più recenti collaborazioni con il suo attore feticcio Viggo Mortensen, come l’uomo (apparentemente) comune reagisca all’irrompere della violenza nella sua vita. L’occhio attento di Cronenberg ha saputo leggere in modo acuto la realtà, anticipando in maniera sorprendente il futuro della nostra società. È esatto affermare che la portata del suo cinema è tale da aver influenzato quasi ogni forma della cultura contemporanea e che ogni artista che faccia del corpo il proprio oggetto di indagine e di sperimentazione abbia con lui un debito di riconoscenza?

«Sì, è corretto affermarlo. I film di Cronenberg risultano di grande attualità proprio nel nostro periodo storico pandemico e narcisistico. Tutta la realtà che stiamo vivendo ora era già ben presente nella sua filmografia. Città attraversate da carri militari che trasportano corpi deceduti per la contaminazione. Sommosse nelle strade e nelle piazze di cittadini che parlano di microchip impiantati sotto la pelle. Il corpo che assume nuovi farmaci con foto feticistiche sui social della propria pelle bucata da aghi. Il capitalismo imperante che detta le regole sull’estetica trasformando corpi rifatti chirurgicamente. Una società’ tecnologica e consumista in fila davanti gli store per avere il cellulare perfetto che sostituisca le funzioni del corpo. La ricerca spasmodica di una nuova carne per fermare l’invecchiamento (Videodrome) o quella di chiudersi a casa immergendosi nella realtà virtuale (existenZ) cercando di fuggire da un mondo che diventa sempre più inospitale e cinico. Una società post human. In fin dei conti anche Marinetti parlava di post human dicendo: «noi aspiriamo alla creazione di un tipo non umano, […] con la conoscenza e l’amicizia della materia noi prepariamo la creazione dell’uomo meccanico dalle parti cambiabili».

Quel che secondo me rende Cronenberg unico nel mondo cinematografico è il suo rapporto con l’arte contemporanea. Sicuramente molti registi di cinema hanno lavorato sul corpo, ma nessuno si è mai avvicinato così tanto alle sperimentazioni e all’estetica della videoarte e delle body art. Gli anni ‘70-‘80 sono stati un periodo fertile per le visioni apocalittiche e politicamente scorrette in grado di uscire fuori dal recinto delle regole. Penso ad Orlan e i suoi esperimenti sulla pelle oppure all’ibridazione uomo macchina di Sterlac. Ma erano davvero tanti gli artisti di quel periodo: Paul MCCarthy, Mike Kelley, Kiki Smith, Robert Gober, Wim Delvoye, Andres Serrano, Cindy Sherman, Matthew Barney, Marcel li Antunez Roca, Nan Goldin, Robert Gligorov fino ad arrivare a quelli più giovani e più glamour come Chris Cunningham. Credo che tutto questo shock visivo però ha valso molto per noi occidentali. In Giappone questa cultura della trasformazioni organica e del corpo post human è sempre stata all’origine di ogni opera artistica. Da Tetsuo di Tsukamoto ad Akira di Otomo. Dai virus di Araki nel fumetto di Baoh ai corpi androidi e perfetti di Ghost in the Shell, Evangelion ecc».

In quante e quali sezioni si articolerà il Festival e quali saranno i luoghi della città che ospiteranno i vari momenti della rassegna? La Giuria annovera nomi di grande livello, puoi anticiparcene qualcuno?

«Più sezioni. Talk presso l’Auditorium e Casa Cava, incontri con autori e produttori, eventi off ed un concerto con un grande premio Oscar. Il festival è di base un concorso. C’è la sezione Documentari, Lungometraggi e Cortometraggi. Arrivano opere da tutto il mondo, non facciamo differenza se siano di animazioni o altro. Conta l’idea. Il lavoro di selezione viene meticolosamente coordinato da Maria Vittoria Pellecchia (già direttrice artistica del festival Laceno D’Oro) Giuseppe Mattia, Adelaide de Fino e Cecilia Chianese. Il lavoro della giuria, poi, è sempre molto delicato. In base alla scelta del vincitore anche il festival prende una identità. L’anno scorso premiammo Roberto De Feo per il film The Nest come miglior opera prima e quest’anno è in giuria forte del suo film A Classic Horror Stories su Netflix. Ci piaceva l’idea di abbinare un giovane regista horror con la poetica di Cronenberg che ha esordito con il Body Horror. Altro giurato di prestigio è Igort, grande autore di graphic novel e regista del film 5 è il numero perfetto e posso dirti solo altri tre nomi… Silvia Luzi, Roberta Torre (Tano da Morire, Sud Side Stori ecc.) e Maria Sole Tognazzi».

