David Lifodi: di acqua si vive

Questo non è un semplice pro-memoria, per la verità nemmeno uno dei tanti tipici appelli che si susseguono con le firme dei soliti noti. Si tratta di un invito a mobilitare anche le persone solitamente poco disponibili ad attivarsi o comunque non necessariamente nel giro di associazioni, movimenti o partiti. Fermare la corsa alla privatizzazione dell’acqua deve diventare il vostro obiettivo primario da qui ai prossimi tre mesi.

Il 24 aprile si è aperta ufficialmente la raccolta firme per la richiesta di un referendum che salvaguardi l’oro blu e lo tolga dal mercato. Probabilmente avrete notato banchetti ai cortei del 25 aprile, alle manifestazioni per il 1 maggio e ancora ne vedrete fino all’ultima settimana di luglio. La raccolta delle 500mila firme (per ognuno dei tre quesiti) sarà però soltanto il primo passo. Il secondo sarà ben più difficile, raggiungere quel quorum che avrebbe significati molteplici: rilanciare il ruolo dei movimenti, togliere l’acqua dalle grinfie di speculatori e affaristi di ogni tipo (il caso di Aprilia insegna), far capire che sui beni pubblici non si passa.

Veniamo, in breve, ai tre quesiti. Il primo propone di abrogare l’affidamento di gestione del servizio idrico ai privati (tramite gara) oppure a società a capitale misto pubblico-privato all’interno delle quali il privato detenga almeno il 40%. Questo è il modello che piace a buona parte degli amministratori toscani, che così facendo hanno permesso ai grandi colossi del servizio idrico di intrufolarsi in maniera sempre più ingombrante nelle municipalizzate della regione. Il secondo invece intende abrogare il ricorso alla gara e l’affidamento della gestione a società di capitali, le uniche modalità previste tuttora per erogare il servizio idrico a scapito della gestione tramite enti di diritto pubblico. Infine il terzo, quello che mette maggiormente in rilievo la volontà di profitto del gestore, a cui la normativa attuale permette di caricare sulla bolletta degli utenti un 7% a remunerazione del capitale investito. In questo caso mettetevi l’animo in pace: anche se utilizzate l’acqua con raziocinio (per un principio di sobrietà e coscienza ambientale oppure più semplicemente per una questione di risparmio) non sfuggirete comunque a una cifra prestabilita da pagare in bolletta indipendentemente dal consumo.

A questo punto, venuti a conoscenza dei tre quesiti, non vi resta che cercare il presidio, il banchetto, la conferenza, insomma l’evento a voi più vicino, e correre a firmare. I dati del fine settimana del 24-25 aprile sono incoraggianti, già raccolte centomila firme, ma lo scopo è superare ampiamente le 500mila necessarie, in modo tale da mostrare la forza della società civile che richiede a gran voce la ri-pubblicizzazione e magari ottenere attenzione e servizi onesti da parte dei mass media a livello nazionale. Qui comincia il secondo tempo di questa interminabile partita: la vittoria del referendum. Le battaglie per la difesa dell’acqua in America Latina insegnano: ricordate la guerra dell’acqua di Cochabamba (Bolivia) e il referendum del 2004 che in Uruguay ha portato a inserire l’acqua come bene inalienabile nella Costituzione?

Redazione
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