Quest’anno, fra gli altri, il Matera Film Festival potrà vantare due partners di prestigio quali Rai Cinema Channel e il Salone del Libro di Torino: come sarà strutturata tale collaborazione?

«Miriamo sempre ad avere partner che siano vicini alle nostre corde emotive e stilistiche. Abbiamo avuto il piacere e l’onore di avere come partner Lucca Comics and Games. Ci piaceva molto questo gemellaggio tra due antiche città come Lucca e Matera che portano nei loro spazi storici la cultura pop. Anche la Sergio Bonelli editore ha contribuito alla nostra crescita con una mostra importante dal titolo Sassi Nuvole e Lupi.

Quest’anno abbiamo come media partner Rai Cinema Channel. Oltre alla media partnership, grazie a quest’intensa il miglior cortometraggio vincerà il premio “Rai Cinema Channel”: riconoscimento del valore di 3 mila euro. Il premio consiste in un contratto di acquisto per tre anni dei diritti web e free tv del corto, da parte di Rai Cinema e godrà della visibilità su www.raicinemachannel.it, sui suoi siti partner e, a discrezione dei responsabili delle Reti, sui canali Rai. Il Salone del Libro di Torino non credo abbia bisogno di presentazioni. Abbiamo pensato che alcuni dei film di Cronenberg sono tratti da libri di J. G. Ballard, Stephen King e William S. Burroughs e stiamo creando un collegamento tra cinema e letteratura».

La Balena Giuliana (un fossile di cetaceo risalente al Pleistocene, così denominata perché rinvenuta, nel 2006, sulle sponde del Lago di San Giuliano, in provincia di Matera) è il simbolo da te scelto per il Matera Film Festival. Un simbolo estremamente suggestivo, capace di essere al tempo stesso onirico e reale, un simbolo talmente ancestrale da ripercorrere a ritroso secoli di letteratura (prima di approdare sul grande schermo, infatti, la Balena – da Moby Dick di Melville alle Avventure del Barone di Munchausen, da Pinocchio al Leviatano della Bibbia – ha ammaliato il nostro immaginario diventando protagonista di storie avvincenti e indimenticabili). L’attrazione che questo animale esercita su di noi continua ancora oggi che la caccia indiscriminata e gli abusi dell’uomo ai danni dell’ambiente marino (e dell’ambiente in generale) ne minacciano l’estinzione: basti pensare all’incredibile fascino del suo canto, che le moderne tecnologie hanno permesso di registrare. Come e perché hai scelto proprio la Balena come simbolo del Festival e che cos’è la Giuliana d’autore?

«Ti ringrazio per l’analisi attenta. La scelta è ricaduta sulla Balena Giuliana per le motivazioni da te elencate e soprattutto per evitare una narrazione visiva stereotipata di Matera. Un luogo dell’immaginario può e deve affrancarsi dai modelli ricorrenti proposti. Mentre realizzavo l’opera del manifesto mi accorgevo che la presenza della città di Matera era troppo preponderante rispetto al resto. Allora ho chiesto aiuto a mio fratello Giulio Giordano, che essendo un disegnatore di (Martyn Mystere e Diabolik) mi ha consigliato di ridurre la location di Matera e fare in modo che la Balena diventasse così forte visivamente che il mondo avrebbe dovuto associare quell’animale volante a Matera stessa. Dopo avere realizzato il manifesto ufficiale per rafforzare questo concetto pensammo ad un “what if?” Cioè cosa succederebbe se la Balena la disegnassero altri artisti? Cosa succederebbe se la disegnasse Margherita Tramutoli, Arturo Lauria oppure Nova, Antonio Pronostico e tutta una nuova generazione di illustratori fuori dalle righe? Allora è nata Giuliana D’Autore. Ogni autore disegna la Balena del Matera Film Festival come vuole. Lo scopo è alimentare un immaginario e in futuro farla diventare una grande mostra. Perché per noi il cinema è visivo. Viviamo un momento storico in cui parlano spesso solo i burocrati dell’arte. Noi vogliamo riportare al centro di tutto la forza delle opere visive. Degli artisti, registi, attori, sceneggiatori ecc. Creare intrattenimento ma anche pensiero. La Balena che vola fin sulla luna è un chiaro invito ad alzare il livello del dibattito. A dimostrazione che solo con un team si possono realizzare grandi imprese».

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